Erano passati quasi dieci anni da allora. Quanti bei ricordi mi aveva offerto quell’estate della mia infanzia. Ricordi così vividi che appena chiudo gli occhi mi si ripresentano davanti. L’inizio della mia adolescenza, un dodicenne ingenuo che si appresta a scoprire i segreti più reconditi della vita. Ci stavamo recando in campagna, nel cascinale di mio zio per passare un periodo di vacanze. I miei si erano appena separati e sebbene io ne avessi sofferto molto mi rendevo conto che questo poteva essere un bene per entrambi. Era da molto tempo che non vedevo mia madre così felice: stava per rincontrare suo fratello, mio zio, dopo molto tempo. Anche lui aveva alle spalle un matrimonio fallito e da quasi due anni si era risposato con una “ragazza madre”. Si era ritrovato così con un figlio adottivo di quindici anni, Andrea, il mio nuovo cugino. Era la prima volta che vedevo la sua nuova compagna e avevo un pizzico di curiosità e un certo non so che nei confronti del mio nuovo parente. Quando arrivammo mio zio e sua moglie ci accolsero a braccia aperte ma di Andrea nemmeno l’ombra. Dopo esserci sistemati io li lasciai ai loro discorsi e mi avventurai nei campi antistanti la cascina. Arrivai nei pressi di un piccolo torrente e mi sedetti lì a gettare sassi nell’acqua. Non ho idea di quanto tempo passò ma, tutto d’un tratto, ebbi la sensazione di essere osservato. Mi girai di scatto e vidi un ragazzo: un bel moro, abbronzato e molto muscoloso. Indossava solo pantaloncini corti che mettevano in risalto ciò che nascondevano. Il suo torace, le braccia e le gambe, erano ricoperte da una deliziosa peluria mentre il suo viso aveva un accenno di barba. Magnifici occhi scuri contornati da setose sopracciglia; un naso regolare sopra una bocca stupenda tanto da sembrare un bocciolo di rosa appena dischiuso. I suoi capelli neri ! erano così lisci che riflettevano la luce del sole: sembrava quasi avesse un’aureola. Un angelo…! “Ciao…, mi chiamo Andrea!” mi fa lui dopo un attimo di esitazione. Nel giro di pochi istanti avevo collegato tutto: lui era il mio nuovo cugino! “Ciao, io sono Marco.”, gli rispondo, “Sono appena arrivato qua per un periodo di vacanza e sto in quella cascina oltre i campi di frumento!” “Ma quella è casa mia…e ciò vuol dire che tu sei il mio nuovo cugino” mi dice lui. Avevo visto giusto……. Tra noi ci fu subito sintonia. Parlammo del più e del meno come vecchi amici e a mano a mano che il tempo passava la nostra intesa si faceva più solida tanto che, durante quel mese di vacanza, era più il tempo che trascorrevamo assieme che non quello accanto alle nostre famiglie. Durante questo periodo mi accorsi che avevo iniziato a guardarlo in modo differente: osservavo le espressioni del suo viso quando mi parlava, l’intonazione della sua voce molto più profonda della mia, il modo in cui camminava e il tendersi dei muscoli di gambe e braccia ad ogni più piccolo movimento. Osservavo pure il rigonfiamento in mezzo a quelle gambe sode e muscolose e lo paragonavo al mio. Mi immaginavo allora di essere nella stanza che condividevamo, entrambi nudi e col sesso eretto: lui mi illustrava ogni più piccola parte del suo uccello e mi permetteva di toccarlo, di sentire il suo sangue pulsare sotto quella carne gonfia e tesa all’inverosimile. Di sentire le sue palle sode e pelose nel palmo delle mie mani e di annusare il loro inebriante profumo. Nell’immagine mi veniva spontaneo di accostare le mie labbra a quell’asta fremente e calda per poi aprire la bocca ed ingoiarla. E andare su e giù, su e giù…, con un ritmo lento ed estenuante ed una stretta delle mie mascelle dolce ma, decisa e continua. Una volta ero talmente assorto in questa mia fantasia che quando venni portato alla realtà dalla voce di Andrea mi ritrovai a fissargli il pacco per poi allontanare immediatamente lo sguardo. Lui sorrise, si alzo come per andarsene ma, con un movimento fulmineo si spostò dietro la poltrona ove ero seduto e mi mise le mani sulle spalle, spingendo e costringendomi a restare seduto. Dopo un attimo di panico da parte mia mi resi conto che la sua presa si era fatta più dolce e le sue mani cominciavano a scendere, sempre più giù. “E’ di questo che hai voglia, vero?” mi fa, con la sua mano tra le mie gambe. Ero come inebetito, la gola secca, paralizzato. “Beh, è difficile che io possa accontentarti. E comunque non ne avrei alcuna intenzione!”