18° CAPITOLOQuando giungemmo al locale, una volta parcheggiate le auto, andammo verso l’entrata. Dal parcheggio pieno deducemmo che doveva esserci un sacco di gente. Entrando fummo accolti dal padrone del locale, vestito per l’occasione, in maniera di cowboy con tanto di cinturone e finte pistole. Riconobbe subito Jhon e gli fece una gran festa mentre ci accompagnava al nostro posto. Una volta arrivati ci sedemmo in maniera casuale ed il primo giro di birra, ci disse, che sarebbe stato omaggio della casa. A noi donne chiese se al posto della birra volessimo qualcosa d’altro, io e Janet optammo per un bourbon. Ormai mancava poco all’inizio dello spettacolo ed il locale in ogni dove era pieno. Vidi in lontananza sia Burt che Sam seduti in un tavolo piuttosto lontano. Il barista ritornò portandoci quello che avevamo richiesto. Finalmente ebbe inizio la musica e molte persone si riversarono al centro della sala iniziando a ballare. Ricordai che alcuni di questi balli li avevo visti nei classici film western che tante volte avevo visto alla televisione. La cosa mi diverti parecchio e senza volerlo cominciai a picchiettare con il piede seguendo il ritmo della musica. C’era una gran bolgia e le persone che servivano ai tavoli erano indaffaratissime correndo da un tavolo all’altro prendendo e consegnando ordinazioni. Jhon si alzò e andò al bancone chiedendo altre birre con le solite aggiunte di whisky. Arrivarono quasi subito accompagnati da vari stuzzichini che dal colore e dall’odore dovevano essere al quanto piccanti. Li vidi mangiare con molto gusto e tentai anch’io prendendone un piccolo pezzo. Come iniziai a masticarlo mi sembrò che la bocca andasse a fuoco, mentre i miei occhi cominciarono a lacrimare come se piangessi, la mi gola mi pareva un forno. Strappai letteralmente di mano la birra al mio vicino, cominciando a trangugiarla per tentare di spegnere quel fuoco che mi ardeva in bocca, rendendogliela vuota per una buona metà. I miei commensali stavano ridendo a più non posso per l’espressione che avevo fatto con il mio volto appena assaggiato quel pezzo di carne. Pian pianino tornai alla normalità e pur guardando gli stuzzichini sul tavolo, che avevano l’aria molto appetitosa, non ebbi più coraggio di assaggiarne nessuno altro. Ogni tanto ricevevo un invito, da parte degli uomini seduti con mè, a ballare i classici dei cowboy, dove immergendoci nella ressa cominciavamo a saltellare come dei grilli, dandomi parecchi problemi con la gonna che continuava a sollevarsi, nonostante i miei sforzi per tenerla giù Quando la piccola orchestra posò gli strumenti per la prima pausa, fu sostituita da un solista che iniziò a cantare ballate lente e melodiose. Burt venne al nostro tavolo per salutare Jhon mettendosi a parlottare per un po’. Poi alzatosi m’invitò a ballare, e mentre ci dirigevamo in sala guardai sia Jhon che Janet vedendo che stavano sorridendo maliziosamente. Iniziammo a ballare in mezzo a parecchie coppie, tenendomi molto stretta a sé. Si disse molto contento che avessi fatto quanto lui mi aveva suggerito, avendolo notato nell’ultimo ballo che qualcosa era cambiato in meglio. Gli di averlo fatto e che effettivamente ora mi sembrava più molto più sexy. Mi chiese se fosse mia abitudine andare in giro sempre senza biancheria intima, o se fosse stata una idea di Jhon. Gli risposi che mi piaceva molto andare in giro senza portare sotto nulla di biancheria intima. Mi fece subito i complimenti per la mia scelta, ed il coraggio, di ballare in quel luogo con quella gonna che continuava alzarsi ad ogni mio salto, dicendo che dal posto dove si trovava aveva avuto parecchie mie visioni non passando inosservata oltre a lui anche ad altra parecchia gente sollevando frasi d’ammirazione. La cosa non m’importava assolutamente, anzi mi faceva quasi piacere, la cosa principale era che oltre agli occhi non tentassero anche con le