L’ingresso in città era stato trionfale, con tutti i fasti che l’evento richiedeva. Cavalli bardati d’oro al galoppo lungo le strade, fanfare esultanti e vergini che avevano sparso petali di rosa un po’ avvizziti lungo il cammino. I cittadini, pungolati a dovere, avevano chiamato a gran voce il nome del liberatore, augurandogli una vita lunga e possibilmente colma di sofferenze (ma quest’ultima parte solo nei loro cuori). I tetti delle case fumavano ancora, ma non fu permesso a nessuno di mancare alla cerimonia di incoronazione. Kourt il Senza-terra aveva finalmente un proprio regno. E una regina, ovviamente. Non era tanto stupido da non sapere che, senza un’adeguata legittimazione, la sua corona sarebbe stata poco più che un berretto di metallo, agli occhi dei Principi confinanti. Era stato facile, ghignò tra sé e sé, anche se ormai aveva perso quasi ogni speranza. Durante l’assedio, la città era sembrata inespugnabile, poi era crollata da un giorno all’altro, improvvisamente. Nessuno era intervenuto in aiuto di Maralya, nonostante alcuni dei re vicini avessero eserciti ben armati e pronti alla battaglia. Guardò la giovane donna inginocchiata davanti all’altare, accanto a lui, con gli occhi di un mercante che ha appena fatto un buon acquisto e si congratula con se stesso per aver pagato un prezzo irrisorio. Era molto graziosa nell’abito nuziale nonostante l’aria tetra. Offesi e respinti da quello scricciolo, i Principi non avevano mosso un dito per difenderla dall’invasore barbaro. Gli era giunta voce che lei avesse rifiutato e vilipeso ciascuno di essi, per quanto ricchi o potenti potessero essere, sostenendo di poter regnare da sola, senza un uomo al proprio fianco. Si mormorava che praticasse la magia e che, per conservare i propri poteri, dovesse preservare la verginità. Sciocchezze! Quella donna non praticava alcuna magia che non potesse essere sconfitta da quaranta centimetri di onesto acciaio, come aveva dimostrato la presa della città. E, comunque stessero le cose, non riusciva a immaginare un modo più gradevole per privare un nemico dei propri poteri. “Sì.” Rispose al sacerdote che gli chiedeva se era sua intenzione prendere quella donna come sua legittima sposa. Fece un cenno ai suoi luogotenenti e prese delicatamente per mano Brianna, per ricordarle che, in caso di ritrosia, essi erano pronti a sgozzare una dozzina di infanti scelti a casaccio tra la popolazione. Aveva scoperto casualmente la buffa propensione per la sicurezza dei propri sudditi che animava il cuore della donna, propensione del tutto simile a quella che provavano loro nei confronti della propria regina. Non era stato facile scovarla in quella stalla, vestita con abiti del tutto sconvenienti per una donna del suo rango. Chi l’avrebbe mai riconosciuta in quelle vesti da sguattera? Per fortuna uno dei suoi ufficiali era stato ospite alla corte del vecchio re, quando era ancora in vita, e ricordava bene il volto della fanciulla, oltre che i suoi modi. E il talismano che si diceva lei usasse per focalizzare il proprio potere era sul suo cuscino, inutilizzato. La cerimonia si protrasse ancora a lungo, secondo le sue disposizioni. Dopo tutto, l’assedio alla città era durato per lunghi mesi e Kourt riteneva di meritare tutte le benedizioni possibili. Si rilassò, cominciando ad elaborare piani per il futuro: la prima figlia femmina l’avrebbe promessa subito in sposa al Principe confinante, in modo da tenerselo buono e, perché no?, cercare di annetterne il territorio. Fece un rapido calcolo e ne risultò che aveva bisogno di almeno tre figlie e di altrettanti maschi, in modo da assicurar loro la successione. Scrutò con sospetto i propri ufficiali, e in particolare Gesar, il più intraprendente. Doveva rimediare loro dei titoli nobiliari, per tenerli a bada, ma nulla di eccessivo, altrimenti avrebbero potuto avere altre aspirazioni. Cominciò a spazientirsi. Era un uomo d’azione e aveva ascoltato abbastanza chiacchiere. La corona, inoltre, pesava parecchio e il bordo di pelo gli dava prurito al naso. Si erse, così, in tutta la sua statura. “Mia signora,” esordì a voce ben alta, che rimbombò in tutto il tempio. “In occasione delle nostre auguste nozze, mi pregio di farvi dono della vita dei vostri concittadini, perché il mio regno abbia inizio con un atto di clemenza. Ora congediamoci, giacché una testa coronata necessita di un erede.” Un applauso ben poco spontaneo risuonò dapprima timidamente, poi, quando i miliziani mostrarono altri centimetri di acciaio, si fece scrosciante, tanto da coprire la caustica risposta della donna. Con le guance imporporate dall’ira, Kourt uscì a grandi passi dal luogo sacro, trascinandosi dietro la neo sposa. Il banchetto di nozze fu frugale e il re non