9° CAPITOLONel pomeriggio Rossella mi venne a trovare per sapere come stavo visto che per parecchio tempo non ci eravamo più viste. Tutte e due ci raccontammo delle nostre esperienze avute in quel lasso di tempo e cercammo di essere più esplicite possibili rasentando quasi la volgarità. Lei mi disse che aveva avuto degli incontri con l’amico di Franco, nella stanzetta dietro allo studio fotografico ed erano stati molto appaganti. Ora era appena rientrata da un viaggio ai Caraibi offertogli da un altro uomo che in quel momento andava a letto assieme, ma che per il momento non poteva dirmi niente di più. Appena possibile me lo avrebbe presentato. Tutti e due, e questo era un fatto, sessualmente eravamo più che soddisfatte. Mi chiese se volessi uscire con lei visto che era stata invitata ad un party in una casa privata da alcuni amici dove quasi tutti, conoscendola bene, sapevano quale gran troia fosse. Gli era stato richiesto se aveva una amica di pari requisiti, e subito il suo pensiero era corsa a mè. Detto questo ci mettemmo a ridere sapendo che la cosa era reale. A tutte e due il sesso piaceva moltissimo e non c’interessava con chi lo facevamo l’importante era che fossero dei capaci e che avessimo il tempo necessario per avere il massimo del piacere, una botta e via non esisteva per noi, non l’avevamo mai preso in considerazione. A tutti e due c’erano capitati degli uomini molto affascinanti che con loro aravamo sicure di passare una nottata splendida, poi una volta a letto, la maggiorparte si erano rivelate delle bufale tremende, mentre in altri casi con uomini che erano l’opposto dei belli, erano uscite delle nottate da far impallidire Rodolfo Valentino. Quindi dalla nostra esperienza non davamo niente di scontato, ci faceva piacere un bell’uomo, ma non disdegnavamo anche i brutti. Molta voglia di uscire, effettivamente, non né avevo ma nello stesso tempo non volevo rimanere in casa, quindi accettai e ci demmo appuntamento per la tarda serata. Qualche ora prima del nostro incontro per uscire, ci mettemmo d’accordo sul nostro abbigliamento, dove decidemmo di abolire a priori la biancheria intima per il resto optammo per un vestito lungo, il mio nero e il suo di un blu intenso, entrambi molto scollati, sia sul davanti che sulla schiena, e con due spacchi laterali che iniziavano dalla vita, facendo capire a chi ci avrebbe guardato bene, che sotto non portavamo nulla. Questo modo di vestire ci eccitava molto e toccandoci i sessi constatammo che eravamo già bagnate. A l’ora stabilita raggiungemmo l’abitazione dove la festa veniva data, si trattava di una villa enorme ed il vialetto era disseminato di costosissime auto parcheggiate. Una volta entrate, Rossella fu accolta dai suoi amici con baci ed abbracci e palpate decise in tutto il suo corpo. Fatta girare su sé stessa notarono la generosità delle scollature e degli spacchi del suo vestito, ricevendo immediatamente complimenti ed apprezzamenti sul suo vestire da troia. Vestita così, disse uno degli invitati, si capiva subito quale puttana fosse e senza dubbio tra le persone presenti ci sarebbe stato qualcuno che avrebbe approfittato della situazione. Notai che alla festa la maggiorparte degli invitati erano maschietti, tutti vestiti in maniera impeccabile, ogni tanto si notava qualche altra donna, tutte rigorosamente in abito lungo, circondata da un capannello di uomini. Mi presentò, alle persone che ci avevano ricevuto, come sua migliore amica aggiungendo che il mio modo di pensare, sul sesso, era come il suo e che eravamo venute per divertirci. Dette queste parole si avvicinò a mè e fece notare a loro il vestito che indossavo evidenziando gli spacchi generosi. Alcuni di loro mi dissero che si mettevano a mia disposizione per qualsiasi cosa avessi voluto. Ci accompagnarono verso il buffet dove trovammo imbandita molto generosamente sia nel mangiare che nel bere. Mentre tutti insieme stavamo chiacchierando fece la sua comparsa il nostro anfitrione. Vestito in maniera sportiva, ma si poteva dire anche trasandata, certamente con capi di firma ma che a vederlo in mezzo al contesto generale risaltava come una mosca bianca. Un lungo applauso gli diede il benvenuto. Incuriosita chiesi ad uno dei miei cavalieri chi fosse quella persona appena entrata e venni a sapere che il suo nome era Jhon uno statunitense arrivato da una decina d’anni. La sua fortuna in denaro era valutata in miliardi di dollari. La maggior parte della gente presente era lì solo per arrufianarselo, e solo pochissimi erano i veri amici ma questo lui lo sapeva perfettamente. Il padrone di casa fece il giro dei suoi invitati salutandoli uno a uno. Quando arrivò dalle nostre parti, si fermò a parlare in maniera molto confidenziale con Rossella, la quale per niente turbata dalla persona a lei davanti lo abbracciò baciandolo sulla guancia. Lo prese per mano e portatolo davanti a mè mi presentò. Doveva essere stato un gran bell’uomo, anche se adesso, vista l’età, non si poteva dire brutto. I lineamenti erano molto maschi contornata da una leggera barba, occhi di un azzurro/grigio, e capelli appena brizzolati. La sua stretta di mano fu decisa ma delicata, e presami sotto braccio con Rossella ci accompagnò nel giardino enorme nel retro della casa, dove qualche decina di tavolini, erano stati messi per chi volesse stare all’aperto e godersi la serata abbastanza calda. Ci sedemmo e fummo subito raggiunti da un cameriere che ci porto tre bicchieri di Champagne che centellinammo tra una parola e l’altra. A poco a poco il tempo trascorse e quell’uomo mi affascinava sempre più. A un certo punto, si alzò scusandosi, e ci chiese