Lello si era addormentato, stroncato.Un sonno di pochi minuti.Si svegliò che Susy stava abbracciandolo teneramente, vegliando il suo sonno.La sua mano si posò sul ventre della ragazza. Sentì le tracce di un eccitamento che, durante il sonno di lui, era evidentemente andato aumentando.Il desiderio gli ritornò immediato, prepotente. Ma la ragazza balzò via dal letto, cominciò a vestirsi in fretta. – E’ tardi. Bisogna tornare. -Si fece riaccompagnare al cinema. Voleva vedere le fotografie del film, per capire almeno di che storia si trattava, nel caso che i suoi genitori gliene avessero chiesto. Mentre lei restava a guardare i cartelloni, incaricò Lello di comprare Il Corriere della Sera per leggervi il riassunto della vicenda.Poi lo salutò, tornava a casa da sola.Lo salutò freddamente, ma appena si fu allontanata di qualche metro, si voltò verso di lui, sorridente. Era un sorriso trionfante, di complicità, di intesa, di malizia, ma irradiava da quel viso nonostante tutto innocente, puro, formando un miscuglio che riempì Lello di sbalordimento e di eccitamento insieme.Così quella sera, alla Scala, era ancora di buon umore.Seduto nel palco della suocera, guardava ridendo i brillanti della madre di Francesca. E dire che veniva alla Scala ad annoiarsi, che la suocera se la teneva buona per quelli! Che brillanti aveva la Susy? Rivedeva le stille di sudore sul corpo eccitato, e rideva del fatto che i brillanti della suocera gli richiamassero quell’immagine profana.La felicità! Egli viveva una vita incanalata secondo schemi rigidi che non avrebbero dato la felicità a nessuno. Eccoli tutti qui, ora, austeri, a fingere di interessarsi a uno spettacolo che era un pretesto per mettersi in mostra, ma chi ne provava piacere? Lui no di certo.Rivedeva il corpo nudo della Susy, le sue movenze animali, istintive. Ricordava la Susy che si sdegnava perchè lui aveva i dischi dell’anno prima. Ed ecco qui tutta questa gente compunta ad ascoltare musica di un secolo prima. Ed ecco qui sua suocera che aveva la casa piena di dischi del decennio prima, di cinquant’anni prima, li teneva come gioielli, li ascoltava, tutte le sere gli stessi, all’infinito, e Susy non riusciva neanche a sentire un disco fino al termine, a metà si annoiava, lo toglieva e ne metteva un altro.Lui non era come sua suocera. Anche lui si annoiava alla Scala. Ma Susy ci avrebbe addirittura messo una bomba sotto. Lui però non era come lei, ma la capiva.La rappresentazione era lunga, interminabile.Dopo la Scala andarono a cena al Savini. Subito dopo vennero le vacanze di Natale.I Dal Pozzo andarono a San Remo; Renato e Lalla erano infatti appassionati di golf. Lello e Francesca andarono come al solito a Saint Moritz. Avevano prenotato la camera al Palace già fin dall’estate , e Lello giudicò che non era il caso di cambiar programma.Oltre a tutto, non c’era neanche da pensare che Francesca acconsentisse a rinunciare al Capodanno al Palace.Durante la settimana di vacanza egli fù di ottimo umore. Aveva ormai, dopo tanto penare, ottenuto un risultato con la Susy; un risultato di compromesso, era vero, ma egualmente soddisfacente, e che gli consentiva di superare molti scrupoli e preoccupazioni che sarebbero sicuramente sorti se Susy fosse diventata in maniera vera e propria la sua amante.Ormai calcolava che la relazione potesse avviarsi normalmente, ma invece trovarsi con la ragazza gli fu altrettanto difficile di prima.Tornato in città, aspettava tutti i giorni che lei gli telefonasse. Non riceveva però notizia alcuna da lei. Pensò che non fosse ancora tornata.Venne però a sapere che le scuole erano già riaperte. Provò quindi a telefonarle lui. Finora lo aveva evitato, perchè cercava di esporsi il meno possibile. Il più piccolo passo falso (bastava una parola in più, uno sguardo troppo intenso, una domanda inopportuna) avrebbe potuto destare nei genitori di Susy o in Francesca un allarme. Fino a quel momento era riuscito a destreggiarsi bene, ma doveva fare estrema attenzione; nato il primo sospetto, la sua