Tutto comincio un lunedì mattina. Io (Patty) e Luisa stavamo tranquillamente lavorando nel nostro ufficio quanto il Sig. GALASSO, direttore del personale della società per cui lavoro, ci presentò Marco. Era lui ad essere stato scelto per sostituire la mia collega che, qualche mese dopo, avrebbe lasciato il lavoro per godersi la pensione. La mia prima impressione non fu certo positiva. Per prima cosa non mi andava a genio l’idea di dover lavorare con un uomo dopo aver diviso l’ufficio, per tanti anni, con una donna. Marco poi era un ragazzino poco più che ventenne, portava i capelli lunghi, l’orecchino, e vestiva in modo casual, senza la cravatta che era di rigore per tutti i colleghi maschi di quel livello. Data l’età non poteva essere certo un laureato come praticamente tutti quelli che erano stati assunti negli ultimi dieci anni. Da tutto ciò, considerato anche il fatto che il Sig. GALASSO si fosse scomodato per presentarcelo, ne dedussi, senza ombra di dubbio, che si trattava di un raccomandato. Non potevo però oppormi così, dal giorno seguente, Marco inizio a lavorare con noi. Per circa tre mesi il suo compito fu quello di affiancare Luisa e di “imparare il mestiere” per poi poterla sostituire senza particolari ripercussioni per l’ufficio. Per lui non c’era neppure una scrivania. Si alternava da una postazione all’altra dimostrandosi, sorprendentemente, interessato e volenteroso. La mia prima impressione negativa è svanita nel giro di qualche giorno. Giusto il tempo di conoscerlo meglio per capire che, se anche raccomandato, era un bravo ragazzo, educato, intelligente, con la giusta voglia di lavorare. Nel giro di due settimane Marco si era perfettamente inserito. La sua presenza in ufficio era ormai più che gradita. In effetti ci stava viziando. Si dimostrava sempre disponibile e ogni giorno non ci faceva mancare un pensiero gentile. Poteva essere un fiore o il croissant caldo per la colazione. L’aperitivo prima della pausa pranzo o il gelato nel pomeriggio. Era un vero gentiluomo. Forse fin troppo, soprattutto verso di me, tanto da far pensare a Luisa che mi stesse corteggiando. Negai la cosa, soprattutto a me stessa, anche se l’idea mi faceva piacere sia perché non ero abituata a ricevere le attenzioni degli uomini sia perché avevo ormai superato da tempo i trent’anni e, dopo due figli, non avrei mai più pensato di poter interessare ad un uomo che non fosse mio marito. Come detto per me costituiva una vera novità. Non perché fossi una brutta donna ma per un problema che certo non poteva passare inosservato, la mia altezza. I miei 194 cm senza tacchi erano stati sufficienti, sin da ragazzina, a tenere lontani da me la maggior parte dei compagni di scuola prima e di università poi. In discoteca non andava certo meglio. Ho sempre avuto difficoltà a trovare un ragazzo “alla mia altezza”, degno di un minimo di attenzione. Mi innamoravo di tipi “normali” ma questi quasi scappavano alla sola idea di dover uscire e farsi vedere in giro al mio fianco. Così, quando ho conosciuto mio marito, uno dei pochi uomini più alti di me da cui non sono dovuta scappare immediatamente per le loro ridotte capacità intellettive, la mia ricerca di un compagno si è conclusa. Anzi la nostra ricerca dato che ci siamo prima fidanzati e poi sposati. Potete quindi immaginare quanto potesse farmi piacere sentirmi corteggiata. Le lusinghe di Marco nei miei confronti col tempo diventavano sempre meno velate e, acquisita una certa confidenza, tra un apprezzamento e l’altro mi dava consigli su come vestirmi, truccarmi ed anche sulla pettinatura. Prima che Luisa lasciasse l’ufficio, il suo giovane sostituto, era già riuscito ha convincermi ad indossare gonne ben più corte di quella che era la mia misura standard. In alcune occasioni ero tornata anche a calzare le autoreggenti, cosa che non facevo più da tempo se non in particolari occasioni in ambito “familiare”. Un bottone della camicia slacciato, l’assenza del reggiseno di cui peraltro avevo poco bisogno considerate le ridotte dimensioni del mio seno, ed infine il taglio dei capelli come consigliato da Marco resero chiaro ad entrambi che le attenzioni rivolte nei miei confronti non erano passate inosservate e, soprattutto, non erano indesiderate. Mio marito si è reso conto del mio cambiamento ma non nutriva alcun