Quella domenica pomeriggio verso le 17, io e Marina, mia moglie, eravamo tornati da un pranzo di compleanno presso amici. Era andato tutto alla grande: piacevole compagnia, grande mangiata e ancora più grande bevuta. Lei in particolare si era lasciata andare col vino e avevo dovuto sostenerla più di una volta durante il breve percorso dalla villetta del festeggiato sino alla nostra auto. Arrivati a casa, era crollata sul divano parlottando e ridacchiando. Per l’occasione ovviamente si era vestita di tutto punto: tacchi alti, autoreggenti nere, gonna in pelle, body di pizzo con reggicalze (un mio regalo) e camicetta in voile. Così, sbracata sul divano metteva in bella mostra le cosce e il tanga dal quale si intravedeva un ciuffo di peli scuri. Lo spettacolo era effettivamente interessante. Io dal canto mio mi auguravo che fosse almeno in grado di combinare qualcosa. Fu a quel punto che suonò il campanello, tre volte come era solito fare nostro nipote, che generalmente passava a salutarci a quell’ora. La nostra porta dà direttamente sul giardino quindi io aprì senza problemi e mi trovai inaspettatamente davanti il solito venditore ambulante di colore con il suo campionario di mercanzia. Era un ragazzo senegalese o giù di lì di altezza media ma con un fisico molto atletico che con inaspettata cortesia aveva presentato la sua merce chiedendo quanto meno di darle solo uno sguardo. Intanto Marina mi aveva chiamato, pregandomi di portarle una tisana. Le avevo detto di non preoccuparsi e di aspettare che sarei andato da lei. Il ragazzo si presentava bene in tutti i sensi e fu così che lo invitai a entrare preso da un irrefrenabile desiderio di combinare qualcosa approfittando della situazione per così dire favorevole in cui versava la consorte. Lo feci quindi accomodare in cucina in maniera che dalla porta intravedesse Marina sdraiata nel salotto e gli offrì qualcosa da bere che accettò di buon grado. Intanto portai a lei la tisana richiesta non prima di averla addizionata con un po’ di grappa che le avrebbe facilitato la digestione: sì la digetione del “piatto“ che le stavo preparando io. Intanto lo sguardo del ragazzo era caduto sulla porcella sdraiata e la patta dei pantaloni alla vista dello spettacolo si era sensibilmente rigonfiata. Immaginavo infatti che la donna bianca potesse rappresentare per lui qualcosa di proibito che avrebbe acceso una eccitazione particolare e non mi sbagliavo. Fu allora che lo invitai a seguirmi in salotto per vedere la merce assieme a mia moglie. Arrivati vicino al divano lei, che nel frattempo si era bevuta tutta la tisana, farfugliò qualcosa del tipo che non era interessata a comprare nulla, ridendo e dicendo frasi un po’ sconclusionate mentre il tipo mi guardava e non riusciva ancora a capire bene a cosa mirassi io. Mi abbassai le sollevai la gonna e le abbassai il reggiseno in maniera che uscissero entrambe le tette. Invitai il ragazzo a toccarle, accarezzarle e lui, all’inizio stupito e quasi impacciato, dopo un primo tentennamento, non si fece pregare. Quelle mani nere iniziarono a palpare i seni di Marina, poi a strizzarli e a tormentare il capezzolo e non tardarono ad insinuarsi sulla sua fica pelosa. Lei frastornata si lasciava andare e ansimava ad ogni titillamento del clitoride. Lui, che ogni tanto mi osservava cercando nel mio sguardo quasi un approvazione, le aveva infilato le dita nella fica ed aveva iniziato a stimolarla, tanto che lei si era abbondantemente infradiciata. Ero incredulo mi sembrava di assistere ad un film porno con mia moglie protagonista. Il quadretto era splendido: lei buttata sul divano in atteggiamento e abbigliamento da vera troia in balia del giovane di colore che la pastrugnava dappertutto. Intanto io avevo chiesto al ragazzo di abbassarsi i pantaloni e lui con una rapidità incredibile se li era sfilati ed era rimasto lì in piedi esibendo un arnese decisamente spropositato, non tanto in lunghezza ma in diametro, che era decisamente quanto meno il doppio del mio, che non è tra i più piccoli. Lei purtroppo non era in grado di cogliere pienamente la fortuna che aveva avuto, troppo cotta dall’alcool che, tuttavia, non le impediva di gradire le attenzioni del ragazzo. L’invitato era quindi rimasto lì in piedi con quell’affare gigantesco dritto come un paletto e con un’aria implorante come se fosse in attesa dell’autorizzazione a compiere quello a cui ormai era fiducioso avrebbe potuto di diritto aspirare. L’autorizzazione arrivò in una bustina contenente un preservativo che indossò di buon grado sotto la mia supervisione: trasgressione sì ma senza inutili rischi. Fu a quel punto che spiegai al ragazzo che in cambio della scopata avrebbe dovuto acconsentire ad essere guidato da me che avrei fissato i limiti e gli avrei indicato che fare esattamente