Al principio d’ottobre, ricevette un invito dai Pisoni per un cocktail nella loro villa in brianza. Fu contento, perchè certamente ci sarebbero stati i Dal Pozzo. Andò con Francesca.C’era tutta la Milano bene. La villa, poggiata su un declivio del terreno lievemente collinoso, circondata da maestosi cedri e abeti, rifletteva attraverso i suoi mille vetri lo splendore del tramonto. Lello cercò di evitare l’abbaglio per vedere se c’era la Susy. Si accorse con soddisfazione che c’era parecchia gioventù, non era una festa di soli vecchi. Fu assorbito da un crocchio di amici, che cominciarono a chiaccherare interminabilmente. Lui aveva la testa altrove. Riuscì a staccarsi. Ma, appena solo, la vecchia contessa Petruzzelli gli si parò davanti e si mise a parlargli con enorme serietà del più e del meno. Lui cercava un pretesto cortese per andarsene. Alla fine si accorse che la moglie può servire.· Mi scusi, ma Francesca mi sta aspettando. – e se ne andò.Girava da un gruppo di invitati all’altro attraverso il parco in cui cominciava a farsi buio. Si diceva che, anche se avesse visto la Susy, non le avrebbe nemmeno parlato. Era una pacifica, silenziosa sera lombarda. Si appoggiò a una balaustra dai vasi infiorati. Scrutava la folla. Vedendo il vecchio generale Trosselli avvicinarsi, si allontanò rapidamente. Gli avrebbe parlato di cavalli per un’ora.Entrò nella villa, girò per le sale una dopo l’altra, incontrò tre volte Francesca, e due la contessa Petruzzelli. Poi, finalmente, circondata da uno stuolo imberbe, la Susy trionfante.Esitò un momento, quindi si avvicinò. I ragazzini la chiamavano Susanna, mentre lei si pavoneggiava nel vestito nuovo. Non si vedevano più le forme come al mare, anzi, la moda goffa sembrava aver trasformato il bel corpicino in un barilotto.Lui tentava di dirsi: “Ma non val niente, ce n’è quaranta meglio di lei, qui.” Invece le parlò.· Non ti ho più vista a Santa. -· Sfido io. Mi hanno chiusa qui, dai nonni, a studiare. -· Ah, già. Avevi gli esami di riparazione. -· Come tutti gli anni. – disse lei con civetteria.· E ora cosa fai? Sono andati bene? -· Non ti dico la noia. Si finisce di studiare, e comincia la scuola. Non ne posso più. Io mi chiedo perchè dobbiamo rovinarci gli anni più belli. Potremmo studiare all’età tua, quando non c’è più niente di meglio da fare. -Lello cambiò discorso.· A che scuola vai? -· Al Vittoria Colonna. Quest’anno sono di maturità. -Arrivò intanto il generale Trosselli, salutò Lello con grande effusione, e si mise a parlargli di cavalli.Lello quella sera non riuscì più ad avvicinare la Susy. E per molto tempo non la vide più.Qualche volta, andando in ufficio, faceva una piccola deviazione e passava davanti al Vittoria Colonna. Chissà che non gli capitasse di incontrarla mentre entrava o, meglio, usciva. Avrebbe potuto accompagnarla in macchina.Non osava però fermarsi, e dopo qualche tempo rinunciò del tutto a passare davanti alla scuola. Era in tutti i casi un esporsi troppo e senza costrutto, poichè infatti, anche se avesse incontrato la ragazzina e l’avesse fatta salire in macchina, tutte le sue amiche l’avrebbero vista, e così pure le madri delle amiche, ammesso poi che nessuno venisse a prendere la Susy e che tornasse a casa da sola. E poi, cosa voleva dalla bambina? “Niente” si diceva. “Solo portarla in macchina. Non ho altri desideri. Cosa potrei desiderare d’altronde? Mi fa piacere portarla in macchina così, senza secondi fini.”L’incontro avvenne però, in maniera fortuita e non cercata. Era stato quel giorno a far due chiacchere al Circolo e, tornando per corso Matteotti a prendere l’auto parcheggiata, la incontrò, cagnolino al guinzaglio, con alcune amichette.Susy gli sorrise cordiale, forse fiera di poter mostrare alle compagne che era in intimità con un uomo vecchio, e gli gridò:· Ciao Lello, uno di questi giorni ti telefono, perchè ho bisogno di vederti. -Gridò questo passando, senza fermarsi, per non doverlo presentare alle amiche (almeno Lello così interpretò la cosa), tanto per far colpo, per suscitare curiosità e invidia e non perchè avesse veramente l’intenzione di telefonargli.E invece dopo qualche giorno lo chiamò.Lello aveva appena finito di pranzare, e stava prendendo il caffè con Francesca, quando squillò il telefono. Rispose Francesca.· E’ per te, – disse. – Dal Pozzo. -Lello andò al telefono pensando che fosse Renato. Sentì invece, attraverso l’apparecchio, la voce, così marcatamente infantile, della ragazza, e restò confuso.· Ma sai che sei un bel tipo, – diceva Susy. – Non ti fai mai vivo. Mi hai dimenticata? Ma ti pare la maniera di fare? – Lello non sapeva cosa rispondere. Francesca era lì accanto.· Cosa fai stasera? – continuò la Susy.· Non c’è li Renato? – chiese Lello, perchè Francesca stava ascoltando, e lui voleva tenere il discorso su un tono serio.· No, – rispose Susy. – Sono sola a casa e non so cosa fare. Senti, io stasera vado a una festa di amici miei, ragazzini, ma sto già annoiandomi adesso. Vieni a prendermi alle undici, sarò in strada davanti al portone. – e gli diede l’indirizzo.· C… come? – farfugliò Lello.Susy ripetè l’indirizzo.· Va bene, ho capito, – disse lui. – Lo farò. – e attaccò sbalordito il ricevitore.· Chi era? – chiese Francesca. – Non era la voce di Lalla. – Lello non sapeva cosa dire. Meglio la verità mascherata.· No, era la Susy. -· E cosa voleva? -· Da parte di Renato. Mi ha detto che è a colazione fuori Milano, e l’ha incaricata di dirmi che ha bisogno di vedermi stasera, quando rientra. Mi ha lasciato l’indirizzo. -“Che scusa balorda,” pensò Lello. “Ma che altro trovare al momento? Esitare sarebbe stato peggio. Comunque pare che l’abbia bevuta.”