Sin da bambino, Antonello Sermenghi voleva esercitare la professione di farmacista; terminato il quinquennio di liceo scientifico, il ragazzo s’iscrisse alla facoltà di medicina e chirurgia dell’università di Padova, specializzandosi in seguito in farmacologia. In pochi anni Antonello divenne un famoso luminare, stimato e rispettato persino dai docenti, oltre che dai propri compagni di corso. Una mente brillante ed estroversa, in concomitanza ad un carattere allegro e socievole, facevano del dottor Sermenghi una persona con la quale era piacevole intrattenersi, discorrendo altresì d’argomentazioni che forviavano dall’ambito medico scientifico.Antonello si laureò a pieni voti, con menzione di lode, per merito del farmaco che egli stesso creò in sede di tesi: un ritrovato del tutto nuovo, grazie al quale milioni di persone, di tutto ed in tutto il pianeta, hanno risolto i problemi derivanti dalla sodomizzazione. “La pastiglia anale del dottor Sermenghi”, un confetto da prendersi per via rettale, che ammorbidisce e dilata in maniera congrua i tessuti del deferènte anale, rendendo più agevole la penetrazione. Moltissime coppie, sia eterosessuali sia omosessuali, utilizzano il ritrovato del dottor Sermenghi, il quale è diventato milionario, nel giro di breve tempo, senza nemmeno rendersene conto.La farmacia di Antonello è sita in un paese in provincia di Rovigo, piccolo e tranquillo centro dove la gente sa tutto di tutti, e fatica a non impicciarsi degli affari altrui. Dodici vetrine sotto un elegante porticato settecentesco, attraverso le quali sono pubblicizzati gli ultimi ritrovati delle case farmaceutiche; non poteva certamente mancare uno spazio dedicato a: “La pastiglia anale del dottor Sermenghi”, pubblicizzata da sagome di cartone, raffiguranti due uomini in un atteggiaménto, a dir la verità, un po’ ambiguo.Antonello esercitava la propria professione con serietà ed impegno, ma, parallelaménte, con altrettanta foga, era attratto dalle donne: non importava se belle o brutte, l’essenziale era possederle carnalmente, per soddisfare il proprio insaziabile appetito sessuale. Più passavano gli anni, più il dottor Sermenghi aveva voglia di far l’amore ad ogni ora della giornata; non era per nulla una persona sgradevole per quanto concerne l’aspetto fisico, anzi, attirava gran parte delle donne, proprio come la carta moschicida attira la maggior parte delle mosche quand’è ubicata in una stalla.Fin dai tempi del liceo, Antonello copulava con le proprie compagne nei bagni della scuola; all’università era riuscito persino a scoparsi una dozzina di docenti dell’opposto sesso. Insomma, un vero e proprio “Casanova” dei nostri tempi, con un’intelligenza superiore alla norma ed un conto in banca da fare invidia persino ad un politico.Il dottor Sermenghi aveva intrapreso la giusta via per far quattrini a palate, senza sporcarsi le mani: “Voglio un lavoro dove si guadagni molto, senza far troppa fatica”, soleva rammentare Antonello al padre, ogniqualvolta questi chiedeva al ragazzo quale professione intendeva esercitare una volta terminati gli studi.Nella farmacia di Antonello lavoravano ben ventidue persone, fra medici, infermieri e magazzinieri; la maggior parte del personale era costituito da bellissime ed attraenti ragazze, indossanti un immacolato camice, sotto il quale trasparivano curve mozzafiato occultate da accattivanti lingerie.Guarda caso il dottor Sermenghi aveva assunto solamente ragazze carine e spregiudicate, con le quali trascorreva quotidianamente, in intimità, le ore dedicate alla pausa pranzo, dalle dodici e trenta alle quattordici e trenta.Durante l’orario di chiusura, la farmacia si tramutava in un