Avevo conosciuto Silvia a casa di mio cugino, di cui ero ospite per alcuni giorni, alla festa per la sua laurea. Era una bellissima ragazza, alta, bruna, viso affilato, occhi grandi neri. Aveva un modo di guardare che intimidiva, ma non era superba, anzi, era dolce e gentile.Dopo il buffet, fu acceso il giradischi, e cominciammo a ballare. Eravamo una dozzina fra ragazzi e ragazze, tutti amici e vicini di casa di mio cugino; solo io venivo dalla città, dove i miei s’erano trasferiti molti anni prima. Chiesi subito a Silvia di ballare. Durante il ballo parlammo di lei: cosa faceva,eccetera. Era ragioniera e lavorava in una ditta del posto. Era fidanzata, ma non andava d’accordo con il suo ragazzo e stavano per lasciarsi.Ballai con lei tutta la sera, tanto che mio cugino ad un tratto esclamò, scherzando:“Lascia Silvia un po’ anche per noi”.Al termine della serata cominciò a piovere. Silvia abitava poco lontano, ma si sarebbe bagnata, perciò mi offrii di accompagnarla con l’ombrello. Camminando le tenevo il braccio attorno al fianco, e sentivo, attraverso il tessuto, la sua forma snella.Arrivati a casa sua, le chiesi se avremmo potuto rivederci.“Dopo cena vado sempre al parco con la mia nipotina. Se vuoi ci possiamo vedere là”, rispose.La sera dopo, appena terminato di cenare, andai al parco. Anche lei stava arrivando, con una bambina per mano. Conversammo finché fu buio, poi lei dovette tornare a casa per portare a letto la bambina.“Io starò qui ancora due giorni, possiamo vederci da soli, domani sera?” Le chiesi prima di lasciarla.“Va bene, vediamoci qui appena fa buio”.Tornai a casa felice. Mia zia, saputo che avevo visto Silvia, volle avvertirmi che era fidanzata e che aveva la reputazione di ragazza poco seria. “Non è vero” esclamò mio cugino, che era presente, “E’ fidanzata, ma non è poco seria. E poi il suo fidanzamento è alla fine”.“Certo che è alla fine, lui non la vuole più perché ha saputo che andava con un altro”.Seguì un battibecco, con mio cugino che difendeva Silvia dalle accuse di sua madre.La sera successiva andai all’appuntamento. Ci trovammo al parco, poi ci incamminammo verso la campagna. Era una bellissima sera di luna piena; c’erano le lucciole, e solo il frinire delle cicale rompeva il silenzio. Camminavamo tenendoci per mano; poi, giunti presso un boschetto, ci sedemmo sull’erba. Chiacchierammo un po’. Le chiesi del suo fidanzato e lei mi confermò che era ormai una storia finita: era gelosissimo e non lo tollerava più. Intanto le avevo messo un braccio attorno alla vita, la strinsi a me; si voltò e ci baciammo. Fu un bacio dolcissimo e, subito dopo, lei aprì le labbra ed il bacio divenne profondo e passionale. Con la mano libera, andai a sollevare la gonna, e risalii fino a raggiungere le mutandine. Le scostai, sempre continuando a baciarla, ed insinuai un dito fino alla fichetta, che trovai calda ed accogliente. Lei cominciò ad ansimare, allargò le gambe, per agevolare la mia penetrazione con le dita. Le tolsi le mutandine e la feci sdraiare. Fu accondiscendente fin quando, estratto il cazzo, cercai di penetrarla. A quel punto si ribellò e non volle che andassi oltre. La feci godere con le dita; lei mi prese il cazzo in mano e fece godere anche me.Quando ci lasciammo le promisi che sarei tornato per lei. Mi baciò con passione e disse:“T’aspetterò”. Quattro giorni dopo ricevetti una lettera, in cui mi confermava l’avvenuta rottura del fidanzamento, e mi confessava di amarmi. Ero felice! Ero innamorato e mi pareva di toccare il cielo con un dito. Appena fui libero mi precipitai al paese, e la rividi. La sera ci trovammo al solito parco, ed andammo subito verso la campagna. Furono momenti di fuoco: lei cominciò a godere ed a gemere appena la toccai fra le gambe; era un lago di umori. Ero al colmo della passione ma, quando stavo per penetrarla, lei riprese il controllo e si ritrasse. La sera dopo tornammo al solito posto. Questa volta ero deciso: dovevo averla! Approfittai del momento in cui il suo orgasmo stava per