di aspettarlo dove ci trovavamo che sarebbe ritornato lì al più presto. Rossella mi chiese immediatamente cosa ne pensassi di quell’uomo e le uniche parole che mi uscirono furono di assenso su tutto il fronte. Lei né fù molto contenta, mi confidò che era l’amante del momento. Più di una volta aveva passato la notte in sua compagnia trovandolo veramente eccezionale ma, aggiunse, nessuno è perfetto. Mi spiegò che aveva delle idee molto particolari sul fatto di come eccitarsi, e non sempre erano di suo gusto, ma ogni volta che aveva fatto quanto lui gli aveva richiesto, i regali che aveva ricevuto erano stati sempre superiori alle sue aspettative, come dei viaggi costosissimi, gioielli e capi firmati. La cosa m’incuriosì moltissimo e chiesi se poteva dirmi cosa volesse dire con idee molto particolari. Si avvicinò ancora di più a mè e mi fece l’esempio di una sua richiesta fattale qualche tempo prima. Mi raccontò che un pomeriggio l’aveva portata in un atelier molto rinomato in città, dove lui gli aveva dato l’opportunità di scegliere un vestito di suo gusto, ma che poi anche lui ne avrebbe scelto uno che avrebbe dovuto indossare la sera stessa in una cena con due persone per lui importanti nell’ambito del lavoro. La costrinse a portarlo con nessun capo di biancheria intima, e doveva essere estremamente gentile con loro, accettando qualsiasi cosa gli avrebbero chiesto di fare. La cosa, mi disse, che l’aveva eccitata moltissimo ed aveva accettato molto volentieri. Gli scelse un vestito che data la trasparenza era come se non avesse portato niente addosso. La sera stessa quando scese a cena così agghindata l’aveva fatta accomodare in mezzo ai suoi invitati dove, con qualsiasi scusa, la toccarono più volte. Alla fine della cena, andarono nello studio e l’aveva offerta a loro. Ancora nel parlarne la sua eccitazione era ben visibile nei suoi occhi, era come se li avesse davanti ancora. La cosa mi lasciò un poco esterrefatta, non tanto per Rossella che la sapevo benissimo capace di fare queste cose, ma tanto per il padrone di casa, che visto così non sembrava affatto quel porco che lei mi stava dicendo. Dopo una mezz’ora, ritornò con in mano altri tre bicchieri di champagne, accompagnato da alcuni suoi invitati, e facendoci alzare in piedi brindò alla nostra bellezza e al nostro modo di vestire. Le sue mani s’infilarono nello spacco della gonna di Rossella, andando ad accarezzargli le natiche, e messosi alle sue spalle sollevò completamente la parte dietro della gonna mettendo mostra, a tutte le persone presenti, le sue natiche apostrofando anche a parole il suo splendore, dicendo che era tanto bello perché lo elargiva a chiunque lo chiedeva. A Rossella, quel complimento così pesante, parve piacere moltissimo, infatti per farsi toccare meglio si piegò con il busto sul tavolo, sollevando ancora di più le sue natiche. Le persone presenti parvero prendere con goliardia le parole del padrone di casa e guardando attentamente quello che gli veniva mostrato, ebbero un moto d’invidia sapendo perfettamente che quello che stavano guardando lo avrebbero potuto godere solo in caso che lui lo avesse offerto, ma che normalmente era a loro negato. Rossella si rialzò e girandosi lo baciò sulle labbra dimostrando a tutti che lei era una cosa sua. Intanto mentre faceva tutto questo lui non aveva staccato glia occhi da mè cercando di capire cosa ne pensassi. Mi giunse vicino. Io ero ancora in piedi e con il bicchiere in mano. Con uno sguardo di chi tutto gli è dovuto, cercò di insinuare la sue mani nella mia scollatura. Un sonoro ceffone gli arrivò con forza sul viso senza nessun preavviso. Tutti i presenti rimasero sbigottiti dalla mia insolenza a non sottostare alle sue esigenze, e lui per primo mi guardò quasi con odio per quello che avevo osato fare. Prima di prendere ed andarmene gli dissi che se voleva portarmi a letto aveva sbagliato, e di molto, il modo di fare, che non sarei mai stata consenziente ad essere usata da lui come se fossi un oggetto. Mi voltai verso Rossella chiedendogli le chiavi della macchina, ed una volta avute m’incamminai verso l’auto parcheggiata nel vialetto. Accesi il motore e me ne andai sgommando per la rabbia che dentro di me aumentava a dismisura. Se credeva, perché aveva molti soldi, di potermi giostrare come una marionetta si sbagliava di grosso. Ci sarei stata volentieri con lui, ed avrei potuto concedermi completamente, solo se non si fosse avvicinato a mè, convinto che sarei cascata ai suoi piedi. Dal suo atteggiamento aveva voluto far vedere a tutti quale potenza lui fosse trattandomi come un oggetto e facendolo in un maniera molto offensivo, avendo così avuto una risposta contraria a quello che si era prefissato. Era vero che sapevo benissimo che a quella festa mi sarebbe potuto accadere di ritrovarmi a letto non si sa con chi, ma a queste condizioni non ci sarei mai stata, con nessuno al mondo.10° CAPITOLOLa sera dopo, al rientro dall’ufficio, Rossella venne da me chiedendomi cosa mi aveva preso la sera prima. Fui molto sincera e gli spiegai cosa ne pensavo di quell’uomo cosi maledettamente affascinante, ma nello stesso tempo indisponente. Mi disse che quello era il suo modo di fare, ma non lo faceva assolutamente per mortificare nessuno. Gli dispiacque molto per quello che era successo tra noi e mi confidò che lui, e di questo n’era sicura, non lo aveva fatto per pavoneggiarsi davanti agli altri e che non aveva il ben più minimo bisogno di dimostrare niente a nessuno. Facendo quello che aveva fatto voleva farmi capire, alla sua maniera, che gli piacevo molto e la conferma l’aveva avuta, quando una volta andata