"E’ un esame difficile", ammise il professore guardandola attraverso la cortina di fumo, il volto in penombra, seminascosto dalla lampada a stelo. "Ma non impossibile". Se ne stava sprofondato nella larga poltrona di pelle nera, con le mani incrociate sullo stomaco grassoccio e giocherellava con la pipa facendosela oscillare tra i denti. "Sempre che lei voglia accettare i consigli di chi la vuole aiutare". Ad Elena non era sfuggita l’ironia con cui il professore aveva pronunciato quella parola, consigli, ma fece finta di nulla e si limitò ad annuire. Era consapevole di non indossare un abbigliamento adatto all’occasione, con quella magliettina bianca a filo di pelle e la gonna jeans che, quando stava seduta, le si ritirava fino all’inguine. Ma era luglio e faceva caldo. E poi il professore l’aveva convocata senza alcun preavviso, quel pomeriggio, dopo averla trovata intenta a studiare nel giardino della facoltà. Voleva parlarle in studio, aveva detto, per vedere di risolvere una volta per tutte quel problema con l’esame di penale. Elena lo aveva seguito su per lo scalone, in silenzio, imbarazzata per l’ennesimo fallimento del giorno prima, pronta a sottoporsi ad una ramanzina solenne. Ma l’uomo corpulento, che adesso sedeva davanti a lei, nello studio in penombra, giocherellando con la pipa e parlando piano non sembrava avere in mente una predica. Aveva pronunciato quelle poche parole ed era tornato in silenzio, senza mai smettere di guardarla. Elena si sentiva a disagio. Benché non lo vedesse distintamente, sapeva che il professore la stava esaminando tutta, dai capelli biondi appena mossi sulle spalle, ai piccoli seni che premevano contro il cotone sottile, alle gambe nude, accavallate, appena sotto il bordo della scrivania. Istintivamente, i suoi occhi corsero verso la porta, una porta foderata in pelle rossa, imbottita per attutire i suoni all’esterno. "E’ chiusa, bambina", disse l’uomo dietro la scrivania. " E quello di non forzarla è il primo dei consigli che ti voglio dare. Per il suo bene, vero mio caro?". Elena realizzò in quel momento che a metterla a disagio non era stato solo lo sguardo dell’uomo di fronte a lei, ma la vaga sensazione che ci fosse qualcuno alle sue spalle. Fece per voltarsi, ma l’uomo al quale il professore si era rivolto con tanta confidenza l’aveva bloccata, facendole scivolare attorno agli occhi una benda nera che poi aveva stretto fino a farle male. " Non vorrete…", cominciò a dire, portandosi entrambe le mani all’altezza degli occhi per liberarsi; ma un’altra benda uguale alla precedente le fu passata attorno alla bocca, mentre i polsi sottili le venivano legati ai braccioli della poltrona." Accetta i nostri consigli", disse il professore con voce melata. "Avrai il massimo dei voti!". Elena smise di agitarsi e rimase immobile, ansimante, senza riuscire a vedere altro che ombre al di là della benda. Si sentiva addosso quegli occhi lascivi che la percorrevano tutta, pregustando piaceri ai quali lei avrebbe dovuto, volente o nolente, prendere parte. Avvertì il respiro dell’uomo alle sue spalle farsi più rapido mentre con le labbra le sfiorava il collo. Sentì mani robuste sollevarle la maglietta, in modo da scoprire i seni candidi e sodi, appena velati dal reggiseno bianco, estivo. "Adesso slegala" ordinò il professore e l’altro ubbidì. Fu costretta ad alzarsi in piedi, mentre le mani dell’uomo alle sue spalle non smettevano di carezzarle i seni, facendole inturgidire i capezzoli mentre la liberavano del tutto dal reggiseno. La maglietta le venne sfilata e mani arroganti le abbassarono di colpo la gonna facendole saltare due bottoni. Sentì la ruvida stoffa jeans caderle lungo le gambe e raccogliersi attorno alle caviglie. Si stava eccitando suo malgrado e a stento riuscì a reprimere un mugolio di piacere. Non voleva dare a quei due la soddisfazione di averla in qualche modo convinta a partecipare… quei porci… stavano approfittando di lei senza alcuno scrupolo e non doveva… no… Sentì la mano del professore insinuarsi tra le sue cosce, costringendola ad aprirle; il grosso dito medio dell’uomo cominciò a scorrerle sul clitoride ed Elena gemette, incapace di trattenersi, mentre l’eccitazione cresceva in lei vincendo a poco a poco ogni sua resistenza. "Ti piace, puttanella, eh?" rise il professore. " Vediamo quanto ci metti a godere con questo!" e con un grugnito le ficcò tre dita nel caldo orifizio del suo sesso, strappandole un grido, che la benda trasformò in un suono soffocato. L’uomo alle sue spalle la spinse in avanti, costringendola ad appoggiarsi al petto massiccio del professore, in una posa che non lasciava dubbi sulle sue intenzioni. Elena cerco di divincolarsi, mentre il perizoma le veniva strappato e le natiche aperte al massimo per scoprire il piccolo sfintere contratto. "No…", mugolò, ma l’uomo dietro di lei