Ho 32 anni, un metro e 77 cm. d’altezza, 96-60-90, rossa di capelli in quanto non ho altri peli sul corpo.Bella decisamente a quanto dicono i commenti e molto femminile: sono una schiava totale e a tempo pieno di un padrone esigente e severo. Il mio nome, o meglio come vengo ormai chiamata da tutti quelli che mi usano, rappresenta secondo il mio padrone esattamente quello che sono e ciò a cui servo e non mi permette di dimenticare chi e cosa sono. Il mio nome è FIGA. Così, in maniera brutale, umiliante e volgare vengo chiamata. Ho iniziato il mio percorso a 23 anni, quasi per gioco, per ritrovarmi passo dopo passo a percorrere tutti i livelli più aberranti della sottomissione. Sono anni che non provo la sensazione d’indossare biancheria intima sotto i succinti abiti che mi vengono imposti; non ricordo cosa si prova ad indossare dei pantaloni o anche solo dei semplici collant. I miei reggiseno sono sempre e solo di quelli a balconcino che sollevano e spingono in fuori, lasciandoli esposti, i capezzoli, che ho estremamente sensibili ed il fastidio che mi provoca lo sfregamento delle punte dei miei seni contro la stoffa degli abiti e dei ruvidi maglioni invernali che mi vengono imposti appositamente mi lascia giornate intere con i capezzoli indolenziti ed ipersensibili.Nove anni fa ero innamoratissima di quello che sarebbe diventato il mio padrone, di 4 anni più anziano di me. Dopo qualche mese di un rapporto normale Lui mi disse che voleva lasciarmi; passai settimane a disperarmi ma lui, irremovibile, mi spiegò che il suo sogno era di trovare una ragazza realmente sottomessa e non come me che gli permettevo una certa forma di dominazione sessuale solamente per amore. In realtà la cosa eccitava anche me ma non lo avevo mai confessato. Comunque non ci vedemmo per qualche settimana; poi una sera in discoteca mo lo trovai davanti. Ci salutammo e parlammo un po’ del più e del meno, poi gli chiesi se aveva trovato ciò che cercava. Lui sorrise e rispose di no. Senza sapere bene perché gli dissi che comunque io ero sempre disponibile ad essere la sua schiava. Non diede troppo peso alla cosa e ci salutammo. Più tardi però, la stessa sera, lo cercai al telefonino e lo supplicai di addestrarmi a diventare ciò che lui desiderava. Mi diede un appuntamento per la sera dopo a casa sua ed io mi presentai vestita come sapevo piaceva a Lui: minigonna, calze con reggicalze, tacchi a spillo, il sesso accuratamente rasato e nudo. Mi fece accomodare in salotto e subito mi chiese se ero sicura di ciò che avevo detto e se mi rendevo conto di quello che la cosa comportava. Docilmente risposi “si, sono disponibile e desidero essere la tua schiava!” “Bene…” disse Lui, “Dimostramelo. Spiegami perché dovrei accettarti come schiava e convincimi che ne vale la pena!”Non sapevo cosa fare ed ero molto imbarazzata. Esitai un poco poi m’inginocchiai davanti a Lui e cominciai a spogliarmi. Lui mi guardava in silenzio e quando fui nuda rimasi in silenzio in attesa.“Non andiamo bene, piccola. Non mi basta che tu ti faccia vedere nuda per convincermi che saresti una buona schiava…”“desidero essere la tua schiava perché mi piace e mi ha sempre eccitato essere dominata”“Sei disposta a farti frustare per punizione o anche solo per mio piacere?”“Si” risposi già eccitata.Allora mi fece alzare in piedi a gambe larghe, “Fai vedere la merce…” Mi guardò palpeggiandomi a lungo ed esplorando le mie intimità così sfacciatamente esposte. Cominciò così la mia vita di schiava; poco per volta mi addestrò a soddisfare le sue esigenze ed i suoi capricci. Mi venne insegnato a servire Lui ed i suoi amici in ogni modo venisse a loro in mente di umiliarmi.Tutte le volte venivo frustata e torturata in mille maniere per il loro divertimento. Il mio padrone aveva la chiavi del mio appartamento e poteva venirci ogni volta lo desiderasse, a qualunque ora del giorno e della notte, da solo o con altri uomini, per soddisfare i loro capricci. La prima volta rimasi imbarazzata nel vederlo arrivare con due estranei ma una buona seduta di sberle mi convinse ad assecondare i loro desideri. Quando il mio padrone dovette allontanarsi per un periodo di lavoro vidi arrivare una sera a casa mia una ragazza che non conoscevo; entrò con le chiavi e io rimasi interdetta in quanto non sapevo cosa dire. Lei mi ordinò di spogliarmi ma, vista la mia titubanza, telefonò al mio padrone e mi passò l’apparecchio:“Non farmi arrabbiare Figa! Lei è una mia amica e verrà tutte le sere, fino al mio ritorno, a frustarti ed a controllare che tu sia sempre ben depilata e truccata. Obbediscile!”E così avvenne. Tutte le sere la ragazza veniva, mi frustava ed ispezionava le mie intimità. A volte si faceva leccare il sesso accarezzandomi oscenamente. Sempre, dopo avermi ispezionata, telefonava al mio padrone per riferirgli la mia condizione. In un’altra occasione eravamo ad una festa in un locale; il mio padrone mi chiamò vicino a lui che parlava con due ragazzi che conoscevo di vista: “Figa, questi sono due miei amici. Adesso vieni qui e fatti palpare sotto la gonna da loro.” Indossavo come sempre una corta minigonna e per i due maschi non fu difficoltoso infilarci sotto le mani ed esplorarmi il sesso ed il sedere nudi, lì in mezzo ad una discoteca. “Adesso allontanati di qualche metro che dobbiamo parlare! Ma rimani in vista ed in piedi che vogliamo guardarti le cosce ed il culo!” Mi allontanai restando in esposizione e benché nessuno dei presenti potesse sospettare la mia situazione mi sentivo peggio che se fossi stata nuda su un banco al mercato.Vedevo che parlottavano tra di loro guardandomi ogni tanto ed ammiccando.Dopo qualche minuto venni richiamata con un gesto dal mio padrone:“Figa, vai con questi due amici che ti portano a casa. Poi vedi di farli divertire e sii ubbidiente!” Mi diede un bacio e si girò a corteggiare una ragazza seduta sulla poltroncina dietro alla sua.Venni accompagnata fuori dei due ragazzi che appena fuori dal locale cominciarono ad allungare le mani.Quando fummo in auto mi ordinarono di sollevare la gonna per mostrare il sesso e dovetti rimanere così fino a casa mia, dove dovetti servirli e soddisfarli tutta la notte. Con il passare del tempo episodi di questo genere sono diventati una normalità e tutti quelli che mi conoscono ormai mi chiamano Figa. Figa vieni qua, Figa allarga le cosce, Figa apri la bocca, servici il caffè Figa. Anche questo nome, che i primi tempi mi imbarazzava moltissimo, è diventata un’abitudine.Le prime volte avrei voluto morire quando il padrone, per umiliarmi, mi chiamava e davanti ai suoi ospiti mi ordinava “Su, presentati, di a questi signori come ti chiami!”Con un filo di voce, gli occhi incollati a terra, rispondevo:“Mi chiamo Figa…” e quando lo stupore ed il divertimento passava non perdevano mai l’occasione di chiedermi il perché di questo nome.“Perché è quello che sono. Sono solo una figa da usare. L’unica parte interessante della mia persona” dovevo rispondere.
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