via, aveva passato il resto della serata a chiedergli tutto su di me. Aveva anche un’ambasciata da farmi in sua vece, e se la cosa mi andava, voleva parlare con me, almeno al telefono, per poter chiedere scusa di persona. Rossella perorò cosi bene la sua causa che infine mi convinse a chiamarlo. Compose il numero di telefono, e una volta che lui ebbe risposto, mi passò la cornetta. Stetti ad ascoltare il monologo che fece scusandosi per la sera prima ma alla fine rimasi sempre della mi idea. Le sue spiegazioni non mi convinsero molto ma accettai lo stesso le sue scuse. La mattina dopo andai in ufficio per una nuova giornata di lavoro. Verso tarda mattinata ricevetti la telefonata da parte del direttore, Mario, dove mi chiedeva di raggiungerlo immediatamente. Appena fui nel suo ufficio mi fece accomodare dicendomi che era ancora molto dispiaciuto del fatto che ormai il nostro rapporto era concluso, ma che non era quello il perché del nostro incontro. Continuò dicendo che un nostro grossissimo cliente aveva richiesto un appuntamento nel pomeriggio inoltrato, per rivedere dei prezzi dei suoi ordinativi, valutati qualche miliardo, e che se tutto andava come doveva, aveva intenzione come minimo di raddoppiarlo. Per problemi interni Mario non poteva essere presente all’incontro visto che da li a poco doveva partire e che non poteva assolutamente rinviare questo viaggio. Mi lasciò il numero del suo cellulare dove in caso di qualsiasi problema potevo rintracciarlo, dandomi un plico pieno di documenti. Il tutto lo lasciava nelle mie mani essendo materiale del mio reparto, e che quindi potevo portare avanti io stessa la transazione. Mi ragguagliò dei particolari di tutti gli ordini che avevamo in corso con loro, dicendomi di studiarmelo e di portare a casa assolutamente anche quel quantitativo. In caso fosse andato tutto bene, per me era pronto un premio proporzionato, di circa il cinque per cento, al valore del nuovo ordine. Detto questo mi accomiatò e tornai nel mio ufficio. Lo studiai attentamente e potei notare che negli ultimi anni aveva fatto ordini sempre più grossi, e che quindi dovevo stare molto attenta nel muovermi. A fine mattinata giunse la telefonata della segretaria del direttore generale di questa ditta, dove mi dava appuntamento presso di loro per le quindici, e che avrei dovuto chiedere del vice direttore. All’orario convenuto mi presentai alla reception dove presentandomi non ebbi bisogno di aggiungere altro essendo già attesa. Fui accompagnata da una persona fino ad una saletta al quinto piano, dove prima di congedarsi mi chiese molto educatamente di attendere. Dopo una decina di minuti, una donna, mi fece accomodare nell’ufficio del vice direttore. Era un ufficio grande molto luminoso e arredato veramente con buon gusto. Niente di pacchiano ma di una utilità estrema. Mi sedetti in un salottino accanto dicendomi che entro poco il vice direttore sarebbe arrivato. Chiese se volessi del caffè e alla mia risposta affermativa in pochissimo tempo mi fù portato. Scusandosi per il ritardo, il vice direttore fece ingresso nella saletta con in mano dei dossier inerenti ai al rapporto di lavoro tra le nostre aziende. Nel giro di due ore raggiungemmo un compromesso sul quantitativo che potevamo fornire in poco tempo, e anche sul il prezzo per la totalità dell’ordine. Ero soddisfatta di me, con quel contratto, avevamo lavoro sicuro per i prossimi anni, ed il prezzo che ero riuscita a strappare era per noi molto favorevole. Alzandosi mi disse di attendere un attimo che avrebbe relazionato il suo superiore e che entro poco sarebbe ritornato con i documenti firmati. Passò circa quindici minuti, prima che lui fece ritorno dicendomi che il direttore voleva parlare con me. Presi le mie cose dal tavolo e lo seguì in un altro ufficio ancora più grande. Anche questo ufficio, come arredamento, non aveva niente di grandioso a parte una scrivania enorme dove era seduto il direttore, che in quel momento mi volgeva le spalle essendo impegnato in un colloquio telefonico. Il vice direttore mi fece accomodare e chiese di attendere. Detto questo mi salutò e passando davanti a lui gli fece dei gesti per fargli capire che ero in attesa che finisse, quindi usci dall’ufficio. Mentre attendevo rimisi sul tavolo tutto l’incartamento aspettando che finisse la telefonata in corso. Quasi subito chiuse la conversazione, e sentì che diceva all’interfono che non voleva essere disturbato fino a nuovo ordine. Quando si girò e mi venne incontro, ebbi un attimo di smarrimento, riconoscendo Jhon nella persona del direttore generale. Si fermò a circa un paio di metri da me, e in maniera scherzosa, mi chiese se poteva avvicinarsi prima di ricevere un altro ceffone. Tutti e due sorridemmo alla battuta, ma contrariamente a lui, io ero molto imbarazzata. Si sedette davanti a me e cominciò a controllare varie carte che aveva portato dalla sua scrivania. Quando rialzò la testa mi chiese quale ruolo avessi nell’azienda. Gli spiegai che ero una comunissima segretaria ma, detta da vari responsabili, ero considerata una persona in gamba. Si complimentò e dandomi il contratto privo di firma, calcolò che aveva un valore molto alto e che sicuramente, entro poco tempo, avrebbero aggiunto altri ordini per noi. Su questo contratto, continuò, aveva aggiunto una piccola postilla, la quale esigeva che a partire da quel momento che tutti i loro ordini dovevano fare capo solamente a me rendendomi responsabile di come andavano, e quindi non volendo avere a che fare con una piccola segretaria avrebbero imposto una mia promozione come responsabile di quel lavoro. Ma nello stesso tempo, in