Premessa:Prima di cominciare a scrivere mi scuso di non aver completato prima il racconto. Ho attraversato un momento in cui la mia musa ispiratrice si è velata. Ma ora mi accingo a completarlo.L’ispirazione l’ho trovata ascoltando ripetutamente il CD degli Enigma (grande CRETU!) "Le roi est mort, Vive le roi!". Melodie antiche e moderne mescolate magistralmente, figure mistiche descritte da parole e suoni, musica profonda e liberatoria… Se avete occasione, mentre leggete, ascoltate.Il Volo (III ed ultima parte):I giorni passavano e sempre più mi fondevo in quel mondo nuovo, diverso, ma estremamente legato alla natura, alla potenza della vita. Non ne capivo molto, la mia mente si perdeva in lunghe meditazioni su ciò che mi accadeva. Delle notti non ricordavo che frammenti sparsi, oscuri, nebbiosi. Forse ricordavo più sensazioni, pulsioni. Ogni tanto mi sembrava di vedere il mio corpo da molto distante, come se la mente, l’anima, si fosse staccata dal suo involucro. Era difficile capire ciò che era sogno e ciò che era realtà… realtà… eppure sapevo di avere vissuto quelle sensazioni, erano mie, del mio corpo e del mio spirito. E ciò che mi circondava me lo confermava. Eppure mi sentivo sempre strano, quasi fuori posto.Sharand’a era sempre al mio fianco, mi aiutava a capire i riti del suo popolo, le loro usanze. Mi narrava in modo affascinante e coinvolgente le storie e le leggende della sua cultura. Un po’ alla volta cominciavo a capire, riuscivo addirittura a spiaccicare qualche parola della loro lingua. Nei miei confronti tutte le donne erano molto cerimoniose, quando ero presente tutto sembrava ruotare attorno a me. E mi sentivo un po’ a disagio, straniero a quella terra e a quelle usanze, avrei preferito quasi passare inosservato per poter osservare con sguardo discreto ciò che facevano, le delicate espressioni dei loro visi perfetti, sereni. Ogni tanto mi sedevo in disparte e le osservavo. Mai in vita mia avevo notato lineamenti così perfetti, dolci, carichi di innocente sensualità e bellezza. I loro sguardi erano penetranti, intensi, vivi. Racchiudevano spazi immensi ed immenso desiderio di vivere. Mi colpivano ogni volta, mai traccia di ira, collera, tristezza. Forse tutto sommato era quello il segreto della loro bellezza esteriore e soprattutto interiore.Sharand’a spesso mi accompagnava nelle foresta che circondava il villaggio o lungo il fiume. Parlavamo a lungo, mi faceva vedere i fiori più belli e dal canto capiva di che uccello si trattava. Stare assieme a lei mi faceva stare bene. Tramite lei mi sentivo più vicino al mio mondo, forse per la lingua che parlavamo, forse perché era l’unica a cui comunicavo i miei pensieri, che mi ascoltava. E più stavamo assieme, più entravamo in confidenza. La sentivo come un’amica del cuore a cui confidi i pensieri che attraversano la tua mente ed il tuo cuore.Alle volte mi rifugiavo in vetta ad un’altura, mi sedevo comodamente su una roccia che il vento e la pioggia avevano pazientemente scolpito fino a crearne una comoda poltrona per dominare tutta la foresta attorno, fino ai rilievi lontani.Adoravo quella vista, il mio sguardo spaziava, mi sembrava di ammirare l’infinito, mi sentivo leggero in quella meravigliosa posizione tra il blu intenso e solare del cielo ed il verde smeraldo della foresta ai miei piedi. Chiudevo gli occhi e mi lasciavo cullare dal vento carico di profumi e di essenze delicate, appena percettibili; ascoltavo il canto delicato degli uccelli fino ad addormentarmi in quella dolce melodia. Altre volte mi recavo là al tramonto, quando il sole era nella mia stessa posizione, tra cielo e terra: tutto cambiava colore, colori pastello, ombre allungate, la foresta assumeva un colore più caldo, più intenso, brillante e sfavillante, attraversato dal volo leggero dei coloratissimi pappagalli. E il mio pensiero correva assieme al