Dopo l’esperienza a tre con Giulio mia moglie si sentiva ulteriormente disinibita e non solo si dimostrava estremamente fantasiosa mentre scopavamo, ma arrivava a farmi proposte e a coinvolgermi in situazioni che fino a poco tempo fa sarebbero state impensabili. Era diventata padrona del gioco ed io ero ormai schiavo della sua capacità di prendere l’iniziativa. Dora, che un tempo dovevo trascinare e coinvolgere anche solo per parlare durante le nostre scopate, oggi mi diceva le cose più oscene, mi chiedeva di prenderla e di farla godere come non mai, mi raccontava le sue più nascoste fantasie. Ciò aveva arricchito il nostro rapporto a tal punto che mi sembrava di essere ritornato ai primi tempi del nostro matrimonio, quando facevamo sesso quasi ogni giorno. Ma la cosa più intrigante era il suo desiderio di scopare che era diventato impossibile da controllare. Me lo chiedeva all’improvviso e a volte mi stupiva per la forza con cui mi trascinava ed arrivava a godere. L’avevamo fatto al cinema nelle ultime file durante una proiezione con poco pubblico. Poi era successo nell’ascensore di casa che avevamo bloccato prima di arrivare al nostro piano. All’ipermercato mi aveva portato nel bagno delle donne. In un grande magazzino l’avevamo fatto nei camerini di prova. Insomma sembrava avere bisogno di farlo anche con il rischio di essere vista o scoperta da estranei. Comunque non sappiamo se qualcuno ci abbia mai notato durante le nostre scopate. Così, almeno, fino alla settimana scorsa.Ci trovavamo verso sera, di ritorno dal lavoro, in prossimità di un parco pubblico. Ero preso nei miei pensieri quando Dora disse, all’improvviso – Ti prego, svolta ed entra nel parcheggio del parco.- Mi girai a guardarla e capii subito da come mi fissava che si trovava in un momento di violento desiderio. – Ma Dora, i nostri amici ci aspettano per cena… – dissi, pur sapendo che avrei aderito alla proposta senza alcuna indecisione. Infatti svoltai ed entrai immediatamente nel parcheggio come mi aveva chiesto di fare. Notammo subito che non c’erano altre auto e, pur essendo in parte meravigliati, prevalse in entrambi il desiderio di scopare. – D’altronde non siamo mai venuti al parco di sera. Non sappiamo quanto sia frequentato in questi orari – disse Dora. – Tra l’altro ci sono altri parcheggi esterni – aggiunsi io. Dalla banalità delle battute si capiva che i nostri pensieri erano già indirizzati a ben altro. Parcheggiai in un angolo poco illuminato e protetto da alcuni alberi. Non avevo ancora spento il motore che Dora si era già tolta le scarpe, il vestito e stava armeggiando con la mia cintura dei pantaloni. – Dai, amore. Tiralo fuori che non ne posso più. Voglio succhiarti il cazzo, voglio farmi scopare da te. Lo vedi che vogliosa mi hai fatto diventare. Sono la tua puttana. Sono schiava del tuo cazzo. Ma devi darmelo subito… – Mi faceva impazzire. Mentre mi slacciava i pantaloni, abbassai il mio e il suo sedile creando lo spazio per poterci muovere. – Siii, succhiamelo così che tra poco sarà pronto per spaccarti… – Eravamo ormai in preda dell’eccitazione e non ci accorgemmo in tempo di quanto accadeva intorno a noi. All’improvviso la porta dalla parte di Dora si aprì e un fascio di luce molto intenso ci investì. – Che succede qui? – disse una prima voce un po’ roca. – Due bei piccioncini che hanno perso la strada di casa – disse una seconda voce molto squillante. Noi eravamo impietriti. Dora, che era senza scarpe in reggiseno e mutandine, si strinse a me che avevo i pantaloni e le mutande abbassate alle caviglie e la camicia semi aperta. – Avanti scendete, senza fare storie. E non fate movimenti improvvisi. – Aprii la portiera dalla mia parte e cercai, scendendo, di ricompormi. Ma un colpo improvviso allo