vero e proprio bordello: una volta abbassate le saracinésche, una vera e propria orgia si scatenava all’interno dei locali. I dipendenti maschi, che erano solamente sei compreso il proprietario, erano letteralmente aggrediti e violentati dalle infoiate ragazze, finché tutti i presenti non disbramavano le rispettive voglie.Ovviamente il dottor Sermenghi pagava lautamente gli “straordinari” ai propri dipendenti, con ingènti somme di denaro, non figuranti in busta paga; Antonello era riuscito a conciliare in maniera impeccabile il dovere con il piacere, per questo era fiero ed orgoglioso della propria farmacia.Una mente raffinata come quella del dottore, non poteva essere certamente immune da qualche piccola ed innocente perversione: chi di noi tutti non nasconde, nell’intimo più recondito, qualche bièco desiderio sessuale che non osa rivelare a nessuno, per paura d’esser male giudicato?L’anomala patologia del dottor Sermenghi, consisteva nel raccogliere e conservare in sospensione crionica il proprio sperma; quando poteva, Antonello eiaculava in un vasetto di vetro che riponeva immediatamente nel congelatore: “Le mie piccole creature, i miei bambini!”, soleva proferire ogniqualvolta riponeva un vasetto o una provetta all’interno del freezer.Tutti i giorni, fra le mura della farmacia, aveva luogo un’orgia fra colleghi, ed il dottore era l’unico dei maschietti che riusciva ad eiaculare per quattro volte consecutive, una dietro l’altra: immaginatevi quanto liquido seminale era stoccato all’interno della cella refrigerante!L’esercizio del dottor Sermenghi era l’unico del paese; essendo un vero e proprio supermercato del farmaco, giacché tutti i clienti trovavano sempre ciò di cui abbisognavano, fungeva da richiamo anche per i comuni limitrofi.In un piccolo sobborgo alle foci del fiume Po, non molto distante dal paese di Antonello, sorgeva un convento di novizie, giovani fanciulle praticanti una vita monastica, nell’attesa di prender i voti per divenir sorèlle.Le fanciulle erano tutte giovani, poco più che ventenni, con la ferma volontà di servire il loro unico futuro sposo, poiché la fede scorreva impetuosa nelle loro vene.Madre Celestina era alla guida delle novizie: una donna non più giovane, con un carattere forte ed autoritario; le aspiranti sorèlle erano ospiti del convento per un intero anno, giusto il tempo necessario per prender i voti, dopodiché erano assegnate ad altra destinazione.Ogni novizia poteva uscir dal convento ben due volte la settimana, per sbrigare gli acquisti necessari al proprio ed altrui sostentamento. L’anno precedente alcune novizie recandosi nella farmacia del dottor Sermenghi, il quale approfittò della cordialità delle fanciulle per approfondire la reciproca conoscènza: in sole tre settimane di “lavori in corso”, Antonello riuscì a scoparsi ben sette differenti aspiranti suore. Una soddisfazione indescrivibile per il dottor Sermenghi, il quale, anche in quell’occasione, incrementò di qualche centilitro la propria collezione di sperma.Un pomeriggio di fine novembre, varcò la soglia della farmacia una giovane novizia: “Buonasera dottore, avrei bisogno di un collutorio e delle compresse per alleviare il mal di denti”.Antonello salutò la ragazza con aria sorniona, somministrandole i farmaci richiesti: “Ecco a lei, bella ragazza. Perdoni la mia sfacciataggine, ma è nuova del convento?”, le domandò il dottor Sermenghi, sfoggiando un sorriso smagliante.La novizia abbassò timidamente lo sguardo: “Sì dottore, sono arrivata settimana scorsa”.”E… Posso sapere il suo nome?”, le chiese il mandrillo.”Mi chiamo Angelica, e sono originaria di Milano”, gli rispose cortesemente.”Molto lieto, Antonello