vento che si infilava tra i miei capelli… ammiravo la bellezza e riflettevo su quella meravigliosa libertà che avevo trovato, quella forza nuova ed essenziale che faceva crollare uno ad uno i bisogni effimeri indotti dal cosiddetto mondo "civile" per rimpiazzarli con quelli veri, autentici, eterni che spesso, così facilmente, dimentichiamo.Il sentiero che avevo creato per raggiungere il mio eremo passavo accanto ad una splendida cascata che si tuffava in una limpidissima polla d’acqua che spesso avevo sfruttato come vasca da bagno naturale. L’acqua era trasparente, fresca, dopo una giornata passata nella foresta era l’ideale immergersi in quella frescura, nuotare liberamente o lasciarsi cullare ed accarezzare dalla corrente.Anche quel giorno scesi pensieroso al tramonto dal mio solitario eremo. Mentre camminavo mi sembrò di udire la melodia di una voce femminile. Mi arrestai immediatamente per ascoltare meglio. Tesi l’orecchio e con passo leggero cercai di capirne la provenienza. Sì, era una voce femminile, delicata, cristallina, pulita che mescolata al canto degli uccelli generava una melodia antica. Proveniva dalla polla d’acqua. Mi avvicinai senza fare rumore, nascosto dalla folta vegetazione. Scostai alcune foglie ed osservai. Vidi una figura femminile muoversi come una sirena nell’acqua del colore dell’acquamarina, un corpo sinuoso, armonioso, nuotava con calma.Con mio grande stupore capii che era Sharand’a… rimasi senza fiato. La avevo vista sempre come un’amica, bella, ma mai forse come donna. Il perché mi sfuggiva… non riuscivo a capire come non mi fosse passato per la testa. Eppure era bellissima, la lunga chioma che le scendeva bagnata sulle spalle, la pelle ambrata, un corpo armonioso e proporzionato, perfetto. Mi sentii eccitato a quella vista, o forse visione. Gli ultimi raggi di sole si specchiavano nell’acqua facendola sembrare d’oro e di zaffiro, riflessi azzurri, rossi, dorati… ed un corpo meraviglioso che si agitava calmo.Rimasi lì alcuni minuti: si lavò con calma, nuotò raggiungendo la vicina riva opposta. E finalmente uscì… sembrava una Venere emergente dalle acque. I seni pieni e alti, i fianchi stretti e armoniosi, i glutei tesi e le gambe scattanti. Si stese su una pietra liscia e lì stette ad asciugarsi carezzata dalla calda brezza di quel tardo pomeriggio. Avrei voluto essere quella brezza leggera per poterla carezzare lievemente, impercettibilmente, per poter descrivere quelle forme perfette.Poi la magia di quel momento si spezzò: sentii delle voci e mi allontanai.Le nostre passeggiate continuavano, ma ora sentivo una forte attrazione per quella donna che ora vedevo per quello che realmente era. I nostri sguardi spesso si incrociavano, alle volte lunghi sguardi, alle volte sfuggenti, ma carichi di un passione nuova. Forse era il riflesso del mio desiderio, forse l’avevo contagiata. Osservare i suoi splendidi occhi era immergersi nel suo mondo, nella sua anima. Diventavo sempre più desideroso di penetrare nei suoi pensieri, di cogliere le sue sensazioni dall’espressione degli occhi, specchi dell’anima. Alle volte lunghi silenzi popolavano il nostro stare assieme, silenzi non di disagio, ma di intesa, come se stessimo condividendo gli stessi pensieri. Le parole non servivano.Mi capitò altre volte di poterla osservare, adorare mentre riempiva di ulteriore vita quella magica pozza di acqua cristallina. Ed ogni volta avevo l’impressione che lei sapesse, che leggesse il mio desiderio per lei. Il nostro dialogo si faceva sempre più ricco di silenzi, di carezze fatte di sguardi. Sentivo il desiderio anche in lei.Un pomeriggio, poco prima del tramonto, scendendo la vidi di nuovo. Ma questa volta non potevo resistere, ormai ero certo di ciò che sentivo per lei, per quella donna delicata ed intelligente, affascinante e semplice, vitale.Fu così che scesi fino alla riva e mi