Penny si riteneva una ragazza fortunata: era appena giunta in Italia dalla Costarica, seguendo il suo desiderio di trasferirsi in paesi con una storia e una cultura talmente vasti da permetterle scoperte continue. Aveva ventuno anni e per cinque aveva lavorato come domestica in un centro turistico; non era stufa di quel tipo di lavoro per cui si propose come tale anche all’estero, cercando così un modo per mantenersi. Aveva trovato abbastanza presto quel posto nel centro Italia: era una circolo lussuoso, per ricconi, con tanto di piscina, campi da golf, ristorante privato e via dicendo. Il suo compito era quello di restare a disposizione degli iscritti negli orari di apertura del circolo e di servirli quando richiesto: la paga era eccezionalmente buona, gli orari decenti e aveva diversi giorni liberi nei quali avrebbe potuto soddisfare il proprio desiderio di studio e visita dei luoghi più interessanti. Inoltre aveva riservata una piccola camera con bagno proprio nel circolo, che le dava tutto ciò di cui aveva bisogno, poiché per mangiare avrebbe usufruito della cucina del ristorante.Era incredibile, pensava: non avrebbe mai sperato in una sistemazione tale; l’unica clausola particolare era la richiesta di bell’aspetto, ma non pensava ci fossero problemi : era piuttosto carina, sul metro e settanta, carnagione scura, lineamenti sottili ma con curve generose. Non era una bomba sessuale, si diceva tra sé e sé ridacchiando, ma nell’insieme l’effetto era piacevole: inoltre i profondi occhi neri e i lunghi capelli dello stesso colore completavano egregiamente il lavoro. Sapeva che avrebbe anche potuto ricevere richieste particolari, in mezzo a tutta quella gente abituata ad avere tutto pagando, non era un’ingenua e sapeva come andavano le cose, ma era sempre riuscita a mantenere un certo distacco nel proprio paese, quindi era sicura di non avere problemi nemmeno in Italia. Dopo una prima visita al centro assunzioni del circolo, nel quale verificarono i suoi dati e le sue credenzialità, le chiesero di recarsi ad un centro medico privato per delle visite e tornare tre giorni dopo con i documenti. Fatto il tutto, le assegnarono la camera, le diedero l’uniforme e passò i primi due giorni ad osservare una collega nelle sue mansioni per imparare tutto il necessario. Era un lavoro molto leggero, rispetto a quello che faceva in Costarica, inoltre era anche vestita meglio: non doveva andare in giro con abiti succinti o costumi, ma aveva un semplice vestito blu a mezza manica, con gonna al ginocchio e una camicia bianca. Le spiaceva solo di dover tenere i lunghi capelli raccolti, ma d’altra parte non poteva permettersi di farli cadere in qualche piatto o bicchiere.Il primo mese volò, lei era già molto pratica e conosceva molti soci, ormai; aveva ricevuto molti complimenti e anche qualche fiore, ma niente proposte oscene, ne molestie di alcun tipo. Andava tutto a gonfie vele, quindi, fino al primo giorno di chiusura in cui dovette rimanere lei come custode. Alcuni soci, tra i quali c’erano i fondatori del circolo, avevano diritti particolari, che comprendevano l’uso del centro anche nei giorni di chiusura, per cui doveva sempre esserci qualcuno per tenere aperto e fornire i principali servizi.Quel giorno c’erano cinque persone, tutte sui cinquanta, sessanta anni che lei conosceva, tranne l’unico giovane, sui venticinque, probabilmente il figlio di qualcuno. Verso le quattro del pomeriggio erano tutti nella sala principale a giocare a poker, quando la chiamarono per servire da bere: Penny portò i bicchieri, fermandosi un attimo a servire e incrociando lo sguardo con Federico, il ragazzo che la stava fissando attento; lei gli sorrise educatamente e si girò a sistemare il vassoio delle bottiglie sul carrello. Sentiva lo sguardo sul proprio corpo, in particolare sul suo bel sedere tondo. Siccome il condizionatore era spento, faceva piuttosto caldo e lei aveva iniziato a sudare subito dopo aver indossato l’uniforme, per cui aveva gli abiti incollati e la gonna doveva offrire un bello spettacolo.