permise che il vino scorresse a fiumi. Furono istituiti dei turni di guardia, così che il suo esercito potesse concedersi un po’ di riposo e di festeggiamenti nelle osterie della città. Gli acquartieramenti militari erano già stati requisiti, gli ultimi focolai di rivolta spenti grazie alla cerimonia di quella sera, i notabili locali sotto stretto controllo, i morti di entrambe le fazioni sepolti in fretta e le sue stanze ormai pronte. Kourt si rilassò. Brianna si stava sottoponendo di malavoglia alle cure delle ancelle del re. Strofinarono la sua pelle con sali e la unsero di oli profumati finché questa non assunse un colore dorato, poi sciolsero i capelli acconciati in un’elaborata pettinatura per la cerimonia nuziale e li fecero ricadere in morbidi riccioli sulle sue spalle. Floran, la favorita di Kourt, paragonò il proprio corpo bruno e curvilineo a quello magro, quasi denutrito della regina, provando una gran soddisfazione interiore al pensiero che il re non avrebbe trascorso molto tempo nel letto nuziale, se non per assicurarsi un erede. E poi, chissà cosa poteva accadere, tante erano le donne che morivano di parto. Le assestò la camicia da notte addosso, aprendola leggermente sul davanti, con un sorriso. “Posso riavere il mio medaglione, adesso?” Floran si stupì. Erano le prime parole che Brianna pronunciava in sua presenza. Fino a quel momento si era limitata a lanciare sguardi sprezzanti tutt’intorno a sé. “Mia regina,” disse, riuscendo a far sembrare derisorie anche quelle due parole, “il medaglione ti sarà senz’altro restituito domani mattina, quando sua maestà lo avrà reso innocuo.” Si tastò il corsetto dissimulando il gesto, per assicurarsi che l’oggetto in discussione fosse ancora dove lei lo aveva ben nascosto. Aveva udito le voci che proliferavano sulle arti alle quali era dedita la sovrana e non aveva intenzione di correre rischi, non dopo aver trascorso gli ultimi anni su di un carro, al seguito dell’esercito di Kourt. Nonostante fosse un carro foderato di seta, un castello era senz’altro più comodo! Brianna non rispose, ma una strana luce di divertimento parve accenderle lo sguardo. Fu solo un attimo, perché subito dopo sembrò sull’orlo delle lacrime. Floran la guardò con commiserazione: non aveva ancora pianto, da quando l’invasore era arrivato a stravolgere la vita del piccolo regno. Si era mostrata sempre spavalda e forte, sicura di sé e colma di disprezzo. In quel momento dimostrava meno dei suoi diciotto anni e non aveva di certo un’aria pericolosa. Era inesperta, probabilmente impaurita per ciò che le sarebbe accaduto di lì a qualche minuto. Per un attimo le ricordò la figlia che aveva dovuto abbandonare anni prima, con i grandi occhioni blu e quei sottili capelli biondi che le incorniciavano il viso come una nuvola. Sentì la tenerezza montarle dentro: “Brianna,” le disse “obbedisci a Kourt, non contrariarlo mai. Non è cattivo con le donne, a meno che non lo facciano arrabbiare. Andrà tutto bene se…” In quell’istante la porta si spalancò: il conquistatore entrò con aria da padrone nella stanza di Brianna e le ancelle si affrettarono ad uscire. Soltanto Floran gli passò giusto sotto il naso, come per ricordargli che lei era sempre lì, a sua disposizione. Kourt l’afferrò per la vita e le sussurrò all’orecchio qualcosa che lei non comprese ma, com’era sua abitudine, la donna si limitò a sorridergli lascivamente e ad annuire. Quando furono soli, il re si buttò su una sedia e si tolse gli stivali. Posò la corona per terra, si riavviò i capelli e cominciò a slacciarsi i pantaloni, senza degnare di un’occhiata la sposa. Lei era sempre lì, al centro della stanza, con indosso soltanto la camicia da notte. Il silenzio si fece pesante. L’uomo si liberò anche della camicia, rimanendo con i corti calzoni chiari che costituivano la sua biancheria. Brianna osservò il corpo scuro, segnato da cicatrici vecchie e nuove ed ematomi, un corpo nervoso dagli addominali in rilievo. Un corpo che aveva subito anch’esso le conseguenze di quell’assedio. Deglutì a vuoto. Esattamente come lo aveva immaginato, guardandolo menare fendenti dal suo cavallo, pochi giorni prima, una vita prima. “Spero tu non abbia intenzione di dare inizio a una melensa sceneggiata o di compiere gesti fatali per evitare un destino peggiore della morte,” la schernì Kourt. “E’ stata una lunga giornata e non ho voglia di andare a raccogliere i tuoi resti in fondo al fossato, per cui farai bene ad allontanarti dalla finestra, mia cara.” Le si avvicinò, frapponendosi tra lei e il vetro. Artigliò con un dito ad uncino l’ampia scollatura della sua camicia, tirandola verso di sé e sbirciandovi dentro. Strappò la stoffa per guardare meglio e sottolineò le curve del corpo di lei con la mano