Rouge et Noir, uno dei cavalli della Scuderia Dal Pozzo, correva domenica a San Siro. Fu Renato a dirlo a Lello quando lo incontrò al Circolo. – Perchè non vieni con me? Porta anche Francesca, farà quattro chiacchere con Lalla. – – Ah, vai con tutta la famiglia? – Lello lasciò cadere con indifferenza la domanda. – Si, portiamo anche la Susy. Altre volte, di domenica, la lasciavamo in libertà coi suoi amici, ma adesso per punizione non la lasciamo libera neanche cinque minuti. Sai cosa ha fatto quella scriteriata? Un giorno è arrivata a casa, come se niente fosse… No tu non ci crederai. Tu sai che bei capelli lunghi aveva: ebbene, se li è tagliati senza dir niente a nessuno. E avessi visto come, massacrati, che abbiamo dovuto quasi raparla per metterle un po’ in ordine la testa. -Lello si atteggiò a sorpresa incredula. – Davvero? – – Purtroppo. Vedi come sono i figli del giorno d’oggi? Non è solo questione di essersi tagliati i capelli, è tutto l’insieme della cosa, per loro nulla è sacro, nulla è serio, non riconoscono le regole, nè obblighi, se ne infischiano di tutto e di tutti. -Lello faceva il viso grave, e intanto pensava seccato che Susy, prima, aveva le domeniche libere, e mai ne aveva consacrata una a lui. Pensava gelosamente agli amichetti suoi coetanei, a questi ignoti avversari che assumevano forme terrificanti, mostruose, dalle mille braccia, dal fascino immediato, seduttori incalliti, cinici, esperti. Si consolava pensando che adesso la ragazza era bloccata in casa e non poteva fare più niente.Tornato a casa, Lello lasciò cadere con indifferenza la proposta: – Cosa ne dici, Francesca, perchè non andiamo a San Siro, domenica? E’ tanto tempo che non si va più alle corse. -Domenica andò con Francesca a San Siro.Rivide Susy dopo tanto tempo. Coi capelli corti, vestita come una donna.Andarono al recinto del peso. Renato, emozionato, a guardare il suo cavallo perdeva la parola. Lello fingeva di interessarsene. Renato gli stringeva il braccio, gli indicava i vari quadrupedi, il suo Rouge et Noir, il suo temibile avversario Alaves, che elegantemente giravano nel recinto, il mantello lucido, i muscoli evidenti sotto la pelle nervosa, il muso erto, gli occhi eccitati nell’attesa della corsa imminente.Lello ascoltava Renato, e guardava Susy. Finalmente Renato si allontanò, per parlare al fantino. Lello si avvicinò alla Susy. Era circondata dai suoi amichetti. Dopo avergli scoccato un bacio e un sorriso radioso, glieli presentò compiaciuta: Marisa, Graziella, Marco, Federico, Pierluigi… Le ragazze lo guardavano interessate, memori evidentemente di chissà quali enormi racconti di Susy, lo squadravano, lo confrontavano mentalmente all’immagine che se ne erano fatte, lo soppesavano, lo svalutavano, così come Renato con i cavalli. I ragazzi invece lo guardavano con astio, con rancore, con insofferenza.Lello si sentiva parificato a un fenomeno da baraccone, e la Susy gli pareva l’imbonitore che lo mostrasse al pubblico.”Ecco, signori, il famoso Uomo-Lello. Voi lo vedete qua vecchio e panciuto, eppure sa galoppare e viaggia in Ferrari; le sue prestazioni sono ancora buone nonostante l’età, per chiamarlo basta il telefono, per domarlo basta mostrarsi sdegnose, unica avvertenza non voltargli mai le spalle.”Fu contento quando Renato venne a riprenderlo.Renato era troppo nervoso per tornare in tribuna. Non riusciva a star seduto. Si misero in piedi contro la staccionata. La corsa cominciò. Già al via Renato non poteva più, dal tremore, tenere il binocolo agli occhi, il suo respiro si fece ansante.Susy si era messa vicino a Lello. In principio gli si appoggiava addosso col corpo, poi, presa dalle fasi della corsa, parve dimenticarlo del tutto, per dedicarsi esclusivamente agli incitamenti a Rouge et Noir.Era un buon cavallo. Partì bene, e passò in testa all’ultima curva.Lello tentava, senza parere, di toccare Susy. Lei si voltò, il viso pieno di eccitamento allegro, gli indicò il cavallo. – Hai visto? – E dimenticò di nuovo completamente Lello, per occuparsi della corsa.Rouge et Noir aveva imboccato la dirittura d’arrivo con due lunghezze di vantaggio.Lello guardò Renato. Era paonazzo.Sulla dirittura di arrivo, il fantino di Alaves, in seconda posizione, mise alla frusta il suo cavallo. Anche il fantino di Renato mise Rouge et Noir alla frusta, ma ormai il suo cavallo pareva aver dato tutto.Perse per un’incollatura. Renato si abbandonò ansimante contro la staccionata. – Accompagnami al bar. – disse a Lello.Sedette lì a riprendere il respiro. – Veramente non dovrei più venire alle corse. E’ un’emozione troppo forte per me, quando corre un cavallo mio. – – Perchè allora ci vieni? – – Cosa vuoi. Ogni volta mi propongo di smettere. Ma come si fa? E’ la passione. -“Che strana passione”, pensò Lello. “Che gli fa spendere un patrimonio per la soddisfazione poi di morirne”Vide, fuori dalle vetrate del bar, la Susy che passeggiava allegra insieme coi suoi amici.Pensò