- Ehi, Giacomo – disse uno dei presenti – sembra che tuo figlio abbia trovato qualcosa di più interessante che giocare con noi!- Già – rispose l’interpellato – la nostra Penny fa spesso questo effetto a chi la vede per la prima volta, non è vero cara?Penny sorrise, ma era imbarazzatissima, poiché tutti la stavano fissando attentamente e si affrettò a tornare al bancone del bar per sistemare. Da quel momento la partita divenne più parlata, gli uomini chiacchieravano, ridevano e scherzavano molto più di quello che una partita di poker vorrebbe. Lei non sentiva, perché c’era la musica accesa e inoltre era concentrata sul proprio lavoro, per dimenticare l’attimo di imbarazzo, ma ogni tanto sentiva qualche occhiata su di sé.- Penny potresti servirci ancora un po’ di quell’ottimo intruglio che fai? – la chiamò il signor Giacomo.- Certo arrivo subito – rispose e ritornò al carrello. Dava le spalle al tavolo, per cui non vide che due si alzarono finchè non le si misero a fianco. La bloccarono in un attimo e la schiacciarono sul carrello, rovesciando bottiglie e bicchieri.- No fermi, che fate !? – gridò sorpresa e spaventata, ma subito si ritrovò un bavaglio in bocca. Le legarono le mani al carrello, lasciandola distesa a pecorina su di esso, immobilizzandole poi le gambe nello stesso modo.- Bene cara, ora non agitarti – disse il signor Giacomo col suo solito tono tranquillo – stiamo solo giocando e siccome in palio c’eri tu, ora che la partita è finita dobbiamo verificare i risultati.Detto questo si rivolse ai compagni:- Bene innanzitutto il colore delle mutandine – Le sollevò la gonna rivelando le mutandine bianche. Penny piangeva silenziosamente e non si dimenava neanche, poiché era bloccata e costretta a subire quell’umiliazione che la vedeva usata come un giocattolo.- Bianche!! – sentenziò Giacomo – e semplici, quindi chi vince? Ah Stefano, molto bene! – Ma anch’io vinco! – intervenne un altro presente, Giancarlo – Guardate! E’ talmente sudata che sono trasparenti, si vede tutto! E’ come dicevo io!A quelle parol, Penny singhiozzò e si agitò tutti se ne accorsero.- Non preoccuparti cara – le disse Giacomo, burlandosi – ti garantisco che non sfiguri affatto, anzi sei molto piacevole. Guardate si intravede della peluria, quindi abbiamo tre vincitori insieme, per questo. Continuiamo.Si portò davanti a lei, le slegò le mani e gliele legò insieme dietro la schiena, poi la sollevò e prese a sbottonarle la camicia.- Ora passiamo alle tette – disse e intanto le abbassò il reggiseno bianco rivelando le due belle forme della ragazza. Tutti si erano portati dallo stesso lato per vedere bene.- Beh, avevo ragione io, per il reggiseno – disse Antonio, un altro – ho anche azzeccato il modello e la misura. – Già – fece Giacomo – ma per le tette vinco io: guardate che bei capezzoli, con queste areole grosse e nere. Inoltre sono belle sode, ma qui eravamo tutti d’accordo. – disse e intanto tutti presero a palpare per verificare l’affermazione.Penny non ne poteva più, nessuno l‘aveva mai trattata in quel modo e nessuno l’aveva mai toccata; non le piaceva e ancora meno le piacque quando Federico le si mise di fronte da solo e con entrambe le mani iniziò a strizzarle le tette come una vacca fissandola negli occhi. Lei piangeva e mugolava dal dolore, ma vedeva chiaramente lo sguardo maligno del ragazzo che provava un gran piacere nella scena. – Non è abituata e si vede – disse il ragazzo – questo mi fa pensare che per gli ultimi punti avessi ragione io, contro il vostro parere. Si portò dietro di lei, spingendola in avanti e ributtandola a pecorina e le strattonò bruscamente le mutandine, strappandole. Penny si sentiva morire: ora quelle cinque persone la stavano fissando nelle sue intimità rivelate bene dalle sue gambe ben divaricate e immobilizzate. Ad un tratto sentì un dito insinuarsi nella sua vagina e uno nell’ano; era troppo, cominciò a singhiozzare e piangere abbondantemente, mentre il corpo vibrava sul carrello.- Proprio come pensavo – disse Federico – è vergine, in entrambi i buchi. Quindi come ci regoliamo?