raggiungere il culmine e le infilai il cazzo dentro. Lei per un momento non fece resistenza, ma quando stavo per godere mi respinse improvvisamente. Ero esasperato. Più mi respingeva più io mi incaponivo. Se avesse voluto, avrebbe potuto farmi fare qualunque cosa, anche sposarla. Ma il suo timore di una gravidanza era tale che non ci fu verso.La relazione continuò così per parecchi mesi, poi io trovai lavoro in una città lontana ed i nostri incontri diradarono. Dopo qualche mese, nella mia nuova sede incontrai una ragazza che mi piacque molto e che non ebbe difficoltà a soddisfare le mie avances erotiche. Un anno dopo ero felicemente sposato! Per parecchi anni non pensai più a Silvia. Ma quando i miei figli furono grandi, e l’attrazione per mia moglie si affievolì, Silvia mi tornò in mente e, con il suo ricordo, tornò il rimpianto di non aver potuto soddisfare la mia passione per lei.Erano passati quasi vent’anni quando tornai nella mia città. A volte, nei fine settimana, andavo al paese a trovare i miei parenti e soprattutto mio cugino, che era anche il mio miglior amico. Un giorno gli chiesi di Silvia. “Ha sposato il gioielliere che ha il negozio in piazza, ma non hanno avuto figli. Se la vuoi vedere basta che tu vada al negozio: è sempre là,” rispose lui. Andai subito! Era dietro il banco che metteva ordine in una vetrina di orologi. Era ancora molto bella, anche se, naturalmente, mostrava i primi segni di invecchiamento. Appena mi vide esclamò:“Che sorpresa! Ti sei ricordato di me?”“Come avrei potuto dimenticarti?”“Allora perché non mi hai sposata?”“Perché pensavo di non piacerti abbastanza”. Naturalmente era una provocazione, e lei lo capì benissimo, ma stette al gioco.“Mi piacevi, eccome, ma se mi fossi lasciata andare e fossi rimasta incinta, tu cosa avresti fatto?”“Ti avrei sposata! Ma tu non hai avuto fiducia”. Seguitammo per qualche minuto con questa schermaglia, poi cambiammo discorso. Le raccontai della mia vita, della mia famiglia, e del fatto che ero tornato nella città. Ero solo in quel periodo, ed uscii con un amico che mi portò in un posto strano. Era un bar, no, forse una sauna, non so esattamente. C’erano delle persone che chiacchieravano; alcune si allontanavano in compagnia. Capii che era un posto dove si praticava lo scambio di coppie e il sesso di gruppo. Ad un tratto vidi lei, Silvia. Era vestita molto correttamente, in tailleur. Bellissima, e molto corteggiata dagli uomini che l’attorniavano. Mi vide e mi sorrise.“Peccato,” disse, “Sto per andarmene; però se torni domani, ci rivediamo, perché sarò ancora qui”.Tornai ma non c’era; chiesi di lei ad un giovane, che avevo visto in sua compagnia la sera prima.“Si, c’è, è in quella saletta con un gruppo di amici”. E mi strizzò l’occhio. Impazzivo di gelosia! Chissà cosa stava facendo in quel posto con un gruppo di uomini. Che domanda ingenua! Ora tutti potevano averla; solo io non l’avevo avuta.Poco dopo lei uscì, sorridendo. Era vestita di tutto punto, con il tailleur grigio del giorno prima. Con lei uscirono quattro uomini giovani. Mi vide e mi sorrise. “Sei arrivato tardi! Ora me ne devo andare”.“Non vuoi stare un po’ con me?” chiesi io deluso.“Torna domani, ma vieni presto, perché io non aspetto”.Non tornai, perché mi svegliai sudato. Era stato un sogno angoscioso. Il Sabato successivo tornai al paese. Andai alla gioielleria. Mi accolse sorridendo:“Di nuovo qui?”“Si! È la nostalgia”.“Nostalgia del paese?”“No, di te!”“Non scherzare”.“Non è uno scherzo”Parlammo un po’, poi le chiesi:“Non vieni mai in città?”“Si, quasi ogni venerdì sera, con mio marito, andiamo in treno, così non abbiamo il problema del parcheggio. A proposito, ecco mio marito”. Arrivò un uomo sulla sessantina, giovanile e prestante.