relazione con Susy era finita per sempre. Perciò evitava di telefonare. Una telefonata fuori luogo, intercettata da qualcun altro, poteva bastare per suscitare sospetti. Anche se avesse artefatto la voce, inventato un nome, immaginava poi i genitori interrogare la ragazza: chi era, chi non era costui, cosa voleva, e lei, colta in contropiede, che perdeva la testa, che confessava tutto…Susy però gli aveva rivelato che, tra le due e mezza e le quattro e mezza, suo padre era al lavoro, sua madre dormiva, e lei regnava accanto al telefono. A meno che non fosse da qualche amica a studiare.Spinto dal silenzio della Susy, Lello provò dunque a telefonare, deciso a riattaccare se avesse risposto qualcun altro. Formò il numero, ma il regno di Susy al telefono era evidentemente un regno in cui lei esercitava un dominio senza limiti. L’apparecchio era costantemente occupato.” A chi starà telefonando? Forse a me, e trova a sua volta occupato il mio numero? O forse la linea è guasta? Ma sarà lei che telefona? E se faccio interrompere? Ma se fosse qualcun altro al telefono? “No, certamente era lei. Lello era sconfortato e geloso di tutte queste telefonate della ragazza, che invece dimenticava lui.Finalmente il numero venne libero e fu proprio Susy a rispondere.Emozionato le chiese come stava, come erano andate le vacanze. – Bene, – rispose lei.Come mai non gli aveva ancora telefonato. – Me ne ero dimenticata. -Voleva vederla. – Quando? -Oggi stesso. – No, – disse lei. – Devo uscire con Marisa a fare shopping. -Dopo lo shopping. – Sarò stanca. -Allora domani. – Domani starò male, sento già di avere addosso un mal di testa e quando mi comincia non finisce più. Forse mi stanno venendo le mie cose. -Ma allora quando si sarebbero visti? – Ti telefonerò io, come al solito. Lascia fare a me. -Lello mise giù la cornetta, contrariato dalla freddezza della ragazza, ma un po’ confortato dalle ultime parole della conversazione.Però Susy non si fece viva per diversi giorni.Fu ancora lui a telefonarle.Lei gli disse che era stata di pessimo umore tutto quel tempo, che non si era sentita bene, che lei lo faceva per lui, lui avrebbe dovuto esserle grato di non farsi viva e che lei durante queste crisi di malumore non si faceva vedere, lui la conosceva poco, ma erano giornate in cui era così cattiva e antipatica che preferiva nascondersi, perchè anche se lo avesse visto gli avrebbe fatto solo dispiacere e niente altro.Lello insistette, e riuscì a portarla fuori.La ragazza era stranamente scorbutica. Quando lui la portò all’appartamentino, lei si arrabbiò e si rifiutò di scendere dalla macchina. – E dove vuoi andare? – – Portami a bere un aperitivo. – – Dove? – – Alla ‘Terrazza Martini’ – – Ma sei matta! La mi conoscono tutti. Non se ne parla nemmeno. – – Allora in qualche bar, qui fuori mano. -Trovarono un bar di periferia che sembrava pulito e grazioso, lei bevve l’aperitivo, che poi era una coca-cola, e si fece riportare a casa.Lello ci rimase male. Era arrivato con grande pena a un risultato, e ora si trovava di nuovo al punto di partenza.Ma era colpa sua, pretendeva la logica da una creatura irresponsabile e imprevedibile, che gli piaceva proprio per questa estrosità di comportamento. Se voleva una donna normale, non aveva che da restare con Francesca o tutt’al più telefonare a qualcuna delle sue ex amanti. Si, ma non era una soddisfazione rassegnarsi a sapere che, con la Susy, bisognava ogni giorno ricominciare da capo! Tuttavia non c’era altro da fare. E si rassegnò.Era però scontento, demoralizzato. Perchè le altre donne che aveva frequentato, se lui proponeva loro di uscire erano contente? Perchè gli telefonavano spesso loro, cercavano di essere carine verso di lui, felici se lui dimostrava loro un po’ di attenzione? Solo Susy, invece, scorbutica, inaccessibile, sprezzante? E perchè le altre lo annoiavano, non dava loro peso, e invece per la Susy era lì in adorazione, attento a ogni sua più piccola mossa, perpetuamente a disposizione, perpetuamente in attesa dei suoi