- E’ semplice – disse il padre – tu vinci la figa, io il sedere, Antonio la bocca. Gli altri due devono aspettare dopo.Penny ormai aveva capito dove si sarebbe arrivati e si era arresa completamente, ma continuava a mugolare suppliche attraverso il bavaglio. Inutilmente, però, visto che poco dopo sentì Federico posizionarsi dietro di sé e armeggiare coi pantaloni: un attimo e un cazzo estremamente duro e caldo spazzò via la sua verginità con un unico poderoso colpo, che le strappò un urlo talmente acuto da risuonare nella stanza nonostante il bavaglio. Il ragazzo pompava con violenza, senza preoccuparsi del male che la ragazza provava e pensando solo al proprio piacere; la teneva per i fianchi e la insultava.- Allora troietta, non vedevi l’ora, vero? Lo so che è così, in realtà, siete tutte uguali voi negre! Me ne sono sbattute altre qui dentro e quindi so come siete. Ma sei la prima vergine; nessun problema comunque, si vede subito che sei una che non potrà stare molto senza un cazzo.Dopo un po’ si staccò e si portò davanti a lei, menandoselo e venendole in faccia; uno schizzo la colpì sugli occhi e per qualche minuto non vide più niente. Però sentì. Sentì eccome un altro cazzo più grosso e duro che cercava di farsi strada nel suo ano; era molto sudata e questo aiutava il compito, ma comunque si sentiva svenire dal male. Nonostante tutto però dopo un attimo era meno doloroso rispetto ai colpi di Federico; Giacomo, che la stava inculando, si muoveva più delicatamente, limandola pian piano, per evitare dolori insopportabili; in ogni caso affondava fino in fondo e Penny trovava il tutto comunque dolorosissimo, non pensava di poter accogliere una cosa così grossa.Antonio intanto si portò davanti a lei e si inginocchiò per guardarla bene negli occhi.- Ora io te lo caccio in bocca e tu devi fare la brava – le disse – Se mordi, prima ti prendo a pugni e poi ti allargo la figa con questo – le mostrò uno dei coltelli del bar – E poi devi fare un buon lavoro, usa la lingua e muovi la testa, altrimenti te ne faccio pentire. Non mi sembra che ti piaccia prenderlo in culo, ma potrei benissimo decidere di vedere se riesci a sopportare una bottiglia come questa – e le indicò il bottiglione della bevanda che aveva servito poco prima, un oggetto lungo quaranta centimetri e con un diametro di dieci circa.Dopo aver aspettato un suo cenno, estrasse il suo cazzo, le tolse il bavaglio e senza darle il tempo di respirare glielo cacciò fino in gola. Penny ebbe un forte conato repulsivo, ma l’uomo le teneva la testa contro il proprio bacino e prese ad ondeggiare scopandola come una figa. Lei non riusciva a fare niente con quelle pompate, cercava di muovere la lingua, ma non sapeva con che effetto; tra l’altro aveva ancora il cazzo di Giacomo piantato nel culo che continuava il suo lavoro e il dolore non era certo diminuito. Aveva completamente perso il controllo del proprio corpo, si sentiva infilzata da più parti e dopo un attimo qualcuno le infilò un oggetto nella figa, cercando di spingerlo tutto dentro. Ormai non contava più chi la toccava e cosa le faceva, che oggetti le erano ficcati in corpo: era completamente arresa. Tutti l’avevano presa dappertutto: all’inizio le venivano solo in bocca e nel culo, ma dopo che uno degli uomini non riuscì a trattenersi, anche gli altri se la riscoparono inondandole anche la figa.Dopo tre ore la lasciarono: non la slegarono, rimase legata e seminuda, con il culo al vento e due bottiglie infilate nei suoi buchi tormentati. Non le rimisero nemmeno il bavaglio ma non riusciva ad emettere nessun suono, perché tutta la bocca era dolorante e inondata di sperma, che cercava di sputacchiare. Rimase così tutta la notte, ma al mattino presto tutti ritornarono. Si era addormentata e si svegliò solo quando Federico le estrasse la bottiglia dal culo e la impalò nuovamente col proprio cazzo: tutti la scoparono nuovamente almeno una volta, poi la liberarono e la fecero sedere su una sedia.I capelli si erano slegati e le coprivano la faccia, il vestito era pieno di macchie e tutto scomposto, la camicia, strappata, rivelava ancora le sue tette, mentre la gonna nascondeva finalmente le sue intimità martoriate, anche se era tutta macchiata dalle fuoriuscite di sperma, poiché le mutandine giacevano in pezzi sul pavimento.