che anche la propria passione era molto illogica e molto dannosa per tutti. Qualcosa si ruppe in lui in quel momento. Decise di troncar tutto.In seguito, anche subito dopo, ragionò su questa decisione, motivò questa decisione, ma la decisione era stata istintiva, immediata, senza ragioni. Qualcosa era di colpo cambiato nella sua vita. Nel preciso istante che, alzando la testa alle parole di Renato, aveva visto Susy passeggiare nel viale alberato, circondata dai suoi amici, qualcosa era scattato, qualcosa di inspiegabile aveva troncato quel filo che lo legava alla ragazza.Ragionandoci sopra trovò immediatamente questa motivazione: che stava rovinando la vita di una ragazzetta, e che era suo dovere troncare ogni contatto con lei.Ma capì subito che era una motivazione falsa, da ipocrita. Non gliene importava nulla, in verità, non era questo il pensiero che lo stava rimordendo.In verità capiva che la ragazza gli piaceva troppo, e che riusciva a vederla troppo poco. Finora l’aveva sempre vista da sola, staccata dal suo mondo, da quella vita quotidiana di cui egli non sapeva nulla. Oggi, per la prima volta, la vedeva immersa nella sua vita normale, circondata dagli amici di tutti i giorni, e capiva di essere irrimediabilmente tagliato fuori dal mondo e dalla vita di lei, capiva di non poter combattere con speranza di vittoria, perchè tutto, la sua situazione d’uomo sposato, la differenza d’età, la natura stessa, gli si opponevano. Questa sua decisione era dunque una rinuncia, una fuga prima che fosse troppo tardi? O sentiva già, oscuramente, di aver perduto la Susy e capiva che era inutile proseguire?Comunque fosse, decise di non andare a Santa Margherita quell’estate e di partire per una crociera con Francesca.Lello era sicuro, attraverso questo viaggio, di riuscire a riacquistare l’equilibrio e di poter dimenticare la Susy. Si impose ovviamente, anche prima di partire, di non cercarla più, ma, nonostante tutto, fino all’ultimo momento sperò che gli telefonasse.Non ne seppe però niente. Finite le scuole, ancora una volta la Susy portò a casa una bella bocciatura. Non era stata ammessa agli esami di maturità.Lo annunciò disinvolta, per lei era ormai un’abitudine, ma suo padre si arrabbiò come mai prima. Battè un pugno sul tavolino, facendo cascare il portacenere, si alzò di botto dalla poltrona gridando: – E’ ora di finirla! -E giù una lunga intemerata. La madre tentò con due parole di calmarlo, ma desistette subito. nell’intimo gli dava ragione. Com’era possibile continuare con una figlia così? Stavano viziandola troppo, e lei ne approfittava. Ma dove sarebbe arrivata nella vita con tutta questa indolenza, questo menefreghismo, questa mancanza di senso del dovere?Renato parlò a lungo, camminando a grandi passi per la stanza, mentre Susy seduta lo ascoltava tranquilla. – Mi hai scocciato, – disse calma Susy, alla fine del discorso, si alzò, e uscì dalla stanza.Renato scoppiò dall’ira, la voce era strozzata, il collo gonfio. – Eccoli i figli che ci toccano. In collegio! In collegio! La manderò in collegio, via, lontano, non la voglio più tra i piedi! -Poi corse a prendere i tranquillanti, perchè non reggeva più. Lello e Francesca tornarono dalla crociera in Grecia alla fine di agosto. Francesca andò a Santa Margherita, e Lello si recò qualche volta a trovarla, ma non incontrò Susy, nè alcuna nuova Susy.A fine estate decise di telefonare ai Dal Pozzo.Era un giorno di vacanza, e rischiava di trovare tutti in casa. Ma, dopo tanti mesi di silenzio, il bisogno di parlare a Susy gli era venuto così imperioso, da non poter neanche aspettare fino a domani.Ragionò che, siccome Susy passava invariabilmente le ore libere accanto al telefono, c’erano molte probabilità che fosse lei a rispondere.Rispose invece il cameriere. Egli chiese allora di Renato. Lo salutò, fecero una chiaccherata cordiale. – Cosa fai di bello? Secoli che non ci vediamo. Perchè non pranziamo insieme? – Sperava che lo invitasse a casa sua.Ma Renato gli diede appuntamento al Circolo.Pranzarono insieme, Renato gli chiese notizie di Francesca, lui di Lalla e di Susy.Così seppe che Susy era a Gstaad. Avevano dovuto mandarla in collegio, perchè con gli studi era una disperazione, quest’anno addirittura non si era fatta ammettere agli esami di maturità, doveva ripetere l’anno. – Perchè a Gstaad? – chiese Lello. – Io l’avrei mandata a Londra, così almeno imparava bene l’inglese. Al giorno d’oggi è indispensabile. -Pensava che, a Londra, aveva sempre occasione di andare, era facile trovare un pretesto di lavoro per recarvisi, ma Gstaad era fuori dal mondo, non è un posto dove si possa capitare per caso, o dove si possa avere un impegno di lavoro. – Gstaad è un buon posto, il college è ottimo, l’aria è sana, le ragazze ci fanno salute. -Già, tutto vero, ma come avrebbe potuto vedere la Susy?Per fortuna quell’anno nevicò presto. A Gstaad ci sono magnifiche piste di sci. Poteva dunque andar lì un sabato