capricci?Si seccò con se stesso. Si propose di essere sgarbato con lei, se gli telefonava ancora.Di non vederla mai più.Andò a letto con Sandra, una delle ultime sue amanti e con cui era rimasto in buoni rapporti. Poi Susy gli telefonò. Lui accorse.Lei gli chiese se aveva dischi nuovi, voleva ascoltarli.Andò all’appartamentino, salì la scaletta, stette ad ascoltare un paio di dischi, poi si spogliò lei senza farsi pregare.Nella gioia accumulatasi su tante contrarietà e privazioni, mentre sentiva turgidi, pieni, i seni di lei tra le mani, Lello le mormorava sulla nuca parole da ragazzino sentimentale: che solo con lei stava bene, che lei lo sapeva, che lo sentiva, che aveva bisogno di lei, ma un infinito bisogno, che non lo abbandonasse più, che lo giurasse, perchè solo con lei stava bene, e via così. E intanto con la mano scendeva a giocare coi suoi peli pubici, li allisciava, li spartiva, con le dita andava a stuzzicarla dove ormai sapeva che lei era molto sensibile. Voleva farla godere nuovamente.Ma dopo qualche minuto lei gli disse di lasciarla che non aveva più voglia. Lui avrebbe continuato tutto il pomeriggio, ma dovette ancora una volta rassegnarsi.Stettero sdraiati, uno accanto all’altra, e lei lo baciava volentieri, e si stringeva contro il corpo di lui, ma senza concedersi più. Non appena lui tentava di allungare una mano lei lo bloccava subito, minacciandolo di andarsene.Lello allora, un po’ per farsi bello, un po’ per ingelosirla, le raccontò dei suoi incontri con Sandra. – Quando è stato? – chiese lei, seccata. – In questo tempo che tu non volevi vedermi. – – L’hai portata qui, su questo letto? – – No, – mentì lui per rassicurarla. – E’ stato a casa di lei. -Ma ebbe l’impressione che, anzichè calmarsi, Susy provasse un leggero disappunto. – Cosa posso farci, – continuò lui, – non mi piace molto, non mi dice più niente. Ormai ho te per la testa, e anche una bella donna come la Sandra non mi accontenta. Devo anzi averla delusa. Dopo pochi minuti ho piantato lì e non ne ho voluto sapere. – – E lei? – – Lei mi supplicava, avrebbe voluto continuare ancora. Mi telefona spesso, ma io non voglio più vederla. – – Ben le sta alla vecchiaccia, brutta stronza. Cosa si aspetta, alla sua età, voler fare la ragazzina? Mi fanno schifo, queste svergognate. Cosa pretende? Ha la lezione che si merita. -Lello restò colpito dall’acredine della Susy. – Ma, Susy, come puoi essere così spietata? L’età non è una colpa. E poi, cos’ha la Sandra? Venti anni più di te. Non pensi che anche tu ti troverai un giorno a quel punto? -Ma si accorse che “vent’anni” se per lui non rappresentavano un’immensità, per Susy erano un’entità incommensurabile, un abisso senza limiti, qualcosa che trascendeva l’esistenza. Erano dopo tutto di più che non l’intera esistenza della ragazza chiusa in quei diciassette acerbi anni, e capì che per Susy la vecchiaia non esisteva ancora. Era questo esser giovani: non sentire la minaccia degli anni, non sono lontanissimi, ma addirittura non ci raggiungeranno mai. Essere giovani vuol dire non avere età, non avere fretta, perchè tutto è a disposizione, non finirà mai. La vecchiaia è negli altri, è estranea a noi come una iena in gabbia, la vediamo, ma non diventeremo mai così, e odiamo la vecchiaia, la disprezziamo, perchè è qualcosa che non ha il diritto di esistere, solo noi abbiamo il diritto di esistere, e per noi il tempo è fermo, problema che non ci tocca. Ecco, essere giovani vuol dire essere crudeli, essere spietati, sputare sul futuro.Lello chiuse gli occhi, respirò profondamente e riprese a parlare: – Non pensi che io sono nella stessa condizione? Se lei non ha il diritto di amare, io allora cosa dovrei dire? – – Ma per te è diverso. – disse lei tutta allegra. – Tu hai me, e ci mancherebbe altro che non mi amassi. -Era tutto così naturale, tutto così semplice, così chiaro. Una frase più crudele dell’altra, perchè gli anni sono una colpa (e lui ne aveva più della Sandra), e perchè una Susy si può amare, è lecito, anzi è un dovere, ma un