· Anzi, prima che lo dimentichi, lascia che scriva l’indirizzo. – aggiunse.Lello scrisse l’indirizzo su un foglietto per appunti, lo piegò con calma e lo mise in tasca. Pensò che, tuttavia, non poteva correre questo rischio una seconda volta. Si era salvato per il rotto della cuffia. E cosa poteva volere da lui la Susy? Lo sperava, ma non osava lusingarsi.”Sarà un capriccetto di ragazzina. Far vedere la mia Ferrari agli amici, o chissà cosa. Ad ogni modo dovrò darle il numero privato del mio ufficio e spiegarle chiaro e tondo che da ora in poi mi telefoni soltanto lì”Fortunatamente per lui, Francesca quella sera aveva una partita di canasta, così lui non dovette fare acrobazie per restare solo.Quella sera andò al Circolo, impaziente. Gli amici gli proposero qualche programma per la serata, ma lui declinò gentilmente adducendo un mal di testa. Si sprofondò in una poltrona e finse di leggere un giornale. In verità non riusciva a seguirne una parola. Il pensiero della Susy, di quello strano appuntamento, gli faceva girare la testa.”Meglio non pensarci. Meglio non aspettarsi niente. Tanto, molto probabilmente, non succederà niente. E’ una bambina. tutt’al più qualche bacio, come a Rapallo.”Alle undici meno dieci se ne andò.Si fermò sotto il portone segnato nell’indirizzo. Ormai era calmo.Alle undici in punto il portone si aprì e apparve Susy. Entrò subito in macchina.· Ma, cosa vuol dire questo appuntamento? – azzardò lui.· Caro il mio Lellone, avevo voglia di vederti. Tu no? Tu non ti ricordi più di me? – Lello deglutì a fatica. Non tentò neanche di rispondere.· E’ una festicciola così, di ragazzini, non val la pena, altrimenti ti farei salire. Quattro dischi. Ti lascio immaginare. I miei genitori sono fuori a giocare a carte. Ci deve essere anche la tua Francesca, nel gruppo. Alla una passano a prendermi. Pensano che lasciandomi qui sono più al sicuro che non a casa. Che fessi i genitori, non è vero? Loro non pensano che io ho il mio vecchiotto che viene a rapirmi. Guarda, abbiamo un’ora e mezza tutta per noi. Ma a mezzanotte e mezzo in punto devi riportarmi, giuralo. pensa se arrivano prima! – rise felice.Lello invece era nervoso.· Sarà meglio tornare presto, a mezzanotte. Se li incontro per strada… -· Perchè? Cosa facciamo di male? – Lello preferì non rispondere, e intanto stava guidando a caso.· Dove andiamo? Non posso portarti in giro così. La mia macchina è facilmente riconoscibile. Qualcuno finirà col vederci. Fermarci in qualche luogo buio, non se ne parla. E’ la volta che viene la polizia. In qualche locale notturno, tanto meno. -· Ah, ti ho capito, brutto porco. Vorresti venir su alla festa e conoscere le mie amiche. Stai fresco! -· Sto con te, e mi basta. Ma dove andiamo? -Susy lo guardò sorniona.· L’avrai pure un pied-a-terre, una carçonniere, uno scannatoio dove porti le tue donne no? O che razza di uomo sei? -Lello restò di stucco. Dove aveva imparato Susy quelle parole volgari, di gergo? Lui che stava per proporglielo con circospezione.· Però, patti chiari, – soggiunse Susy. – Io ci vengo purchè tu mi giuri di non toccarmi. Giuralo, avanti, giuralo. -· Si, d’accordo, va bene. -· No, giuralo. Giuralo su qualcosa… Su Francesca… No, di Francesca non ti importa niente. Giuralo su di me. -· Tu sei pazza. -· Giuralo su di me. -· No. – · Allora scendo. -· Si, va bene. Giuro su di te che stasera non ti tocco. -Lei sorrise sorniona.· Mmmm… solo stasera eh? Io, cosa credi, ci vengo solo perchè ho voglia di vedere come è fatta una garçonniere. I miei amici sono tutti ragazzini disorganizzati, non sono capaci di niente. -Intanto erano arrivati all’appartamentino. Era ricavato in un grande locale dal soffitto alto. Un soppalco, che occupava metà della stanza, la divideva in due, nel senso dell’altezza. Una scaletta conduceva alla parte superiore, dove, attraverso il parapetto scolpito si intravedeva il grande letto, che così incombeva sull’appartamento. In basso, era sistemato un salottino con un divano, alcune poltrone, un tavolo.Susy ispezionò la parte inferiore, entrò nel cucinino, nel bagno, rise di fronte al bidè, poi andò alla scaletta, la salì di corsa, si fermò davanti al letto a due piazze, guardò i tendaggi di raso, riprese la stessa risata di prima, e si buttò a sedere sul letto, rimbalzando allegra.· Mi sembra di essere una puttana. Le porti qui le tue amanti? -Era difficile, di fronte a una tale situazione, ricordare i giuramenti, e fu un gesto istintivo per Lello sedere sul letto vicino a lei e tentare di abbracciarla.Cercò di baciarla, ma lei gli sgusciò dalle braccia, balzò via rapida, scese la scaletta, corse a buttarsi su una poltrona. Il viso imbronciato, rosso, era sull’orlo del pianto.· Io sono diversa dalle altre, cosa credi? – gli gridò.Lello scese anche lui da basso e cercò di rimediare l’errore commesso.· Lo so. So benissimo che sei diversa. Infatti mi fai perdere la testa in un modo che le altre non sanno. -Gli parve che la ragazza fosse lusingata. Ma teneva ancora il broncio.· Sono venuta qui perchè avevi giurato. -· Come si fa a mantenere fede a un giuramento di fronte a te? – Vide che a Susy queste parole facevano piacere. Ma gli rispose con noncuranza.· Uffa. Parole che dici a tutte. -· Ti assicuro di no. -· Io mi fidavo di te. Ti credevo un signore. -· E invece ti sei sbagliata. Sono un mascalzone. -Stava salendo nella stima di Susy. Ma lei con indifferenza gli additò lo stereo.· Suonami qualcosa. Fammi vedere che dischi hai. -Lui le portò una pila di dischi e, abbassandosi su di lei, tentò di riprendere i contatti. Le baciò lievemente la testa, le carezzò i capelli, passò la mano sulla treccia bionda, lentamente la disfece, passandovi dentro le dita. La lunga chioma si sciolse sulle spalle della ragazza. Lui continuò a carezzarla. Poi passò la mano sotto la cortina dei capelli, raggiunse la nuca, la sfiorò.Lei lo respinse con sufficienza.