e domenica.Pensò però che la ragazza era in collegio, che rischiava di non poter vederla. Era opportuno, prima di andare, procurarsi una lettera, o un pacchetto da consegnarle, così da avere un pretesto per parlarle ed essere autorizzato a portarla fuori.Telefonò quindi a Renato, dicendogli che aveva in mente di andare a Gstaad per sciare, e siccome gli pareva, se ben ricordava la loro conversazione di qualche tempo prima, che Susy era lì in collegio, perchè non veniva anche lui, così facevano il viaggio insieme?Era sicuro che Renato avrebbe declinato la proposta, perchè a lui la montagna faceva male e le domeniche giocava a golf. Lello avrebbe quindi potuto proporgli, come la conseguenza più naturale del mondo, di autorizzarlo a portar fuori Susy.”Che peccato tu non possa venire!” avrebbe detto, “Ma, giacchè ci sono, vuoi che le riferisca qualcosa? Vuoi che la porti fuori a prendere il tè, così vedo come sono i suoi amici e come si è sistemata?”Invece Renato accettò volentieri la proposta di andare a Gstaad. Il golf era chiuso per la neve, e non sapeva cosa fare. Anzi, ci avrebbe portato anche Lalla, che aveva una gran voglia di riabbracciare la bambina.Di conseguenza venne anche Francesca.E Lello, sobbarcatosi a tutta la seccatura del lungo viaggio, finì quasi per non vedere Susy. Arrivati infatti all’albergo, a lui toccò restare con Francesca, mentre i genitori portavano fuori la piccina. Non gli era lecito disturbare l’intimità dell’incontro.La sera sì, cenarono insieme, ma in cinque. E a lui questo non bastava certo. Vedere Susy poteva essere una soddisfazione, si era infatti fatta più bella di prima se possibile, ma aveva bisogno di parlarle da solo. Voleva mettere in chiaro tante cose, capire se stesso, capire lei, era stupido fuggire una spiegazione come aveva fatto fin’ora.Riuscì a combinare di sciare con lei il giorno dopo.Avrebbe avuto finalmente almeno una piccola occasione di parlarle.Il mattino dopo si incontrarono alla stazione della funivia. Susy aveva un maglione blu scuro e i pantaloni rossi. Lello ricordò quelli di Santa Margherita, e si accorse di desiderarla sempre allo stesso modo.Era una funivia dalle cabine piccole, per quattro persone.Non c’era molta gente, ed ebbero una cabina a loro disposizione.Il controllore chiuse la porta dall’esterno, si misero in moto. – Adesso, finchè non la aprono in alto, siamo bloccati dentro, – spiegò Susy. Sembrava allegra.Chiusi nella piccola cabina, completamente isolati al di sopra del mondo: era più di quanto Lello avesse sperato.Guardava le case, gli alberi rimpiccioliti sotto di se, abbracciò la Susy e la baciò.Lei rispose al bacio, la sua lingua guizzò nella sua bocca, la esplorò, come a saggiare se in tutto quel tempo fosse cambiato qualcosa, poi si staccò ridendo. – Oh, Lello. Potrebbero vederci. – – Ma chi? – – Dalle altre cabine. -Gli additò le cabine che, a pochi metri da loro, compivano il tragitto in senso inverso. Ma sembravano tutte deserte. A quell’ora c’era ancora poca gente in giro. – Di solito sono piene di vecchi impotenti che non possono sciare. Sono i più rabbiosi. Se mi vedono, mi cacciano dal collegio. -Susy era esilarata da questo pensiero, e Lello ebbe il dubbio che il gusto con cui aveva risposto al bacio derivasse dal senso del pericolo e dalla soddisfazione di infrangere una regola. – E va bene. Cercherò di comportarmi bene. Ma è difficile vicino a te. Quando torni a Milano? – – Oh, chi lo sa. – Ma glielo disse allegra. Probabilmente era lusingata dal fatto che lui fosse venuto fin lì a cercarla. Glielo chiese, anzi. – Sei venuto qui per me? – – E per cos’altro?Ma questo parve smontarla. Accorgersi senza alcun dubbio che Lello era ai suoi piedi nonostante tutto e pur dopo tanto tempo, e trattarlo di nuovo male fu un moto solo.Lello aveva avuto l’intenzione di dirle e chiederle molte cose fondamentali, riguardo alla loro strana relazione, di mettere in chiaro tutto, ma si accorse che quanto voleva non era ben chiaro, giunto il momento di metterlo in parole. Lo sentiva sì, in maniera prepotente, ma poi, cosa voleva veramente, lui, a parte il portarla a letto?Si, qualcos’altro voleva, qualcosa di molto inportante, qualcosa di essenziale, qualcosa che avrebbe significato la ragione di vita, la soluzione definitiva della propria vita.Ma quando giunge il momento di dirlo, di esprimerlo con parole, ecco che non sappiamo dirlo, che le parole ci mancano. Ci sono ancora pochi minuti prima che la cabina arrivi alla stazione, che il controllore d’arrivo apra la porta. E non bastano neanche ore, neanche anni, per capire quali sono queste parole.Ad un tratto la cabina si fermò improvvisamente e rimase lì ferma a mezz’aria a oscillare pigramente. A fianco a loro, a pochi metri di distanza, oscillava un’altra cabina, vuota. Erano circa a tre quarti del percorso. – Cosa sarà successo? – si chiese Lello ad alta voce. – Oh, non aver paura. – Susy non sembrava per niente