sospetto e, in fondo, non avevo nulla da nascondergli. Piuttosto è stato il primo ad averne tratto giovamento. I miei nuovi acquisti di biancheria intima, estremamente sensuale, mirati a rinnovare il guardaroba sulla base delle indicazioni del nuovo collega, erano stati notati ed apprezzati dando nuovo vigore al nostro menage che effettivamente stava diventando, se non monotono, certamente appiattito sulle abitudini. Con la fine del mese di giugno Luisa lasciò l’ufficio che avevamo condiviso per tanti anni. Per salutare i colleghi e per festeggiare la neo pensionata venne organizzata una cena. Non era la prima volta che partecipavo ad una cena senza mio marito ma quella sera mi sentivo particolarmente agitata. Dedicai molto più tempo del solito a prepararmi lottando con me stessa per decidere il mio look per la serata. Prima di uscire avevo provato vari abbinamenti di vestiario e trucco. Dai più sexy e provocanti a quelli più sobri e classici. Avrei voluto osare. Presentarmi come mai mi ero presentata prima seguendo le indicazioni di Marco ma in realtà non mi sentivo a mio agio nei panni della stangona provocante. Alla fine optai per un semplice vestito ti tipo provenzale. Lungo, con ampi spacchi laterali ed un corpetto chiuso sul davanti da una fitta serie di bottoncini. Il mio abbigliamento era completato da un pullover poggiato sulle spalle nude, scarpe basse, niente calze o reggiseno. In sostanza una soluzione tranquilla, non appariscente o provocante, ma comunque maliziosa grazie allo spacco che, con il movimento, metteva in mostra un’ampia porzione delle mie cosce. Poco prima delle otto di sera ci siamo trovati davanti all’ufficio per poi proseguire, con gli altri colleghi, per il ristorante. Tutti insieme tranne Marco il quale ci ha raggiunti direttamente al ristorante. La serata è trascorsa tranquillamente. Io ero seduta accanto a Luisa mentre Marco occupava un posto all’altro estremo del tavolo. Solo al momento della consegna del regalo e del brindisi Marco si è avvicinato venendosi a sedere al mio fianco. Tra risate e scherzi probabilmente nessuno si è accorto della gamba di Marco che, con apparente casualità, strusciava contro la mia. E’ altrettanto probabile che non sia stata notata neppure la mano che Marco teneva poggiata sulla spalliera della mia sedia e con la quale mi sfiorava delicatamente le spalle. Non mi sono minimamente opposta alle sue attenzioni. Ho continuato a comportarmi come se niente fosse. Come se non sentissi la sua mano o la sua gamba che invece mi procuravano una serie continua di brividi. Avevamo ormai abbondantemente superato le undici quando ci siamo apprestati a lasciare il locale. E’ stato al momento dei saluti che Marco mi ha chiesto se volevo andare con lui sulla moto. Ero titubante. Non ero mai salita su una moto simile, una grossa Honda di colore nero ma, quando mi ha allungato il casco, ho salutato gli altri scherzosamente e sono partita con lui. Correvamo veloci ma mi sentivo tranquilla. Mi tenevo stretta a lui poggiando le mani sul suo petto. Per la prima volta potevo percepire la muscolatura che sino a quel momento avevo solo intuito attraverso l’abbigliamento. Per la prima volta, dopo tanto tempo, fermi ad un semaforo, una mano che non era quella di mio marito mi ha accarezzato una coscia. Una carezza breve, delicata, che di riflesso mi ha provocato un fremito al quale ho risposto stringendomi ulteriormente a Marco. Pochi minuti sono bastati per raggiungere l’ufficio dove avevo lasciato parcheggiata la mia auto. Sono scesa dalla moto e ho tolto il casco. Ero pronta a salutare Marco ed a porre fine a quella pazza serata quando mi ha chiesto di salire in ufficio per festeggiare il primo giorno senza Luisa. Sapevo che era sbagliato ma ho accettato. In ufficio Marco aveva gia preparato tutto. C’erano due calici di cristallo, su quella che ormai era la sua scrivania, e un cestello con una bottiglia di champagne. Il ghiaccio era ormai completamente sciolto ma la bottiglia era ancora fresca. Marco mi ha chiesto di aspettare la mezzanotte. Gli ho dato del pazzo ammettendo anche che io ero più pazza di lui a dargli ascolto, ma ho atteso al suo fianco ridendo e scherzando nell’attesa. Alle 24,00 in punto il tappo della bottiglia è saltato via e, nel silenzio degli uffici deserti, è risuonato forte il