· Quanto sei noioso. Non sai pensare ad altro. Ma in che mondo siamo? Stai tranquillo una buona volta. Che fretta hai? -· Come è possibile star tranquillo con te accanto? -· Lascia perdere queste stupidaggini. Si resiste benissimo. -Susy, seccata, guardava i titoli dei dischi.· Sono tutti qui quelli che hai? Proprio da te. C’era da aspettarselo. Non hai niente di nuovo? Come si fa ad ascoltare questa roba! Sono già dell’anno scorso. -Lello ci restò male. Credeva di avere dischi bellissimi. Susy ne scelse qualcuno.· Mettiamo questi. Sono gli unici ancora passabili. -Quando la musica cominciò, Lello la invitò a ballare. Potè finalmente stringerla di nuovo, come al mare, ma si accorse che il proprio eccitamento era ben superiore e premeva con urgenza contro la stoffa dei pantaloni.Susy sorrise.· Ehi, ma ce l’hai duro! -· Si. – riuscì a rispondere lui.· Ti succede con tutte? -Lui la baciò di prepotenza. Le labbra di lei erano soffici, si avvinghiarono alle sue, risposero calde al bacio, le lingue saettarono vibranti, incontrandosi e allacciandosi. In piedi com’erano, i due corpi aderivano completamente, e lei pareva partecipare all’abbraccio con foga assai maggiore che non a Rapallo in automobile. Inoltre era evidente che in quei mesi aveva imparato quantomeno a baciare come una donna.Ma quando Lello tentò di toccarle il corpo, di nuovo ella reagì come allora. Si staccò da lui con un guizzo immediato, corse all’angolo della camera, contro la parete. lo guardava ansante, con odio, la schiena, le mani contro il muro. Ficcava le unghie nel muro, ma non poteva allontanarsi oltre.Lui si avvicinava a lei, ormai incapace di controllarsi. Il respiro di lei era sempre più pesante, gli occhi velati.· Lasciami, non mi toccare o grido… Grido. – disse sordamente.Lello si arrestò un attimo interdetto, e bastò quell’istante perchè lei riprendesse il sopravvento. Aveva intuito di averlo in mano. Si trasformò di colpo. Si raddrizzò e, freddissima, si staccò dalla parete, andò verso di lui, gli passò accanto con una sicurezza tale che lui non riuscì a muoversi per toccarla.· Voglio solo ascoltare dei dischi. – disse con indifferenza.Si sedette accanto al giradischi, e per un’ora stette ad ascoltare musica, un disco dopo l’altro, senza più lasciare che Lello le si avvicinasse, godendo nel vedere che lui in realtà era il più debole, perchè la desiderava molto di più di quel lei desiderasse lui, godendo nel sentirsi desiderata, godendo nel sentirsi fredda e distaccata, godendo nel vedere quest’uomo di una certa età, quest’uomo importante, accoccolato ai suoi piedi, che le carezzava i polpacci, che tentava timidamente di far qualcosa di più, e lei lo teneva a bada con l’indifferenza. Si sentiva donna, al di la dei suoi diciassette anni e mezzo, si sentiva dominatrice, era felice.Alla fine della tortura, gli buttò tre parole.· E’ tardi. Riportami. -Sul portone gli diede un piccolo bacio di convenienza. Lello si comprò molti dischi nuovi.Capì che, se voleva farla tornare, doveva aver pazienza, lasciare che pigliasse confidenza. Non sarebbe arrivato molto lontano, in ogni caso, si diceva con rabbia: in fondo era ancora solo una ragazzina. Cosa stava a pensarci tanto? Una sciocchina. Guarda come l’aveva trattato. Voleva solo eccitarlo. Ma non ci sarebbe più stato, al gioco. Neanche per sogno.Si ripropose di non vederla più.Pensò di dare via i dischi nuovi.Poi lei gli telefonò in ufficio. Era dalla sua amica Graziella a studiare. Ma non ne aveva nessuna voglia. Perchè non la portava a fare un giro in macchina?Lello sbrigò in fretta le lettere che stava dettando, consultò la sua agenda, spostò l’appuntamento col direttore commerciale, e, vedendo che così aveva due ore libere, andò alla casa che Susy gli aveva indicata.La vide affacciata a una finestra assieme a una ragazza magra e smorta. Susy gli fece segno di aspettare. Fu subito dabbasso. Salutò distratta con aria vissuta l’amica che restava immobile, incollata al vetro, ed entrò in macchina.Seppe insistere tanto che Lello la lasciò guidare.Erano andati fuori città, su una strada deserta.Per prima cosa lei, da ferma, schiacciò a fondo l’acceleratore. Le ruote girarono a vuoto, poi la Ferrari scattò come un proiettile scodando impazzita. Lei si spaventò e bloccò i freni. La macchina fece un mezzo giro su se stessa, e ci mancò poco che non scavasse un solco nell’asfalto.Lello era ormai disperato e rassegnato. Susy ripartì con meno precipitazione, passò dalla prima in seconda, poi tentò la terza, ma, spingendo troppo a destra la leva, con un fragore indiavolato rischiava di innestare la retromarcia.· Lascia stare! – gridò lui, ma lei continuava imperterrita nel tentativo. Dall’ingranaggio del cambio si sentiva uscire un fragore scrosciante di ferraglia.· Torna in seconda! – gridò Lello. Lei invece tornò in folle, e, non capendo cosa capitava, schiacciava l’acceleratore, ma la macchina non la seguiva. Schiacciava sempre più, e il rombo del motore imballato arrivava fino in Svizzera. Guardò i propri piedi per capire cosa capitava, perse il controllo del volante, e finì sul prato. Meno male che la macchina stava ormai andando piano, e non successe niente.Lello avrebbe pianto dalla rabbia e dalla mortificazione. Susy era pallida, spaventata. Voleva fare la coraggiosa ma tremava un poco.· E’ meglio che guidi tu, – disse.Lello rinunciò a parlare. Tornò al volante, uscì dal prato.· Non è una buona macchina, in fondo, – disse Susy. – Non tiene la strada. -“Questa me la paghi”, pensò Lello. Susy non poteva fare nè dire cosa più odiosa. La portò nell’appartamentino.