preoccupata. – Sicuramente una mancanza di corrente. Capita qualche volta. E ultimamente abbastanza spesso. Fra pochi minuti tornerà e riprenderemo la marcia. -Si guardarono. Susy adesso aveva uno sguardo torbido, velato, sembrava che l’imprevisto avesse risvegliato in lei qualcosa di indefinibile. Come se di colpo fossero stati trasportati all’appartamentino, a Milano.Lello allungò una mano e le sfiorò un seno, sopra il maglione. Lei chiuse gli occhi e rabbrividì. Lui l’abbracciò, la strinse, le cercò con la bocca la sua, e intanto con la mano le stringeva la mammella, la carezzava, ne tastava la forma e la consistenza al di sopra della stoffa.Susy gli si appese al collo e lui sentì il suo fiato che gli sfiorava la nuca. – Oh, Lello! Mi sei mancato un po’, sai? – gli sussurrò in un orecchio.La sua mano scese a tastarla più in basso, le strinse il pube al di sopra dei pantaloni attillati. Susy emise un lungo sospiro.Il rumore della cerniera lampo sembrò assordante nella cabina immobile e silenziosa. – Lello, ma che fai? Siamo all’aperto! Qualcuno potrebbe accorgersi… – – Stai zitta tesoro. Tu non sai quanto tempo è che ho voglia di stare con te. Quanta voglia ho di toccarti. – la zittì lui troncandole le parole dalla bocca.Lello le abbassò i pantaloni sulle cosce, poi li fece scendere sino alle caviglie. Osservò estasiato le sue cosce bianche inguainate in calze autoreggenti di seta chiara. Indossava mutandine di pizzo, molto sgambate. Gliele fece scivolare sulle cosce. Rimasero impigliate alle ginocchia. – Appoggiati allo schienale e scivola un po’ in fuori, – le ordinò.La guardò ancora. Era uno spettacolo sconvolgente, per metà vestita e per metà pronta per una notte di fuoco. Lei non si toccava, ma con le mani si accarezzava la parte delle cosce lasciata scoperta dalle calze. Tra i corti peli brillavano già, come perle, le gocce della sua voglia.Lello allungò una mano, sfiorandole con i polpastrelli il ventre. Susy rabbrividì sotto il suo tocco. Era eccitato come poche altre volte. Quel gioco ormai gli era noto, a Milano lo avevano fatto, ma era un bel po’ di tempo che non lo ripetevano. Lello era arrivato a sfiorarle leggermente il pelo, che poi coprì con l’intera mano posando la punta delle dita sulla sommità del monte di venere. I respiri di Susy si trasformarono in gemiti sommessi, ma nonostante tutto restava perfettamente immobile. Iniziò a toccare le grandi labbra, passandovi sopra il medio. Era tanto bagnata che i suoi umori lasciavano una traccia perlacea che correva lungo l’interno delle cosce fino al sedile. La seguì con il dito. Arrivò a toccare l’inizio delle natiche, ed appoggiò il taglio della mano tra le grandi labbra. Si mosse lentamente, e la sua vulva si aprì abbracciandolo con una sensazione di calore e di umido ben nota. Tornò lentamente su, strofinando contemporaneamente sia l’imbocco della sua intimità che la clitoride completamente esposta.Susy emise un gemito più forte degli altri ed iniziò a muovere il bacino strofinandosi sul suo polso. – Ferma, amore… non essere precipitosa… goditi tutti i momenti fino in fondo. – Susy si fermò, ma il suo corpo tremava. Lello poggiò un dito contro il suo ingresso ed iniziò un lento movimento circolare, una carezza estremamente localizzata, variando la pressione del polpastrello. I suoi umori lo guidavano dentro di lei, e la penetrò con dolcezza. Penetrò fino a toccare l’imene, poi tornò fuori, poi di nuovo dentro. Dopo un po’ uscì, e dopo un paio di secondi di attesa, ricominciò la penetrazione. Susy gemeva, scuotendo lentamente la testa da un lato all’altro. – Mio Dio, è bellissimo… Lello, non fermarti… non voglio che finisca mai… – – Sei eccitata, vero? – – Si… – Infilò il secondo dito. Mentre li muoveva dentro e fuori li allargava, esaltando la sensazione di riempimento che lei stava provando. – Vuoi che mi fermi? – – No, ti prego… – Susy aprì gli occhi, guardandolo. – Mi stai facendo morire dal languore… – Iniziò a muoversi più velocemente. Con il polso le sfiorava la clitoride. Susy si accasciò sul sedile, chiudendo gli occhi ed ansimò: – Continua… Ooooohhhh… continua… non fermartii… – Lello non lo fece. Si mosse ancora più velocemente, entrando ed uscendo da lei con foga. Susy iniziò a muoversi, assecondando con i movimenti del bacino quelli della sua mano.Venne. Urlò. Gli spasmi delle pareti della vagina gli stringevano le dita, poi i suoi movimenti incontrollati gliela fecero perdere. Le sue dita uscirono da lei lasciandosi dietro una lunga striscia di umori. Pensò a cosa fosse successo al sedile… se il controllore poteva accorgersene, che si fottesse, si sarebbe asciugato. Susy continuava a godere, muovendosi più lentamente e gemendo a voce più bassa. Lello riuscii a posare nuovamente la sua mano tra le sue gambe, ma non la toccò direttamente. Sapeva che sarebbe stata troppo sensibile ora. Le contrazioni interne si potevano sentire attraverso gli spasmi dei muscoli pelvici, sotto il palmo della sua mano.In quel momento la cabina, con un movimento sussultante, si rimise in movimento cigolando. Lentamente si quietarono, ed il suo respiro si fece più regolare. Lui continuava ad accarezzarle il ventre piatto, i fianchi, le cosce. Dopo alcuni minuti lei ruppe il silenzio. – Mi sento spossata… non posso sciare così… – – Tra pochi minuti saremo arrivati. Su c’è un ristorantino. Possiamo fermarci lì, e tu puoi darti una sistemata… – – Dovresti portarmi in braccio, non ce la faccio a muovermi… – – Sì, sarebbe un bello spettacolo… mi ti immagini che entro nel locale con te tra le braccia… ‘scusate, c’è una toilette?’ -Scoppiarono a ridere. Susy si stiracchiò, poi si tirò su. – Credo sia il caso di ricompormi… – disseArrivati in alto, entrarono nel ristorantino. Susy andò a darsi una sistemata nel bagno. Lello prese un caffè e fumò una sigaretta.Misero gli sci.Susy era ancora di buon umore. Il sole sulla neve, l’animazione del ristorantino lì accanto, di tutte quelle giovani sciatrici che si apprestavano alla discesa, avrebbero rallegrato chiunque. – Vieni! – disse Susy e, datosi l’impulso coi bastoncini, si gettò per la discesa.Lello la seguì. Era una discesa ripida, ma assai facile, ampia da consentire qualsiasi evoluzione, con un gran ripiano al termine, da cui partiva il gancio per la risalita.Susy procedeva in velocità, dritta, accennando appena qualche piccola virata, per il divertimento della cosa in sè più che per rallentare.Lello era rimasto indietro, alla partenza, di una ventina di metri, ma sapeva che, col suo peso superiore, l’avrebbe raggiunta e superata facilmente. Vedeva le mosse eleganti dello snello corpicino teso nella gioia della velocità, i talloni accennavano la virata, e gli sci spostandosi in lieve zig-zag comunicavano l’armonia del movimento a tutto il corpo, dalle lunghe gambe su fino ai capelli scomposti dal vento della corsa.Verso metà discesa Lello però cominciò a sentir male ai tendini dei piedi. Si ricordò che era fuori allenamento da due anni. Poco male, la discesa era corta e facile. Avrebbe egualmente raggiunto la Susy.Ma la ragazza era anzi un po’ più distante. Decise di buttarsi dritto fino in fondo, pur di sorpassarla. La velocità aumentava, egli sentiva con gioia il vento che gli sferzava acre il viso, gli abeti lungo la pista sfrecciavano via sempre più rapidi, vedeva Susy più vicina, ancora più vicina.Non distava ormai più di cinque metri. Lei aveva infatti a un certo punto allargato verso sinistra. Lello seguiva deciso la massima pendenza, proprio accanto al gancio di risalita; stava ormai per sorpassare Susy, quando sentì sotto gli sci una lastra ghiacciata.Naturalmente sarebbe stato uno scherzo. Ma era fuori allenamento, coi muscoli indolenziti, e spigolò.Cadde in avanti con un gran rotolone. L’attacco di sicurezza si aprì, e uno degli sci si staccò.Si alzò a sedere, si accinse a rimettere lo sci.Era là che armeggiava, in ginocchio, quando si sentì chiamare. Vide, di fianco a lui, Susy che già risaliva, attaccata al gancio. Con una mano teneva l’asta di trazione, con l’altra agitava i bastoncini verso di lui in segno di saluto.L’impianto di risalita la traeva verso l’alto, e Lello restò lì per terra a guardare la figurina che lo sorpassava, che si alzava, si alzava verso la cima della montagna. Guardava quei pantaloni rossi, simili a quelli di un tempo, che si allontanavano. La figurina si rimpiccoliva, saliva, scomparve dietro l’ultima gobba. Le settimane successive Lello andò a sciare al Sestriere, a Cervinia, a Saint Moritz.Quando vennero le feste natalizie gli Albertelli non partirono, sia per stare accanto alla madre di Francesca, che non stava molto bene, e anche perchè invitati a celebrare il Capodanno in casa Dal Pozzo.Lello era incerto se rallegrarsi o no di questo invito. Pur desiderando sempre la presenza di Susy, non sapeva se veramente dovesse augurarsi di esserle vicino, non sapeva più cosa sperare, se non abbattimento e sconforto da questa vicinanza.Il non poter confidarsi e sfogarsi con nessuno aumentava poi il suo malumore.Assieme a Francesca festeggiò con la suocera l’anno nuovo alle nove di sera del trentun dicembre, perchè la madre di Francesca doveva dormire presto. Brindarono insieme con l’infermiera e alcuni camerieri. Fecero tuttavia in tempo ad arrivare prima delle undici dai Dal Pozzo.Vi erano i genitori e i ragazzi.Susy in bianco, circondata dai suoi amici e amiche. C’erano, al solito, Marisa, Graziella, poi Gioia, Valentina, suo fratello Marco, Federico, Pierluigi… una piccola corte di amiche insipide e di amici goffi che la circondava festeggiandone il ritorno in patria.Renato e Lalla fecero grandi feste agli Albertelli. ormai avevano completamente riallacciato la vecchia amicizia di tanti anni prima, che si era affievolita senza ragione.La televisione accesa annunciò la mezzanotte.Allo scoppio dei tappi di champagne le luci furono spente, e Renato baciò Lalla, Lello