sedetti su una roccia, alle sue spalle. Lei nuotava, vedevo il suo corpo muoversi sul fondo, l’acqua le scorreva addosso come un manto di velluto.D’improvviso emerse e mi vide. Il suo sguardo non fu di imbarazzo, solo di stupore, stupore che presto si tramutò in consapevolezza, consapevolezza che ero lì perché la desideravo e perché mi desiderava. Nuotò fino alla mia riva e lentamente emerse dall’acqua gelida, lo sguardo sempre fisso sul mio, i movimenti lenti. Il cuore accelerò nel mio petto, era come un maglio, battiti potenti. Si pose innanzi a me, nuda, i seni alti ed i capezzoli rigidi per il freddo. Gocce d’acqua percorrevano il suo corpo, scendendo dai capelli bagnati, tra i suoi seni, poi sui fianchi e tra le cosce. Restò ferma di fronte a me, le braccia lungo il corpo, quasi a rendersi perfettamente disponibile al mio sguardo, disponibile a qualsiasi cosa io desiderassi. Il suo sguardo era vivo, guizzante, eccitato… Mi alzai in piedi e mi spogliai. Cominciai a sentirmi pervadere dall’eccitazione del momento, dalla potenza della natura che mi circondava e che fluiva libera nelle nostre vene. Mi avvicinai, le afferrai le mani e le portai all’altezza delle mie spalle. I nostri sguardi persi nello sguardo dell’altro, quasi a carpirne ogni sfumatura, ogni emozione. Feci scorrere le mie mani lentamente lungo le sue braccia. Percepivo la levigatezza di quella pelle bagnata di gelide gocce, ma ne percepivo anche il calore crescente. Percorsi le spalle, le carezzai delicatamente, poi scesi lungo i fianchi descrivendo quel corpo sinuoso, snello, sempre lentamente, non volevo perdere nulla di quel contatto, il tempo poteva non esistere più. La sentii vibrare al mio tocco, sentivo i muscoli tendersi ed il sangue pulsare imperioso, caldo, eccitato. Giunsi ai glutei, sodi, scattanti, e la strinsi a me. Sentii i suoi seni premere contro il mio petto, i suoi capezzoli spingere i miei, stuzzicarli. Il contatto fu elettrico: le gocce gelate sulla sua pelle accentuavano ancor di più il calore crescente in lei, un contrasto che accentuava i miei sensi. I suoi occhi si socchiusero, abbandonati al piacere crescente, a percepire fino in fondo la bellezza e la totalità di quel contatto intimo e desiderato. Un sospiro uscì dalle sue labbra appena aperte, quelle labbra delicate e profumate. Le baciai prima la fronte, poi scesi sulle guance morbide. Presi un labbro tra i miei in un bacio lascivo, gustandone il sapore. Lo percorsi piano per poi congiungermi a lei in un bacio appassionato, intenso. Mi sentii trasportare in un’altra dimensione, rapito in una sfera di piacere incalzante, perso nelle meravigliose sensazioni ed emozioni che stavo vivendo. Le nostre lingue si incontrarono sprigionando nuova passione, legandoci fino a percepire pienamente le sensazioni dell’altro. Avvertii le sue mani percorrere la mie schiena, stringermi a lei, afferrare i miei glutei muscolosi, quasi a graffiarmi per l’intenso piacere che provava. Io carezzavo la sua schiena, il collo, le spalle, la circondavo con le braccia, percorrevo ogni centimetro catturando ogni sobbalzo, ogni emozione che la faceva vibrare intensamente.Mi staccai dalle sue labbra, ormai umide e roventi, percorsi il profilo della sua mascella con le labbra fino a giungere al collo. Mi inebriai del suo profumo ed affondai le mie labbra su quella pelle morbida e vellutata, calda ed accogliente. La sentivo sospirare, percepivo il suo respiro sul mio collo, il suo corpo muoversi tra le mie braccia.La sollevai e la feci sdraiare su un masso ricoperto di morbido muschio, un cuscino naturale che solleticava la nostra pelle. Non staccai le mani e le labbra da lei, continuai a baciarle il collo, assaggiarne il sapore. Eravamo sdraiati l’uno accanto all’altro, lei sdraiata sulla schiena, io appoggiato su un fianco, quasi sopra di lei. Le mie mani le carezzavano i