caso di problemi che avrebbero potuto sorgere tra me e loro, le ordinazioni sarebbero state annullate con effetto immediato. Mi chiese di telefonare in azienda e di parlare con la persona che aveva potere decisionale spiegandogli cosa volevano. In caso tutto fosse stato accettato la cosa si poteva ritenere risolta, ed avrebbe firmato immediatamente davanti a me i documenti. Mi fece accomodare alla sua scrivania e lasciandomi sola mi disse che sarebbe ritornato entro una decina di minuti. Chiamai subito Mario e gli spiegai cosa volessero da noi. La cosa fù accettata senza nessun problema visto il valore. Quando ritornò gli confermai che il tutto era stato accettato dalla nostra direzione, e che entro alcuni minuti avrebbero ricevuto via fax una lettera con la quale gli si confermava quanto gli avevo appena detto. Sedendoci alla sua scrivania mi chiese quale era la percentuale su tale ordine. Rimasi senza parole non sapendo cosa rispondere. Lui dopo un attimo di silenzio, continuò dicendomi che la esperienza gli diceva che dovevo avere circa il cinque per cento, e che quindi si trattava di una ragguardevole somma, più c’era la promozione. Continuò, dicendo, che quella giornata era stata molto favorevole per me. Effettivamente, pensai, non si poteva dire il contrario. Dicendo questo prese il contratto e se lo mise davanti per firmarlo, ma mentre sembrava che tutto era a posto e che entro poco sarei uscita da quell’ufficio con cambiata radicalmente la mia vita lavorativa, Jhon mi chiese guardandomi in viso e senza tanti preamboli, di levarmi davanti a lui e di consegnarli le mutandine che portavo in quel momento. Rimasi a bocca aperta di tanta spudoratezza e rimasi immobile seduta sulla poltroncina non sapendo cosa fare. Senza il minimo problema mi quantificò cosa avevo ricevuto dalla sua azienda in quella giornata e che forse qualche sacrificio potevo anche farlo. Mi fece vedere il contratto già firmato e mi chiese di pensarci bene prima che lui strappandolo mi facesse perdere tutto. In quel momento capì che ero nelle sue mani se avessi optato di non perdere tutto quello. Sapendo bene in che condizioni ero, e quindi essendo quasi sicuro che avrei accettato, mi ricordò della postilla nel contratto nel caso avessero avuto dei problemi con me. Aggiunse che oltre alle mie mutandine voleva che gli facessi un pompino con ingoio finale nel suo ufficio. Con il contratto in mano si avvicinò a me, sedutosi sulla scrivania e slacciatosi i pantaloni, estrasse il suo sesso, medio-grosso, già semi turgido e cominciò a masturbarsi. In pochissimi minuti decisi che la cosa, almeno per me, ne valeva la pena. Mi alzai ed allontanandomi da lui, mi sollevai la gonna per togliermi la mutandine come mi aveva chiesto. Fui da lui fermata con una nuova richiesta. Questa volta mi disse di togliermi tutto tranne le mutandine e di farlo in maniera più sexy possibile passandomi, mentre mi spogliavo, la lingua sulle labbra. Feci come lui mi aveva chiesto. Mi spogliai in maniera dolce e languida fino a rimanere in mutandine e una volta in quelle condizioni mi avvicinai a lui. Appena gli fui davanti la sua mano, che fino a quel momento andava su e giù dal suo sesso, la mise davanti alla mia bocca ordinandomi di leccargliela, mentre con l’altra prese possesso del mio seno strizzandomi con decisione i capezzoli. La mia lingua percorse in tutta la sua totalità il palmo soffermandosi, a sua richiesta, sulle dita dove assaporai uno strano sapore di maschio. L’altra mano, lasciandomi i capezzoli leggermente doloranti, si pose sulla mia testa e con autorità la spinse verso il suo sesso pronto a ricevere le mie attenzioni orali. All’avvicinarsi del suo membro la mia bocca si dischiuse leggermente aspettando, da li a poco, la profanazione. Mi chiese, con prepotenza, di accoglierlo tutto senza che ne rimanesse fuori la ben più piccola traccia. Voleva un pompino fatto da una puttana come mè date le confidenze fattagli dalla nostra comune amica Rossella. A quelle parole non ebbi altra soluzione che cercare di essere più maiala possibile e assecondare ogni sua richiesta prima che mandasse per aria il nostro accordo. Apersi la bocca e tentai, con tutte le mie forze, d’inghiottire completamente il suo sesso, cosa che mi riuscì solo in parte. Il suo sesso s’insinuò fino a quasi in fondo alla mia gola, ma nonostante gli sforzi non riuscì a farlo sparire. Risalì lungo il fusto, succhiandolo con passione, fino a che mi ritrovai in bocca solo il glande. Con rinnovata energia cercai d’accoglierlo più profondamente, ma anche questo assalto non riuscì perfettamente. Jhon continuava a chiedere, con una certa volgarità, di prendergli completamente il cazzo in bocca, e nel caso avessi avuto bisogno d’aiuto lui sarebbe stato pronto ad offrirmelo. Ritentai con ancora più forza l’affondo di quel sesso nella mia cavità orale. Stavo già per arrendermi ed espellerlo dalla mia bocca, quando sentì le mani di Jhon impossessarsi della mia testa e con un colpo secco spingerla verso il suo pene. Contemporaneamente inarcò il bacino affondando, senza nessuna pietà, il suo membro nella mia gola e facendomelo ingoiare completamente. Sentii perfettamente il suo sesso invadermi la gola ed arrivarmi tanto in fondo da togliermi il respiro. Le sue spinte cessarono solamente quando si rese conto che le mie labbra erano incollate completamente ai suoi peli pubici togliendomi le mani dalla testa. Sputai fuori il suo sesso con una tale violenza da togliermelo completamente dalla bocca e nello stesso tempo cercando di riprendere il fiato che le due spinte, in contemporanea, mi avevano tolto. Cercai di protestare