mani. Mentre stavo ballando mi sentì toccare il sedere in maniera molto rude e voltatami per vedere chi poteva essere notai un uomo, in stato evidente di ubriachezza, che chiedeva di ballare con mè. Rifiutai e mi rivoltai abbastanza infuriata verso Burt per continuare a ballare. L’uomo non soddisfatto della mia risposta, mi sollevò completamente la gonna e mi diede una sonora pacca. Lanciai un urlo di dolore, e prima che potessi fare qualsiasi cosa vidi un ombra volare sopra di mè per atterrare sull’ubriaco. Quando si sollevo, riconobbi Sam, mentre l’uomo della pacca lo vidi rimanere immobile a terra per il colpo ricevuto. Un avventore si chinò su di lui confermando che quella sera non avrebbe sicuramente dato più fastidio a nessuno essendo nel paese dei sogni. Fu raccolto come un sacco di patate e buttato fuori dal locale. Sam ritornò a sedersi al suo tavolo rimanendo con il suo sguardo piantato su di mè. Burt mi disse di seguirlo che mi avrebbe fatto degli impacchi di acqua fredda per farmi passare il bruciore, ma sorridendogli gli risposi che poi non faceva così tanto male, e continuammo a ballare fino a che la musica non terminò. Prima che potessi girarmi per tornare al mio posto, vidi che Sam stava venendo verso di mè, e sorridendo gli andai incontro. Quando fui davanti a lui mi chiese se volessi uscire a fare due passi con lui, spiegandomi, che con il ballo non aveva molta dimestichezza. Accettai avendo già intenzione di uscire per respirare un po’ d’aria fresca. Appena fuori vedemmo che alcune persone stavano sollevando l’uomo, appena buttato fuori, per portarlo per caricarlo sopra un’auto. Ci avviammo verso una strada secondaria sterrata e non illuminata. Fatti alcune centinaia di metri fummo centrati da dei fari di un’auto che veniva verso di noi ad elevata velocità. Sam si mise tra mè e l’auto cercando di proteggermi. L’auto inchiodò di colpo fermandosi a pochi metri da noi e sollevando un polverone che per un attimo coprì tutto. Quando si diradò potemmo notare che le auto erano tre e che da loro erano scesi una decina di persone. Avendo la luce dei fari puntati nei nostri occhi non potemmo vedere chi fossero, ma distinguemmo benissimo che stringevano nelle loro mani alcuno oggetti. Sam mi diede una spinta, talmente forte che mi fece cadere, e si spostò nella direzione opposta per darmi la possibilità di avere una via di fuga. Fui raggiunta da una quarta auto, dove anche da lì scesero altre persone. Tre di loro non badarono assolutamente a mè andando a raggiungere gli altri mentre, due di loro, prendendomi per i capelli mi obbligarono a rimanere a terra, dicendomi di stare zitta e tranquilla, di non muovermi se non volevo peggiorare la situazione. Vedevo Sam difendersi come una belva dall’assalto di quegli animali vedendone parecchi stramazzare al suolo. La lotta era impari e riuscirono ad immobilizzarlo. Una volta immobilizzato i due che mi stavano facendo la guardia mi presero per un braccio portandomi a qualche metro da lui. Quando gli vidi il viso mi spaventai notando il suo volto insanguinato dalle percosse ricevute. Sentì uno di loro dare a Sam dell’idiota per aver preso un sacco di botte cercando di proteggere una puttanella come mè, visto che andavo in giro a farla vedere a tutti. Quello che aveva parlato si avvicino a mè e dandomi un violento manrovescio, che mi fece cadere a terra frastornata. Mi disse di alzarmi e di togliermi subito i vestiti se non ne volessi un’altra molto più forte. Qualcuno mi diede una mano a sollevarmi spingendomi poi davanti ai fari che illuminavano il luogo, e la stessa voce di prima ritornò ad ordinarmi di spogliarmi immediatamente. Spaventatissima mi tolsi il top e subito dopo la gonna rimanendo nuda alla vista di tutti. Sempre lo stesso uomo che aveva fino ad ora parlato, diede l’ordine di caricarci in auto e di portarci in un tal posto che non riuscì a capire. Fummo subito