. Detto questo se ne andò. Passai il resto della mia vacanza da solo visto che Andrea trovava sempre il modo di evitarmi. Avevo paura che mi sputtanasse davanti a tutti ma non lo fece mai. Tornai a casa con una profonda depressione ma il mio spirito combattivo me la fece superare. Ripensai alle sue ultime parole: “…non ne avrei alcuna intenzione!”. “Vedremo, bello mio” dissi tra me e me, “Vedremo…!” Gli anni passarono. Crebbi in altezza (1.71) ma anche in larghezza (85kg). Un tenero orsetto castano con occhi azzurri che aspettava il suo cacciatore. Avevo trovato dentro me anche la forza di dichiararmi ai miei. Che liberazione ragazzi! Finalmente libero di vivere alla luce del sole. Avevo deciso di godere la vita sotto ogni aspetto e, naturalmente, di perdere la mia verginità. Fu cosi, valutando il possibile partner, che mi ritornò alla memoria la sfida che mi proposi dieci anni prima. Sarebbe stato Andrea, volente o nolente, il mio mentore sui piaceri del sesso. L’indomani partii per la campagna certo che al mio ritorno il buchetto non conoscesse solo le mie dita! Quando arrivai al cascinale non stavo letteralmente nella pelle: dovevo assolutamente vederlo. Come 10 anni prima mi incamminai per il sentiero che porta al torrente quando cominciai a sentire dei lamenti e sospiri tra la vegetazione. Furtivo, scostando lentamente l’erba alta, la scena che vidi mi pietrificò: due maschioni stavano facendo un bel 69. Riconobbi in uno di loro, manco a dirlo, Andrea. Era diventato proprio un bell’uomo: alto, muscoloso, abbronzato e peloso al punto e nei punti giusti. Un vero muscle-bear direi. Anche l’altro ragazzo era proprio figo ma, niente in confronto a mio cugino. Vedevo il torace, i glutei e le gambe, contrarsi dal piacere. Vedevo sparire un cazzone enorme dentro una bocca avida e due palle possenti gonfiarsi all’inverosimile. Con uno scatto fulmineo Andrea sfilò dalla bocca avida del compagno il suo uccello. Con una manata bloccò supino l’altro e portò le sue gambe sulle spalle. Il suo cazzo ora stava proprio di fronte al buchetto: un glande rosso, carnoso, fremente era la sommità di un’asta nodosa, grossa e pulsante altrettanto. Con un movimento lento e deciso penetrò il compagno che lanciò un vero e proprio latrato. Prendere un affare di quel calibro all’inizio non deve essere certamente facile. Da dove ero io, vedevo mio cugino o meglio il suo culo, le sue palle e il suo cazzo che stantuffavano l’amico. I suoi latrati si erano trasformati in mugolii di piacere che accompagnavano in tonalità crescente il ritmo della scopata. Dopo quella che a me sembrò un’eternità Andrea venne copiosamente sul ventre del compagno. In quel mentre girò lo sguardo nella mia direzione: la sua espressione era un misto tra l’orgasmo e la sorpresa. Mi aveva visto. Scappai via e mi accorsi di essere venuto pure io dato che i miei pantaloni presentavano una bella macchia bianchiccia, grondante per lo più! Che cavolo avrei fatto ora? Come mi sarei comportato? Meglio far finta di niente dissi tra me e me. Alla sera, Andrea non si presentò a cena. Mio zio disse che era rimasto in paese per consegne e che tornava molto tardi. Che bella frottola pensai! Sicuramente non voleva vedermi in preda alla vergogna per essere stato scoperto. Scoperto proprio da chi, 10 anni prima, aveva così fortemente deriso. Strano il destino, no? A notte inoltrata continuavo a rigirarmi nel letto pensando alla scena del pomeriggio. Nel dormiveglia sentii la porta della mia stanza aprirsi. “Alzati, si va fuori!” disse imperioso mio cugino. “E se ti dicessi no?” ribattei io. Manco a dirlo si precipitò su di me e mi scaraventò giù dal letto. “Apri la bocca, un solo verso e sei finito!” proferì Andrea. Non me lo feci ripetere due volte e, impaurito ma anche eccitato lo seguii nei campi. Dopo mezz’ora di camminata ci fermammo in un campo di pannocchie. Lui si girò verso me e mi guardò dritto negli occhi. Il cuore mi batteva a mille e sudavo. “Ti consiglio di tenere la bocca chiusa su quanto hai visto!” “La chiudo volentieri…, solo se tu la riempi con qualcos’altro e sai bene a cosa mi riferisco!” dissi, sostenendo il suo sguardo. Un ceffone mi buttò a terra. Lui era sopra di me ma, non mi stava