per la costrizione ed il modo così violento di quell’atto, ma prima che potessi dire qualsiasi cosa, lui anticipandomi, mi disse di prendere nota che i pompini dovevo farglieli così e se non avessi voluto, oppure se non ne ero capace, bastava che gli prendessi le mani e le mettessi sulla mia testa. Lui avrebbe capito e avrebbe iniziato a spingere per affondarmelo completamente in gola fino alla sua venuta. Mi chiese se ero d’accordo con lui in quel modo di fare. Feci un segno di assenso, e presami un’altra volta la testa fra le sue mani, mi fece accovacciare tra le sue gambe. Comincia nuovamente a succhiare con energia cercando di farlo sparire completamente. Pur facendo sforzi per affondarlo completamente in mè, non riuscivo a fare quello che volevo. Ero eccitata veramente, ed anch’io avevo una voglia pazza di sentirmelo nuovamente in fondo alla bocca. Presi le sue mani e le guidai sulla mia testa. Le sue spinte iniziarono immediatamente portandomi ogni volta il suo sesso sempre più in fondo, fino a che ad ogni affondo il suo membro spariva nella mia bocca. In poco tempo avvertì gli spasmi che preannunciavano il suo godimento imminente. Con rinnovata forza accelerai i tempi dell’andirivieni sul suo sesso, per portarlo al godimento. Infatti le sue mani premettero più prepotentemente la mia testa sul suo inguine fino ad un ultimo violento affondo facendolo, per l’ennesima volta, sparire nella mia gola prima di esplodere. Jhon m’incitò a bere tutto il succo che fuori usciva ed a non perderne la ben più piccola goccia. Lo accontentai con gioia, anche se ebbi dei problemi a ingoiare il suo sperma vista la quantità della sua venuta. Tutti e due eravamo esausti e sudati dalla foga di quell’amplesso ma pienamente, almeno per mè, soddisfatti. Jhon si rimise a posto, mentre io mi rivestì. Prima che uscissi dal suo ufficio, pretese ed ottenne, che gli consegnassi le mie mutandine. Una volta tolte le lanciai sulla sua scrivania e potei notare che una volta prese ed odorate le mise in un cassetto, dicendomi che le avrebbe tenute nel suo ufficio come ricordo della nostra prima volta.11° CAPITOLOUscita, tornai in sede, dove consegnai al mio diretto superiore il contratto appena firmato. Mi fece accomodare e lettolo mi fece i complimenti per la promozione imminente e per il prezzo che ero riuscita ad avere. Tornai nel mio ufficio e cercai di non pensare a quello che era successo con Jhon buttandomi sul lavoro. Chiamai anche Franco e gli chiesi se aveva voglia di vedermi. Come sempre si mise a mia disposizione e ci demmo appuntamento per le prime ore della sera in casa mia. Tornata a casa, fece capolino Rossella vestita, se così si può dire, in maniera veramente stravagante. Era ormai estate, lei aveva un soprabito addosso che mi sembrò molto pesante vista la stagione e il tempo che avevamo. Senza dire una parola si mise davanti a mè e lo aprì. Sotto era completamente nuda e prima che gli potessi dire qualsiasi cosa, mi disse, che aveva appuntamento con l’amico di Franco, il fotografo, per un incontro nel segno del sadismo, e che doveva farmi una confidenza per lei molto importante. Ci sedemmo tutti e due sul divano e mi disse che era innamorata di quell’uomo ed aveva intenzione di andare a vivere con lui. Il loro rapporto ormai continuava da parecchio tempo e più andava avanti più a tutti e due piaceva. Quella notte verso mezzanotte era prevista una sorta di matrimonio tra loro due, e mi chiese se potevo esserci con Franco, sapendo benissimo che sarebbe stato con mè. Chiesi come facesse a saperlo e mi rispose che lo aveva saputo dal suo uomo. Mi felicitai per questa unione da lei così fortemente voluta, e gli feci i miei migliori auguri. Uscì felice sicura della mia presenza a questo giuramento imminente. Dopo qualche tempo arrivò Franco preoccupato della mia telefonata e gli spiegai cosa era successo nel pomeriggio, e terminai dicendo che la mia preoccupazione nasceva dal fatto di essere alla mercé di quell’uomo. Per tutta la mia confessione non disse una parola e stette ad ascoltarmi molto attentamente. Quando ebbi finito, si alzò, andando a versarmi qualcosa di forte, per potermi tirare su un po’ il morale, portando con sé la bottiglia. Bevvi tutto d’un fiato la generosa porzione di liquore. Mi versò altra identica dose e porgendomi il bicchiere mi disse che, se fossi stata un’altra persona, si sarebbe preoccupato, ma visto che ero io, non vedeva nessun problema. Chiesi cosa mai volesse dire con quelle parole. Mi spiegò che lui era consapevole del pericolo che correvo ad essere in sue mani, nell’ambito del lavoro, ma era altresì vero che ne potevo trarre innumerevoli benefici. Intanto sarei stata promossa sul lavoro e con uno stipendio cospicuo, c’era poi il fatto della percentuale valutata in qualche decina di milioni che mi sarebbe caduta tra capo e collo, e per ultimo i nuovi ordini avrebbero fatto capo a mè con altri soldi in arrivo. Molta gente per avere, solo una parte di quello che avrei avuto si dovevano dannare l’anima e quando la ricevevano sicuramente non gli pioveva addosso tutto quel denaro. Come contro partita dovevo sicuramente andare a letto con lui, ma per quel che mi conosceva, questo era l’ultimo dei miei problemi. Tutti per far carriera dovevano dare qualche cosa, e la mia contropartita e non gli sembrava così terribile. Pensai alle parole appena dette ed effettivamente l’avevo vista solo sul fatto negativo della situazione. Lo abbracciai e gli diedi un bacio in bocca per le sue parole. Poi gli chiesi se sapeva che il suo amico questa notte avrebbe avuto una specie di matrimonio con la mia amica Rossella. Mi disse che