botto. Abbiamo brindato alla nuova collaborazione cui, il lunedì successivo, avremo dato inizio. Abbiamo brindato a Luisa che ci aveva lasciato per godersi la meritata pensione. Ed infine abbiamo brindato ancora, semplicemente a noi due. Probabilmente non ce ne sarebbe stato bisogno ma grazie anche all’alcol quando Marco ha ulteriormente ridotto la distanza che ci separava ed ha poggiato le sue labbra sulle mie non mi sono sottratta, anzi. Quel bacio, iniziato timidamente, si è progressivamente trasformato in qualcosa di più sensuale e profondo. L’abbraccio si è fatto sempre più forte. Le carezze sempre più spinte sino al momento in cui Marco mi ha fatta sedere sul bordo della mia scrivania per poi spingermi a sdraiarmi sulla stessa piegandosi su di me. Continuavamo a baciarci. Le mie gambe stringevano i suoi fianchi. Le sue mani scivolavano sulla pelle liscia delle mie cosce nude che ritengo la mia parte migliore. Lunghe, magre, assolutamente prive di cellulite ed ancora sode nonostante l’età ed i due parti. Non posso essere altrettanto orgogliosa del mio seno tanto piccolo da poter essere notato solo per la sua pochezza. Per lo stesso motivo, fortunatamente, non denotava alcun segno di decadimento. Solo quando la mano di Marco si è spostata dalla mia coscia per inserirsi tra i nostri corpi mi sono realmente resa conto di cosa stavo facendo. Mi ero illusa di poter controllare le avance di Marco, il suo corteggiamento sempre meno velato, ma ormai eravamo andati ben oltre a quelle che erano le mie intenzioni. Nel momento in cui la sua mano è venuta a contatto diretto con il mio ventre, per spingersi subito oltre il bordo del ridotto tanga, mi sono decisa a fermarlo. Ho portato le mani sulle sue spalle ed ho spinto per allontanarlo da me. Le nostre labbra si sono separate. Il suo viso si è allontanato dal mio. Senza resistenza il suo corpo, strusciando sul mio, è scivolato via ma, la mia spinta, non si è conclusa come avrei voluto. Marco infatti si è abbassato, inginocchiandosi tra le mie gambe, finendo col posare le sue labbra all’interno delle mie cosce per procurarmi l’ennesimo brivido di piacere. E’ bastato un attimo per scostare il tessuto del tanga e liberare la strada alla sua lingua che si è immersa tra le umide labbra vaginali assaporando i miei umori. Quelle mani che poco prima avevano tentato di cacciarlo ora guidavano i movimenti della sua testa dettando l’azione della lingua. Il pensiero che mi aveva indotto a porre fine a quella situazione è svanito in un lampo. Nella mia mente non c’erano più le immagini di mio marito e dei miei bambini che mi aspettavano a casa, ma solo il volto ed il corpo di quel ragazzo che mi stava regalando sensazioni straordinarie, non nuove, ma dal sapore comunque diverso. Il luogo, la differenza d’età, il tradimento, amplificavano il piacere che, inevitabilmente, è sfociato nell’orgasmo forte ed intenso come non mi capitava da tanto tempo. Marco non si è comunque fermato. Ha continuato ha spingere la sua lingua, ha succhiare il clitoride, ha mordere le labbra gonfie ed umide per poi sollevarmi le gambe e, allargandole oscenamente, spingere la sua lingua anche verso lo stretto pertugio anale. All’azione della bocca si sono aggiunte le sue dita che penetravano in me sempre più decise. La posizione era scomoda per la mia schiena poggiata sulla dura scrivania ma ciò non mi ha impedito di raggiungere un secondo orgasmo. Solo a quel punto Marco mi ha concesso un attimo di tregua, giusto il tempo per lui necessario a spogliarsi. Il suo sguardo mi imbarazzava ma l’attrazione per il suo fisico che andava scoprendosi ed il desiderio di farmi quel giovane corpo, o se preferite di essere posseduta da lui, mi impediva di scappare o più semplicemente di coprirmi. Mi sembrava ancora incredibile. Stavo tradendo mio marito e lo stavo facendo con un ragazzo stupendo, giovane, aitante, muscoloso e con il cazzo duro che mi sbatteva sul ventre per richiamare la mia attenzione su di lui. Senza che ci fosse bisogno di parole mi sono inginocchiata davanti a lui e, mentre con le mani gli ho accarezzato il petto glabro e perfettamente scolpito, con la bocca ho ingoiato il suo uccello prodigandomi in un pompino degno di essere ricordato. Marco deve aver apprezzato e per alcuni minuti mi ha lasciata fare gemendo di piacere. Prima che