Ciao, sono woxer. Elena, una mia amica, piuttosto disinibita, mi ha pregato di raccontare ciò che le è successo circa 4 anni fa, quando era all’ultimo anno di liceo. E’ stata una tortura ascoltarla (capirete perché), ma ho scritto questa storia in prima persona, così come lei me l’ha raccontata, perché mi sembrava decisamente più interessante, facendo solo qualche cambiamento con i nomi dei personaggi (esclusa Elena) e dei luoghi.Mi presento subito: mi chiamo Elena e all’epoca di questa vicenda avevo 21 anni e frequentavo l’ultimo anno di liceo scientifico. Bocciata e ribocciata, penserete voi, ma in realtà ho solo iniziato la scuola con 2 anni di ritardo, perché dopo le medie, per motivi personali, mi sono fermata. E poi sì, in effetti, il primo anno di liceo sono stata bocciata e ho dovuto ripetere l’anno; sono sempre stata molto più grande dei miei compagni, quindi, e a quell’età 3 anni di differenza si sentono molto. Dal secondo anno, fino alla fine, praticamente tutti i miei compagni ci hanno provato con me: io credo di essere abbastanza carina (capelli biondi fino al collo, leggermente mossi, occhi azzurri, altezza un metro e 65 circa, ma soprattutto, due tette da panico – N.d.Ewing75), ma, per lo più, credo li eccitasse l’idea di farsi una più grande. Bè, è anche vero che grazie alla mia età, ero anche più “formata” delle altre ragazze della classe; inoltre ho avuto la mia prima esperienza sessuale a 17 anni cioè quando, per la cronaca, ero in prima liceo e con quel ragazzo, più grande di me, ci sono stata insieme 2 anni, continuando a divertirmi parecchio. Però non sono mai stata con i miei compagni, proprio perché li vedevo troppo ragazzini e non volevo soddisfare il loro desiderio di “scoparmi” solo perché ero più grande. In quinta liceo, però, ci sono stati 5 giorni in cui tutto è cambiato.Nel nostro liceo la gita più attesa era proprio quella in quinta, in cui si stava fuori ben 5 giorni e, in più, ci si recava quasi sempre all’estero: così fu anche per noi che, per la gioia di tutti, andammo a Londra. I primi 2 giorni furono normalissimi, con le gite la mattina e il pomeriggio, nei pub la sera (accompagnati sempre dai prof, però) e un gran casino di notte nell’albergo. Il terzo giorno, però, subito dopo pranzo, si scatenò un diluvio da Noè: c’era talmente tanto vento che la pioggia veniva giù praticamente orizzontale e questo indusse i prof a cancellare le uscite e a decidere che si sarebbe rimasti in albergo. Noi eravamo incazzatissimi, ma non potemmo fare niente: comunque ci eravamo già procurati un bel po’ di sostegno morale e cioè alcolici e superalcolici in quantità industriale; i ragazzi se li erano procurati la sera prima e li tenevano in una camera per la notte. Ci radunammo tutti lì, quella sera (i prof erano nella loro camera a guardare la TV), e si inventarono i giochi più assurdi: chi perdeva in genere doveva trangugiare bicchieri di superalcolici o simili, quindi come potete ben immaginare, dopo poco tempo eravamo tutti un po’ brilli. Io stessa mi sentivo la testa un po’ leggera e non riuscivo a stare in piedi diritta, ma ero ancora abbastanza lucida.Il gioco che mi cambiò decisamente la serata iniziò a tarda ora: è un gioco di carte in cui ci siede tutti in tondo con una sola carta in mano, presa a caso da un mazzo che contiene solo numeri, a parte un Jack e un Re. Chi ha il Jack è l’assassino e il suo compito è uccidere tutti gli altri giocatori, mentre il Re è il poliziotto che deve beccare l’assassino. Il tutto avviene con i giocatori che si fissano negli occhi, facendo scorrere lo sguardo su tutti; l’assassino uccide gli altri strizzando l’occhio e se il malcapitato sei tu, dopo un attimo butti la tua carta e avvisi che sei morto. E’ difficile, perché