stomaco mi sorprese e mi fece cadere a terra. – Ti ho detto di non fare movimenti improvvisi – sentii ripetere dalla voce roca. – Ma volevo solo ricompormi – dissi, in ginocchio a terra mentre tossivo per il colpo ricevuto. – Zitto e fai attenzione. Rimani dove sei fino a che non ti dico di alzarti. E, te lo ripeto: non fare alcuna mossa che non ti sia stata richiesta. – A quel punto rimasi a terra in attesa di capire chi e perché ci stava trattando così. Non ero certo nella condizione di reagire se prima non recuperavo lo svantaggio fisico e psicologico. Sentii di nuovo la voce squillante – E tu, puttana: scendi dall’auto – Pur provando paura per le eventuali conseguenze dissi – E’ mia moglie, lasciatela stare.. – un calcio mi colpì in un fianco. La voce roca mi ordinò – Adesso ti sdrai a terra e non ti muovi. Stai zitto, parli e ti muovi solo se te lo dico io. Qualunque cosa succeda. Hai capito? – Mi sentivo una rabbia terribile in corpo. Ma il buon senso e il dolore che provavo mi fecero ragionare. Non ero nelle condizioni di discutere. – Hai capito? Rispondi! – mi ordinò. – Si, si. Ho capito. – risposi temendo un nuovo colpo. – Bravo Giò, l’hai messo a posto. Adesso farà il bravo e non ci disturberà più. – disse la voce squillante. Riuscii ad alzare un poco lo sguardo e vidi di fronte a me un energumeno che indossava una divisa verde. Era un vigilantes. Di quelle polizie private che effettuano i servizi di sicurezza a supporto della forza pubblica. Da terra riuscivo a scorgere, guardando al di sotto della nostra auto, i piedi nudi di Dora e un paio di stivali militari molto, molto vicino a lei. – Allora, bella troia, cosa stavate facendo? – le chiese la voce squillante che ancora non aveva un nome – mmm, devi essere una di classe visto la biancheria intima che indossi. E se sei di classe, cosa ci fai qui nel parco? Non hai un luogo diverso dove esercitare? – Ero tentato di intervenire nuovamente. Ma mentre ero dibattuto sul da farsi sentii Dora rispondere – Non sono quella che pensi… – il rumore di uno schiaffo mi sorprese. – Intanto devi darmi del lei e non del tu. Non sono tua sorella. E comunque non mi sembra un buon inizio. Mi sa che è meglio farti capire in che situazione vi trovate, tu e il pollastrello che stavi succhiando. – La voce squillante era una donna. – Non solo vi abbiamo sorpresi nel parco dopo l’orario di chiusura, ma possiamo incriminarvi per violazione delle norme comunali che vietano certi comportamenti all’interno del parco. Inoltre nel caso specifico è prevista anche la schedatura immediata. – Eh già.. Eravamo entrati nel parco senza pensare che di lì a poco avrebbe chiuso i cancelli. I vigilantes stavano probabilmente facendo la ronda per verificare eventuali presenze all’interno del parco. Ricordai che tempo fa avevo letto dell’iniziativa sul giornale locale. La giunta voleva eliminare la piaga della prostituzione in città e aveva deciso di affidare a una polizia privata l’attività di controllo con poteri paragonabili alla forza pubblica. Eravamo nei guai. La donna ordinò a Dora – Adesso girati, da brava, e appoggia le mani all’auto. Così, bene. Ora allarga le gambe e non ti muovere, per nessun motivo. Qualunque cosa succeda. E soprattutto parla solo per rispondere alle mie domande. Giò, mettigli le manette, aggancialo a quel palo e vienimi ad aiutare – L’energumeno mi trascinò vicino al palo di un lampione. Con le manette mi chiuse il polso sinistro e bloccò l’altro anello al palo, lasciandomi sempre sdraiato a terra. Poi disse, con la sua voce roca – Hai capito di essere in un bel guaio, vero? Quindi, se vuoi, puoi alzarti e guardare. Ma non cercare di rivestirti, perché non ti è permesso. In più, non fiatare. O torno da te e ti faccio pentire di essere qui – poi si allontanò e raggiunse la donna, vicino a Dora. Anche la donna indossava la stessa divisa dell’energumeno. Ma aveva dei gradi. Evidentemente era il capo. Ciò che vedevo mi sconvolgeva da un punto di vista razionale. Ma qualcosa di perverso cominciò a farsi strada in me. Dora aveva le mani appoggiate sul cofano dell’auto, era leggermente piegata e aveva le gambe abbastanza allargate. Vedevo la scena dal lato, dato che il palo si trovava di fronte all’auto. L’energumeno si posizionò un po’ indietro, a circa un metro. Mentre la donna si trovava a ridosso del corpo di Dora. – Ti ricordo le regole, se vuoi uscire al meglio da questa situazione. Parla solo per rispondere alle domande e fai solo ciò che ti viene ordinato. Chiaro? – la donna aveva una voce autoritaria, abituata al comando. Era più o meno alta come Dora con un corpo che metteva a dura prova la divisa che indossava. Non era grossa, ma si capiva che certo non era esile e che, soprattutto le tette e il culo erano ben compressi dal tessuto spesso e rigido della divisa. A quel punto, Dora rispose con un tono di voce che ben conoscevo – Si, ho capito. Farò come lei mi dice. – Si stava eccitando. La mia porca, come stava succedendo anche a me, si stava eccitando in quella situazione che, a buon senso, avrebbe dovuto spaventarci entrambi. L’energumeno chiamò con la radio – Potete spegnere. Tutto a posto. Buonanotte. Ecco Manuela, ora avremo campo libero. – A quel punto si spense la maggior parte delle luci di servizio del parco. Ma quella del palo a cui ero legato rimase accesa. In quelle condizioni non eravamo più visibili a distanza, coperti come eravamo dalle due auto e dalle piante. Ma la luce del lampione sopra di me permetteva a tutti noi di vedere bene ogni dettaglio. – Che culo favoloso che hai – disse per prima cosa Manuela, mentre teneva mia moglie da dietro per i capelli. Le spinse la testa contro il cofano e con l’altra mano strappò le mutandine. – Ecco ora ti perquisisco per bene. – Cominciò ad accarezzare Dora con sapienza, alternando carezze molto leggere e sfregamenti molto rapidi, cominciando prima piano, poi con violenza maggiore ad inserire le dita dentro la figa che evidentemente rispondeva in modo evidente al massaggio – Guarda, Giò. Sembra che la troia si stia già eccitando. Di solito con le altre non succede subito. Dobbiamo arrivare al trattamento forte. Invece questa si sta bagnando al primo contatto. Mi viene un dubbio: e se avesse detto la verità? Adesso ti metto alla prova, puttana. Che cosa sei? – chiese con tono che non ammetteva alcuna possibilità per Dora – Una puttana, una puttana vogliosa e che desidera essere punita… – disse Dora provocandomi una erezione spaventosa. Ancora una volta la natura di mia moglie mi sorprese. E’ vero che trovandosi in quella situazione era importante essere accondiscendenti. Ma Dora andava oltre. Stava già godendo di tutto quello che accadeva. Come un camaleonte del sesso si adattava alla situazione traendone il maggior beneficio. E io non ero da meno. Iniziai subito con la mano libera a masturbarmi. – Brava bambina. – insistette Manuela – e adesso dimmi: cosa vuoi che ti faccia, che sia sufficiente per espiare la tua colpa? – A quel punto la fantasia di Dora si accese – Voglio che lei e il suo collega mi usiate per il vostro piacere. Voglio che le sue dita, le sue mani, la sua lingua, la sua bocca si sfoghino fuori e dentro il mio corpo. Voglio regalare alla sua figa il piacere che lei vorrà. Voglio bere il suo nettare e quello del suo collega. E voglio quel grosso cazzo in ogni buco del mio corpo. – Già, perché Giò si era spogliato, nel frattempo, ed esibiva un oggetto di dimensioni notevoli. E con l’istinto dell’animale che era, Dora lo aveva subito adocchiato. Manuela