· Dov’è lo stereo? – chiese subito lei, non trovandolo più.Lello l’aveva sistemato in alto, accanto al letto.· Là, – rispose, affettando indifferenza. – Qui si è rotta la presa. – Susy salì la scaletta, e fu contenta di trovare i dischi nuovi. Si mise ad ascoltarli. La manovra per far salire Susy al letto era riuscita, ma Lello non la seguì subito. Aveva i nervi scossi, pensava alla sua bella auto maltrattata, brutalizzata. Bevve un whisky.Susy si era stesa sul letto, con gli occhi chiusi. Ascoltava la musica.Finito il whisky, Lello salì la scaletta. Si stese accanto a lei, cominciò a carezzarla.Susy lasciava fare.A poco a poco Lello abbracciò Susy, le baciò la bocca, le si stese sopra.Ancora una volta il turbamento non lo lasciava ragionare.Susy lo abbracciava.Lello riuscì ad allargarle un poco le ginocchia.Il disco continuava melodioso.Susy lo stringeva, lo baciava. I suoi muscoli si scioglievano, cedevano.Lello con una mano le sollevò la gonna.Le baciava la bocca, le labbra morbidamente aperte.Lentamente le carezzò una coscia, non portava calze e la sua pelle era fresca e soda. Risalì verso le mutandine, la toccò attraverso la stoffa, la sentì umida, sentì l’eccitamento di Susy, non capì più niente.Strappò le mutandine.Susy gli morse la lingua, violenta.Lello si ritrasse un istante con un grido di dolore e Susy, irrigidendosi in uno spasimo nervoso, riuscì a svincolarsi da lui.Lello si sentiva il sangue in bocca. “Non la vincerai così,” si disse con rabbia. Le appioppò uno schiaffo. Susy balzò in piedi giù dal letto.· Riportami subito a casa. -· Stai fresca. Tu hai da venir qui a chiedermi scusa. – Bisognava essere duri con le donne.· Stai fresco tu, – disse Susy già scendendo la scaletta. – Avanti, riaccompagnami. – gridò dal basso.Lello, sempre steso sul letto, persisteva, rigido.· No. -· Allora me ne vado da sola. -· Vacci. – Tanto, non se ne sarebbe andata. Era sicuro che sarebbe risalita.Invece Susy prese la borsetta, si rassettò in qualche modo le mutandine strappate, e uscì.Lello sentì la porta che si chiudeva, ma non si mosse. Restò steso sul letto a smaltire l’ira.Basta, mai più nella vita avrebbe avuto a che fare con una vergine.Eppure gli spiaceva di aver perduto Susy. Pensava a lei con rabbia, ma con desiderio insieme. Quanti paradisi doveva racchiudere quel corpo così impulsivo e ancora così acerbo. Quale turbamento poteva significare quella reazione disperata sul momento di cedere. Quale eccitamento per lui nel sentire la donna che cede controvoglia, il ragionamento che ripete no e il corpo che urla sì! E come era bello quel corpicino, come era viva quella pelle, quella carne. Ma cosa c’era in quella ragazza? La giovane racchiudeva qualcosa in se che lo faceva impazzire dal desiderio, bastava che egli avvicinasse la Susy, anche senza toccarla, per non capire più niente, ma con le altre donne no, le cose procedevano molto più tranquille, molto più regolari. “Meglio mille volte i giochi cinesi con un’adolescente vergine che l’amore con una tardona esperta” gli aveva detto una volta un amico al Circolo.E adesso, per uno stupido puntiglio, l’aveva perduta. Perchè l’aveva buttata via? Ora che non l’aveva più, si accorgeva di preferire cento volte un’ora di tortura con Susy che una soddisfazione vera e propria con una donna vera e propria. Ne aveva avute tante, di donne, cosa gli davano di nuovo? Un piccolo sfogo. Ma la Susy lo faceva impazzire, lo esasperava, lo torturava, ed egli godeva di questi spasimi sopraffini, raffinati e ingenui insieme.Lello pensava di aver perduta Susy, e da una decina di giorni era di pessimo umore. Allo scontento di averla perduta si sovrapponeva la rabbia che una ragazzetta sciocca come lei potesse aver tanto peso nella vita di un uomo come lui. Era diventato intrattabile, e nessuno capiva il perchè.Poi Susy gli telefonò, e cominciò con l’arrabbiarsi perchè lui in tutto quel tempo non aveva trovato il modo di farsi vivo, che dopo quanto era successo toccava a lui chiamarla per scusarsi, che l’aveva fatta aspettare inutilmente, e che infine si era rassegnata lei a telefonargli, che venisse a prenderla quella notte alle undici, c’era una festa come l’altra volta, e gli diede l’indirizzo.Lui andò a prenderla, deciso a essere correttissimo, indifferente: pensava ormai fosse l’unico modo di conquistarla.· Dove andiamo? – le chiese.· Ma da te, no? – rispose lei con naturalezza.Quando furono nell’appartamentino, lei salì subito la scaletta e, seduta sul bordo del letto, si mise ad ascoltare i dischi. Lui naturalmente la seguì e, per quanto si fosse proposto di restare tranquillo, raggiunse in breve, solo guardandola, un tale stato di eccitazione che non potè trattenersi dall’abbracciarla.Lei resistette, lottarono un po’.Susy si lamentò che le rovinava il vestito: come avrebbe fatto poi a ripresentarsi alla festa?· Toglilo, – disse Lello.· Ma sei matto! – Susy era esitante.· Tanto ti ho già vista in bikini. -· Ma qui non siamo al mare. -· Fa’ come credi. – Lello fece spallucce.Lei ci pensò sopra.· Va bene. Però spegni la luce. -Lello spense la lampada del letto. La camera era in penombra adesso, illuminata solo dalla luce che proveniva dal salottino dabbasso.Steso sul letto vide Susy spogliarsi con calma, poi disporre accuratamente il vestito sulla poltroncina. Ci mise almeno dieci minuti. Lello si tratteneva dalla voglia di balzarle addosso, e il desiderio spasmodico lo faceva soffrire così intensamente da sfiorare il piacere. Guardava le mosse della ragazza. Impazziva dall’affanno e sentiva il pene pulsare incontrollato contro la stoffa dei pantaloni. Perchè cercava questa sofferenza? Ma non cercava una risposta. Si costringeva a stare immobile, possedendola con gli occhi.Susy era in reggiseno e sottogonna.