Lello no, e se una Sandra lo ama fa schifo, ripugna.Ma Susy non si accorgeva di fargli male, e lui non poteva impedirsi di amarla.Lello si rivestì. Lei fece i capricci. – No, restiamo ancora qui! – – Susy, per me è difficile avere i pomeriggi liberi. Lo sai che lavoro. Per te, in un modo o nell’altro, trovo sempre il tempo. Tu hai la precedenza su tutto, ma è sempre solo un’ora, due al massimo. Un pomeriggio intero mi è ben difficile potertelo dare. – – Ma io non so cosa fare. Non c’è nessuno a casa. Io non ho voglia di stare lì da sola. -Scese dal letto, tutta nuda, ormai non aveva più vergogna di lui. Mostrandogli la visione delle sue curve posteriori andò al telefono. Chiamò Marisa. Ma le dissero che era fuori con la madre, in giro a fare spese. Riattaccò scontenta. – E cosa faccio? – – Va’ da Graziella. – – E’ in ritiro, per gli esercizi spirituali. – – Non c’è qualche altra amica? – – Nessuna con cui passare un pomeriggio. – – Va’ al cinema. – – Da sola! Non posso. – – Va’ a casa e leggi un libro. Guarda, ti presto questo; “Le Civiltà precolombiane”. Mi piacerebbe che tu lo leggessi. -Susy lo guardò, rossa in viso, come se le stesse proponendo qualche sordidezza. – No. – disse decisa.Lui a ogni modo doveva andare. Lei si rivestì di malavoglia, e lo seguì con un viso tetro e scontroso. Passarono alcuni giorni. Il sabato lei gli telefonò. – Oggi è sabato. L’avrai pure il pomeriggio libero, oggi almeno? – – Si, – disse contento Lello. Era contento che lei volesse stare tutto il pomeriggio con lui. Si aspettava chissà che cosa.Susy venne all’appartementino, ma non salì la scaletta. Restò nel salottino, seduta nella solita poltrona. Lello aspettava che si spogliasse, ma lei non si muoveva. Non accennava neanche a voler mettere i dischi.Lello andò di sopra e accese lui lo stereo.Sperava che lei lo raggiungesse, ma lei restava immobile, dabbasso. Allora Lello ridiscese, le si avvicinò, le carezzò la treccia per disfarla. Gli piaceva vederla coi capelli sciolti. Ma lei lo allontanò con una mano.Lello tentò di slacciarle la camicetta, lei si arrabbiò. – Ma lasciami stare, una buona volta! – – Non è il caso di offendersi! Tra noi, ormai… – – Ormai un corno. Sei noioso e basta. -Poi guardandolo con faccia tragica, gli disse: – Tu vedi in me solo uno strumento di piacere! -In quale fumetto aveva letto questa frase? Lello era sbalordito. Non tentò neanche di risponderle. Vide a ogni modo che non era possibile toccarla. Restarono perciò seduti su due poltrone staccate, immusoniti, ad ascoltare la musica che veniva da su. – E’ in questo modo che intendi trascorrere tutto il pomeriggio? – le disse Lello dopo un po’, di malumore. – Se vuoi, puoi anche riportarmi a casa. -Mentre tornavano a casa di lei, Susy si mise a parlargli di religione, di spiritualità, gli disse che lui era un bruto.Lui tentò di scherzare, chiedendole di convertirlo, ma si accorse che non era atmosfera da scherzi, la ragazza era seria, e seccata con lui.Gli disse che lui non capiva la santità della vita, che non faceva i conti con l’aldilà. – E tu, allora? – Non gli era mai parso che Susy fosse religiosa. – Io ormai ho deciso di cambiar vita. Domani faccio la comunione, e sarà l’inizio di un’era nuova. Se sono stata pazza per un po’ di tempo, ora è finito. -Allora a Lello venne in mente che si era nel periodo pasquale, ed evidentemente la ragazza aveva seguito qualche esercizio spirituale, o era stata influenzata da qualche predica, o dalle esortazioni di qualche confessore, o di qualche amica bigotta. Chiunque fosse stato, Lello sentì di odiarlo.Vide Susy scendere dalla macchina, avviarsi verso casa senza voltarsi indietro a salutarlo.Se era a questo punto, egli l’aveva veramente perduta, non c’era più niente da fare.Lello trascorse una pessima domenica. Si chiuse in casa ad ascoltare musica, Francesca non capiva perchè. Dopo un’ora però spense lo stereo. – Dove vai? – – A lavorare. Ho un sacco di grane in arretrato da sbrigare. -Andò effettivamente in studio, e sbrigò molte pratiche. Fece