se chi ha il poliziotto ti vede, ti arresta. La penitenza tocca solo a questi due concorrenti: il ladro deve uccidere un certo numero di persone, deciso prima, senza farsi beccare; il poliziotto deve impedirglielo e soprattutto non deve sbagliare ad arrestare l’assassino. E’ un gioco davvero stupido, ma quando si è mezzi ubriachi pare anche divertente. Già per gli altri giochi veniva usato il bagno della stanza per le penitenze a coppie: quando entravano un ragazzo e una ragazza partivano battute sconce su quello che poteva succedere nei 5 minuti che stavano dentro, ma il peggio era se entravano due dello stesso sesso: non si finiva mai di ridere per quello che veniva detto.A me toccò entrare proprio per il gioco che ho appena descritto: ero il poliziotto, ed ero brilla, non mi accorsi di chi era l’assassino e lui li ammazzò praticamente tutti. Si scoprì che il Jack l’aveva un mio compagno, Luca, che quindi mi fece trangugiare il mio drink alcolico di punizione e poi mi condusse in bagno, con un sorriso perfido. Io non sentii bene tutte le battute che volarono, perché ero impegnata a stare in piedi e pensavo a che cosa mi sarebbe toccato; l’accordo infatti era che il penitente doveva stare agli ordini dell’altro, nei limiti di una certa decenza, che con l’aumentare della concentrazione alcolica, era decisamente bassa.Luca chiuse a chiave la porta del bagno e si girò verso di me; io barcollai, il bagno era piccolo e quindi per non crollare addosso a Luca finii nell’angolo doccia. – Brava, lì va bene. – mi disse – Afferra il soffione, così non cadrai.Io, un po’ stordita dall’ultimo drink che avevo trangugiato in un botto, mi guardai sopra la testa e allungai le mani; si può quasi dire che mi appesi, perché per afferrare il soffione ero quasi in punta di piedi. Vedevo l’erezione di Luca anche attraverso i jeans: lui era più alto di me e prese ad accarezzarmi partendo dalle braccia e piano piano scendendo verso il petto. Non impiegò molto a fiondarsi sulle mie tette: indossavo solo un magliettina di cotone, perché con l’alcol che scaldava, mi ero tolta la felpa della tuta e sentivo le sue mani che mi strizzavano con foga. Non aveva tanta voglia di perdere tempo e mi sollevò la maglietta, mi slacciò il reggiseno con un unico tocco e riprese il suo lavoro; se non fossi stata brilla, non glielo avrei lasciato fare tanto facilmente, ma così mi sembrava che non potevo sottrarmi, che era sbagliato. Lo lasciai fare perfino quando iniziò a leccarmi e a succhiare i capezzoli: in effetti era anche bravino e la cosa mi stava piacendo. Ero scossa dai brividi e ancora più intontita e non mi accorsi che mi aveva ficcato una mano nelle mutande, fino a che non iniziò a far scorrere il dito lungo la figa: mi scappò un urletto di sorpresa e da fuori giunse immediatamente un’altra scarica di battute, anche se non capii niente. Non volevo granchè che mi toccasse anche lì e cominciai a protestare, ma credo che in quelle condizioni non risultassi tanto convincente e non sono neanche tanto sicura di aver detto cose coerenti. Anzi credo di averlo fatto eccitare di più, perché si stufò di stare fuori e prese a intrufolare le dita ben dentro: io le sentivo agitarsi nella mia figa, esplorare con decisione. Stavo iniziando a bagnarmi, anche perché la bocca di Luca non aveva lasciato le mie tette e stava facendo un lavoretto da manuale, regalandomi altri brividi di piacere. Non so quanti versi mi scapparono, ma decisi che era meglio lasciarsi andare: erano 2 anni che non avevo un ragazzo e di conseguenza che non facevo sesso o pomiciavo e da sola non mi è mai piaciuto sfogarmi. Le dita di Luca presero a muoversi più rapidamente, forse con l’intento di farmi venire e per poco non ci riuscì; si fermò perché il