era estasiata – Caro Giò, mi sa che stavolta abbiamo fatto Bingo. – Girò Dora sdraiandola sul cofano e cominciò a leccarle la figa. Intanto Giò si era avvicinato mettendo il cazzo davanti alla bocca di Dora che cominciò a leccarlo per poi ingoiarlo con facilità, nonostante fosse almeno il doppio del mio. – Sei una figa superba, puttana, e hai una bocca che sembra voglia succhiarmi anche il midollo – disse Giò mentre le strappava il reggiseno. – E guarda che tette, Manuela. – La donna alzò gli occhi e, senza staccare la bocca dalla figa di Dora le prese i capezzoli con le mani facendo mugolare di piacere mia moglie. Dora cominciò a godere. Avere un cazzo così grosso in gola, sentirsi torturare i capezzoli e, soprattutto, la mano che nel frattempo Manuela aveva quasi per intero introdotto nella sua figa, fecero provare a Dora un orgasmo incredibile. Nel frattempo anch’io ero prossimo a venire. Ciò che vedevo mi faceva impazzire. Ma Manuela alzando gli occhi mi scorse e disse – E tu, omuncolo: se solo sprechi una goccia della tua sborra te la faccio ringoiare insieme al tuo affare. Mi servi. Tra poco vengo da te ad usarti. Smetti subito di menartelo! – Mi fermai all’istante, anche se mi costò non poca fatica. Ma non era per la paura delle sue minacce. Bensì perché pensavo che subendo le sue attenzioni avrei provato un piacere ben superiore. – Adesso Giò. Scopatela che è abbastanza larga e pronta per il tuo affare. Se è riuscita a tenere quasi tutta la mia mano riuscirai ad entrare. Poi, come al solito, ti arrangi tu. Non posso aspettare ancora. E tu, piccola troia, comincia a leccarmi per bene. O faccio un trattamento alla tua figa che neanche il randello di Giò… – Dora iniziò a lappare la figa di Manuela, che si era messa a cavalcioni sopra al suo viso, mentre la vedevo tremare nell’attesa di Giò. Smise di leccare per poter urlare in un misto di piacere e dolore quando il cazzo di Giò entrò in lei. Uno schiaffo di Manuela la zittì all’istante – Sei pazza? Se lo fai un’altra volta potrebbero sentirti. E finiremmo tutti in un mare di guai. E se succede, sappi che Giò e io non avremmo più nulla da perdere – Allora Dora, mordendosi le labbra, smise di urlare ma si sentiva che ancora il piacere non aveva preso il sopravvento, mentre Giò faceva fatica a muoversi dentro di lei. – Mi sa che ci vuole il trattamento forte per superare questa tua difficoltà – disse Manuela. E aggiunse – Togliti Giò, Che ci penso io a preparare questa fighettina. Come al solito non ce la fai senza di me. – Prese dalla tasca laterale dei suoi pantaloni un tubetto. Si cosparse di una crema untuosa la mano destra e l’intero polso. Poi, mentre Giò teneva bloccata Dora, cominciò il trattamento. – Avanti, puttana, rilassati. Rilassa i muscoli interni, che non ho molto tempo da perdere. Voglio andarmi a godere quell’omuncolo laggiù. Quindi asseconda i miei movimenti e vedrai che poi potrai goderti del tutto il cazzo di Giò. – Vidi prima le dita, poi con un movimento rotatorio e una pressione progressiva, l’intera mano di Manuela entrare in Dora. Quando ebbe tutta la mano nella figa, Dora cominciò a sbattere la testa lateralmente, dicendo – Siii, aprimi, spaccami, preparami al cazzo di questo animale. Perché lo voglio, perché me lo merito. Voglio essere punita. E poi lo voglio anche nel culo… – Ma Manuela intervenne. – Vacci piano, troia. Non abbiamo tempo per il trattamento completo. Tra poco Giò e io smontiamo. E verranno a darci il cambio. Quindi limitati a prenderlo nella figa e sbrigati a godere. Perché è vero che Giò ha il cazzo grosso, ma viene subito appena inizia a muoversi. Ecco perché ha bisogno di scoparsi una vacca come te. – Ma Dora stava già godendo. Ebbe almeno due orgasmi prima che Manuela estraesse la