fossi io a rialzarmi è stato lui a sospingermi nuovamente verso la scrivania. Mi ha posizionata prona sul duro piano di lavoro, con la gamba destra sollevata e poggiata sullo stesso piano. La sua lingua è tornata ad insinuarsi prima nella mia vagina e, successivamente, si è dedicata al grinzoso e stretto forellino posteriore. A turbare le piacevoli sensazioni che stavo provando è giunta la fredda domanda di Marco “devo usare il preservativo?” “No! Prendo la pillola!” ho meccanicamente risposto. “Cioè si! Non so!?” mi sono subito corretta rendendomi conto che stavo per fare sesso con un uomo di cui sapevo poco o niente e che poteva aver avuto mille avventure. A quel punto Marco si è chinato su di me ed con voce roca, quasi sussurrando, parlandomi in un orecchio mi ha chiesto quanti uomini avevo avuto. Il peso del suo corpo sopra il mio, il suo pene tra le mie gambe, il suo alito caldo hanno portato oltre ogni limite la mia eccitazione e, candidamente, gli ho risposto “solo mio marito”. Per lui la mia risposta è stata sufficiente ed io, completamente persa, non ho insistito oltre. Pochi istanti più tardi gemevo per la penetrazione del duro e bollente uccello nel mio culo mai tanto accogliente e desideroso di essere sfondato. Dalla mia bocca non è uscito un lamento di dolore, solo gemiti di piacere sempre più intensi e languidi. Le sue mani mi stringevano i fianchi mentre io, per assorbire le sempre più possenti spinte, mi aggrappavo al bordo della scrivania. Entrambi non abbiamo resistito a lungo. Tra sussurri di piacere e grida di incitamento abbiamo tutti e due raggiunto l’orgasmo che, mentre il mio corpo era nuovamente sconvolto dal piacere, Marco ha scaricato nel mio intestino sotto forma di bollenti getti di sperma. Nella breve tregua che ha seguito l’amplesso la mia mano si è spostata ad accarezzare i testicoli di Marco il quale, ora riverso sul mio corpo, aveva il pene ancora nel mio posteriore. Ero sconvolta, sudata, dolorante e piena di sperma. Sentivo il bisogno di andare in bagno ma, a dispetto della differenza d’età, non ero nella condizione di poter decidere. Era infatti Marco, il mio nuovo giovane collega, ad avere il controllo della situazione ed i suoi propositi erano del tutto diversi. Nonostante l’intensità dell’amplesso si è presto ripreso facendomi chiaramente capire che la mia prima avventura extraconiugale non era ancora finita e che non c’era neppure tempo per una pausa. Con la lingua infatti è tornato a darsi da fare la dove poco prima aveva imperversato il suo duro membro. Quasi volesse lenire le ferite prodotte al mio sfintere ne lambiva i bordi ancora dilatati e doloranti. Poi è toccato a me dedicarmi al suo attrezzo. Seduto sulla mia poltroncina mi ha fatta inginocchiare tra le sue gambe e per diversi minuti ha lasciato che fossi io a lavorarmi il suo uccello debilitato per il precedente rapporto mentre dal mio ano, lentamente, fuoriusciva un rivolo di sperma. Non c’è voluto molto perché i primi risultati si facessero notare. Potevo chiaramente apprezzare la consistenza che il pene stava tornando ad assumere. Ho sollevato la testa per guardarlo e capire se dovevo continuare così o se preferiva, come speravo, scoparmi. Marco mi ha sorriso, si è sporto verso di me per baciarmi ed ha iniziato a sbottonarmi il vestito. Slacciato l’ultimo bottone mi sono alzata. Ho lasciato cadere il vestito ai miei piedi, dove si è imbrattato del liquido seminale finito sul pavimento e, senza curarmene, ho sfilato il tanga. Completamente nuda davanti a Marco ho leggermente allargato le gambe portando una mano tra le cosce e l’altra a stringere un capezzolo. Marco si è alzato. Avvicinandosi mi ha sospinto verso la scrivania. Ancora una volta mi sono sdraiata. Aiutata da lui ho sollevato le gambe che ha baciato delicatamente prima di poggiarle sulle sue spalle. Ero pronta, lo desideravo, doveva solo avvicinare il suo membro alla vagina e spingere. Marco però ha optato un’altra volta per il mio sedere. Non sono riuscita a nascondere la mia delusione anche perché provavo un certo bruciore. Lui comunque non ha desistito. Ha continuato a spingere e lentamente il cazzo è penetrato sempre più. Con le mani teneva le mie gambe strette a se mentre continuava nel suo rilassato avanti e indietro. Ai miei primi gemiti di piacere mi ha offerto il