fianchi e le cosce tese. I miei baci scesero sul suo petto, mentre le mie dita descrivevano la base del suo seno, risalendo piano in circoli su quelle meravigliose noci di cocco, sode e palpitanti. Raggiunsi la vetta, percorrendo circoli sempre più stretti intorno al capezzolo che sentivo duro ed eretto. Lo presi tra due dita stringendolo piano. Sobbalzò persa nel piacere, emettendo gemiti profondi ed abbandonati. Le mie labbra seguirono le dita, cingendo in una dolce e calda morsa quei capezzoli che esprimevano il desiderio racchiuso in quel corpo. Afferrai i seni, li soppesai, li strinsi fino a farla gemere forte. Il mio membro era ormai rigidissimo, proteso in tutta la sua lunghezza e maestosità, uno scettro di piacere e desiderio. Lo sentivo percorrere il suo fianco, poggiarsi su quella pelle calda da cui traeva nuovo vigore. Mentre una mano continuava a donare piacere al seno, l’altra percorse il ventre, giocò con l’ombelico ed infine raggiunse l’anca. Percepii le sue cosce aprirsi per permettermi di raggiungere la sua intimità. Mossi le mie dita lungo l’attaccatura della gamba, fino a sfiorarle le labbra. Ne sentii il calore e le gocce di piacere che, come rugiada, bagnavano i suoi giovani petali. Risalii fino alla sommità per poi rifare lo stesso percorso dall’altra parte. La sentivo agitarsi ancora di più sotto il delicato tocco delle mie dita e dei miei baci.Risalii passando le dita tra le sue labbra, scostandole, rivelando il gioiello nascosto del suo piacere. Mi soffermai, ci giocai, lo strinsi sentendo il suo cuore ed il suo respiro correre come un cavallo al galoppo. Ridiscesi e sospinsi un dito nella sua calda e dolce intimità. Il suo corpo si innarcò e sentii una sua mano afferrare la mia virilità, quasi a prenderne possesso, mentre l’altra si sovrappose alla mia tra le sue cosce. Me la strinse mentre la esploravo e sprofondavo in lei.La mia bocca continuava a godere dei suoi seni coprendoli di baci, assaggiandone il sapore e rubandone il calore. Cingevo i suoi capezzoli in teneri abbracci tra le mie labbra, li stuzzicavo con la lingua strappandole gemiti di piacere, palpavo quella tenera carne con adorazione e passione crescente, volevo donarle tutto il piacere di cui ero capace, non risparmiare nulla di me stesso. La sua mano continuava a stringere il mio sesso ormai eccitatissimo, duro, caldo e palpitante, sentivo il sangue scorrere imperioso. Le sue dita lo avvolgevano carezzandolo con delicatezza, donandogli fremiti di piacere. Le mie dita scorrevano tra i suoi petali cogliendo le crescenti gocce di piacere, spingendosi all’interno di quel bocciolo in fiore, meraviglioso al tatto, caldo, bagnato, accogliente. Ogni tanto risalivo e sfioravo il rubino nascosto, lei sussultava, gemeva, inarcava quel corpo percorso da continui e crescenti impulsi di piacere. Era abbandonata tanto quanto io ero perso in quell’universo fantastico di vita che si muoveva sotto di me. La mia bocca desiderava assaporare il dolce miele di quel fiore. Coprii di baci l’incavo tra i suoi seni, poi scesi sul suo ventre, meraviglioso, vellutato, teso, lo baciai con trasporto, con passione crescente. Cominciavo già a sentire il delicato e fragrante profumo del suo sesso, un richiamo ineludibile. Spostai il mio corpo più in basso. Lei se ne accorse e per un istante si destò dal suo stato di totale abbandono. Spostai la testa tra le sue cosce, i suoi occhi erano inebriati dal piacere, sotto di me si schiudeva il suo fiore palpitante di dolce rugiada. La fissai intensamente, lessi la passione scorrere dentro di lei, il totale dono a me. E lei era proprio un dono per me, qualcosa di immenso, troppo grande da descrivere con povere parole. Sapevo che nella sua cultura ciò che stavo per fare era considerato un rendere sacro il sesso dell’altro, riconoscerlo come dono divino, proprio come avevano fatto con