Ero sdraiata sull’ampio letto matrimoniale della camera di Saverio. C’era un ricevimento nella sua villa. Era invitata tutta la crema della città. Con la scusa che mi girava un po’ la testa ne ho approfittato per andarmi a riposare in camera. Dopo cinque minuti che me ne stavo lì, cullata dolcemente dalla tenue luce della lampada, entrò Saverio. Mi chiese se stavo bene “Sì, tutto a posto, non preoccuparti. Volevo solo riposarmi un po’.” Mi sorrise, chiaramente sollevato. Si avvicinò al letto e si distese vicino a me. “Hai voglia di fare l’amore?” “No, con te no. C’è la tua fidanzata. Già mi odia, pensa cosa succederebbe se sospettasse qualcosa! Però avrei voglia di farlo…” “Vuoi che mandi qualcuno a consolarti?” Chissà se diceva sul serio o stava solo scherzando. “Sì” Chissà se dicevo sul serio o stavo solo scherzando. “Chi?” “Tutti, ho voglia di farlo con tutti!” “Con tutti?” “Con tutti, ma non con te” Non saprei spiegarvi nemmeno io cosa avevo in mente quando rispondevo così alle domande di Saverio. Pensavo veramente quello che avevo detto, o lo avevo fatto soltanto per ferirlo? Non lo sapevo, e non lo saprei nemmeno ora. Ero lì che meditavo sul significato e sulla eventuale portata delle mie affermazioni, quando dalla porta, lasciata accostata da Saverio, si affacciò una persona. Era un noto banchiere, molto ricco, che era venuto al ricevimento con la bella e giovane moglie. Che Saverio avesse preso alla lettera le mie affermazioni ed avesse deciso di accontentarmi? O si trattava piuttosto di una semplice coincidenza? E se la situazione era frutto dell’intervento di Saverio, con quali sentimenti aveva agito quell’essere assurdo e imperscrutabile? Si era forse adirato ed aveva deciso di farmi accoppiare con le persone a suo giudizio più sgradevoli del ricevimento o semplicemente con un’aria di divertita complicità stava spargendo la voce tra i suoi conoscenti più intimi? C’era solo un modo per saperlo. Mugolai un finto-assonnato “Chi è?” “Sono io, Domenico, il banchiere, ti ricordi? Ci siamo già visti ad altri ricevimenti!” “La manda Saverio?” “Beh, sì mi ha detto che avevi chiesto di me.” “Cosa le ha detto, esattamente?” Era visibilmente imbarazzato. Il suo naso, già rosso per l’alcool bevuto in abbondanza durante la festa, diventò se possibile ancora più rosso. Le vene erano ben in vista sulla sua fronte, striature violacee in rilievo sulla pelle pallida. Altrettanto in vista erano i rivoli che dalla fronte scendevano sul viso, fino a scivolare sul collo e, da lì, dentro il colletto della camicia. Stava un po’ curvo su se stesso, imbarazzato, sfregandosi le mani nel tentativo di trovare le parole. “Ecco… mi ha detto… che volevi farlo con me…” “Non ci posso credere! Davvero le ha detto così? Ne è sicuro? Non le ha forse detto che voglio che lei venga qui e mi scopi come una cagna in calore?” “Ma… Serena… Non mi permetterei mai” “Oh, e invece deve permettersi… perché è quello che voglio…” Nel dire così, allargai bene le gambe, sollevai la gonna di lino che indossavo senza biancheria, e mi spalancai le grandi labbra. Davvero desideravo il corpo di quell’uomo? Certamente no! Può darsi tuttavia che fossi in qualche modo eccitata dalla depravazione della scena cui mi apprestavo a prendere parte. Volevo farlo. Pochi istanti, e Domenico era sopra di me, con i pantaloni slacciati, che tentava di prendermi. Lo agevolai nell’entrare dentro di me. Aveva un membro di dimensioni considerevoli. Forse perché non ero molto esperta. Tuttavia era probabilmente il cazzo più grosso che avessi mai