picchiando. Le sue mani, invece di colpirmi avevano preso ad accarezzarmi, ad esplorarmi, a spogliarmi. Sentivo il peso, il suo calore e il suo profumo con tutto il mio essere. Quanto avevo desiderato questo momento. Eravamo entrambi nudi, avvinghiati l’uno all’altro. La luna e le stelle erano gli unici spettatori. Potevo toccare con le mie mani quel corpo stupendo, sentire con le mie dita la compattezza ed il fremere di quei muscoli. Per nulla imbarazzato circondai con la mia mano il cazzo di Andrea: non riuscivo a chiuderla nemmeno. Il suo sesso era talmente eretto e gonfio da sembrare sul punto di esplodere. Si sedette sul mio torace, la mia bocca a contatto con il suo uccello affinché potessi soddisfarlo oralmente. Iniziai a giocare con la lingua e lubrificai quella bella mostruosità dalla base fino al buco della cappella, insistendo particolarmente sul filetto e circumnavigando il glande. Contemporaneamente con una mano massaggiavo le palle e la zona perineale, solleticando con l’indice il suo buco. Andrea gemeva e, quando ingoiai del tutto il suo pisellone emise un grugnito di piacere. La mia bocca era invasa da una massa di carne bollente, dal sapore leggermente salato. Quando succhiavo vedevo i suoi addominali contrarsi e le sue palle dentro la mia mano pulsavano. Con una mano prese a masturbarmi tanto da portarmi vicino all’orgasmo. Pure lui sembrava sul punto di venire perché il suo cazzo, dentro la mia bocca, era scosso da contrazioni ritmiche. Allora, con un gesto deciso si ritirò da me. “Girati e mettiti in ginocchio…” mi disse con dolcezza. Ubbidii e subito sentii la sua lingua farsi strada tra le mie natiche per lubrificare il mio buco. Tremavo come in preda ad un febbrone. Paura e desiderio assieme. “Ora saremo una cosa sola!” “Per me è la prima volta!” riuscii a dire con un filo di voce. “Sarò delicato ma inesorabile, mio piccolo spione…!” mi disse Andrea. Avvertivo la sua cappella premere sul mio buco che sotto quella pressione si dilatava piano piano. Mi sentivo squarciare e gettai un urlo. Se quella era solo una piccola parte di lui che entrava in me, figuriamoci il resto. Sarei morto là, in mezzo ai campi, aperto in due. Non mi resi conto però che era entrato quasi del tutto e che i muscoli del mio sfintere si erano anche rilassati attorno a quel cazzone. Li strinsi un po’ e Andrea sospirò profondamente. Prese a muoversi con lentezza. Sentivo dentro di me una sbarra incandescente muoversi. Una sensazione di pienezza, di piacere interno, intenso e viscerale. Sentivo le sue palle sbattere contro le mie e le sue mani accarezzarmi la schiena. Volevo dargli il massimo del piacere e, strinsi ancora di più il mio buco e simulai con i muscoli del retto una ventosa, proprio come quando ti scappa e non trovi un bagno dove poterti liberare. “Che culo fantastico hai! Sicuro sia la prima volta?” mi disse con voce roca. “Siii…e ora continua, più forte che puoi…!” ribattei. “Preparati, arriva la crema!” urlò Andrea. Si mosse freneticamente, dentro e fuori, fuori e dentro. Io non capivo più niente: ero in preda ad un orgasmo pazzesco, niente in confronto alle seghe. Il mio cazzo grondava sperma: pulsava di piacere anche senza essere stato stimolato manualmente. Ma il piacere più grande mi veniva da dentro, una sensazione profonda ed irripetibile. Scosse elettriche dal mio culo fino al cervello. Brividi di freddo e vampate di calore e alla fine sentii un getto scaldarmi gli intestini. Andrea era venuto e alla grande, ululando. Si accasciò su di me, restandomi ancora dentro. Passammo così la notte: lui disteso sulla mia schiena a scaldarmi e io che non volevo lasciar uscire il suo uccello. “E dire che non ne avevi l’intenzione, caro mio…!” dissi la mattina a colazione. Eravamo soli in casa e potevamo parlare liberamente. “Era una frase di 10 anni fa. Con il tempo si cambia, anche nei gusti!” fece Andrea. “Me ne sono pienamente reso conto!” ribattei sottolineando il “pienamente”. Scoppiammo entrambi a ridere. E’ trascorso un anno da allora: il mio cugino di campagna è anche il mio ragazzo. Torno da lui nei weekend. Il nostro è un rapporto molto aperto. Lui ha le sue libertà, io le mie. Ma, per lui il mio buco è “unico e fantastico”. Devo dire lo stesso del suo cazzo!
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