mano, dopo che era entrata fino al polso. A quel punto Giò si spostò di nuovo e infilò, questa volta senza difficoltà, il cazzo dentro a Dora che immediatamente cominciò di nuovo a venire. E, mentre l’energumeno dopo pochi colpi iniziò a sborrare dentro di lei, ebbe un altro orgasmo che la fece vibrare in maniera impressionante. Riuscì a non urlare solo grazie al fatto che prevedendo la sua reazione, Manuela le aveva messo in bocca le sue mutande appallottolate. Rimase a lungo esausta, dopo le molte emozioni provate, sdraiata sul cofano della nostra auto e, mentre la sborra le colava dalla figa, Giò prese una macchina fotografica e le scattò una foto.Mentre Dora subiva il trattamento, Manuela si era avvicinata finalmente a me. E disse – Come hai sentito non abbiamo molto tempo. Anche se dalle condizioni in cui sei non credo che ti ci vorrà molto. Però fai attenzione. Lo voglio nel culo. E se non ti muovi come dico io, o se vieni prima che io te lo ordini sei in un mare di guai. Hai capito? Ti faccio fare un trattamento da Giò… – Risposi – Si, ho capito. Farò tutto come lei vuole. – Mi mise di nuovo sdraiato a terra, a pancia in su. Mi prese il cazzo con la mano e, senza minimamente lubrificarsi, se lo infilò nel culo sedendosi di peso. Sentii un dolore intenso, ma mi trattenni dal gridare ricordando ciò che aveva detto. – Adesso stai fermo. – disse – Se solo ti muovi o se solo ti si ammoscia un po’, te lo taglio. – Cominciò a muoversi con frenesia. Prendeva il suo piacere, mugolando, senza preoccuparsi del dolore che provavo. Sentendo, però, i suoi muscoli interni muoversi e realizzando ciò che stava accadendo, improvvisamente un piacere intenso si sostituì al dolore. E cominciai a sforzarmi per controllare l’orgasmo che sentivo molto prossimo. Manuela mi disse – Sento che ti stai ingrossando. Bene. Adesso trattieniti. Voglio che mi riempi l’intestino mentre sto godendo. Hai capito? – Annuii. Quando lei mi disse – Ora! – mi lasciai andare e mentre sentivo il suo culo contrarsi provai uno degli orgasmi più coinvolgenti della mia vita. Sentivo Manuela che diceva – Siii, porco. Riempimi il culo. Tanto non sei altro che un cazzo senza alcun cervello. Sei solo il mio piacere. Ti uso e ti lascio godere solo perché mi servi per godere… – Era sconvolta come lo ero io. Ma il merito era solo suo. Della situazione che loro avevano creato. Poi, si alzò. Mi fece alzare e Giò mi fotografò. Con i pantaloni abbassati, il cazzo moscio e legato al palo con le manette. Dopo che si rivestirono, Giò venne a liberarmi e disse – Avanti, frocio. Rivestiti. E stai zitto. Altrimenti sai cosa ti succede. – Manuela, che già riempiva nuovamente la divisa, disse – E tu vacca, rivestiti. Ma le mutandine e il reggiseno ce le teniamo noi. Come trofeo. Devo dire che siete stata una sorpresa. Quando vi abbiamo visti non avrei mai immaginato di trovare una simile coppia di maiali. Adesso risalite in macchina e ci seguite. Vi accompagneremo ad un cancello laterale. Ma prima i documenti. – Guardarono i nostri documenti e cominciarono a sghignazzare, mentre prendevano nota dei nostri dati. Manuela disse – Allora è vero. Siete una coppia. E anche benestante a giudicare dall’indirizzo. Bene. Allora le foto ci saranno utili. – Risalimmo in auto e li seguimmo fino ad un cancello che dava su una vietta poco frequentata e senza abitazioni. Uscimmo e tornammo a casa. Lungo il percorso eravamo assorbiti dai nostri pensieri. Appena a casa ci lavammo e non appena a letto crollammo entrambi in un sonno profondo. Le emozioni erano state così tante e così incredibili che non c’era modo di parlarne subito. Sapevamo però che quanto era accaduto avrebbe inevitabilmente cambiato la nostra vita.
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