nostro tempo era scaduto e da fuori cominciavano a picchiare sulla porta e a urlarci di aprire. Io, dentro di me, pensai “Coglione, fregatene di quegli stronzi e finisci quello che stavi facendo”, ma pensarlo e dirlo sul serio sono due cose differenti e anche se mi ero bagnata un bel po’, non volevo che lui capisse che mi era piaciuto davvero tanto. Lui però si staccò da me con un sorriso un po’ incerto e dopo avermi dato il tempo di ricompormi, aprì la porta. Gli saltarono addosso e lo festeggiarono come un eroe, quei cretini, e non sapevano neanche cos’era successo; mi faceva incazzare tutta quella scena e tutto quello che dissi per convincerli che gli avevo concesso solo un bacio, un po’ intimo magari, non fu nemmeno ascoltato. Mi sorprese un po’, però, che Luca reggesse il mio gioco e non si vantasse di niente: in genere i ragazzi gonfiano tutto quello che viene fatto e le ragazze in pubblico smentiscono; non si capisce mai chi ha veramente ragione e dopo un po’ tutto cade nel vuoto. Però in questo caso non fu necessario.Io non ricominciai a giocare, rimasi sdraiata su un letto dicendo che mi ero stufata, con aria un po’ incazzata: di tanto in tanto fissavo Luca e ripensavo a poco prima. Ancora pensavo che avrebbe dovuto finire e il pensiero non mi lasciava più. Quando tutti cominciavano a essere stanchi e un po’ alla volta tornavano nelle proprie stanze, io uscii e andai lentamente verso la mia; Luca mi raggiunse poco prima che entrassi e mi fermò.- Ciao, posso parlarti?- Sì… senti, grazie per non aver raccontato tutto – Che cosa voleva adesso? Forse…Lui era arrossito sulle orecchie e mi sembrava un po’ agitato- Volevo dirti… Alcuni rimangono là tutta la notte: ci sono alcune stanze libere, ho detto che non volevo casino stanotte e… bè se vuoi , io dormo da solo…Sì, decisamente voleva anche lui continuare il discorso di poco prima, però io ero ancora un po’ incazzata e non volevo mostrarmi facile.- E che cosa vorresti fare? Prima era per gioco e dovevo farlo, ma adesso che cosa vuoi ancora?Lui rimase un po’ spiazzato ma non era certo un timido- A me sembrava che ti stava piacendo, in realtà…e poi ti ho solo chiesto di venire con meSì, bravo e io non capisco un cazzo. Comunque non avevo granchè voglia di andare subito a letto e pensai che potevo stare sveglia ancora un po’: inoltre il mio proposito era di fargliela pagare per avere approfittato di me e soprattutto per averlo fatto male, senza finire; potevo tentarlo un po’ e poi lasciarlo lì a sognare una notte di sesso.Acconsentii ad andare con lui e quando arrivammo alla camera (piccola, era per solo per due) lui accese la TV e si sdraiò sul lettone prendendo una bottiglia. Cominciammo a parlare un po’ e qui feci l’errore che mi costò la mia vendetta: ricominciai a bere. Come scoprii in seguito, lui non aveva bevuto quasi niente prima, per cui era davvero lucido; io invece ripartii dopo solo un bicchiere di vodka e quindi tutti i miei freni si sciolsero: quando lui iniziò a palparmi di nuovo le tette, io lo lasciai fare senza protestare. Mi tolse subito maglietta e reggiseno, si sdraiò di fianco a me e prese a leccarmi e biaciarmi dappertutto dall’ombelico alla fronte: si stringeva addosso a me e io sentivo la sua erezione pulsare contro la mia gamba. Io ansimavo e rabbrividivo, mi contorcevo sotto le sue mani che mi strizzavano dolorosamente le tette; con la stessa foga prese la strada per le mie mutandine e quindi mi ritrovai ben presto con una mano che mi rovistava tra le gambe. Io non capivo più nulla, questo secondo ditalino stava rapidamente recuperando l’orgasmo che avevo lasciato in sospeso prima e quando guardai Luca mi accorsi che mi stava fissando: mi teneva la testa con l’altra mano e mi costringeva a guardarlo a