Il sole che filtrava dalle tapparelle abbassate mi aveva svegliato, era presto, ma a me piaceva fare le cose con calma. Il giorno era arrivato, l’avrei finalmente incontrata. Ci eravamo parlati tanto al pc, lunghe lettere in cui ci eravamo confessati a vicenda, righe di parole alle quali avevamo affidato entrambi la ricerca di una compagnia, un conforto nella nostra vita. Ci eravamo sentiti qualche volta al telefono, poi il mio si era guastato e avevo deciso di non ricomprarlo, volevo provare a fare a meno di tante apparecchiature moderne. Mentre ero sotto la doccia il dubbio della sera prima era tornato prepotente: e se quando ci saremmo visti lei non mi avrebbe trovato di suo gradimento? Ma mi ero detto che questo era un rischio da correre, poi quasi per consolarmi si ero dato una risposta, se proprio le cose non fossero andate per il verso giusto mi sarei limitato a pranzare con lei e poi l’avrei salutata. La curiosità di incontrarla era tanta, non ci eravamo scambiati le foto volutamente, per non togliere il piacere della sorpresa. Avevo fantasticato molto su di lei cercando di immaginare, dalla descrizione di alcuni particolari che ogni tanto lei mi dava, come poteva essere il suo viso e il resto. Era lei l’oggetto del desiderio in quasi tutte le volte che mi masturbavo. La sera prima, mentre ero a letto in quella stanza d’albergo la mia mente si era persa nel fantasticare sull’incontro, o meglio su come si sarebbe potuto sviluppare dopo il pranzo. Certo, non ero sicuro che saremmo andati a letto insieme, ma poiché entrambi non eravamo dei ragazzini, e poiché non si saremmo contentati di semplici baci e abbracci, si poteva pensare di poter passare parte del poco tempo che avevamo a disposizione a letto. Lì al riparo da occhi e orecchie estranee avremmo potuto dare sfogo ai sensi. Mentre pensavo a questo mi ero eccitato come un ragazzino, e come un ragazzino mi ero masturbato immaginando che fosse la mano di lei quella che scorreva su e giù per il mio pene. Quando finalmente l’orgasmo era arrivato, avevo avuto cura di non sporcare le lenzuola, mi ero andato a lavare e poi il sonno aveva steso il suo velo sulla mia immaginazione. Ora mentre mi stavo lavando avevo guardato il pene, e mentre lo sciacquavo mi ero augurato che tutto andasse per il meglio, certe volte l’emozione blocca tutto, ci sarei rimasto molto male. Ma nuovamente solo a pensare al possibile dopo pranzo avevo avuto un’erezione prepotente, beh mi ero detto che la voglia c’è, bastava solo seguire gli eventi. Una volta vestito in modo molto semplice ero sceso a fare colazione, poi due passi nell’aria fresca del mattino per sgombrare tutti i pensieri. Il ristorante dove ci saremmo incontrati era vicino all’albergo, così non avrei perso tempo se… Di nuovo la mente era tornata al letto, di nuovo stavo per avere un’erezione, solo che per strada non era il caso di mostrare quel turgore nei pantaloni. La mia passeggiata era durata quasi due ore, poi era rientrato in camera, si era cambiato d’abito e poi pian piano si era avviato al ristorante. Lungo la strada avevo comprato dei fiori per lei, Mi ero seduto a tavola cinque minuti prima dell’appuntamento, e con qualche minuto di ritardo finalmente lei! L’avevo subito riconosciuta, anche se non l’avevo mai vista, fisico pieno, con forme invitanti che l’abito conteneva, ma non nascondeva. Dopo un bacio sulle guance, preludio ad altri più intimi, ci eravamo seduti a tavola, parlando di tutto, del resto non avevano grandi cose da scoprire, ormai conoscevano praticamente tutto l’uno dell’altro, anche le abitudini sessuali. Il tempo del pranzo era scivolato via piacevolmente, nessuno dei due si era trovato per un attimo in imbarazzo, un incontro tutto sommato positivo. Quando siamo usciti