· Togliti la sottogonna. -· No. -Si stese accanto a lui.· Vediamo un po’ se sai lasciarmi in pace. -Era peggio di un invito. Lello non poteva più resistere. Dimenticò i proponimenti. Dimenticò tutto. Si avvinghiò a lei, rotolarono sul letto. Anche lei lo baciava con passione.Lello, alzatale la sottogonna, riuscì a toccarle le cosce, ad afferrarle le mutandine. Le tirò verso il basso.· No! – invocava la Susy.Riuscì ad abbassarle le mutandine, a toccarle il pube. Sentì il pelo finissimo sotto il palmo della mano.· No, no, no! – ripetè Susy precipitosa, come per convincere se stessa. E riuscì a girarsi bocconi con uno scatto spasmodico, restando a peso morto contro il letto.· Lasciami stare, una buona volta! – disse con astio.Lello esasperato cercò di convincerla.· Non capisci che, arrivati a questo punto, è solo un’ipocrisia da parte tua? Una ragazza moderna come te… -· Io lo farò quando sarà il caso, ma con te mai! – gli buttò in faccia decisa, guardandolo di traverso, poichè giaceva sempre bocconi, il viso di profilo contro il materasso.Lello le sollevò la sottogonna, e, rivelate dalle mutandine ancora abbassate sulle cosce, vide le natiche della Susy, quelle natiche che, una sera, coperte dai pantaloni rossi, lo avevano riempito di desiderio. Vide per la prima volta nude quelle curve così innocenti nella loro compatta giovinezza. Si intravedeva ancora il limite tra l’abbronzatura e la parte coperta dal costume. Fu un eccitamento ulteriore.Susy immobile lo guardava di sottecchi.Lello accarezzò la schiena di Susy.Susy passiva stava a vedere cosa avrebbe fatto.Lello sentiva un dolore enorme. No, se lei restava così passiva era impossibile. E il dolore aumentò, aumentò fino allo spasimo.Lello ebbe un grido incoerente.Poi si passò una mano sulla fronte sudata, sul viso stravolto.E vide gli occhi della Susy. Ancora immobile come prima. Ma con che sguardo lo fissava! Il viso non era più innocente: per la prima volta Lello vedeva in esso il vizio, cioè una cattiveria soddisfatta di se stessa.Con quale intensità lo fissava. Con quale velo di disprezzo.Ancora una volta era lei la vincitrice.Poi si voltò, balzò a sedere, la freschezza innocente era tornata sul suo volto, lo abbracciò esuberante.· Il mio caro vecchiotto! – gli disse con trasporto.Si fece riportare al ballo.Lello aveva ormai perso la testa.Sabato c’era una prima alla Scala, e Lello si augurava che Susy non avesse un’altra delle sue solite feste del sabato, poichè questa volta non gli sarebbe stato possibile stare con lei. Le telefonate della Susy arrivavano all’improvviso, e quando lei era disponibile bisognava accorrere subito: perdendo quell’occasione chissà quando se ne sarebbe presentata un’altra. Così Lello evitava di prendere qualsiasi impegno, per essere costantemente a disposizione, sempre in attesa di quelle telefonate che venivano così raramente. A Lello piaceva molto sciare e montare a cavallo, ma quell’autunno e quell’inverno ci andò solo poche volte, restava sempre in ufficio anche il sabato pomeriggio, in attesa che il suo telefono privato gli portasse la voce di Susy.Se ci pensava, non riusciva a capire come mai la ragazza, avendogli concesso così poco, avesse un tale ascendente su di lui, considerando specialmente che lui era sempre stato un uomo con la testa sulle spalle e che fino al quel giorno non aveva mai fatto pazzie. Forse proprio per questo. Prima o poi ognuno di noi commette qualche follia, e a lui era successo ora, tardi nella vita, di attaccarsi fisicamente, probabilmente anzi di innamorarsi, in maniera assurda, dannosa, e stupida per di più.Contava le volte che aveva visto Susy.Ormai ci si avvicinava a Natale e, in quasi quattro mesi, una volta a Rapallo e tre nel proprio appartamentino, oltre a quel paio di volte che le aveva parlato di sfuggita. Per quattro sole volte che era stato in contatto con lei aveva concluso parecchio, sì, molto più di quello che fosse lecito sperare. Ma quando si contano i giorni e le ore, tre contatti soli in quattro mesi (la prima uscita a Rapallo, non contava ovviamente) sono estremamente pochi e se, quando si vedevano, lei gli concedeva qualcosa, era come se gli si negasse tutti gli altri giorni in cui non si vedevano, poichè lui non faceva altro che pensarla senza riuscire a raggiungerla.Quel sabato doveva dunque andare alla Scala, invitato, con Francesca dalla madre di lei. Era stato costretto, assai a malincuore, ad accondiscendere all’invito; non c’era stato modo di sottrarsene.Francesca era dal parrucchiere, lui in ufficio, e si torturava pensando che forse proprio stasera la Susy avrebbe potuto cercarlo per la quarta volta e che sarebbe stato costretto a rinunciare. Così restava seduto alla scrivania, guardando il telefono senza sapere neanche lui cosa volesse. Avrebbe voluto che suonasse per sentire la voce della Susy, ma non avrebbe voluto sentire la voce della Susy per non sentire che gli toccava perdere una delle rare occasioni di stare insieme.Il telefono suonò, ed era proprio la Susy. Quando la sentì Lello si rattristò, pensando che le sue apprensioni si confermavano, ma la Susy invece era libera nel pomeriggio, proprio allora. Doveva andare al cinema con due amiche e due amici, ma aspettava che lui venisse a prenderla, aveva lasciato gli altri ed era al bar accanto al cinema.Lui accorse e la portò nell’appartamentino.Cominciarono i soliti riti della scaletta, dei dischi, dei “giurami che starai buono”, dei “io sono venuta solo per ascoltare musica”, dello stendersi sul letto, poi, dopo alcuni rifiuti annoiati, del togliersi il vestito che altrimenti si sciupa, del posarlo con gran calma e con gran cura sulla poltroncina.Lello, steso accanto a lei, si era tolto le scarpe, la giacca, la cravatta, ma quando volle procedere, lei sdegnata glielo impedì.Lo stereo suonava un disco dal ritmo tropicale.Dopo una piccola attesa, furono i soliti baci, e ricominciò il solito tormento esasperante per Lello.Lei si staccò da lui. Le erano venute le complicazioni di ordine morale.