Sermenghi. Se lei o le altre sorèlle doveste aver bisogno di qualsiasi medicinale o pianta officinale, non esitate a contattarmi!”, le disse l’uomo, stringendole la mano e consegnandole il proprio biglietto da visita.”Grazie mille dottore, lei è molto gentile: terrò in considerazione la sua disponibilità. Arrivederci!”, furono le parole della ragazza, prima che uscisse dalla farmacia.Non appena la novizia s’eclisso dalla vista del Sermenghi, questi bisbigliò sfregandosi le mani l’un l’altra: “Molto bene, anche per il prossimo anno la fottuta è assicurata!”.I mesi trascorsero celermente alle foci del Po: il lungo e rigido inverno di quell’anno cedette ben presto il posto al clima più mite della dolce primavera. Il dottor Sermenghi, dopo parecchi mesi di “lavori in corso”, non era ancora riuscito a scoparsi una novizia; era una mattina d’aprile, quando Madre Celestina si recò nella farmacia di Antonello per acquistare delle piante officinali.Era la prima volta che la superiora faceva visita a quel negozio; la sua attenzione fu richiamata dall’immagine pubblicitaria de: “La pastiglia anale del dottor Sermenghi”.Quando la suora vide le due sagome di cartone, l’una intenta a sodomizzare l’altra, si fece immediatamente il segno della croce, mentre quando lesse lo slogan del prodotto: “L’unica che ti farà godere senza stringer i denti!”, recitò ad alta voce tre Pater noster.Madre Celestina non era intenzionata a varcare la soglia di quel luogo di perdizione, se non fosse stato per via delle piante officinali di cui necessitava, facenti parte del nutrito dispensario della farmacia; inoltre la suora doveva chiedere delucidazioni al dottor Sermenghi in persona, riguardo a certe “voci ambigue” circolanti in convento.Antonello accolse la religiosa cordialmente, com’era solito fare con tutti i clienti: “Buongiorno sorèlla, in cosa posso esserle utile?”.”Buongiorno a lei: vorrei parlare con il dottor Sermenghi, per cortesia”.”Oh, lei è una persona fortunata: eccomi qua, proprio dinanzi ai suoi occhi!”, proferì Antonello.Madre Celestina aggrottò le sopracciglia, in segno di cruccio: “Avrei bisogno due etti d’issopo e tre di camepizio, se non le spiace”.”Certamente”, replicò Antonello, estraendo tosto dai rispettivi matracci le sostanze comandategli.”Ecco a lei: desidera altro?”, domandò il farmacista.La religiosa si avvicinò maggiormente al bancone: “Senta un po’ caro dottore, innanzitutto devo esprimerle il mio rammarico per il prodotto pubblicizzato nelle vetrine del suo esercizio. E’ uno scandalo, un insulto alla morale e alla decenza! Si vergogni!”, lo ammonì la suora, alzando il tono della voce. Successivamente, senza lasciar che l’uomo potesse replicare, Madre Celestina proseguì: “Nel mio convento si mormora che lei voglia abusare di alcune delle novizie. Lei sa a cosa mi riferisco! D’ora in avanti non permetterò più alle mie consorèlle di uscire dal convento; se avranno bisogno di qualche medicina, usufruiranno del vostro servizio a domicilio, tanto pubblicizzato per tutto il paese. Sono stata chiara?”, terminò la paternale Madre Celestina.Antonello, in cuor suo, era consapevole della veridicità di quelle parole, taglienti come una lama di bisturi; tuttavia, per non destare sospetto alcuno, negò l’evidenza recitando la parte del povero calunniato: “Come si permette di rivolgermi tali accuse! La pastiglia anale m’è costata ani… Pardon… anni di sacrifici; è l’ultimo ritrovato in ambito farmaceutico! Io sono una persona rispettabile, non ho mai molestato le vostre novizie e nemmeno ho mai pensato di farlo! Si vergogni Madre: abbia la compiacènza di tenere a freno la lingua, prima d’infardare la reputazione di un professionista e uomo di scienza come il sottoscritto”.La religiosa fece due passi indietro, tenendo il mano il pacchetto acquistato: “Comunque sia, caro dottor Sermenghi, lei non rivedrà mai più né me né le novìzie nella sua farmacia. La saluto!”