lo sapeva benissimo e che sicuramente ci sarebbe andato dopo avermi vista un po’ più tranquilla. Gli annunciai che anch’io ero stata invitata, da Rossella, ad esserci. Cerco di dissuadermi dicendomi che quel tipo di giuramento lo aveva già visto ed era piuttosto cruento quindi, per lui, non adatto a mè. Mi alzai in piedi e con tono che non ammetteva repliche gli risposi che sarei andata con lui o senza lui. Cercò di tranquillizzarmi, e vedendomi così decisa disse che mi avrebbe accompagnata, rimanendo convinto che non mi sarebbe piaciuto. Non volli sentire ragioni Rossella era la mia migliore amica e non sarei mancata, visto oltre tutto che era stata lei stessa a chiedermelo. Quando fù finita la discussione lo guardai in viso chiedendogli come mai ne sapesse così tanto di queste cose. Senza nessun problema rispose che anche lui era un sadico, ma solamente soft, e quindi aveva partecipato a parecchie promesse di devozione da parte di altre coppie. Un ora prima dell’appuntamento partimmo da casa per andare alla casa del suo amico, dove ci sarebbe stato questo matrimonio molto particolare. Entrammo nello studio fotografico dove contammo almeno un trentina di persone. All’ora prefissata fummo fatti entrare nella camera adibita al giuramento. Prendemmo posto tutt’intorno ad una specie di palco, molto basso e nel centro della sala stessa. Era di legno con degli anelli fissati sul pavimento. Dopo poco entrarono sia Rossella, ancora con il soprabito addosso, che l’amico di Franco con davanti tre uomini possenti ed incappucciati. I quattro uomini erano vestiti completamente di pelle nera. Quando Rossella arrivò al centro del palco notai, solo allora, che aveva i polsi incatenati e che veniva trascinata da uno degli omoni vestiti di nero. Dalla gente attorno partirono degli applausi indirizzati alla coppia festeggiata. A Rossella gli furono liberati i polsi, e gli fù ordinato da uno dei tre uomini di togliersi il soprabito, cosa che fece immediatamente, facendo un giro su se stessa. Sotto era nuda tranne per alcune corde di cuoio che s’intrecciavano sul corpo passando in mezzo alle natiche e sul suo sesso, per poi allacciassi attorno al collo con una fibbia, poi aveva dei polsini e cavigliere, sempre di cuoio, con attaccati dei ganci. Sempre senza dire una parola venne fatta inginocchiare e l’agganciarono, sia con i polsi che con le caviglie, agli anelli che fuori uscivano dal palco. Sotto al suo addome gli misero un marchingegno che metteva le natiche ben visibili a tutti noi. Da un contenitore venne estratto una specie di mutanda con un fallo non molto grosso, al suo interno, e venne consegnato al suo futuro uomo. Poi ci venne detto che uno alla volta dovevamo salire sul palco e dare due vergate su quelle belle natiche da troia. Chiunque si fosse rifiutato o avesse dato delle vergate leggere, sarebbe stato cacciato insieme al suo accompagnatore. Uno alla volta salimmo, come richiesto, e gli demmo le due vergate. Ad ogni colpo le sue natiche si coloravano, sempre di più, di un rosso acceso. Quando tutto fù finito la slegarono e messa in piedi al centro del palco gli fù consegnata la mutanda, che lei stessa provvide ad infilarsi facendo attenzione che il fallo interno entrasse perfettamente nel suo ano. Una volta indossate fu controllata che tutto fosse messo bene e avvicinandola al suo uomo, gli fù ordinato, che le avrebbe dovuto tenere per un mese, togliendosele solamente per andare in bagno e quando, al posto del fallo, avesse ricevuto un membro maschile. Con voce alta e chiara, Rossella, si disse d’accordo e promise di mantenere quanto gli era stato richiesto. A questo punto venne consegnata al suo uomo che la fece sedere su una sedia chiodata, tipo fachiro, e a sua volta, si sedette sulle sue gambe. Notai sul volto di Rossella in una smorfia di dolore, ma nessun lamento uscì dalla sua bocca. Il suo uomo si alzò dal suo grembo e rovistando, sempre nel famoso contenitore, estrasse dei morsetti dentati con attaccata una catenella e nel suo fondo agganciato un piombo di non piccole dimensioni. Gli furono attaccati sul seno e lasciati cadere di colpo. Questa volta Rossella non poté trattenersi e dalla sua bocca usci un urlo ogni volta che lasciavano andare il piombo. La fecero alzare dalla sedia e messala in ginocchio, come ringraziamento del dolore ricevuto, dovette fare, a tutti gli uomini sul palco, un pompino facendoli venire in un bicchiere messogli accanto. Da esperta quale era non impiegò molto a farli godere tutti, riempiendo, quasi per la metà, il bicchiere in dotazione. Una volta fatto anche questo, alzando il bicchiere in alto, e giurando di eseguire ogni ordine del suo padrone, si svuotò il contenuto in bocca. Con questo, disse Franco, la cerimonia era finita ed entro poco sarebbe iniziata la festa vera e propria. Infatti, la copia guidata sempre dai tre omoni scesero dal palco e ritornarono da dove erano venuti. Tutti uscimmo da quella stanza molto lugubre e andammo nello studio fotografico adiacente, che per l’occasione si era trasformato in una sala piena di libagioni. La novella coppia fece la sua entrata acclamata da tutte le persone presenti che si fecero incontro complimentandosi. Rossella appena poté, mi venne incontro, e dopo avermi abbracciata, scoppio in lacrime per la felicità che provava. Ci baciò entrambi con gioia ed emozionata all’inverosimile ci chiese se la cerimonia ci fosse piaciuta. Franco parve quasi entusiasta di quello che aveva visto fino a quel momento, da parte mia invece ero rimasta piuttosto perplessa di tutto, ma chiaramente a lei non dissi nulla. Gli chiesi se aveva ancora indosso quelle strane