preso. Il disgusto e il piacere si attorcigliavano insieme, indissolubilmente. Ma non feci in tempo a goderne appieno perché dopo pochi minuti il mio stallone raggiunse l’orgasmo, sbuffò come una locomotiva rotta e si accasciò pesantemente su di me, sconfitto. Attesi i cinque minuti di circostanza e poi lo liquidai, dicendogli che volevo rimanere un po’ sola a riposare. D’altra parte, lui non poteva far insospettire la moglie. Sentivo il suo sperma uscire dalle mie labbra, scivolare sulle mie cosce, e provavo una sensazione di fastidio, perciò afferrai un cuscino e lo usai per tamponare il liquido. Proprio mentre ero intenta in questa operazione si affacciò dalla porta Martino, quell’amico di Saverio che faceva il calciatore. Oltre a essere molto famoso e, probabilmente, molto bravo a giocare a calcio, era indubbiamente molto attraente. Rimasi imbambolata, in imbarazzo; sperai che non capisse quello che stavo facendo! Per distrarlo iniziai a strofinare con voluttà il cuscino tra le gambe. “Vieni…” Sussurrai al suo indirizzo. Lui iniziò a spogliarsi in fretta e si precipitò sul letto. Allontanai il cuscino e mi allargai al suo cospetto. Avevo voglia di sentirlo dentro di me, di farmi stringere da quelle braccia possenti, di sentire i muscoli delle sue cosce, soccombere sotto i colpi dei suoi glutei. Appena lo infilò dentro si ritrovò ovviamente in un vero e proprio lago formato dallo sperma del banchiere e in minima parte dai miei umori. “Accidenti, come sei bagnata!” Incredibilmente, non si era reso conto di nulla. Questo mi fece venir voglia di prenderlo un po’ in giro. Lo feci uscire da me, e con una delicata ma decisa pressione delle mie mani sulle sue spalle, gli feci capire che volevo che scendesse lungo il mio corpo. Continuai a spingerlo delicatamente finché non sistemò la sua faccia tra le mie gambe. A quel punto afferrandolo da dietro la nuca, spinsi la sua bocca sulle mie labbra, gli ordinai di leccare. “Leccami, leccami, senti che buon sapore che ho!” Mi eccitava da morire che lui leccasse tutto lo sperma convinto che fosse il frutto del mio piacere. Gli ordinavo di infilare la lingua dentro, in profondità, lo schiacciavo tra le mie gambe, volevo che gli restassero tracce di sperma sul viso, tra i capelli. Solo dopo alcuni minuti decisi che poteva bastare, e lo tirai di nuovo sopra di me. Girai il viso di lato, in modo da non doverlo baciare, e mi lasciai penetrare. Con le mani sui suoi fianchi guidavo i suoi movimenti, lo facevo rallentare quando andava troppo veloce, lo strattonavo con forza quando era troppo delicato. Proprio mentre Martino mi stava inondando di sperma, entrò un altro uomo, in giacca e cravatta, abbronzato. Si posizionò accanto al letto, mentre Martino dava gli ultimi deboli colpi, e dopo aver aperto la lampo dei pantaloni, estrasse il cazzo e me lo appoggiò su una mano. Meccanicamente, strinsi la presa, ed iniziai a muoverlo, lentamente. Pensavo che tutto sommato avevo ancora voglia, già mi sentivo sciogliere al pensiero di accogliere quest’uomo affascinante nel mio delirio di umori, e con una mano, bruscamente, allontanai Martino, che aveva ormai scaricato il suo sperma dentro di me, e si era vergognosamente ammosciato all’istante. Senza nemmeno aspettare che Martino si rivestisse, accolsi tra le mie gambe il misterioso e affascinante amante con un gemito di puro piacere, per essere presa ancora, per la terza volta, conscia che non sarebbe certo stata l’ultima di quella stravagante ma piacevole serata…
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