un buon lavoro, e ne fu contento, come ogni volta che portava a termine un’impresa. Così Susy gli passò di testa, e la sera fu di buon umore. Quella notte riscì persino a fare l’amore con Francesca. A Santa Margherita intanto, nella villa dei Dal Pozzo c’era una grande festa. Susy compiva i diciott’anni.Susy sfoggiava con orgoglio il suo vestito nero. Era la prima volta che portava un vestito lungo.Marco, il fratello di Valeria Magatti-Trosselli, la fece ballare parecchie volte. Ma a Susy non piaceva, perchè aveva la pelle foruncolosa.Ora, seduta in un angolo con Graziella, commentava invece Federico, così elegante nel suo smoking. Le grandi spalle quadrate, la vita stretta, Federico era titolare nella squadra universitaria di rugby. Avrebbe voluto ballare con lui, ma era troppo occupato con Gioia Franzotti. Gioia era là che rideva, come al solito: sempre su di giri, sempre allegra, sempre un’animatrice delle feste. La invidiavano, così brillante, piena di successo. Ma già, conclusero, dopo tutto aveva vent’anni, era vecchia, ormai ci sapeva fare. Sparlarono un po’ di lei, con gusto, e avrebbero proseguito ma c’era in continuazione qualche ragazzo che invitava Susy a ballare, poi arrivò la torta dei diciott’anni, e a ogni invitato fu distribuito un bel portacenere d’argento, con la firma di Susy incisa sul fondo.Bevvero lo champagne, ma a Susy non piaceva. Lo lasciò li. Poi, stanca di essere invitata a ballare, andò in bagno a rassettarsi. Almeno lì avrebbe potuto riposare cinque minuti. Finchè restava tra la gente, non aveva un attimo di tranquillità, era l’attrazione principale della festa, la festeggiata. Povera Graziella, lei invece faceva tappezzeria tutta la sera; ma Susy, un ballo dopo l’altro, senza interruzione. Il lunedì Lello aveva il rapporto di produzione. Stava commentando coi suoi dirigenti i consuntivi del mese trascorso, ed esaminando i preventivi per quello in corso, quando il telefono privato gli portò la voce della Susy. – Vieni a prendermi. Ho un’ora e mezza libera. -Esitò un momento. Guardò i suoi collaboratori che aspettavano in deferente silenzio. Sentiva un orribile senso di colpa, ma non seppe resistere. – Va bene. – disse e attaccò il ricevitore.Chiese al direttore generale di dirigere il proseguimento della discussione, si scusò adducendo un’improvvisa complicazione familiare, e corse dalla Susy. – Abbiamo poco tempo, – disse lei. – Devo tornare a casa in fretta. – – Sei ancora di umore nero come sabato? – – Che domande! -Era una risposta che poteva significare qualsiasi cosa. Portò Susy all’appartamentino. Lei salì subito la scaletta, si spogliò senza che lui neanche dovesse chiederglielo, si pose sul letto, nuda, con la massima naturalezza, senza alcuna difficoltà, come compisse un’azione quotidiana a cui fosse abituata da anni. Lello non incontrò nessuna resistenza. Era la prima volta che egli la sentiva così integralmente sottomessa.Si stese accanto a lei e subito cercò di toccarla. Lei non si ritrasse stavolta, non si oppose. Sollevò leggermente il ginocchio destro, così da renderglii possibile una limitata visione del suo sesso, seminascosto dal pelo pubico. Lello fece scendere una mano verso di esso a vellicarlo, a lisciarlo, a carezzarlo. Ne schiuse le labbra con le dita; la piccola vulva si aprì come in un sorriso, mostrando il solco rosa, la clitoride, l’orifizio vaginale, poco più giù la rosa pieghettata dell’ano fra le candide natiche schiuse. Un dito sornione si diresse verso questo piccolo paradiso, sfiorandone la mucosa, e una scossa elettrica percorse rapidamente la spina dorsale della ragazza, facendola sussultare.Le dita di Lello stavano già accarezzando la clitoride. Susy spalancò le gambe tenendo le ginocchia piegate, la mano ormai massaggiava le labbra e il taglio della vulva, con quattro dita, con un movimento verticale dal basso verso l’alto, ormai aveva perso la timidezza iniziale e strizzava e accarezzava senza posa il piccolo sesso vergine e per la seconda volta sentì il suo umore vaginale