baciò Francesca, Susy ricevette come una regina il bacio d’omaggio di Marco, di Federico, di Pierluigi, di Giancarlo. I suoi cavalieri sfilarono devoti e umili a uno a uno di fronte a lei, e il loro bacio era un atto di sottomissione; lei lo riceveva con degnazione, nè si scomponeva a mostrar loro di ricambiarlo, per quanto ciascuno si lusingasse di aver ricevuto un sia pur piccolo segno di affetto, tanta era la civetteria di quella indifferenza.E Lello, nel baciare sua moglie, guardando con la coda dell’occhio nella penombra la sfilata di fronte a Susy, avrebbe voluto correre anche lui e accodarsi a quella fila imberbe, umiliarsi ancor più, frammisto agli scialbi giovincelli, invocando mansueto la civetteria della donna indifferente, il balsamo di un frammento di affetto, maschio umile e umiliato accodato agli altri nel porgere l’omaggio della propria umiliazione a quella donna bambina imperatrice.Presero poi a ballare, i genitori coi genitori, i figli tra loro.Lello bevve molto, poi, spinto dalla falsa allegria dello champagne, invitò Susy a ballare. Anche lei era allegra, quel poco che aveva bevuto le aveva dato alla testa. Volteggiavano fuori tempo, e si dissero cose incoerenti tra una risata e l’altra, nè dopo ricordarono una sola parola di quanto si erano detti.Probabilmente Lello le chiese di vederla ancora, può darsi che lei abbia detto si. Ma con la fine della musica, quelle parole si erano già perdute. Mentre tornava a casa, Lello ebbe un incidente d’auto. Guidava allegro la Ferrari, e Francesca invece, al solito, aveva paura. Sbucò correndo in strada una comitiva festosa e ubriaca, dai cappelli di carta in testa, che tirava coriandoli al vento, e suonava trombette di cartone.Lello, per evitarli, sbandò, e investì due auto posteggiate dall’altro lato della strada. Fortunatamente nessuna vittima, nessuna ferita, pochi danni alle auto. Solo un grande spavento di Francesca. La comitiva circondò allegramente le tre macchine e improvvisò una sarabanda al suono stridulo delle trombette di cartone, mentre Francesca furibonda cercava di convincere ancora una volta Lello a rinunciare alle macchine sportive. In marzo Renato parlò a Lello della Susy.Era preoccupato. Gli disse che la Susy era una testolina così balorda; oh, Lello non la conosceva, ma lui, Renato, si che la conosceva, ce n’erano di belle!Lello immaginò di rispondere a Ruggero, esponendogli come e fino a che punto egli conoscesse, anche intimamente, la Susy, di raccontargli tutto, gridarglielo con le parole più sconce e con i termini più sozzi, cavarsi di dosso una volta per tutte questo peso, sfogarsi a fondo. E poi?E poi cosa rischiava? Immaginava Renato interdetto, stroncato dalla rivelazione della vita segreta della sua bambina, lo vedeva tentare di reagire, di muoversi, di dire qualcosa, ma restare lì inchiodato, divenir paonazzo come quel giorno a San Siro quando il suo cavallo aveva perso per un’incollatura, ansimare, poi perdere il respiro, scoppiare, letteralmente scoppiare. Vedeva le vene del suo collo gonfiarsi, gonfiarsi il suo viso, farsi rosso, farsi viola, farsi blu, farsi nero, scoppiare il capo, scoppiare come una bomba, e Lello precipitarsi sulla Susy come un gorilla, afferrarla sottobraccio, balzare di albero in albero, scomparire nel fitto della giungla con la tenera preda, mentre le grida di sgomento restavano lontane, a terra, più lontane, scomparse del tutto. Ora lui, nel silenzio della giungla, posava nell’incastellatura di un altissimo albero la Susy svenuta. Attorno solo le voci selvagge e prive di senso della giungla, nessun essere umano, solo la Susy, solo lui di fronte alla Susy, lui non più umano…Renato stava parlando. – Si, sono preoccupato per la Susy. Pensa, così giovane, ed è già innamorata. -Lello era cascato a terra, dall’alto del suo sicomoro, e si ritrovava di fronte a Renato nella sala del Circolo. “Innamorata?” pensò. “Di me? Se ne è accorto? No, non se ne è accorto, sa solo che è innamorata, perchè la vede patire e sospirare, ma non sa di chi.” – Di Marco Magatti-Trosselli. -Lello non ci credeva, proprio no. – Ma fammi il piacere! Marco? Quello lì magro e pallido coi foruncoli in faccia, che era da voi a Capodanno? – – Proprio. – – Non è vero, non può essere vero. Beh, sarà una passioncina così, roba di un giorno, nevicata d’aprile. – – Ma no, sono preoccupato perchè vuole sposarlo. – – Sposarlo? E’ lei che lo vuole, o è lui che lo immagina? – Lello proprio non poteva crederlo. – E’ lei purtroppo. E sapessi con che testardaggine. – – Ma è una bambina! – disse Lello scoppiando dall’indignazione. – Non più tanto. Ormai ha quasi diciannove anni. -Un silenzio. – Proprio diciannove. Non lo avrei detto. Sembrava ieri quando ci siamo incontrati là, alla Cala dell’Oro. E sono passati due anni. -Erano passati due anni. – Mandala a Londra, e faglielo dimenticare. – disse Lello. – Oh, tu non la conosci. Non immagini neppure che carattere forte ha. Quello