· Ma se tu non combini niente con me, allora perchè non mi lasci – Lello non capiva cosa volesse dire.· Si perchè gli altri ragazzi mi vedono così, si fanno delle idee, e si buttano sotto, ma io sono più difficile di quello che pensano, allora mi lasciano e vanno con le altre. -· E cosa c’entro io? -· Non voglio farti perdere tempo. Io voglio avvertirti subito, che se tu vieni con me solo per portarmi a letto, con me non ci riuscirai mai, e io non voglio deluderti, e quindi è meglio che non ci vediamo più. -Ma Lello, qualsiasi cosa potesse ottenere da lei, era contento. Sarebbe altrimenti restato così, a bocca asciutta per quattro mesi, senza stancarsene, anzi, attaccandosi sempre di più a lei?Cercò di farglielo capire, e lei parve rassicurata.Lello cercava di slacciarle il reggiseno. Lei resistè un poco, poi lo lasciò fare, ridendo divertita agli sforzi dell’uomo per sganciare la chiusura. Finalmente ci riuscì, e il seno di Susy si rivelò in tutta la sua esuberanza.Si accorse che Susy si eccitava nel vedere come lui la guardasse con desiderio. Pareva fiera del proprio seno. Si stese sul letto, lui ancora seduto, col reggipetto in mano, stordito da quella miracolosa, fresca rivelazione.Gli altoparlanti ripetevano, uno dopo l’altro, monotoni, ossessionanti ritmi di tamburi tropicali.Lei restò a guardare Lello, con le braccia alzate, le mani dietro la nuca. Stava distesa sulla schiena, eppure quel seno giovane mostrava intera la propria turgidezza.· Io non ho un bel seno, – disse lei con falsa umiltà.· E’ magnifico, – disse Lello, alzando una mano per toccarlo, però passandovi sopra a pochi centimetri di distanza, quasi non osasse contaminare col tatto quelle linee così pure.· E’ grosso, è una scocciatura, tutti lo guardano. Vorrei tanto essere un po’ più piatta, come un’indossatrice. Loro sì hanno dei bei corpi. – e si alzò a sedere con un gran sospiro, mettendo in mostra il seno, modellandolo con le mani.Era ingenuità o sapienza istintiva? Deprezzava quelle magnifiche curve femminili mettendole in mostra, perchè il solo metterle in mostra annullava qualsiasi parola di deprezzamento.Lello cominciò a slacciarsi la camicia.· Guai a te se la togli! Guai a te se la togli! – gridò lei e si ficcò sotto le coperte.Lello si tolse la camicia.Saliva insistente l’ossessione della musica. Il ritmo dei tamburi si era fatto frenetico.Lei lo guardava con freddezza.· Hai la pancia, – gli disse con una smorfia.· No… – disse Lello, punto sul vivo. – E’ la posizione. – e respirò per farla rientrare.A ogni buon conto, si stese accanto a lei, per non mostrarla più.· Poi sei brutto, e ho sentito parlare malissimo di te. -Ora Lello, infilatosi sotto le coperte, si era tolto i pantaloni. Lei subito si mise a gridare.· Tu sei nudo! Te lo proibisco. Ora me ne vado. -Ma lui la tenne ferma.Tentava di abbassarle le mutandine, ma lei lottava, resisteva, non lo lasciava fare. A un certo punto fu lei a dirgli:· Lasciami, che le tolgo io. Altrimenti me le strappi… come l’altra volta.. – e sollevando i fianchi se le tolse. – Però devi promettermi di non guardarmi. -Egli sentiva contro di se, senza vederlo, quel corpo ormai nudo, a eccezione delle calze. Quel corpo che, pur serrandosi a lui, gli si negava.Egli si sentiva vicinissimo alla meta, ne sentiva il contatto spasmodico, strusciava il pene protetto solo dalle mutande contro il suo ventre, ma sentiva che Susy non gli avrebbe lasciato compiere l’ultimo passo.· Cosa vuoi dunque? Perchè vieni qui? – le sussurrò all’orecchio mentre continuava a strusciarsi contro il suo pube. Sentiva che se continuava così fra poco se ne sarebbe venuto miseramente nelle mutande.· Non lo so neanch’io perchè vengo da te, – rispose lei baciandolo, abbracciandolo e continuando a strusciare il ventre contro la sua eccitazione. – Sei brutto, sei vecchio, sei antipatico, hai la pancia, non lo so neanch’io perchè mi piaci tanto, – gli sussurrava labbra contro labbra. Poi decisa: – Ma d’altronde io a letto con te non ci verrò mai. -· Ci sei già, – disse lui.Lei si mise a ridere allegra, lo abbracciò più forte.· No, io andrò con qualcun altro, e poi verrò da te per la seconda volta. Tu mi desideri troppo, e non ti darò la soddisfazione di essere il primo. -Mentre diceva questo aveva allargato le ginocchia. Lello le affondò la lingua in bocca. Il pene imbizzito era ormai uscito per metà fuori dalla sua gabbia di stoffa. Si spinse contro il suo ventre stava quasi per possederla, quando lei si mise a gridare, s’irrigidì. Lello rinunciò.· Non l’hai mai fatto con nessuno? -· Tu credi che io sia vergine? – chiese lei con una luce strana negli occhi.· Si. -· Perchè lo credi? -· Perchè altrimenti, arrivata a questo punto, non avresti alcuna ragione di ritirarti.. – Lei lo guardò per qualche attimo, con lo stesso sguardo maligno.· Io non sono vergine – disse.Lui l’afferrò, la schiacciò sul letto, le allargò le gambe, tentò ancora di possederla. Ma di nuovo, da parte di lei, la reazione di irrigidimento.· Lasciami… ti prego lasciami, non farlo… – lo pregava la ragazza.Egli vide che stava tremando, gli occhi sbarrati. La lasciò.· Si lo sono….. lo sono, – disse lei, – e credi che sia piacevole? – stava per piangere.