io aveva trovato naturale circondarle la vita con un braccio e lei si era stretta ancora di più a me facendomi sentire il calore del proprio corpo. Avevamo fatto una breve passeggiata, parlando poco, il contatto dei corpi si esprimeva più delle loro parole. Poi mi sono fermato un attimo, l’avevo guardata e… le nostre labbra si erano unite in un bacio appassionato. Le lingue si cercavano, si trovavano in un intreccio che toglieva il respiro. Il corpo di lei aveva aderito al mio, che in un primo tempo mi ero schermito per via dell’erezione, poi l’avevo stretta facendogli sentire il vigore del mio desiderio. Siamo saliti in macchina, e avevamo fatto un giro nelle campagne intorno alla città, poi ci eravamo fermati in silenzio mano nella mano a guardare il sole che scendeva dietro le colline, il contatto di quelle due mani ci faceva diventare un solo corpo. Senza parlare, per non interrompere quel momento magico ci siamo diretti all’albergo, e una volta in camera chiusa la porta e al riparo dal mondo esterno ci eravamo di nuovo baciati, e questa volta anche le mani avevano preso parte all’incontro. Io le avevo accarezzato la schiena scendendo fino alle sue natiche piene e sode, quindi le avevo sfiorato il seno, mi ero inebriato del suo profumo. Lei invece con una mano strofinava i miei pantaloni dove il pene tendeva la stoffa. Per alcuni minuti erano andati avanti così, esplorandoci le bocche, poi dopo esserci quasi strappati di dosso i vestiti come se fossero in fiamme si eravamo gettati sul letto. La stanza era in leggera penombra, ma i nostri occhi vedevano benissimo. Io mi ero fermato un attimo, seduto sul letto con gli occhi percorrevo il suo corpo nudo dalla testa ai piedi, riempiendomi la vista. Mi ero soffermato su ciò che fino ad un momento prima avevo solo potuto indovinare attraverso i vestiti e per tanto tempo avevo immaginato. Il corpo di lei mi appariva in tutto il suo splendore, in tutta la pienezza di donna, la pelle chiara liscia e soda, il seno non abbondante ma pieno con i capezzoli leggermente scuri e già eccitati, e più giù un triangolo scuro di peli sagomato da una accurata depilazione, che faceva da cornice alle labbra della vulva, già lucide di umori. E poi ancora le gambe che avevo percorso fino ai piedi piccoli e ben fatti. La sua pelle vellutata era un invito a toccarla. Dopo essermi saziato a lungo nel guardarla cercando di imprimere nella memoria chiaramente il suo corpo con le mani avevo cercato il contatto con la sua pelle. Come una scarica elettrica mi aveva attraversato quando le sue dita avevano sfiorato il mio braccio nudo, l’ondata di desiderio si era propagata in tutto il corpo fino ad arrivare al pene che sussultava per l’eccitazione. L’atmosfera nella stanza si era surriscaldata, c’era una palpabile eccitazione che provocava in noi scariche di adrenalina. Una mano prima, poi due erano partite dalle caviglie di lei accarezzandole le gambe, poi su ancora fino al seno Avevo tralasciato volutamente il sesso, volevo farla eccitare ancora di più prima di passare a quella fonte di piacere. Il respiro di lei era affannoso, e il seno si muoveva su e giù seguendo il mio ritmo. Le avevo afferrato i capezzoli tra le dita, solleticandoli leggermente avevo paura di farle male. Mentre esploravo il suo corpo la mia bocca non si era staccata da quella di lei, in un bacio ancora più sensuale e profondo. Poi con le labbra ero sceso al seno, e dopo averlo baciato tutto mi sono soffermato a lungo sui capezzoli, facendo diventare il respiro di lei ancora più affannoso. Avevo abbandonato la morbida pienezza del seno e mi sono spinto più giù, fino ad arrivare al sesso. Le ho allargato le gambe, e poi aperte le labbra della vulva sono rimasto ad ammirare quel colore rosa delicato. Mi