che vuole lo ottiene, e riesce sempre ad averla vinta, specialmente con me. Adesso si è messa in testa di sposare Marco, e non c’è più niente da fare. Ora, tu capisci che io non ho niente contro Marco. I Magatti-Trosselli sono un’ottima famiglia, e inoltre stanno bene, hanno buone rendite da terre nel Cremonese. Una situazione solida, e per di più lui mostra di essere un ragazzo serio, non ha voluto adagiarsi in una vita oziosa, ma, appena laureato, a ventidue anni, già si è impiegato alla Snia. E’ un buon partito: Susy mostra, da questo lato, di avere la testa a posto. Quello che mi preoccupa è l’età della bambina. Perchè sposarsi? Io le dico: “Aspetta, Susy. Tu devi vivere prima, devi divertirti. Ti lascio libera, sei bella, sei ricca. Ti dò un piccolo capitale, che tu te lo spenda per conto tuo, ma non sposarti ancora, ancora per due anni, per un anno, aspetta.” Ma lei no, ha deciso, in maggio si sposa. -Renato si asciugava una lacrima. – Siamo così, noi genitori: vogliamo i figli, e quando li abbiamo, non li guardiamo neanche, noi abbiamo il lavoro, loro devono studiare, li costringiamo a studiare, magari li mandiamo in collegio, lontani, non li vediamo neppure, ed ecco si sposano, se ne vanno, e io la mia Susy quando la vedrò ancora? Già mi sento stringere il cuore a pensare di dover tornare a casa e sapere che non sarà lì ad aspettarmi! Ma a loro cosa importa del nostro dolore? E’ giusto, la vita è per loro, non per noi. E lei ormai ha deciso. Lei non vuole divertirsi. Lei vuol mettere su casa, farsi una famiglia, vuole già le responsabilità della vita. -Lello sentì il dovere di consolare Renato, e intanto cercava di trovare una consolazione anche per se. – D’altronde, cosa possiamo farci? – gli disse. – Mi metto nei tuoi panni. Cosa sono per lei? Un impiccio. Una noia. E lei è già una donnina, con quel suo fisico, magari è meglio che si sposi, almeno sai che è con un ragazzo per bene. Pensa se andasse a combinare qualche pasticcio con qualcuno che magari non può sposare. -E intanto pensava “Se devo perderla, meglio che sia con Marco” Marco era brutto e indifferente. Fosse stato con Federico, gli sarebbe seccato. Federico era titolare nella squadra di rugby universitaria e aveva una testa da statua greca.Ragionarono un pò, e Renato fu grato a Lello delle buone e care parole che seppe trovare. Alla fine, spinto dalla gratitudine, e da questa conversazione così intima, in cui senza aspettarselo gli aveva aperto il proprio cuore, gli chiese se poteva avere il grande onore di averlo come testimone alle nozze della Susy.Lello accettò. La chiesa era ricolma di fiori bianchi. Il profumo delle tuberose si spandeva pesante per l’aria, così intenso da far girare la testa. Le calle, i gigli e i gladioli protendevano le candide corolle sugli alti steli in un inno di purezza.Lello in tight accanto all’altare, impettito, serio, vide un ondeggiare di teste nella folla, l’organo attaccò fortissimo le dolci note nuziali e, a lento passo cadenzato, Renato Dal Pozzo avanzò dal portale giù per la navata, verso l’altare, al braccio il suo batuffolo di veli bianchi, la sua candida mambina, la sua Susy dalla fronte circondata di fiori d’arancio. Il velo le scendeva abbondante sul corpetto attillato di raso, sulla immensa gonna. Ella stringeva nella manina serrata al petto un mazzetto di fiori d’arancio. Avanzava lenta, compunta, gli occhi bassi, tra gli sguardi sfacciati e ammirati della folla, piccola candida vittima agghindata secondo le regole di secoli, che si sottometteva alle regole di secoli, per essere portata all’altare del sacrificio, dove avrebbe, per la gloria del Signore e per la felicità delle famiglie, offerto in olocausto la propria verginità affinchè, perpetuandosi, le creature di Dio cantassero le sue lodi.Ecco cosa dicevano le note trionfali dell’organo, il vecchio sacerdote in attesa, i testimoni rigidamente vestiti in rigida attesa, il promesso sposo pallido in trepida attesa, il padre, dal viso pieno di lacrime faticosamente represse, che conduceva all’ara il suo batuffolo di purezza, la sua Susanna adorata, che oggi la mamma felice aveva con cura agghindata perchè si accostasse degnamente all’altare del sacrificio.E mentre Lello guardava quel batuffolo di veli bianchi che lento si avvicinava, i singhiozzi gli si affollavano nella gola, le lacrime negli occhi, proprio come a Renato, perchè la donna, con la sola esile fragile sua femminilità, sa riempire di commozione e rendere debole come un bambino l’uomo più equilibrato e più forte.Si inginocchiarono i due giovani e il sacerdote iniziò il rito. Sacrificò con le sacre parole un’unione altrimenti profana, ma che ormai sarebbe stata volta esclusivamente alla santità, a preservare il focolare della famiglia, della religione, della patria.Si, questo disse il vecchio sacerdote, con voce commossa, di fronte a tanta giovinezza, e cedendo anch’egli all’onda della commozione tralasciò il sermone