“Questo è Filippo, un mio amico di giovinezza” disse Silvia presentandomi. L’uomo mi strinse la mano e mi sorrise cordialmente. Parlammo amichevolmente qualche minuto poi mi accomiatai e, nel salutarmi, lui disse:“Spero che ci vedremo ancora”. Dal paese alla città ci sono molti treni il mattino ed il tardo pomeriggio, ma la sera sono pochi. Un irresistibile impulso mi spinse ad andare alla stazione, quando sapevo che doveva arrivare il treno delle nove. Non ce ne sarebbe stato un altro fino quasi alle undici, perciò era probabile che, se fossero venuti, avrebbero preso quel treno. Infatti li vidi scendere dal treno. Mi defilai, per non essere visto, e li seguii a distanza. Camminarono per una diecina di minuti, poi svoltarono in un vicolo e si fermarono davanti ad un portoncino nero. Suonarono il campanello e la porta si aprì. Entrarono e la porta fu chiusa dietro di loro. Mi avvicinai e suonai il campanello a mia volta. “È socio?” Mi chiese il giovanotto che aprì.“No! Risposi”“Allora non può entrare da solo, deve venire con una donna”.Conoscevo una puttanella che abitava poco lontano. Le telefonai e lei si dichiarò disponibile. Presi un taxi ed andai a prenderla. Quando tornai con lei al locale era passata meno di mezz’ora. Suonai, pagai l’ingresso e l’associazione, ed entrammo. Era un bar elegante. Le luci molto attenuate, i soffici tappeti, e le tende di velluto, i quadri di contenuto erotico, creavano un’atmosfera sensuale. Poche persone, uomini e donne, ai tavolini; due donne ed un giovanotto sugli alti sgabelli presso il banco. Ci avvicinammo ed io chiesi ad una delle donne se avesse visto una coppia, e descrissi Silvia ed il marito.“Si, rispose, sono in quella saletta; se volete potete entrare.”Entrammo! La luce era molto attenuata; c’era una pedana, una specie di palco, con un letto. Sul letto, nuda, Silvia si stava facendo leccare fra le gambe da un uomo. Accanto a loro, una donna stava facendo un pompino ad un altro, che riconobbi per il marito di Silvia. Poco dopo la donna lasciò il cazzo e si accovacciò sulla faccia di Silvia, offrendole la fica da leccare. Il marito di Silvia si sedette su una poltrona e prese a masturbarsi mentre guardava. Si accorse di noi, ma non mi riconobbe. Ci fece cenno di avvicinarci. La mia ragazza, su mia indicazione, si inginocchiò davanti a lui e gli prese il cazzo in bocca. Intanto erano entrati altri due uomini; uno si occupò della donna che stava sulla faccia di Silvia; l’altro fece scostare l’uomo che leccava Silvia e gli disse qualche cosa. La fecero voltare su un fianco, poi uno si posizionò dietro, si infilò un preservativo e la sodomizzò. L’altro si mise davanti e glielo mise nella fica. Silvia urlava di piacere. Il marito scostò la mia ragazza, si avvicinò e:“Godi porca!” Esclamò.Lei era come invasata; piangeva ed urlava:“Si! Sfondatemi tutta, fatemi morire. Siiiiiiiii! Ahhhhhh!”Era una scena incredibile. Io soffrivo le pene dell’inferno. La mia Silvia si stava comportando come una baldracca. Quello che la stava prendendo davanti evidentemente aveva goduto, perché si ritrasse. Lei urlò:“No! Cosa fai? Rimani dentro!”Quello non ce la faceva più. Si ricompose ed uscì. Allora mi avvicinai io. Stavo soffrendo, ma avevo un’erezione poderosa, mi misi il preservativo e mi posizionai per penetrarla. Fu in quel momento che lei mi riconobbe:“Filippo!” Esclamò, ma era troppo infoiata per respingermi, e mi accolse con un gemito di piacere. Fui dentro di lei, finalmente!Anche quello dietro aveva goduto e si era ritratto. Le andai sopra, avvicinai la mia bocca alla sua e la baciai. Lei mi restituì il bacio, poi:“Togliti il preservativo, voglio sentirti vivo”,Eseguii e la penetrai nuovamente. Sborrai dentro la sua fica allagata con un sospiro. Lei mi strinse forte e mi baciò. Mi risvegliai, e mi accorsi di aver eiaculato sporcandomi il pigiama; erano almeno dieci anni che non mi succedeva. Mia moglie s’era già alzata e dalla cucina veniva il profumo del caffè. La raggiunsi; mi voltava le spalle; mi avvicinai e le diedi un bacio sul collo.“Ho sognato che stavamo facendo l’amore, ed ho eiaculato sporcandomi il pigiama”, mentii. Lei si voltò, mi diede un bacio e mormorò:“Evidentemente non lo facciamo abbastanza spesso”.
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