me. E lei era un dono divino, lei era divina.Osservai con adorazione quella pesca matura che si schiudeva sotto di me, gocciolante di nettare dolce. Le mie mani corsero ai suoi seni, la sentii sospirare, rilassarsi e ricadere nell’abbandono. Bacia la sommità del suo fiore, era caldo e profumato. Mi spostai di lato, lo percorsi esternamente con le labbra fino in basso, poi risalii dall’altra parte. Poi ancora, ma con la lingua. Sussultò inarcando la schiena e mettendomi una mano sulla testa, premendomi sul suo sesso. Allora lo percorsi vellicando i suoi petali più esterni, afferrandoli tra le labbra e poi succhiandoli, tirandoli leggermente e schiudendo il bocciolo. Erano imperlati del suo miele che gustai con avidità. Ripetei la cosa più volte, fino a risalire dove le labbra si congiungono. Frugai delicatamente scoprendo il suo rubino che scomparve tra le mie labbra che delicatamente lo cullarono. La sua mano mi spinse forte, sentii le sue cosce stringersi su di me, i suoi piedi sulla mia schiena. Lo succhiai, leccai e ci giocai con delicati colpi. Finalmente percorsi l’interno del suo fiore, dall’alto al basso, poi di nuovo verso l’alto, cercando dove il suo piacere si faceva più intenso. Poi vellicai la sua dolce e calda apertura da dove sgorgavano stille di ambra che gustavo con immenso piacere. Mi immersi in quel meraviglioso antro. Le mie mani palpavano i suoi seni, sodi e docili alle mie mani. I suoi sospiri si fecero profondi, capii che era al culmine. Affondai ancora di più in lei muovendo la mia lingua a fondo mentre il mio naso coccolava il suo rubino. Sapevo che era al limite. Ad un certo punto la sentii contrarsi, la sua schiena si inarcò ripetutamente, i gemiti strozzati in gola, la sua mano che spingeva la mia testa tra le sue cosce, i suoi piedi che spingevano sulle mie spalle. Nuovo e copioso nettare sgorgò mentre le onde dell’orgasmo scuotevano quel corpo bellissimo. Il piacere fu immenso, sia suo che mio.Quando il sospiro si fece più normale mi sollevò il volto con le mani, incontrai due occhi raggianti, ancora persi nel piacere. Forse una lacrima di gioia attraversò la sua guancia. Mi portò fino davanti al suo volto, i suoi occhi persi nei miei, leggevo gratitudine e amore. Ci baciammo intensamente.Sentii una sua mano infilarsi tra le mie cosce, afferrare il mio membro duro e svettante. Lei era sotto di me, io tra le sue cosce. Lo carezzò fissandomi negli occhi. Volevamo entrambi la stessa cosa, unirci l’uno nell’altro, indissolubilmente. Mi tirò a sé, sentii le sue cosce cingermi i fianchi e la sua mano avvicinare il mio sesso al suo. Il contatto fu elettrizzante. Il suo dolce fiore si aprì lentamente, lei mollò la presa e mi abbracciò. Un meraviglioso sorriso nei suoi occhi e sul suo volto. Eravamo felici. Spinsi piano. Bussai dolcemente alle porte del suo universo ed entrai. La sensazione fu avvolgente, totale. Chiusi gli occhi per percepire il piacere immenso di quel contatto desiderato a lungo, un piacere che mi lasciava senza respiro. Lei gettò il capo all’indietro, persa in un piacere più profondo. Le sue cosce mi strinsero a lei facendomi affondare profondamente. La mia mente sprofondava in lei, i miei pensieri, la mia anima, il mio corpo, tutto di me. Affondai nuovamente facendoci gemere, baciai il suo collo. Baci lunghi, ricchi di passione e di trasporto. Assaporavo la sua pelle liscia e vellutata, scorrevo con le labbra i lineamenti del suo viso. Volevo tutto di lei. Scorrevo in lei lentamente, godendo di ogni istante, godevo di lei, pienamente, e lei di me. Scorrevo in quel dolce antro stretto che avvolgeva il mio sesso stringendolo in spasmi di piacere, scosse che percorrevano il mio corpo e la mia anima. Mai avevo goduto tanto. Baciai le sue labbra socchiuse da cui uscivano sospiri profondi, abbandonati. Mi sentivo carico dell’energia dell’universo, la