con Marina. Lui ovviamente non ebbe nulla da eccepire, l’importante era trombarsi quella splendida troia. Lo aiutai quindi a spostare Marina in modo che le gambe, ancora fasciate dalle autoreggenti, ed i piedi nei sandali con i tacchi alti uscissero dal divano e potessero essere ben impugnati. Lei borbottava e non saprò mai se fosse veramente incosciente come lasciava ad intendere. Fu così che il negretto la penetrò con il suo cazzo nero come la pece nella fica bianca avvolta da una bionda peluria, con una forza inusitata afferrandola per le gambe e iniziando a pomparla vigorosamente. Lei dapprima quasi affannata nel ricevere un uccello così grande, iniziò ben presto a provare un grande piacere generato dallo sfregamento della bega che, oltre a trastullarle il grilletto, ad ogni ritorno dall’affondo, le faceva uscire completamente grandi e piccole labbra provocandole un generale movimento di tutta la fica che penso non avesse provato neanche quando usava il vibratore. Anche io d’altro canto mi ero supereccitato e avevo iniziato a farmi spompinare dalla vacca che tuttavia si dimostrava un po’ imprecisa, in quell’attività nella quale solitamente primeggiava, anche a causa di una posizione particolarmente scomoda da me assunta per non interferire con il compagno. Avevo intanto invitato l’amico ad apostrofare la maiala con qualche frase pesante: “ti piace troia bianca”, “ti sfondo zoccola”, “di va il cazzo nero” e questo aveva contribuito ad aumentare la mia eccitazione trasformatasi ben presto in una mega sborrata che avevo tuttavia dovuto fare fuori dalla sua boccuccia per non rischiare di soffocarla. Il negretto dopo cinque minuti, nei quali lei, multiorgasmica, era venuta almeno tre volte, aveva iniziato a respirare affannosamente ed aveva cacciato un urlo tenendola stretta contro la sua pancia: stava sborrando alla grande stringendole le chiappe nelle mani con forza. Estratto l’arnese ancora avvolto dal profilattico avevo visto all’interno una quantità di sperma incredibile dovuta penso, oltre che alla potenza del ragazzo, alla lunga astinenza sessuale forzata nel nostro paese. Io intanto ero di nuovo in forma ed avevo girato Marina alla pecorina preparandole il culetto con due dita ed un poco di gel e mettendole due cuscini sotto le braccia per poterla scopare meglio. Avevo prontamente iniziato a scoparla così, mentre l’amico dopo essersi pulito aveva ripreso a palparle le tette ed il culo, riuscendo per un attimo a limonare con lei, e ben presto era tornato col cazzo duro sul quale aveva infilato un nuovo preservativo. Non avevo avuto dubbi l’occasione era ghiotta e pensavo anche più unica che rara: l’avevo sollevata leggermente e l’avevo inculata dolcemente penetrandola completamente dopo un minuto circa e poi, con calma l’avevo sollevata seduta sul mio cazzo con la fica rivolta all’esterno. L’amico non aveva avuto bisogno di indicazioni e l’aveva inchiavardata immediatamente. Io quasi immobile con lei impalata col culo sul mio cazzo fino alla radice mentre l’ospite la chiavava alla grande, squassandola e facendo provare anche a me sensazioni nuove e sconvolgenti: la mia donna come una vera troia in balia di due maschi che godeva. Gli elastici del body che si tendevano, le gambe che ballavano ad un ritmo forsennato, le sue tette sballottate e succhiate da quelle labbra nere, l’odore quasi selvaggio del sudore dell’uomo di colore non mi avevano fatto resistere per più di una decina di minuti e le avevo riempito il culo con almeno sei o sette fiotti di sborra urlando “prendi zoccola, è tutto per te”. Lui era andato avanti ancora per un quarto d’ora circa girandola alla pecorina e sbattendola alla grande. Colpi forti e profondi vere staffilate il cui ritmo era veramente forsennato. Quando vidi che era prossimo all’orgasmo pretesi che fosse uscito dalla fica, che ormai era completamente aperta e di colore rosso prugna, e le fosse venuto sul seno. Lui acconsentì. Sfilato il preservativo, dopo due menate iniziò a sborrare schizzandole gridando tette, pancia e anche sul collo, una vera e propria doccia di sperma che avrei voluto immortalare. Fu così che congedai il giovane che non finiva di ringraziarmi per la bella serata. Serata di primavera inoltrata che si concluse con una mia terza mano nella fica slabbrata di Marina che si beccò un’altra bella dose di sborra in pancia e finì a letto dopo una doccia tiepida a dormire come un sasso. Purtroppo la sera non ebbe un seguito. Il tipo non lo rivedemmo più e lei, ma su quello ancora oggi nutro dei dubbi, mi disse di non ricordarsi nulla del famigerato dopo cena. L’unica cosa certa è che io mi ricordo tutto e sovente mentre scopiamo il solo fatto di riportare alla mente quanto accaduto mi eccita enormemente.
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