sulle dita.Susy reclinò la testa all’indietro spargendo i capelli sulle spalle e sul guanciale, inarcò la schiena; il bacino le tremava, nella pancia le si agitava uno stormo di farfalle, il cuore le pulsava nelle orecchie. Lello cominciò a percorrere quel sesso tanto agognato avanti e indietro colle dita, separando le grandi labbra, poi, superate anche le piccole labbra, introdusse lentamente il medio nel vestibolo; quando giunse all’imbocco della vagina per la prima volta sentì i suoi muscoli cedere e dilatarsi senza opporre alcuna resistenza; lei era abbondantemente lubrificata, come mai prima, ed il suo dito che si muoveva in lei produceva un osceno rumore di sciacquio. Era completamente bagnata, fradicia, e il liquido colava sul candido lenzuolo con un filo. La piccola vulva, al centro delle cosce bianchissime, era tutta gonfia e arrossata, il bottoncino, le altre volte sempre inerte, si ergeva ora più su delle labbra e il buchetto si era allargato per la penetrazione del dito, dentro fino alla seconda falange. Cominciò a muoverlo dentro e fuori, lentamente, osservando il fluido di umori che lo infradiciavano. Lo spingeva dentro, provocandole indubbiamente un immenso piacere, ma senza andare troppo a fondo nel timore di raggiungere l’imene. Era uno spettacolo fantastico vedere come la sua fessura si era trasformata in un tempio di piacere. – Aaah!!!…. – Il gemito era sfuggito dalle labbra aperte della Susy e Lello intensificò il ritmo. Introdusse anche l’indice, e colle dita cominciò a scoparla lentamente, dentro e fuori, dentro e fuori, studiando nel contempo le reazioni sul suo volto; lei aveva sollevato la testa dal guanciale, piegandola leggermente verso sinistra, e si mordicchiava il labbro inferiore. Quando le sollecitò la clitoride vide il suo viso stravolto da una smorfia; la cosa si ripeté ogni volta che tornava a premere in quella zona: lei tratteneva un attimo il fiato, poi si rilassava e deglutiva.Ormai si muoveva tutta, il bacino si alzava e si abbassava ritmicamente facendo cigolare il letto e i suoi ansiti si trasformarono in lievi gemiti. Il giovane corpo si stava avvicinando all’orgasmo. E, mentre stava per essere sconvolta dal massimo piacere Lello pensò che non era mai stata così bagnata…. non così almeno, sembrava ormai pronta all’ultimo passo, “Se non lo faccio ora..” pensò… tirò un respirone e continuò a spingere il dito all’interno. Era estasiato nel vederla così, per la prima volta completamente disponibile, e Susy sembrava potesse andare avanti per ore ed ore in quel modo, quando improvvisamente si lasciò andare, senza quasi più respirare; era venuta, in assoluto silenzio, e senza alcun preavviso.Restò così, per attimi interminabili, rotti solo dal rumore del suo respiro che lentamente tornava alla normalità, poi sollevandosi, e riaprendo gli occhi, gli sorrise.Rimasero stesi sul letto, lui adesso la carezzava affettuoso, felice. – Sabato eri così diversa. – – Cosa c’entra. Ormai è lunedì. – – Hai fatto la comunione? -Susy si arrabbiò. – Non scherzare con la religione. Tu non ne sei degno. -Lello non ritenne opportuno proseguire. Susy appariva sdegnata, e lui sentiva che era facile perderla se le svegliava gli scrupoli. Le carezzava come al solito i capelli, lei si mise a sorridere. – Aspetta, – disse. – Voglio intrecciarli. – Si alzò dal letto.Lello, restato solo, chiuse gli occhi, e si abbandonò a un piacevole dormiveglia. Era un momento di autentica, piena felicità.Sentì che Susy si era seduta sulla sponda del letto, accanto a lui.Aprì gli occhi, vide che aveva raccolto i capelli nella opulenta treccia. La teneva con la sinistra, tesa, mostrandogliela in un sorriso.Anche Lello, mezzo intorpidito dal sonno, le sorrise. Non aveva voglia di svegliarsi. Era felice, la visione di fronte a lui aveva l’aerea, irreale bellezza di un sogno. Poi vide che Susy alzava la mano destra verso la radice della treccia. Gli sembrava che stesse carezzandola.Vedeva il delizioso petto nudo della creatura sorridente, vedeva la creatura