- Bene Penny – disse Giacomo dopo che tutti si sedettero al tavolo di fronte a lei – avrai forse capito quale sarà il tuo vero lavoro qui dentro. Pensavi forse che esistesse un posto con una paga tanto alta per quelle quattro cazzate che facevi? Ti abbiamo lasciata abituare, il primo mese, anche perché dovevamo organizzarci. Ma adesso sei pronta per iniziare la tua nuova attività: non preoccuparti, la paga non cambia, anzi se sarai brava potresti anche ricevere delle belle mance; e potrai anche andare a fare quei giri che tanto ti piacciono. Inutile dire che non ti conviene scappare, sarai sempre sorvegliata e se ti viene la voglia di andare alla polizia… beh, sappi anche lì avrai dei clienti e credo che un bocconcino come te saranno poco disposti a perderlo. Avrai anche una stanza più spaziosa e comoda: allora, farai la brava, oppure ci creerai dei problemi?Penny, che ascoltava tutto con lo sguardo basso, alzò gli occhi nel tentativo di una supplica, ma guardandoli vide subito che non avrebbe sortito effetto. – Come volete voi – disse flebilmente – ma non fatemi più del male… – supplicò.- Oh, per quello non preoccuparti – aggiunse Federico – dopo stanotte non avrai più problemi e avrai un solo cliente alla volta; inoltre sarai protetta, se qualcuno esagera se la vedrà brutta. Solo noi cinque abbiamo diritti particolari e magari qualche volta torneremo a divertirci insieme, eh? – concluse fissandola. Penny riabbassò lo sguardo annuendo debolmente e un attimo dopo le fu permesso di alzarsi; dovette risistemare la sala e i cinque non mancarono di palparla quando passava loro accanto. Si muoveva a stento, il corpo le faceva male ovunque e doveva camminare adagio per il bruciore che sentiva tra le gambe e nel culo; impiegò molto tempo, ma alla fine le fu concesso di ritirarsi nella propria stanza, dove passò i successivi due giorni per riprendersi dai tormenti fisici. La lasciarono tranquilla, non venne nessuno a chiederle come mai non andava a servire la clientela, ma al mattino del terzo giorno due gorilla le dissero di fare le valigie e la portarono via.Era in un nuovo edificio, una costruzione molto bella del circolo nella quale era entrata solo un paio di volte, ma per breve tempo; la sua stanza era molto grossa e lussuosa, con un letto enorme a baldacchino, un salottino con tutte le comodità e un bagno enorme, con una vasca che sembrava una piccola piscina; già immaginava tutto quello che sarebbe successo in una stanza simile. Si sistemò e si rilassò, gustandosi quella piacevole tranquillità; se voleva poteva ordinare da mangiare in camera e così fece: non voleva ancora mostrarsi troppo in giro. Pensava che meno persona la vedevano, meno l’avrebbero voluta. Era quasi sera quando uno dei gorilla entrò senza bussare:- Il tuo primo cliente arriva tra mezz’ora; vedi di essere presentabile.Lei rimase immobilizzata dall’annuncio, ma già era rassegnata; non le importava più, dopo le umiliazioni dei giorni precedenti, soprattutto da parte di Federico, non poteva cadere molto più in basso. Si sistemò velocemente e attese sul divano: quando la persona entrò, le mancò il fiato. Era Federico.- E tu questo lo chiami “essere presentabile”? – disse, col suo solito tono cinico – sembri una baldracca; questo non è un bordello di bassa qualità. Ti ho dato mezz’ora, ma non ti sei impegnata; va male, molto male. Hai bisogno di qualcuno che ti insegni tutto? Bene, sarò io, ma sappi che saranno dure lezioni… – e detto questo prese da dietro un’anta, che Penny non aveva ancora aperto, un frustino di cuoio: le si chiuse lo stomaco dallo spavento e il cuore le batteva a mille mentre guardava avvicinarsi il ragazzo con quel ghigno maligno. Dopotutto, forse, il peggio doveva ancora venire…
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