bacia con passione mai sentita, mai vissuta. Era un entrare ancora di più in lei, godere totalmente della nostra unione di anima e di corpo. Le nostre lingue si rincorrevano, esploravo la sua dolce bocca come il mio membro pulsante sondava le sue profondità con crescente potenza e desiderio. Stavo perdendo la percezione di me stesso, perso nel piacere e nel godimento assoluto che provavo. Ero preda del mio istinto, della mia passione.Senza accorgermi mi trovai sdraiato di schiena sul tenero muschio, lei sopra di me. La osservai: era meravigliosa, gli occhi vivi, carichi di trasporto e passione, lucidi per l’emozione ed il godimento. I suoi seni svettanti, tesi come il suo corpo che cavalcava splendidamente il mio. Afferrai i suoi sodi glutei che si appoggiavano ritmicamente alle mie cosce, li strinsi seguendo il ritmo del suo corpo. Poi percorsi i suoi fianchi, li descrissi sentendo i suoi muscoli tesi ed il suo sangue caldo scorrere. Raggiunsi i suoi seni, li strinsi dalla base. I capezzoli erano eretti. Li stuzzicai con le dita, li strinsi teneramente. Non resistetti, sollevai il busto e baciai quel meraviglioso prodigio della natura, baciai quella carne sobbalzante ed eccitata, afferrai i capezzoli tra le labbra, stringendoli piano, succhiandoli come un bambino avido del latte materno. Le mie mani scesero nuovamente sul suo sedere aumentando il ritmo, spingendola a me, facendo affondare il mio membro in lei fino in fondo. Il ritmo era coinvolgente, un crescendo di emozioni, ogni affondo una scoperta nuova, un piacere intenso e crescente. La sentivo palpitare attorno a me, massaggiare il mio sesso, succhiarlo, scivolare attorno a me in quelle calde e pulsanti pareti. Ora era seduta su di me, il mio volto affondato tra i suoi seni. La mia bocca non cessava di baciarla, leccarla ovunque arrivasse, succhiare quei capezzoli prominenti. La mia mente era annebbiata dal piacere, avevo perso la cognizione del tempo e dello spazio. Sentivo solo il suo respiro affannoso, il suo ondeggiare sul mio corpo, i nostri cuori che martellavano all’unisono quasi volessero unirsi. Mi sentivo al culmine, ero sempre più profondamente in lei in un ritmo incessante, sentivo il suo piacere scorrere lungo il mio membro ormai rovente, sui testicoli e sulle cosce, si scioglieva su di me senza fine, instancabile. Sentii il cuore battere più forte, un piacere crescente invadere la mia mente, il mio corpo, il mio sesso. Spinsi più forte, percepii le pareti del suo dolce nido contrarsi maggiormente massaggiando più forte il mio sesso, quasi aspirato in lei, lo sentivo attorno a me, stretto, palpitante, caldissimo. Eravamo una cosa sola, era un fluire di energia pura, senza ostacoli, senza barriere. Le contrazioni si fecero più rapide. Giunsi al culmine del piacere ed esplosi in un orgasmo senza precedenti, sentii salire ondate di piacere che si riversarono intense e calde in lei. Fu tale il piacere che i sensi si concentrarono solo su quello. Credo che urlai il mio piacere, e lei con me. Fu un orgasmo lunghissimo, contemporaneo, una stimolazione reciproca, ogni sua contrazione una mia ondata, ogni mia ondata una sua contrazione. Non so quanto durò, credetti di svenire dall’emozione.Quando riuscii a riaprire gli occhi la vidi abbandonata tra le mie braccia, quasi esanime. Sentivo ancora il suo cuore correre all’impazzata. Un’espressione di soddisfazione e serenità disegnata sul suo volto. Aprì gli occhi, emozionati, grati, consapevoli del nostro nuovo ed intenso legame. Un meraviglioso sorriso si disegno sul suo volto. Piccole lacrime di gioia corsero sulle sue guance, gocce di fresca rugiada su quel volto stupendo. Le baciai le lacrime che scendevano sulle guance, poi baciai la sua fronte, gli occhi, baci lenti, dolci. Percorsi le sue labbra con le mie mentre i nostri occhi si perdevano l’uno nell’altro. Succhiai quelle