mutande. Mi rispose che non potendole togliere per un mese, come da promessa fatta, le aveva indosso. Gli chiesi anche che cosa si provava ad avere piantato tra le natiche quel fallo mentre si camminava. Mi rispose che trovava molto eccitante camminare sentendo nel suo ano quella cosa che la riempiva. Mentre stavamo parlando giunse anche il suo uomo, che presala per mano, si sedette al suo fianco. Chiese a mè e a Franco se saremmo stati con loro per tutto il resto del rinfresco ed una volta avuta la risposta, da parte nostra, non c’era nessun problema, trasse un sospiro di sollievo ed allontanandosi ci diede appuntamento a più tardi. La quasi totalità delle persone se ne andarono, visto anche l’orario tardo che si era fatto. Anche noi dopo poco tempo avvicinandoci a loro li salutammo dicendogli che saremmo andati a casa. Rossella mi abbraccio forte e mi bacio sulle labbra dicendomi che ci saremmo viste al più presto, e sicuramente mi avrebbe raccontato tutto. Salimmo in macchina e partimmo per casa mia. Una volta giunti invitai Franco a salire per bere un ultimo bicchiere. Quando tutti e due fummo in casa, gli chiesi di versarmi qualche cosa da bere che sarei tornata subito. Mi spogliai ed indossando solo una vestaglia ritornai in sala dove lui mi stava aspettando. Mi feci vicino e fattamela scivolare d’addosso, gli chiesi se voleva dormire con mè visto che non avevo nessuna voglia di dormire sola. Lui fù molto contento di accettare e ci trovammo in pochissimo tempo a letto a fare all’amore.12° CAPITOLOPer qualche tempo non vidi più Rossella e questo mi sembrò normale sapendo cosa era successo, e anche Franco si dovette assentare per qualche tempo. Intanto, in ufficio, avevo avuto la promozione promessami con relativo scatto di stipendio, ed entro la fine del mese sarebbero arrivati i soldi della percentuale per l’ordine che avevo portato a termine. Quindi mi sentivo pienamente soddisfatta per come andavano le cose. Una mattina, Mario, mi fece chiamare nel suo ufficio. Quando arrivai lo trovai occupato a parlottare con Jhon di lavoro. Alzandosi in piedi mi fecero accomodare e Mario rivolgendosi a mè disse che dovevo partire per non so quale fiera, ed ormai essendo nel gruppo dirigenziale, era mio compito andare. Jhon mi disse che in questo periodo negli States c’era appunto questa fiera molto importante, sia per noi che per lui e che la durata sarebbe stata di circa una settimana. Mario aggiunse che avendone parlato per puro caso con Jhon aveva deciso che fossi io ad andare. Entro la giornata avrei ricevuto i biglietti e la partenza era stata programmata per il giorno dopo nel tardo pomeriggio. Quindi avevo tutto il tempo necessario per rinviare gli appuntamenti presi e derogare alla mia équipe le cose meno importanti. Mi accomiatò dicendo di usare la giornata di domani per delle spese nel caso avessi avuto la necessità. Tornai nel mio ufficio e cominciai a demandare ai miei collaboratori quello che non si poteva rinviare ed ad annullare i pochi appuntamenti che avevo. Verso sera mi fù consegnata la prenotazione del volo, top class, e visto l’orario tardo, decisi di tornarmene a casa. Il giorno dopo lo utilizzai, come mi aveva detto Mario, per fare compere e rinnovarmi un poco il guardaroba. Quando arrivò l’orario della partenza fui una dei primi a salire sull’aereo. Messa a posto la valigetta mi sedetti in attesa del decollo. Cominciai a sfogliare una rivista presa all’edicola dell’aeroporto, quando una voce mi chiese se potesse sedersi vicino a mè. Gli dissi subito di sì ed alzai la testa per vedere chi fosse riconoscendo subito Jhon. Si sedette esprimendo tutta la sua felicità di poter passare la settimana con mè e che ci saremmo senz’altro divertiti. Quello che avevo sempre temuto si stava avverando. Cercando di tener lontano dalla sua testa certe idee, gli dissi che ero in viaggio per lavoro e non come turista e a queste mie parole sorrise. Finalmente l’aereo dopo un breve rullaggio decollò. Quando fummo in volo, Jhon ritorno all’attacco, dicendo che oltre al lavoro ci doveva essere anche il divertimento e lui si metteva a mia disposizione, anche per questo. Mi confidò di aver prenotato nello stesso mio albergo per aver più possibilità d’incontrarmi. La mia paura divenne certezza quando estrasse, da una tasca interna della giacca, la fotocopia della pagina del contratto che avevo stipulato con la sua azienda, dove diceva che in caso di problemi con mè…………. Quando la lessi mi venne voglia di buttargliela in faccia con tutto il disprezzo che in quel momento provavo, ma fortunatamente riuscì a controllarmi. Gli chiesi cosa ancora volesse da mè visto che lo stesso giorno mi sembrava di averlo pagato con la moneta che a lui più interessava. Mi rispose che lui faceva una raccolta particolare, ed era sicuro che io avrei contribuito ad aiutarlo. Capì subito cosa volesse e decisi di non accontentarlo subito o almeno di fargli sudare almeno un poco quello che voleva. Gli dissi che non ero assolutamente disposta a dargli questo aiuto e quindi di lasciarmi in pace. Come prevedevo mi ricordò il contratto sventolandomelo sotto il naso. Con un sorriso da porco mi chiese di consegnargli subito le mutandine che indossavo. Lo guardai con disprezzo per quello che stava chiedendomi, e non potendo far altro che acconsentire, tentai d’alzarmi per andare alla toilette a toglierle. Subito prendendomi per un braccio mi fece sedere chiedendomi di toglierle dove mi trovavo. Con estrema fatica, per non essere scoperta, l’accontentai e le misi, come mi aveva chiesto, direttamente nella sua valigetta. Poi sempre con il suo fare maialesco mi fece