· Oh, non metterti a far tragedie. Se fosse così spiacevole, non faresti così, – disse lui arrabbiato. – Star qui nuda contro di me, far tutti questi giochetti, si vede che ti diverte. -Lei non rispose.· Io vorrei essere una donna, – disse dopo qualche secondo. – Fra un po’ avrò diciott’anni, dovrei esserlo, anzi. Ma ho paura. -Lello in questo momento non la desiderava più. Per reazione, col dispetto e con la rabbia, era intervenuta una freddezza fisica verso di lei.· Coi tuoi ragazzi fai così? – chiese ostile.· Coi ragazzi! – fece lei con disprezzo. – Coi ragazzini non si fa niente. E poi, in fondo, se ne fregano anche loro. Nessuno ti obbliga a credermi, ma tu sei l’unico. -Ora, da annoiata, la sua espressione cambiò. Si fece sorridente, maligna ancora. Forse sentiva la freddezza di Lello, e voleva suscitargli di nuovo il fuoco interno? Gli toccò lo stomaco.· E d’altronde, a me piacciono gli uomini con la pancia. Il mio caro vecchiotto! – gli disse effusiva, abbracciandolo e dandogli un gran bacio.· Lasciami stare, – disse Lello. – Non voglio più saperne di questi giochetti. Tu hai la tua vita, di cui ignoro tutto, e ogni tanto ti ricordi di me, vieni a tormentarmi per mezz’ora, e poi torni dai tuoi amichetti. Falli con loro i tuoi giochi. -Erano parole che lui non sentiva, guai se veramente Susy lo avesse piantato; ma le aveva dette con acredine, di colpo aveva sentito gelosia per la vita di Susy, gelosia dei suoi ragazzi, una gelosia stupida, patetica.· Ma tu non devi saper niente della mia vita. Io uscirò con le mie amiche, coi miei amici, balleremo, andremo in macchina, faremo i nostri flirtini. Poi, ogni tanto, ti telefonerò, e verrò qui. Io ti voglio solo qui, non ti voglio da nessn’altra parte, in nessun altro modo. Tu sei il mio uomo del peccato, e basta. E la mia vita non ti deve riguardare. Ti chiedo mai niente io della tua Francesca o delle tue amanti? -Tutto questo nudi, abbracciati, un bacio ogni mezza frase, e Lello era tornato a sentire un desiderio spinto all’estrema esasperazione. Il pene gli tendeva nuovamente la stoffa delle mutande allo spasimo e premeva sornione contro la pancia di lei. La strinse per un secondo e lei gli rese la stretta, era bello sentire il suo giovane corpo contro il suo. La mano sinistra di Susy strofinava la parte posteriore del suo collo.Susy, sentendo una protuberanza spingere contro la sua coscia, capì che lui era nuovamente eccitato. Alzò la testa dalla sua spalla e cercò di fare un piccolo movimento indietro; Lello trattenne il suo braccio destro con forza intorno a lei, le prese i capelli e dolcemente forzò la sua testa ad alzarsi e guardarlo nei suoi occhi. La guardò per un momento, poi si abbassò e la baciò con forza sulla bocca. · Mmmppphhhh, – Susy cercò di protestare, ma il suono fù smorzato dalla sua lingua nella sua bocca. Rantolò sorpresa mentre la mano di Lello trovava il suo seno destro.Susy esitò un attimo mentre Lello ancora l’accarezzava. Poi usò la mano libera per spostare la sua dal seno.· Buona, vedrai che ti piace, – la voce di Lello era adesso roca e carezzevole. · Forse. Ma io non voglio. Ti proibisco di farlo di nuovo. – Lello prese la sua mano e la trattenne con la sua dietro la sua schiena, ora tutte e due le mani erano prigioniere, una era tenuta dietro la sua schiena, l’altra era sopra la sua spalla e lui la tratteneva così vicino a se che Susy non poteva muoverla. La sua mano trovò di nuovo il suo seno, lo schiacciò e lo carezzò; Susy era impotente a fare qualsiasi cosa. Il suo respiro divenne più affannoso ed il cuore le battè sempre più forte, sembrava volesse saltar fuori dal torace. · Lello, per favore fermati, non farlo! – Supplicò, lo implorò; la sua voce era presa dal tremito. – No, Lello, per favore togli la mano. Lasciami andare! – · Rilassati, Susy, vedrai che è bello. -La sua pelle era molto calda quando le toccò la parte superiore del suo soffice gonfiore. Era una sensazione incredibile! Le dita di lui si aprirono ed accarezzarono i lati del capezzolo. Il capezzolo s’indurì. · Per favore no!… Non voglio! – Susy cercò ancora di fermarlo, ma lui era determinato a sentire i suoi seni. Il capezzolo scivolò oltre la giunzione delle sue dita mentre la mano scendeva sempre più, il capezzolo duro saltò contro il suo palmo della mano. Lello giocò col suo seno mentre lei lottava per fermarlo. · Lello, ti prego smettila… lasciami. – Lello sentì che lei stava lottando contro la voglia di piangere. Le prese il capezzolo duro tra pollice ed indice e lo torse, non con forza, molto delicatamente.· No… No… Oooohhhh… – Lello si accorse che, pur piacendole, Susy stava lottando contro le sue sensazioni. La ragazza lottò per liberarsi, il cuore le batteva selvaggiamente. Ma lui la teneva così forte che lei non avrebbe potuto mai liberarsi dalla sua presa.· No, Lello, no… per favore non farlo… -. Lello guardò la mammella mentre il suo dito disegnava delicatamente dei cerchi intorno al capezzolo. Strinse la mammella a lungo; Ora il respiro della Susy era diventato più affannoso, intuì che lei non voleva che lui si accorgesse di quanto si stava eccitando. Delicatamente Lello le schiacciò la morbida collina da diverse angolazioni e la guardò muoversi; mise il palmo della mano sopra tutta la mammella e fece un grande e lento movimento in senso orario. L’appiattì delicatamente e poi tirò ancora il capezzolo. · Quando ti ho vista per la prima volta a Portofino, – le disse lui – sono stato subito attratto dai tuoi seni. Da quel giorno ho sempre desiderato giocare con le tue tette, sono soffici e lisce come avevo immaginato. Le tue tette sono ancora più belle di quanto immaginassi, ed i tuoi capezzoli sono fantastici. – Tolse la mano dal seno e lo guardò. Susy arrossì. Cercò di lottare ancora una volta per liberarsi. Quando iniziò a lottare Lello strise il seno con più forza, le fece male. Susy rilassò di nuovo il corpo. · Per favore, Lello, ti prego… non devi farlo!