mia volta. Quando venni eravamo ancora così: urlai per la forza dell’orgasmo e mi agitavo per i brividi, ma lui non staccava gli occhi dai miei.Quando finii di agitarmi, Luca si spostò e mi tolse anche i pantaloni e le mutandine: li gettò in un angolo, mi spalancò le gambe e si chinò, cominciando a leccare come un ossesso. Sentivo la sua lingua dappertutto, ma dopo un po’ si concentrò sul clitoride, cominciando a stuzzicarlo; una nuova ondata di calore mi partii da dentro e venni quasi subito in faccia a Luca, gemendo come una disperata. Lui rimase un po’ sorpreso, ma sorrise e smettendo di leccare, si spogliò; io lo guardavo e pensavo che non era il caso di fare sesso, si era già andati abbastanza lontano. Ma quando tirò fuori un preservativo dal portafoglio, mi ritrovai a dirgli: – Va che prendo la pillolaLe parole mi erano scappate (io non volevo davvero fare sesso), anche se ubriaca ormai ero già venuta due volte, ma prima che potessi fare o dire qualcosa, lui si era portato sopra di me; sentii il suo cazzo penetrarmi istantaneamente e Luca prese a pompare con la stessa frenesia con cui aveva fatto tutto il resto. Spingeva così forte che mi faceva anche un po’ male, ma non ascoltava quello che dicevo: venne abbastanza in fretta e sentii un torrente caldo riversarmisi nel corpo; fu una sensazione decisamente piacevole, dopo tutto quel martellamento a cui mi aveva sottoposto.Luca si accasciò di fianco a me, col fiatone e rimase per un po’ a guardarmi. Pensavo che stesse per attaccare con uno dei soliti discorsini dopo sesso del tipo “Ti è piaciuto”, “E’ tanto che volevo farlo” ecc., invece mi prese per un fianco e mi avvicinò a lui. Tenendomi abbracciata, cominciò ad accarezzarmi sul sedere, più tranquillo adesso, non freneticamente; io lo lasciavo fare cercando di capire dove voleva arrivare. Lo capii abbastanza in fretta, quando con un dito cercò di forzarmi il buchetto tra le chiappe.- Fermo. Questo no. – gli dissi. Lui si fermò, ma non spostò il dito.- Eddai, ormai che ti costa?Io non l’avevo mai dato a nessuno il sedere, sia perché un po’ avevo paura, sia perché i miei ragazzi non me l’avevano mai chiesto. L’idea mi tentava, però, quando ero lì lì per proporlo, mi tiravo sempre indietro. Luca interpretò probabilmente il mio silenzio come consenso perché riprese il tentativo di penetrazione; io assorta nei miei pensieri, mi riscossi giusto quando il dito di Luca entrò di un paio di centimetri: mi irrigidii e stavo per dirgli di smetterla quando lui iniziò un movimento rotatorio, cercando di allargare il buchetto; mi faceva un po’ male, ma meno di quello che pensassi e provavo anche un pizzico di piacere. Continuò così per qualche minuto, poi dopo aver provato senza successo a entrare con due dita, si fermò e allungò una mano verso il comodino. Estrasse un tubetto dal cassetto, si mise una generosa dose di crema sul dito e riprese il lavoro. Capii che per essere così attrezzato doveva essersi preparato la serata con un po’ d’anticipo; stavo per farglielo notare, quando sentii ben tre dita cercare di l’apertura. Facilitate dal massaggio e dalla crema riuscirono nel loro intento, ma i muscoli del mio sedere, non abituati, si stirarono comunque dolorosamente; gemetti e gli dissi di togliersi, per favore, ma lui continuò così.