si era già sbottonato i pantaloni e le stava sfiorando l’ano col glande inturgidito. Le afferrò i polsi e la costrinse con le braccia dietro la schiena, facendola incurvare ancora di più contro il corpo del professore. "Più giù", ordinò questo aprendosi la patta. "Voglio offrirti qualcosa da bere, bambina…". Carne calda e rigida le sfiorò il seno, facendola fremere; aveva i capezzoli tanto induriti da provare dolore e non oppose resistenza quando il professore la forzò a chinarsi ancora di più. La grossa verga eccitata le carezzò il collo, le guance, le palpebre socchiuse…alle sue spalle, l’altro uomo le stava leccando il culo e tastando le natiche, senza mollare la presa sui suoi polsi indolenziti…le dita del professore, ancora intrise del suo umore, le carezzavano la schiena… "Sì…" sussurrò. Non le importava più di mantenere le apparenze, di recitare la parte della martire virtuosa. Godeva. Quei due uomini le stavano dando piacere… la usavano come una troia, come una schiava da fottere fino alle lacrime…e a lei questo piaceva… Le venne tolta la benda attorno alla bocca ed Elena se la sentì stringere attorno ai polsi, mentre la mano che fino a quel momento l’aveva trattenuta scivolava a carezzarle il fianco. "Voglio sentirti urlare", sussurrò il professore. "Voglio sentirti godere come una cagna in calore…riempirti la bocca di sborra fino a farti soffocare…". Elena aveva le labbra dischiuse adesso e mugolava parole sconnesse, mentre la sua lingua era protesa a cercare il membro che doveva saziarla. Lo trovò e prese la baciarlo dove capitava, avida come un assetata, leccandone ogni parte e tornando a farselo scorrere sul viso. Lo sentì pulsare contro la sua lingua, ed ebbe voglia di sentirselo penetrare nel suo sesso bagnato, su… più su…Voleva toccarsi, ma aveva le braccia immobilizzate e non poteva fare altro che dimenarsi e gemere, sentendosi esplodere. "Fottimi…" implorò e i suoi gemiti divennero grida quando l’uomo alle sue spalle la penetrò. La fotteva con forza, violentando il piccolo passaggio tra le sue natiche incurante di farle male e lei godette, un orgasmo breve, intenso, doloroso… La verga del professore era tutta nella sua bocca, adesso, e lei succhiava godendo e godendo succhiava…Sentì il membro dell’altro uscirle dal culo e avvicinarsi alle sue piccole labbra tumide e dilatate, mentre il professore veniva con un grido, afferrandole le spalle come una belva impazzita. "Ancora…" mugolò lei, la bocca piena del seme che la stava inondando. E ancora l’uomo alle sue spalle la penetrò, questa volta nel suo sesso affamato, grondante umore come una verga appena venuta e godette dentro di lei, con un ruggito da forsennato. Elena cadde in ginocchio, vicina all’orgasmo, ma incapace di raggiungerlo in quella posizione. Ancora voleva toccarsi, ma non poteva…quella benda le stringeva i polsi così forte, sembrava d’acciaio… "Vi prego!", rantolò, "Sto esplodendo…fatemi godere…vi imploro!". Sapeva che i due uomini la stavano guardando e che la sua fregola li eccitava troppo perché rinunciassero a quel divertimento. Li sentiva ridacchiare e scambiarsi commenti che non riusciva a capire. Venne così lasciata a terra, a dimenarsi e a implorare di essere fottuta, le cosce divaricate e il bacino proteso in avanti come a chiedere la carità; poi, dopo quella che a lei era sembrata un’eternità, sentì la voce del professore ordinare all’altro di slegarle i polsi. Una volta libera, Elena si sentì sollevare di peso e lasciar ricadere supina su una superficie fredda, che riconobbe subito per il piano in vetro della scrivania. "Facci vedere come riesci a godere da sola, troia", disse il professore, perentorio. Le cosce le vennero divaricate e finalmente le fu permesso di toccarsi. I due uomini la guardarono mentre si massaggiava il clitoride ansimando e mugolando, si eccitarono quando videro il suo dito medio entrare nel sesso turgido e dilatato e uscirne fradicio per tornare a titillare il piccolo muscolo palpitante. Elena gemette, sentendo montare l’orgasmo… stava godendo… ondate di piacere si facevano strada da ogni parte dentro e fuori di lei… "AHHHHHHHH….!", cominciò a gridare, ma in quel momento la mano le venne scostata con forza dal centro di quel piacere ed Elena sentì le labbra del professore incollarsi alla sua fica, mentre la grossa lingua la penetrava a fondo. "Sììììììììììììì!!!!", gridò afferrandosi ai bordi della scrivania e inarcando la schiena. "GODOGODOGODOGODO…..", ripeteva quella parola come impazzita, dimenandosi a destra e a sinistra e schizzando umore nella bocca ruvida che la stava succhiando. "Godo…", gemette ancora, mentre l’orgasmo andava spegnendosi. Il professore si staccò da lei e, protendendosi sul suo corpo ansante e sudato, la baciò sulle labbra…"Brava", disse. "Trenta cum laude!"
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