pollice da succhiare. L’ho fatto con impegno come se fosse il suo uccello e lui, poco dopo, l’ha usato come tale spingendolo tra le calde ed umide labbra della mia fica. Era tremendamente piacevole. Marco mi ha allargato una gamba ed io ho fatto altrettanto con l’altra offrendomi a lui spudoratamente. Il suo pene, ormai in piena erezione, mi riempiva a dovere e il suo pollice, immerso nel lago dei miei umori vaginali, faceva il resto. Istigata da lui lo incitavo a continuare, a spingere, a fottermi, a sfondarmi, a farmi godere. Persa nel piacere mi sono lasciata scopare a pancia in su, su di un fianco e sull’altro, a gambe aperte o chiuse ma comunque sempre con il pollice piantato nella vulva. Mi piaceva da matti lasciarmi scopare e Marco lo sapeva fare benissimo. Dopo non so quanto però ho cominciato a risentire della scomoda posizione e della durezza del piano della scrivania. Mi sono quindi prima sollevata sui gomiti e poi ho abbracciato Marco al collo stringendo contemporaneamente le mie gambe attorno ai suoi fianchi. Lui ha assecondato i miei movimenti finendo col sollevarmi completamente. Siamo rimasti in quella posizione per un paio di minuti baciandoci con grande passione. Quando il pene è fuoriuscito il nostro abbraccio si è sciolto e Marco è tornato a sedersi sulla mia poltroncina. I braccioli mi impedivano di sedermi sopra di lui standogli di fronte per cui gli ho voltato le spalle. Mi sono chinata, ho afferrato il membro duro e caldo dirigendolo verso la mia fregna. Ho avuto appena il tempo di sentire il glande poggiarsi tra le labbra gonfie, aperte ed accoglienti che, ancora una volta, Marco ha spinto il suo uccello nel mio culo dilatato e non meno ospitale. Sono rapidamente scesa impalandomi sul membro sino alla radice per cominciare a ruotare i fianchi e muovere il ventre mantenendolo sempre tutto dentro di me. Marco mi strizzava i capezzoli mentre io, con due dita, occupavo anche la vagina carezzando il palo che mi riempiva il culo e strusciando, contestualmente, sul clitoride turgido. Siamo rimasti a lungo in quella posizione. Marco ha atteso che fossi prossima all’orgasmo per alzarsi inaspettatamente. Istintivamente mi sono piegata in avanti poggiando le mani al bordo della mia scrivania incitandolo, supplicandolo, di non fermarsi. Afferrandomi saldamente per i fianchi ha sferrato una rapida serie di poderosi affondi. Le gambe non mi reggevano. Le braccia si sono piegate ed in preda al piacere sono scivolata con il petto sulla scrivania sino a sbattere con la faccia contro la foto di mio marito e dei miei due bambini proprio mentre mi lasciavo trasportare dall’ennesimo intenso orgasmo della serata. Fissavo l’immagine della mia famiglia ma provavo solo piacere per quella lunga serie di vigorose spinte. Per quella prolungata ed ora rude penetrazione anale, che avevo subito con voluttà. Una lunga sequenza di “si”, di “dai”, di “spingi” ha preceduto il mio liberatorio grido di piacere. Un “godo” che probabilmente avrebbe svegliato un intero condominio tanto era il trasporto e l’intensità del mio piacere. Desideravo solo che anche Marco si unisse al mio orgasmo ed ho continuato ad incitarlo sino a quando ha sfilato il cazzo dal mio ano. Ho capito che era giunto anche il suo momento ed ho tentato di girarmi per accoglierlo nella mia bocca. Io non vedevo modo migliore per concludere il nostro amplesso ma Marco mi ha bloccata prima. Tenendomi ferma la testa poggiata sulla scrivania si è menato l’uccello sino a sborrarmi in faccia. Eccitata ho aperto la bocca ed ho sporto la lingua. Ho sentito il suo seme colpirmi il volto e riempirmi la bocca. L’ho ingoiato con gusto prima che Marco mi riempisse la bocca con il membro ancora palpitante. Ho risucchiato anche le sue ultime gocce di sperma quindi, tenendomi la testa per i capelli, Marco mi ha guidata a ripulire con la lingua anche la scrivania dalle gocce di seme che la ricoprivano. Sottomessa, pienamente appagata e soddisfatta, senza alcun rimorso ho soddisfatto quell’ultimo desiderio-ordine del mio amante il quale mi ha ripagata leccando via dal mio volto le ultime tracce del suo stesso sperma prima di baciarmi con ardore. Con quel gesto, unito al sapore del suo seme sulle nostre lingue, mi ha regalato un ultimo prolungato fremito.
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