studiosamente preparato per improvvisare un inno di benedizione, di grazie al Signore che aveva donato al mondo il sorriso della giovinezza. E, mostrando invidia, chiamò beati e felici i ragazzi che si avvicinavano alla vita forti perchè puri. “Voi date esempio al mondo corrotto!” E si rivolgeva alla sposa, si, a lei specialmente che, oggi vergine, domani madre, compendiava le sante passioni della donna: che lei, colla sua vita intemerata, desse esempio al mondo corrotto, coll’esempio, lo richiamasse al bene e alle vie della rettitudine.Egli era un vecchio sacerdote, venerabile per l’età, che già aveva sposato i genitori della Susy. E si sperdè, portato dagli anni, in tanti ricordi incoerenti, mentre Renato piangeva, e Francesca piangeva, e Lalla piangeva, e Lello assumeva un severo cipiglio per arginare l’onda delle lacrime, e la Susy era tutta un oceano di lacrime, e Marco, pallidissimo, le stringeva forte la mano, e il profumo delle tuberose e i fumi dell’incenso si mischiavano ai singhiozzi della folla e i flash dei fotografi costellavano come lucciole l’abside e la buia navata.Quindi, in sacrestia, Lionello Albertelli, unitamente agli altri testimoni, sottoscrisse l’Atto del Sacrificio.Poi, nella casa della sposa, tutti si affollarono al rituale convito e, calmata la commozione e la fame, parlarono d’altre cose. Conclusa l’Agape, la Susy, graziosa, ancora candida, il generoso seno compresso nel lucido corpetto, apparve dall’alto dello scalone e lanciò verso le braccia cupidamente levate delle sue giovani amiche, raccolte in delizioso gruppo, il mazzetto di zagare: voleva il rito che la fortunata che l’avesse colto al volo, quanto prima avrebbe anch’ella provato il Gaudio Matrimoniale.Poi la sposa girò da un invitato all’altro recando un cestino di confetti e porgendoli con un cucchiaio d’argento, in numero dispari, nei palmi protesi. Sorrideva arrossendo, salutava ciascuno con una grazia di donna matura nelle movenze ancora un po’ infantili.Lello cercò un angolo tranquillo e sedette, i suoi confetti in mano. Cominciò malinconico a sgranocchiarne uno. Sentiva il gran vocio degli invitati. Sentiva, alle sue spalle, la conversazione di due ragazzi, almeno così giudicò dalla voce giovane. Si accorse che parlavano di Susy. Ascoltò. – Però, che tronco di figa si è fatta la Susy. Io non me ne ero accorto. – – Non è niente da buttare via. – – Dove va in viaggio di nozze? – – Credo in Grecia e in Egitto. – – Appena torna mi ci butto sotto. – – Mah, non ne vale la pena, ascolta me. – – Ma perchè? – – E’ roba difficile, e poi è una rompiscatole di prima forza e sessualmente freddina. – – Tu hai provato? – – Già. Ti assicuro che non merita. – – Eppure una incannata gliela darei volentieri. – – Fa conto di essertela già fatta e sei tranquillo. E’ l’unica. Tanto, cosa ne viene dalle donne? Facciamo una fatica enorme, e poi quando ci riusciamo, dopo due ore non ricordiamo neanche più di che colore aveva i peli della figa. Non ti pare? Se tu fossi stato con lei ieri, adesso saresti in condizione diversa da quello che sei? – – No. – – Cosa ne ricorderesti? Pensa all’ultima che ti sei fatta, se sei capace di dirmi cosa hai provato. – – Già. – – E allora fa’ conto di esserti fatto anche la Susy, e non ci pensi più. Come soddisfazione è lo stesso, perchè tanto la soddisfazione è solo nel ricordo, basta ricordare di averla già avuta, è soltanto un’idea. E di vantaggio hai che non ti rompe le palle, perchè le donne sono tutte uguali, dopo che hai sputato l’anima per averle, ti scassano le palle come solo sanno far loro, sono scassapalle dalla prima all’ultima, e non ce n’è una che si salvi. – – Sarà. Io, ad ogni modo, quando torna a Milano mi do da fare. -Mentre essi portavano a termine quel massacro sistematico dell’amore, Lello portò a termine il simbolico pasto cannibalico e, mangiato il quinto e ultimo confetto, non gli restò più niente della Susy.La folla accorse verso l’uscita, Anche Lello accorse.Sotto il getto di manciate di riso, Susy, vestita da viaggio, usciva ridente, di corsa, correva festosa al braccio di Marco verso l’automobile. Vide Lello, diede anche a lui come a tutti gli altri uno spicchio dello stesso sorriso, gli fece anche un cenno d’addio con la mano, gli sembrò che per una frazione di secondo gli avesse anche fatto un occhiolino complice, ma forse si era sbagliato, poi lei si voltò e alzò una gamba per entrare in macchina.Lello vide, modellata dalla gonna aderente, la curva dei fianchi. Susy si abbassò per entrare in macchina, infilò prima la testa e un piede, per un istante Lello vide ancora la schiena di Susy, così evidente attraverso la sottana attillata, protesa verso di lui in un’ultima offerta, poi fu assorbita dall’automobile, la portiera si chiuse, e il veicolo partì, tra gli evviva augurali di tutti e una sfilza di latte vuote e scarpe vecchie legate al paraurti posteriore, rimbalzanti in beffarda musica augurale sull’asfalto.