.Con queste ultime parole Madre Celestina sortì dal negozio, dirigendosi a gambe levate alla volta del proprio convento.Quella stessa sera, fra la tranquillità delle mura domestiche, Antonello escogitò un diabolico piano, atto a segnare in maniera permanente il destino delle religiose: “Porca miseria, ci mancava solamente quella rompipalle della superiora! Ancora un po’ di pazienza e poi… Angelica sarebbe stata mia”, blaterò a denti stretti: “Se non potrò scoparla, allora voglio che lei e tutte le altre abbiano un mio piacevole ricordo, un souvenir di Rovigo, se così si potrà definire!”, ridacchio Antonello, intento a centellinare un brandy.Il mattino seguente, di buonora, il dottor Sermenghi si recò in farmacia: prese alcuni flaconi di detergente intimo, gettando nel lavandino il contenuto. Dopo averne accuratamente risciacquato l’interno, li riempì con il proprio sperma prelevato dai contenitori che custodiva in freezer, riponendo susseguenteménte in quest’ultimo i flaconi manomessi: “Prima o poi dovranno lavarsi le bernarde!”, sogghignò il farmacista, alludendo alle giovani novizie.La mente diabolica e pervertita del Sermenghi aveva previsto il giusto: dopo soli quindici giorni, Madre Celestina telefonò in farmacia per ordinare alcuni medicinali e dei semplici prodotti per l’igiene del corpo; fra questi erano altresì incluse alcune confezioni di detergente intimo.Il dottor Sermenghi in persona preparò il pacco, inserendo per ultimi gli algènti flaconi stracolmi di liquido seminale: “Se le cose andranno per il verso giusto, nei mesi a seguire mi farò quattro risate!”, pensò Antonello, consegnando al proprio fattorino la merce da recapitare.Verso la fine di giugno, Madre Celestina venne meno alla promessa pattuita con il farmacista: poiché alcune delle novizie accusavano violenti conati di vomito e fastidiosissime emicranie, la superiora accorse in farmacia per alleviare le loro sofferenze. Tuttavia si rifiutò di interloquire con il dottor Sermenghi, rivolgendosi ad una procace assistente.Antonello udì ciò che Madre Celestina ordinò alla dottoressa: “Buongiorno sorèlla! Vomito? Cefalea? Non saranno mica incinte le vostre ragazze!”, le disse sogghignando ironicamente.”Vade retro, Satana! Non dica nemmeno per scherzo, certe sciocchezze!”, fu la secca replica della religiosa, che fulminò prontamente Antonello con lo sguardo.La sensuale dottoressa consegnò alla suora le medicine, consigliandole di consultare un medico se i sintomi non si fossero attenuati dopo qualche giorno. Il mese seguente la superiora fu costretta a rivolgersi al professor Schiavon, il medico di fiducia del convento, il quale, dopo aver visitato accuratamente le pazienti, ordinò a Madre Celestina di sedersi: “Ascolti sorèlla, le novizie godono tutte di ottima salute. Però…”, s’interruppe il professore, schiarendosi la voce: “…Alcune di loro… Sono gravide!”.La religiosa quasi svenne: “Come sarebbe a dire… Sono forse incinte?”, balbettò, portandosi le mani alle tempie.”Proprio così! Ma ciò che mi lascia perplesso, è l’integrità dei loro imèni. Tutte le ragazze in stato interessante sono illibate!”, proseguì il professore.”Miracolo! Miracolo! Questa è opera dello Spirito Santo!”, esclamò la superiora, tendendo le braccia al cielo in segno di ringraziamento.Il professor Schiavon cercò di tranquillizzare la religiosa: “Si calmi sorèlla, non si entusiasmi troppo! Dovrò sottoporre le novizie ad un accurato