sorridente che gli mostrava la bella treccia, che la accarezzava lusinghiera, ed egli giaceva là, in un dormiveglia senza desideri; la vita non gli aveva mai offerto nulla di più bello.Poi capì. Ma troppo tardi. La ragazza aveva in mano una lametta di rasoio, e stava recidendosi i capelli. Lo capì quando la treccia staccata cadde floscia dalla testa di Susy, e la mano sinistra di Susy, stringendo la vittima, avanzò verso il viso di lui.Il sorriso beato di Susy aveva assunto l’alterigia del trionfo.Lello balzò a sedere, angosciato come se avesse ricevuto una ferita. – Perchèè?! -Susy scrollò le spalle, si alzò, e andò allo specchio. Egli la vedeva là, nuda, che si studiava i capelli, li sistemava. Le andò dietro. Lei gli parlava senza voltarsi, guardandolo nello specchio. – In fondo, cosa te ne importa? Anzi sarai più contento. Così sembro un maschietto. Per quello che mi adoperi tu, tanto vale che sia un maschietto. -Susy si voltò e tornò al letto. Ci si stese sopra, una gamba leggermente ripiegata, il ginocchio appoggiato al materasso, l’altra distesa, esponendogli provocante il ventre. – Tu devi essere un pederasta, – continuò. – Adesso capisco perchè non hai figli. -Cosa doveva fare con una donna così? Picchiarla? Strinse i pugni illividito. Quando Susy voleva eccitarlo, sapeva raggiungere infallibilmente lo scopo. Lello anche questa volta si trovava col sangue in ebollizione.Si stese su di lei, su quel ventre che gli si offriva, che si porgeva, e Susy non ebbe, come le altre volte, una reazione di irrigidimento, non urlò, non sfuggì. No, restò lì a riceverlo.Lello l’afferrò con tanta forza che lei gridò. La costrinse a girarsi bocconi con la pancia e il petto schiacciati contro il letto. – Volevi essere il mio maschietto? – le soffiò sulla nuca. – Adesso sarai accontentata. -Susy voltò la testa di scatto a guardarlo, la paura negli occhi. – Ma cosa vorresti fare?… Non ti rischiare di fare il porco con me… Te lo proibisco!… -Lello non ragionava più, le appuntò la sua virilità congestionata dietro, fra le natiche contratte allo spasimo. E Susy si rese conto con improvviso orrore e umiliazione che Lello stava per forzarle il sedere.Tentò debolmente di opporsi, ma fu inutile. Il pene vibrava, rimbalzava fra le sue natiche, le mani di Lello stringevano crudelmente la sua vita. Sentì che lei gridava, mentre spingeva, premeva per aprirsi un varco dentro di lei.La bocca di Lello mormorava frasi oscene al suo orecchio. Ecco cosa faceva alla ragazza che era diventata un maschietto. Ecco cosa faceva alla restìa, alla pudìca Susanna. Voleva restare vergine? E lo sarebbe rimasta. Però si arrogava il diritto di prenderle almeno una verginità. Per questo adesso si sarebbe preso il suo vergine culetto.Intanto era riuscito a introdursi dentro di lei, nonostante lei gridasse e si contorcesse come un anguilla sgusciante fra le sue mani. Le ripetute spinte e le contrazioni impazzite del suo muscolo gli diedero saette di piacere. Gli occhi gli balenavano di furore lascivo.Susy stava schiacciata sotto il peso di lui, la testa girata di lato, piangendo in silenzio, sentendo il sapore salato delle proprie lacrime sulle labbra. Le sue unghie stavano piantate nel cuscino e il suo respiro era affannoso, cominciò a piangere come una bambina. Lentamente però si andava calmando, gli occhi ancora chiusi, teneva le labbra dischiuse e ne usciva un flebile lamento di dolore, ma anche di vergogna nel sentirsi così violati gli intestini. Le sue mani si rilassarono ed iniziò a lasciarsi andare; a subire con rassegnazione gli affondi di lui. Lello iniziò a carezzarle il fianco e giunse alla vagina. Non arrivava a penetrarla, ma alla clitoride si. Iniziò a stuzzicarla col polpastrello e lei si mise a gemere.Il viso era ora solo contorto dal piacere ed iniziò a muovere il bacino andando incontro ai suoi colpi.A Lello piaceva stare così. Cambiando ogni tanto il ritmo e beandosi di ciò che il pene trasmetteva al cervello. Finalmente la possedeva, finalmente era dentro di lei, finalmente