fredda, godendo della pelle d’oca che le inturgidiva i seni. “Fianchi stretti.” commentò, pragmatico. “Spero che non ci saranno problemi col parto.” Brianna, che fino a quel momento aveva taciuto, inarcò un sopracciglio. “Sembrate sicuro di ingravidarmi, signore.” Kourt rise. “Con il vostro aiuto, signora!” La prese in braccio senza sforzo apparente e la portò sul grande letto di Brianna. Lo eccitava l’idea di prenderla per primo, in quel suo letto virginale, dove nessun uomo era mai stato. Sentì il sesso risvegliarsi, mentre accarezzava quel corpo caldo, e si liberò dei calzoni. Immaginava che lei si sentisse umiliata per essere trattata come merce, per non aver avuto voce in capitolo, lei che aveva rifiutato governanti di sangue nobile e innamorati che l’avevano corteggiata disperatamente. Le morse un capezzolo, facendole sfuggire un gemito, le allargò le cosce con le ginocchia e fu su di lei. Occhi da strega, pensò, sentendosi il suo sguardo addosso. Gli sgusciò di sotto con un movimento fluido che non riuscì a prevenire. Ghignò. Era più divertente sconfiggere la sua ritrosia piuttosto che avere a che fare con un pezzo di ghiaccio inerte. La piccola mano, pero’, gli spinse il petto con fermezza e lui l’assecondò, sdraiandosi sulla schiena. Sembrava stranamente curiosa, non spaventata o contrariata. Gli esplorava il petto, inspirando il suo odore. `Odore d’uomo’, pensava Brianna, sentendo la fitta che ben conosceva al ventre. Spinse fuori la lingua, assaggiò. Il cambiamento di scenario non spense l’ardore di Kourt ma, al contrario, il membro prese a pulsargli con forza, fremendo d’anticipazione. Afferrò con entrambe le mani quel corpo che aveva patito la fame, sentendone gli spigoli. Lei gli fu sopra e lo fece scivolare dentro di sé, con studiata lentezza. Quando fu dentro, non gli riuscì di capire cosa stesse accadendo. Sotto le sue dita la pelle di lei mutava, liscia, setosa, calda come materia liquida. Il corpo diveniva morbido, i seni sembravano strabordare quando li strizzava e il profumo! Avrebbe potuto soffocarvi dentro e morire felice. Lo cavalcava con la furia di un’amazzone, mugolando il suo piacere, mentre i capelli che lui afferrava, cercando invano di domarla, assumevano tonalità rossastre, fino a divenire scuri come ala di corvo e poi tornare del colore dell’oro. Sentì il sesso di lei contrarsi quando giunse all’apice del piacere, usando il suo membro come un trastullo. Poi la vide scivolare via, andando a leccar via i propri umori. Sussultò. Le labbra erano calde, ma sembravano divenire incandescenti man mano che si avvicinavano al centro del suo piacere. Vide la punta del suo sesso sparire all’interno della piccola bocca rosa. `Sapore d’uomo!’ Brianna non riuscì a trattenersi e cercò di farlo entrare il più possibile, fino a farlo urtare contro la gola. Iniziò una lenta danza di ghirigori, leccando e succhiando, mentre con le unghie gli artigliava le cosce muscolose. Kourt non riusciva a muovere un muscolo, si sentiva come oltre lo spazio, in una nuvola lattiginosa e calda, mentre una corrente di piacere lo percorreva al ritmo di una cantilena. Solo quando il fiotto caldo segnalò che la musica era cessata Brianna alzò la testa e guardò il conquistatore. Deglutì, era buono quel sapore. Passarono lunghi istanti. Era tornata ad essere la gracile ragazzetta bionda che ispirava tenerezza. “Floran deve sposare Gesar, in modo da assicurarti la sua fedeltà. Floran ti ama e lo terrà a bada.” Kourt annuì, incapace di parlare. Gli sembrò un’eccellente idea. Come aveva fatto a non pensarci prima? “Devi inviare un invito a corte a tutti i Principi confinanti, in modo da riallacciare buoni rapporti. Non hanno preso bene i miei rifiuti e adesso avranno salvo l’onore, visto che la città è caduta. Smetteranno anche di pensare di invadere Maralya.” Brianna sbadigliò, poi aggiunse: “La pianterai di parlare di eredi in pubblico, se vuoi continuare a giocare a fare il re. E mi nominerai tua prima consigliera, in modo che i tuoi ufficiali la piantino di toccarmi il culo quando ti volti.” Il re ancora una volta non poté far altro che annuire. Qualcosa dentro di lui s’era spezzato, non aveva più l’aria del grande conquistatore barbaro. “Sei una strega.” mormorò, quando la rete incantata che gli era stata tessuta intorno allargò le sue maglie, restituendogli l’uso della parola. “Ma come fai senza il medaglione? E la verginità.,,?” Non capiva, si sentiva buggerato dalla sorte. Brianna rise, e non fu una risata gradevole. “La verginità è un concetto estremamente relativo, mio signore.” Gli prese una mano callosa e la portò tra le sue cosce, a coprirsi i riccioli color miele. “E ti presento il mio talismano.”
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