esame ginecologico, per accertare la verità dell’accaduto”.Il giorno seguente il professore visitò le ragazze nel proprio ambulatorio; il refèrto fu incredibile: imène integro e nessun segno di abuso sessuale. Nonostante ciò, le novizie portavano in grembo il frutto di un peccato mai commesso, insidiatosi nei loro uteri con l’inganno partorito da una mente geniale e malata allo stesso tempo.Il professor Schiavon disse la verità alle giovani ragazze, le quali, incredule e sbalordite, non sapevano se svenire o piangere dalla vergogna: “La scienza medica non può spiegare razionalmente un simile evento. Lascio alle vostre cosciènze la sentenza finale in merito all’accaduto!”, disse loro il professore.Il tempo trascorse in un batter d’occhio; naturalménte le aspiranti sorèlle decisero all’unanimità di portare a termine le rispettive gravidanze. Madre Celestina pensò e ripensò in merito a quell’ironica esclamazione che il dottor Sermenghi le rivolse l’ultima volta che si recò in farmacia: “Non saranno mica incinte le vostre ragazze!”. La religiosa meditò a lungo su quella frase, cercando di allontanare dalla propria mente il pensiero di un atto di violenza carnale, perpetràto ai danni delle novizie.Nondiméno Madre Celestina interrogò in via confidenziale le proprie ragazze; inoltre il refèrto medico del professor Schiavon fugò ogni perplessità in merito alla possibilità di un fortuito amplesso.Quando l’incredibile notizia si divulgò a macchia d’olio per il paese, e per quelli limitrofi, le novizie avevano già partorito da parecchi mesi; le piccole creature, tutti figli illegittimi di Antonello, furono affidate alle famiglie d’ogni singola ragazza; naturalmente le giovani madri dovettero abbandonare la vita monastica ed ascètica condotta fino ad ora, rincasando nelle rispettive famiglie, per accudire a tempo pieno i propri pargoletti.Per salvare la reputazione delle novizie, la propria e quella del convento stesso, Madre Celestina dovette render ufficiale la versione del miracolo; la religiosa, sin dal principio, credette fermaménte si trattasse di un avvenimento che esula da ogni umana logica, attribuendo l’accaduto alla potenza divina, operante per mezzo dello Spirito Santo.”Alcune delle mie novizie sono state prescelte dall’Altissimo perché concepissero un figlio senza macchia, proprio come Maria concepì nostro Signore!”, furono alcune delle parole proferite da Madre Celestina, in seguito all’intervista rilasciata dinanzi alle telecamere di un noto telegiornale.Carta stampata ed emittenti televisive si occuparono dell’anomalo avvenimento per parecchio tempo, coinvolgendo le dirette interessate, il direttore del convento, Madre Celestina ed il professor Schiavon.Il diabolico piano architettato dal Sermenghi aveva funzionato; quando il dottore apprese la notizia per la prima volta leggendo un quotidiano locale, si piegò letteralmente in due dalle risa: “Aaahhh, ma quale miracolo, iiihhh… Vi ho inseminate per bene, eh sorelline?”, si sbellicò Antonello, accartocciando le pagine del giornale.Il Sermenghi lasciò trascorrere alcune settimane, dalla pubblica divulgazione del miracolo, prendendo in seria considerazione l’eventualità di raccontare la verità dell’accaduto a Madre Celestina.Dopo un lungo e sofferto periodo di meditazione, il dottore decise di non dir nulla ad anima viva, rimanendo così l’unico custode di quel singolare ed originale raggiro: “In fin dei conti, essere paragonato a Dio non capita mica tutti i giorni…”, cogitò Antonello, intento ad ammirare, con sguardo alienato, gli algidi vasetti di vetro contenenti il prodotto delle proprie gonadi.
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