labbra ben disegnate e poi ci perdemmo in un lungo e dolce bacio, tenero. Eravamo ancora l’uno nell’altra, il tramonto aveva infuocato il cielo, i colori erano tutti più caldi, il verde smeraldo degli alberi, il giallo-arancio della terra più intenso, l’acqua dalle mille sfumature azzurre e turchese. Accanto a noi vidi un bellissimo fiore rosso e bianco. Lo colsi e lo accostai al suo viso carezzandola con i petali. Due prodigi della natura, due bellezze impareggiabili. Adagiai il suo corpo sul muschio caldo dei nostri corpi. Uscii a malincuore da lei. Ci stendemmo l’uno accanto all’altro. Mi sollevai su un braccio e percorsi il suo corpo con il fiore. Avevo perso la cognizione del tempo, tutto si era fermato. Non sapevo se era sogno o realtà, la carezzai con la mano per sentire il suo calore… era reale. Ero felice. Ci baciammo ancora e rimanemmo abbracciati scambiandoci carezze, baci, sguardi carichi di promesse. La sera giunse, ero stanco, mi addormentai con il suo volto appoggiato sul mio petto. Fu un sonno profondo, soddisfatto. Le immagini del nostro amore passavano veloci nella mia mente.Feci un sogno strano. Mi sentivo cullato da una melodia antica, rulli di tamburi profondi. Mi trovai di fronte ad un fuoco, l’immagine era sfuocata, i contorni non ben definiti, quasi come mi stessi guardando dall’esterno. Di fronte a me la sacerdotessa che compiva strani segni. Mi sentii sfiorare un fianco. Mi voltai e vidi la splendida Sharand’a. Il suo viso era radioso, sorridente. Mi sentii invadere dalla calma e dalla serenità. Attorno a noi le altre donne che danzavano. Non udivo le parole della sacerdotessa, non capivo i suoi gesti, ma qualcosa in me sapeva cosa fare, qualcosa di arcaico, sperduto nei meandri della mia mente. Mi voltai verso Sharand’a e dissi qualcosa che non capii, ma sapevo di averla scelta. Le tenebre mi avvolsero di nuovo, tenebre calde e dolci. Il buio era attorno a me, protettivo, mi donava pace…Qualcosa di freddo sfiorò il mio piede, una piccola parte della mia mente reagì, ma tutto il mio essere desiderava rimanere nell’oscurità…Accadde di nuovo e cominciai ad uscire dall’oscurità. Qualcosa di freddo continuava a lambire i miei piedi. A stento aprii gli occhi. Mi trovai riverso su quella che sembrava una piccola spiaggia. La luce del sole ferì i miei occhi. A fatica li aprii. Sì, effettivamente ero disteso su una spiaggia, sulla riva del fiume. Cercai di muovermi, sembrava tutto a posto, anzi, riposato. Sentivo addosso i vestiti, mi guardai. Erano i miei vestiti, sporchi e rotti. A quel punto la mia mente si svegliò completamente. Ma che era successo, il sogno, Sharand’a, il rito… fantasia, sogno. Da quanto ero lì, perché… ah sì, l’aereo nella tempesta, l’ammaraggio nel fiume, i flutti che mi avvolgevano… i pensieri affollarono la mia mente, non capivo, che diavolo era accaduto. Eppure erano tutte sensazioni reali, la mia pelle, la mia mente aveva memoria di quei momenti. Mi sollevai e mi misi seduto. Come sempre la natura era meravigliosa. Il fiume lì era calmo, gli uccelli volavano sopra la mia testa, il sole splendeva, ero vivo. Chiusi gli occhi e respirai a pieni polmoni. Era bello essere vivo, ora stavo meglio, ero più calmo. Un rumore di foglie alle mie spalle mi fece riaprire gli occhi e voltare di scatto. Dall’ombra degli alberi emerse un angelo, sorridente, luminoso. Era lei, Sharand’a. Ci guardammo intensamente mentre si avvicinava. Si sedette accanto a me, mi baciò. Ora capivo la scelta che avevo fatto, avevo scelto lei, la donna che amavo, l’unica cosa che contava, l’unica cosa davvero importante. E allora la mia mente mise ordine, ricordai tutto. L’avevo vissuto, lo stavo vivendo. Ero tornato nel mio mondo, un mondo che ora risplendeva della sua presenza, per sempre."Ti amo" e la baciai intensamente.
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