sentiva la sua carne, ora fattasi cedevole, che gli stringeva la virilità come un guanto, che gliela stritolava con strette spasmodiche. Finalmente era sua. Sua nel modo più totale e perverso in cui una donna può essere di un uomo.I gemiti aumentarono, Susy prese ad agitarsi spingendo, ora con vigore, le natiche incontro alla spada di carne che la violava, che entrava fino a sbattere i testicoli contro i suoi glutei. Pose una sua mano su quella di lui premendola, per sentir meglio le sue dita contro la clitoride. Quindi il respiro divenne corto, il corpo si inarcò costringendolo ad inseguirlo. – Mio Dio, Godo! – Urlò, con espressione quasi di stupore .Divenne rigida come un palo, squassata dal tremore del godimento.Ma ormai, anche per Lello, il momento liberatorio era vicino. Aveva la faccia in fiamme, il pene pulsava e pompava. Il suo inguine era un crogiolo di sensazioni, il corpo si contorceva, gli occhi gli si velarono: aprì la bocca, accelerò le spinte, poi esitò e infine la passione trovò il suo sfogo, irrorando con getti copiosi l’intestino della ragazza prostrata sotto di lui.Quando finì, Susy giacque immobile, respirando sommessamente. La passione si era placata, e in Lello era rimasta l’irritazione e la consapevolezza che Susy non era più sua di prima, anzi gli era più lontana di prima.Susy si era calmata; – Disgraziato! Mascalzone! Porco! – lo guardava freddamente, con occhi pieni di odio, mentre gli buttava in faccia quegli insulti. – Perchè lo hai fatto? Perchè hai voluto avermi in questo modo così… così sporco? -Lello era in preda ai rimorsi. Temeva di averla perduta. Perduta per sempre. Stavolta definitivamente. Il piacere provato qualche attimo prima, era adesso largamente superato dai sensi di colpa che gli stavano perforando il cervello come aghi arroventati. Susy, senza muoversi, senza mutare espressione, si mise a piangere.Dapprima qualche lacrima, poi un singhiozzo, un altro, il viso si fece gonfio, rosso, fu un diluvio di lacrime, una convulsione di singhiozzi, una crisi isterica vera e propria. La ragazza si girò, seppellì il viso nel cuscino, continuò a essere scossa in tutto il corpo per parecchi minuti.Con un sospiro di rassegnazione Lello andò a fumare una sigaretta.Quando tornò al letto, la ragazza era ancora sconvolta, ma aveva smesso di piangere. Stava asciugandosi gli occhi col polso. – Dammi un fazzoletto, – gli chiese. E si soffiò il naso.Lello cercò di carezzarla, ma lei si scostò con un gesto brusco. – Non mi toccare! Non osare più toccarmi! – – Come ti senti? – le chiese Lello, cercando di essere premuroso. – E come dovrei sentirmi, secondo te? – gli butto in faccia guardandolo con astio. – Mi sento tutta rotta! – – Passerà. – cercò di calmarla. Doveva calmarla. – Era la tua prima volta… e… e io… Oh accidenti a me, non sono stato per niente delicato. Ma il dolore passerà presto, vedrai, e poi, credo ti sia anche piaciuto. O sbaglio? Le prossime volte sarà più bello anche per te. – – Le prossime volte? Ma ti sei ammattito? Scordatelo, caro mio. Non ci saranno altre volte. Tu con me hai chiuso, cancellami dalla tua vita. Hai capito? Chiuso! -Lello abbassò il capo sconsolato, deluso, triste. Sconfitto.Mentre la riaccompagnava a casa, in macchina, la Susy rimase silenziosa per tutto il tempo. Sembrava assente, distaccata, lontana da lui anni luce.Lello guidava con la morte nel cuore, convinto ormai di averla perduta per sempre col gesto di sconsiderata follia a cui si era lasciato andare mollando i suoi freni inibitori.Al momento di salutarsi lui avrebbe voluto cercare le parole adatte ad un addio, ma la Susy scese in fretta dalla macchina. Nel momento in cui stava per richiudere lo sportello lui accennò a dire qualcosa, ma lei non lo fece parlare. – Non dire niente, scemotto. Ti chiamo io appena posso. Ciao – chiuse lo sportello e si allontanò.Prima di svoltare l’angolo si voltò a guardarlo: gli fece l’occhiolino e un sorriso di complicità gli illuminò il viso per un istante. Poi scomparve nella via laterale.