togliere la giacca del vestito che indossavo obbligandomi a riporla nel vano porta oggetti sopra alla mia testa. Facendo questo movimento la gonna salì lungo le mie cosce e senti subito la sua mano farsi strada da sotto fino a raggiungere le mie natiche. Chiese, ed ottenne, che rimanessi così il più possibile mentre con la mano mi stava toccando letteralmente ovunque. Quando mi risedetti ero furibonda. Non contento di quello ottenuto fino in quel momento, nuovamente la sua mano si avvicinò a mè e cominciò a sbottonarmi la camicetta. Cercai d’impedirgli quello che voleva dare bloccandogliela con le mie, ma con il suo modo strafottente me le tolse e continuò a slacciarla. Quando fu completamente aperta mi chiese il reggiseno in regalo, e anche li dovetti gioco forza accontentarlo. Finalmente, pensai mi avrebbe lasciata stare, a meno che intendesse creare uno scandalo sull’aereo. Ed invece mi sbagliavo, mi fece annodare la camicia non permettendomi però di allacciare nessun bottone. Il risultato era che qualsiasi movimento facessi poteva godersi, in primo piano, della vista dei miei seni. Mi chiese di sollevare la gonna fino a portarla all’altezza dei peli pubici, e lo accontentai anche in questo. Ormai ero in ballo e dovevo ballare, i soldi lo stipendio e la carriera, questa era la contropartita. Pensai al discorso che mi aveva fatto Franco, e come mi aveva suggerito, cercai di trarre il meglio da quella situazione. Avvicinandosi a mè controllò che tutto fosse come lui voleva, e parve pienamente soddisfatto. Mi disse che così ero perfetta si poteva vedere tutto, ma come se la cosa fosse casuale. Continuò dicendomi di rimanere così com’ero e di non fare assolutamente niente per coprirmi, dicendomi che si sarebbe alzato ed avrebbe mandato al suo posto, con una scusa qualsiasi un suo uomo. Di lui sapeva che si eccitava molto facilmente e quando questo accadeva non capiva quasi più niente. Quindi di sbrigarmela rifiutandolo oppure accontentandolo, e questo sarebbe stato un mio problema, ma volle dirmi che lui mi avrebbe controllata. Lo presi per la mano cercando di farlo recedere da quella decisione non sembrandomi la più azzeccata visto il posto dove ci trovavamo. Sempre con lo stesso sorriso, si stacco da mè ed andò nei posti affianco ai nostri. Lo vidi confabulare con le persone sedute, ed ad un certo punto, uno di loro si alzò e venne a sedersi vicino a mè. Non sapevo cosa fare e per darmi un contegno spensi la mia luce e mi misi a guardare fuori dal finestrino sperando che quella persona non avesse l’ardire di allungare le mani. Speranza inutile. In un primo momento sentì su di mè solo il suo sguardo radiografarmi completamente. Poco dopo invece cominciai a sentire dei piccoli tocchi sulla mano che tenevo adagiata sul bracciolo della mia poltrona. Poi sentì la camicetta che veniva scostata ed aperta ancora di più. Mi voltai di scatto e vidi una sua mano tenermi aperta la camicetta e il suo sguardo indirizzato all’interno della stessa per guardarmi i seni con più facilità. La sua mano abbandonò la camicetta e s’impadronì di un mio seno trastullandoselo ed accarezzandolo dolcemente. A bassa voce gli chiesi di lasciarmi stare, ma nello stesso tempo non feci niente per impedire che continuasse, anche perché la cosa cominciava a piacermi. Con decisione alzò il bracciolo che divideva le nostre poltrone facendosi molto più vicino. Mi prese la mano e la porto sul cavallo dei pantaloni schiacciandola sul suo sesso. Si avvicinò al mio orecchio e con un sussurro mi disse di tirarglielo fuori e di cominciare masturbarglielo, mentre lui mi avrebbe toccato il sesso. Il suo alito caldo, le sue parole, il modo che ero vestita, e la possibilità di essere scoperti, mi eccitò tantissimo. Senza più cercare di dissuaderlo, spensi anche la sua luce e andai sulla cerniera dei pantaloni e gli estrassi il sesso, impugnandolo e cominciando a masturbarlo. Lui fece quanto mi aveva detto e subito dopo mi penetrò con un dito della mano destra, cominciando a giocare con la mia clitoride entrando ed uscendo sempre con maggiore velocità. Dalla mia vagina salivano dei rumori, come di sciacquio, facendomi capire che era letteralmente bagnata. Io continuavo a masturbare quel cilindro di carne sempre più velocemente. Avvicinandosi ancora a mè mi disse che voleva che io bevessi il suo sperma. Cercai di studiare cosa potessi fare per esaudire quanto mi aveva chiesto. Intanto il suo dito ebbe buon gioco di mè portandomi all’orgasmo. Quando sentì che anche lui stava per venire attesi fino all’ultimo secondo, controllandomi in giro che nessuno vedesse, e quando giunse il momento, mi sdraiai con il busto su un fianco andando a prendere con la bocca il sesso in procinto di eiaculare. Come lo ebbi in bocca cominciai a succhiarlo con forza e in un attimo mi riempì la bocca con il suo sperma. Continuai a succhiarlo fino a che fui sicura che non ne sarebbe più uscito nulla. Il mio vicino si rivestì e chiamato da Jhon, che aveva assistito al tutto, tornò al suo posto. Quando fu di nuovo seduto vicino a mè, Jhon, mi fece i complimenti per come avevo affrontato la situazione. Con la mano gli picchiettai la spalla ed aprendo la bocca gli feci vedere che era ancora piena dello sperma del suo uomo, e gli feci capire che volevo sapere cosa farne. Con un sorriso smagliante m’invito a deglutire il tutto, cosa che feci immediatamente, mostrandogli poi un’altra volta l’interno della mia bocca completamente vuota. Avvicinandosi a mè e prendendomi una mano, mi confermò che quella settimana ci saremmo, sicuramente, divertiti tutti e due.
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