- Non è niente, vedrai che poi ti ci abitui.In effetti dopo un po’ smise di farmi male, anche se rimaneva un leggero dolore pulsante; a quel punto Luca tolse le dita e mi fece mettere alla pecorina. Si mise dietro di me, ungendomi ancora un po’ il buchetto e spalmandosi un po’ di crema anche sul pene, tornato duro. Io sentivo il cuore in gola, per quello che stava per succedere, avevo tanta paura che adesso non so perché non reagissi; ogni tocco di Luca mi faceva sobbalzare, come quando ti devono fare un’iniezione sul sedere e hai paura. Lo guardai da sopra la spalla e vidi che era un po’ scocciato: immagino che pensasse che alla mia età non era il caso di fare tutte quelle scene, ma non era mica lui che stava per prenderselo in culo!!Appoggiò la cappella al mio ano e, aiutandosi con le dita, si aprì il passaggio: faceva tutto lentamente e per un po’ mi dissi che non faceva per niente male, ma mi dovetti ricredere. Era dentro solo la cappella che io pensavo che fosse dentro tutto invece; da quel momento i muscoli ripresero a tirarsi e io a gemere. La penetrazione però continuava, perché eravamo talmente unti di quella cremina che non c’era nessun attrito; ormai gli occhi mi lacrimavano dal male e il sedere cominciava a bruciarmi, ma ad un certo punto Luca si fermò e cominciò l’azione inversa. Per un po’ continuò così a entrare e uscire con una lentezza quasi esasperante, ma piano piano aumentò l’intensità: ero decisamente stordita, non avevo più male ai muscoli, ma continuavo a sentire un po’ di bruciore e nei miei pensieri deliranti mi dicevo che se fosse venuto mi avrebbe portato un po’ di sollievo, spegnendo quelle fiamme. Luca cominciò allora a pompare con una certa forza e ogni volta mi sembrava che entrasse di più: capivo perfettamente cosa si vuol dire con l’espressione “sentirselo in gola”, era proprio lì che lo sentivo anch’io. Le botte di Luca sul mio sedere mi facevano sobbalzare in avanti; un paio di volte picchiai la testa contro il muro, ma era niente col male che sentivo nel culo. Per mia sfortuna, Luca durò un bel po’, visto che era già venuto poco prima e credetti di impazzire; solo negli ultimi istanti, ormai completamente stordita, cominciai a provare anche qualche brivido di piacere, ma a quel punto Luca venne, riversandomi una bella quantità di seme nell’intestino. Sarebbe anche stato un bel momento, se non fosse che Luca, in preda all’orgasmo spinse ancora più forte, come a volerlo piantare lì dentro. Io detti in ultimo urletto e poi mi accasciai mentre lui estraeva il cazzo e si staccava da me esausto.Non so se mi addormentai o se ero semplicemente svenuta, ma quando mi svegliai era mattina e Luca era già mezzo vestito; io ero nuda e quasi nella stessa posizione di quando ero crollata e sia la testa che il sedere mi facevano un male dell’anima. – Ciao – mi disse – ti ho lasciata dormire, però è ora di colazione. Io vado giù, ti conviene sbrigarti, se no poi chiudono.E uscì dalla stanza. Così. Senza guardarmi e con voce indifferente.”Bastardo”, pensai; il sedere mi faceva talmente male che l’idea di camminare mi faceva venire da piangere. Quando poi misi una mano tra i capelli scoprii che erano tutti appiccicosi e mi colse un dubbio: controllai sulla schiena e notai delle chiazze di qualcosa di secco anche lì. Quel bastardo doveva essersi masturbato su di me tutta la notte. Mi salì una rabbia per essere stata umiliata così da uno stronzo simile, che poi la mattina non mi aveva neppure guardato in faccia; c’ero proprio cascata bene. Rimasi a letto per un po’, poi andai in camera mia e ci rimasi per tutto il giorno con la scusa che stavo male; non feci più nient’altro la notte, andavo sempre a letto presto, anche perché Luca ormai aveva rotto il silenzio stampa e narrava tutto l’accaduto. Non ci siamo più parlati, da quel giorno, nemmeno a scuola e anche con altri compagni il rapporto si è guastato.In seguito, fino a oggi, ho avuto altri 2 ragazzi ma non ho più ripetuto l’esperienza di quella notte. Sono una grande amante del sesso, anche più di prima e non mi vergogno a dirlo, ma tengo il mio sedere a debita distanza da tutto ciò; è l’unico limite che pongo.
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