ero inebriato di quell’aroma intenso di muschio, di sesso. Vi avevo immersa la lingua, e eccitato dal sapore dei suoi umori avevo stretto delicatamente tra le labbra il clitoride già indurito dall’eccitazione. Lei mi aveva preso la testa tra le mani per evitare di farmi staccare. Con la lingua sempre più immersa in lei mi stava dissetando dei suoi umori che copiosamente sgorgavano dal sesso. Poi l’avevo fatta girare a pancia in giù, e con le mani avevo circondato il suo splendido sedere, infilando il viso nel solco che nascondeva il tesoro più segreto. Dopo averle divaricato le natiche con la lingua avevo raggiunto il buchetto palpitante e lo avevo leccato a lungo, sentendolo fremere. Quindi con un dito avevo forzato quell’orifizio fino ad allora inviolato. Lo avevo sentito cedere, e lentamente lo avevo spinto dentro tutto. Con l’altra mano accarezzavo il clitoride, e quando lei mi ha detto basta che non ce la faceva più mi ero fermato un attimo a guardarla. I capelli scomposti, il viso trasformato dall’eccitazione la rendevano ancora più sexy, e io avevo sentito crescere la mia eccitazione, il pene era indolenzito per quanto era duro, ma non era ancora venuto il momento di godere. Lei si era messa a sedere sul letto e mi aveva baciato di nuovo, poi dopo avermi fatto sdraiare a sua volta, con la lingua mi aveva percorso il corpo, fino a giungere sul pene che aveva accolto nella sua bocca. Il calore intenso e la lingua di lei che roteava sul glande mi avevano fatto salire la pressione a livelli incontrollabili. Sentivo l’eiaculazione che si approssimava, e se non fosse stato per la mia notevole resistenza mi sarei sciolto nella sua bocca. Poi lei percorreva l’asta in tutta la sua lunghezza, per poi rimetterla nella bocca e continuare a succhiare. Se continuava ancora per molto non sarei riuscito a controllarmi, ma io volevo dare piacere a lei per prima, come mia abitudine. Per un attimo lei aveva lasciato il pene per cercare le labbra per un altro bacio appassionato. Mentre mi stavo godendo il contatto con le labbra e quel morbido corpo avevo sentito un dito di lei che cercava di insinuarsi tra le mie natiche. Istintivamente avevo piegato ed allargato le gambe per facilitarla, e avevo sentito il dito infilarsi nello sfintere facendomi gemere. Lei si era fermata preoccupata di avergli fatto male, ma l’espressione di godimento che io avevo in volto era rassicurante, e l’aveva fatta andare oltre iniziando a muovere quel dito dentro di me, mentre con la bocca aveva di nuovo cercato il pene, leccando il glande. Questo doppio piacere mi aveva portato di nuovo alla soglia dell’eiaculazione, ma io volevo aspettare ancora. Delicatamente avevo staccato la bocca di lei dal mio pene, che preoccupata mi aveva chiesto se per caso non mi piacesse quello che stava facendo, ma io gli risposto che mi piaceva troppo. Quindi mi ero immerso di nuovo con la lingua nella sua vulva, leccandola in profondità, fin dentro la vagina. Ma anche lei era ormai prossima all’orgasmo, e mi aveva implorato di penetrarla. Mi ero girato verso il comodino per prendere un profilattico per rispetto verso di lei che mi aveva fermato, non voleva barriere che potessero attenuare il piacere. Quindi si era sdraiata sulla schiena, allargando le gambe. Io mi ero inginocchiato in mezzo, e tenendo con una mano il pene avevo appoggiato il glande tra le labbra della vulva. Malgrado l’abbondante lubrificazione la sua vagina era stretta, e io vi ero entrato molto lentamente. Ero scivolato in lei sentendomi il pene avvolto da un calore rovente, mi ero poggiato su quel corpo morbido e sodo allo stesso tempo, avevo cercato le sue labbra. Mi muovevo lentamente, volevo far durare il piacere all’infinito, non volevo più uscire da lei. I minuti