… Lasciami… – La sua voce tremava ancora. · Sai che ti piace, – le rispose lui. – Lo capisco dal tuo respiro. – Susy infatti stava ansando, sia per lo sforzo del lottare che per l’eccitazione. Lello lo capì, la mano lasciò il seno e si spostò verso la vita e poi più in basso.· NO, Lello, per favore, per favore fermati!… fermatii!…. Non toccarmi lì! – Susy cominciò a tremare ed il respiro divenne ancora più affannoso, ma non potè sfuggire al tocco della sua mano che scivolava sempre piò in basso e si fermò sui sottili peli pubici. Lello fece passare le dita tra i peli e li tirò delicatamente. Non le fece male, stava solo giocando. Esplorò il suo cespuglio di peli pubici ed ogni tanto tirava un singolo pelo. Si soffermò e si divertì a giocherellare con lei, la osservava. Susy era nel panico più totale adesso.· Per favore non mi toccare là… – gli disse concitata, affannata. – Va bene, se vuoi toccami i seni, ma non mi toccare laggiù… Puoi fare quello che vuoi coi miei seni… ma ti prego, per favore non mi toccare sotto la vita. – Sicuramente la ragazza sperava che se lo lasciava giocare con i suoi seni sarebbe stato soddisfatto e non sarebbe passato ai genitali. Capì che stava quasi per piangere, quando le sue dita toccarono le sue labbra esterne, le esaminarono delicatamente e ne provarono la forma, scivolarono dalla destra alla sinistra; lei cercò convulsamente di stringere le gambe, ma lui le infilò la sua coscia tra le sue e glielo impedì. Le sue dita lentamente esplorarono le sue labbra intime, sentì che si stava bagnando! Era veramente eccitata! Muoveva le anche a destra e sinistra per cercare di spostare la mano dalla sua femminilità. · … Ooohhh… – la sua voce era quasi un bisbiglio. – Lello, per favore smettila. Fermati una buona volta. Gioca coi miei seni se vuoi. Mi piace quando giochi con le mie tette, mi piace quando… Oooohhhh. – Le dita di Lello sparsero i suoi umori sulle sue labbra formicolanti. Susy stava quasi piangendo adesso. Quando vide che stava per protestare ancora una volta, il suo dito scivolò tra le sue labbra, trovò la clitoride pulsante e molto delicatamente la massaggiò. Un altro lamento sfuggì dalle sue labbra.Lello la vedeva ormai indifesa, perduta, il suo respiro aveva raggiunto una velocità incredibile. Il suo dito lentamente trovò la strada della sua, ormai bagnata, apertura vaginale.· Uhhhh… no, no… – rantolò Susy ed il suo corpo si tese per un secondo mentre il dito scivolava facilmente dentro di lei arrestandosi contro l’imene. · Sei davvero bagnata, Susy! – · Ooooohhhhh… Questo non vuole dire che sia… eccitata. Per favore non continuare. Per favore togli… il dito… Lello, per favore… smetila… – Cercava di parlare come se non fosse eccitata, ma la sua voce la tradiva. Molto lentamente lui fece scivolare il dito dentro e fuori… dentro e fuori… dentro e fuori. Involontariamente Susy allargò le gambe e mosse le anche avanti ed indietro al ritmo del suo dito. · Oooooohhhhhh… – il suo corpo la tradiva, scottava ed era completamente coperto di sudore. Lello teneva il suo giovane corpo contro di lui. Fece scivolare dentro un altro dito, riempì con le sue dita la sua piccola e virginale apertura, lentamente le fece scivolare dentro e fuori per parecchi minuti. Ritornò alla clitoride, Susy allargò ancora di più le gambe e stampò il suo osso pubico sul suo palmo. · Ooooooohhhhhhh… – Ora la sua respirazione era pesante, il suo torace saliva e cadeva ad ogni respiro. Si era arresa completamente. La sua volontà era scomparsa, la sua voce era un bisbiglio. · Ooohhh…Lello, come…mi tocchi bene. Per favore non fermarti…. ancora di più!… Di piuuuuuu!!!….. Ooooooooohhhhhhhh!!!!………- Susy spalancò la bocca, gli occhi le si fecero immensi e un orgasmo sconvolgente la travolse.· Non hai idea di quante volte ho sognato di toccare la tua micia. – le mormorò lui. – Quando a Santa ti sei messa quei pantaloni rossi e stretti e potevo vedere il contorno delle tue natiche, della tua femminilità, quella sera mi hai fatto diventare un selvaggio. – La voce di Lello era roca, eccitata.Susy si riebbe a poco a poco dall’estasi, portò la sua testa alla sua e gli diede un appassionato bacio lungo e profondo. La sua lingua vagò nella sua bocca, Lello lasciò andare le sue mani. Senza interrompere il bacio, Susy lo circondò con un braccio e portò l’altro al suo inguine. Strofinò il suo membro eretto attraverso la stoffa delle mutande. Lui ritornò con la mano alla sua femminilità, il suo dito scivolò tra le labbra umide e trovò di nuovo la clitoride; con l’altra mano intanto le massaggiava le tette, passando dall’una all’altra, le pizzicava i capezzoli e le mammelle. Si guardarono negli occhi mentre esploravano le parti più private dell’altro. Poi, improvvisamente, gli occhi di Susy si fecero nuovamente duri, lo respinse, gli voltò la schiena.· Basta ora. Lasciami dormire. – E si raggomitolò su se stessa.Lello vide l’onda magnifica dei capelli che le scendeva sul viso e sulle spalle, si mise a carezzarli con una mano, l’altra mano sul fianco di Susy, sentiva la curva falcata del fianco, sentì la schiena della ragazza che si spingeva contro il suo ventre. Le natiche dolci premere sulla sua virilità. Gli pareva di essere ubriaco, di provare quella lucidità irresponsabile, priva di freni, dell’ubriaco. Buttò giù le coperte. Vide la schiena nuda di Susy raggomitolata contro di lui. La sua mano si serrò sui capelli che stava carezzando.· Non tagliarli mai… – sussurrò automaticamente.