trascorrevano senza che ce ne accorgessimo, per noi il tempo si era fermato. Ad un certo punto lei mi aveva messo le gambe ai fianchi, cercando di trattenermi in lei. Poi si era come irrigidita, il suo respiro era diventato una specie di rantolo e si era sciolta in un orgasmo che l’aveva lasciata senza fiato per qualche istante. Io mi ero fermato dentro di lei, il pene sempre più duro che adesso reclamava i suoi diritti a godere. Allora lei mi sussurrò di aspettare, e dopo averlo fatto uscire si era girata mettendosi carponi e aprendosi le natiche con le mani. Intuito ciò che avrebbe voluto fare io avevo cerato di dissuaderla, temendo di farla soffrire troppo nel penetrarla in quello stretto sfintere, ma lei aveva insistito, voleva fossi io il primo a prenderla in quella parte inviolata del suo corpo. Vista l’insistenza allora io l’avevo fatta girare, e dopo averle messo un cuscino sotto al sedere le avevo alzato le gambe più che potevo, mi piaceva farlo in quella posizione perché potevo vederle il volto, potevo baciarla mentre ero in lei. Dopo averle lubrificato per bene lo sfintere, cerando con un dito di mettere della crema anche dentro, le avevo appoggiato il glande al suo forellino palpitante, poi lo avevo strofinato su e giù per farla eccitare un po’, anche se non ce n’era bisogno. Quindi avevo iniziato a spingere lentamente, delicatamente, cercando di farle meno male possibile. Ma quando il pene aveva iniziato ad entrare lei si era lamentata per il dolore, io allora gli sussurrai di smettere, che non mi importava nulla, mi sarebbe piaciuto lo stesso anche dall’altra parte, ma lei non voleva smettere, voleva farmi un regalo, un regalo grandissimo donandomi la sua verginità anale, e mi aveva invitato a proseguire. Allora io mentre spingevo il pene dentro il suo ano con una mano le accarezzavo il clitoride, così da non farle sentire troppo il dolore che le stavo procurando. Pian piano ero riuscito ad entrare completamente in lei, e mi ero abbandonato ad un movimento all’inizio lento, perché lo stretto sfintere di lei con le contrazioni che aveva sembrava volesse sputarlo fuori, poi poco alla volta ero cresciuto nel ritmo sollecitato anche dai suoi incitamenti ora che il dolore si era attenuato e sembrava prenderci piacere. I miei movimenti erano durati parecchi minuti, poi alla fine avevo sentito approssimarsi l’eiaculazione, e questa volta non dovevo più controllarmi, e mi sono abbandonato ad un orgasmo lungo, intenso e squassante, lo sperma era uscito a fiotti andando a riempire l’intestino di lei che l’aveva accolto con un secondo orgasmo, dato dai miei movimenti nell’intestino e dalla mano che accarezzava il clitoride. Per me era stato un piacere che da molto tempo non provavo. Ero rimasto a lungo dentro di lei, baciandola appassionatamente, accarezzandole il viso e asciugandole le lacrime che aveva detto lei erano di commozione, non di dolore come io avevo pensato subito. Poi sono uscito da lei, piano per non farle male, e siamo restati sdraiati vicini, in silenzio per non rovinare con le parole nemmeno un attimo di quel piacere appena provato. Le ore erano trascorse velocemente, mancava poco al sorgere del sole, e come i sogni che muoiono all’alba anche quel sogno sarebbe finito, io sarei tornato nella mia città riprendendo la vita di sempre e lei sarebbe tornata alla sua vita. Ma tutti e due avevano dentro qualcosa che ci avrebbe aiutati ad affrontare le difficoltà quotidiane, che ci avrebbe dato la forza di resistere alle contrarietà, la speranza di rivederci, non ci siamo dati appuntamento, non ci sarebbero state scadenze, ma solo l’attesa di potersi nuovamente rivedere e nuovamente abbandonarsi ognuno tra le braccia dell’altro.
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