caricati in auto diverse e partimmo a grande velocità. Uno di loro mi bendò ed imbavagliò legandomi poi le mani, con non so cosa, dietro la schiena. Mentre viaggiavamo li sentivo ridere alle battute di alcuni di loro sul mio corpo e di come entro poco mi avrebbero fatto sicuramente divertire. Sentì alcune mani toccarmi il seno mentre altre allargandomi le gambe andarono si prendevano cura del mio sesso accarezzandolo e cercando di aprirmi le grandi labbra.Il viaggio non so esattamente quanto durò ma mi sembrò relativamente poco. Quando ci fermammo ero ormai alla loro mercé, anche se cercavo in qualsiasi maniera di difendermi dall’assalto delle loro mani. Mi fecero scendere e mi trascinarono all’interno di un qualche cosa dove i suoni rimbombavano enormemente. Mi lasciarono in piedi qualche secondo, per essere poi ripresa e portata in un altro ambiente. Qui mi fu tolta sia la benda che il bavaglio e potei notare che si trattava di una stanza non molto grande, scarsamente illuminata e molto sudicia. In un angolo c’era un tavolo con una decina di sedie molto vecchie, e vidi che una parete, di questa stanza, era fatta con un lastrone enorme di vetro. Fui fatta sedere su una di esse dicendomi di rimanere immobile e prima di uscire, mi dissero che sarebbero ritornati immediatamente e di stare tranquilla. Solo allora mi accorsi che i loro volti erano coperti da dei cappucci bianchi dove si potevano vedere solo gli occhi e la bocca. Mi sedetti cercando una sedia nell’angolo più buio della stanza. Improvvisamente un fascio di luce potente illuminò l’altra parte del vetro facendomi vedere un’altra stanza, identica a dove mi trovavo, solamente un po’ più pulita e senza nessun mobile al suo interno. Vidi degli uomini, incappucciati nella stessa maniera di quelli che mi avevano appena lasciata, entrarvi fermandosi a parlottare tra di loro e dirigendo spesse volte lo sguardo dalla mia parte. Quando uscirono, lasciando la stanza com’era, alcuni di loro vennero da mè, mentre altri potei notare, vi ritornarono portando delle coperte, materassi e stracci che buttarono alla rinfusa sul pavimento, alzando una leggera nuvola di polvere. Uno degli uomini, che erano entrati dove mi trovavo, mi disse ridendo che fra poco mi sarei divertita moltissimo dando, questa volta solo per loro, uno spettacolo veramente eccezionale. Entrarono altri uomini incappucciati che prendendomi mi trascinarono nella l’altra stanza per poi buttarmi su quei cenci male odoranti e sporchi. Mentre mi portavano da una stanza all’altra cercai di liberarmi dando calci e divincolandomi ma non riuscii a raggiungere il mio intento. Poi vidi che nella stanza dove ero poco prima, era stato portato Sam e fatto sedere per terra al centro della stanza, ben legato ed imbavagliato. Gli uomini a lui attorno ridevano mentre sicuramente inveivano contro di lui dicendogli non so quali cose e ottenendo da lui dei movimenti di reazione che non potevano portare a niente.19° CAPITOLOStavo ancora guardando quello che stavano facendo a Sam, quando la porta alle mie spalle si aprì violentemente facendomi girare di scatto. Vidi entrare alcuni uomini nudi dalla cintola in giù con i loro sessi svettanti in cerca di qualcosa che io sicuramente avevo. Cercai d’alzarmi in piedi per poter almeno tentare un abbozzo di difesa, ma lo feci così violentemente, che ricadetti per terra. Loro si misero a ridere sguaiatamente avvicinandosi e mettendosi al mio fianco. Gridai e supplicai di non farmi del male che avrei fatto tutto quello che avessero voluto. Mi fecero alzare sollevandomi di peso e portandomi più vicina al vetro cominciarono a toccarmi un po’ ovunque. Dall’altra parte vidi Sam cercare di divincolarsi, come per venire in mio aiuto, ma inutilmente ricevendo invece un calcio che lo colpì violentemente sul volto facendolo ricadere all’indietro. Lanciai un urlo a quella violenza gratuita che avevano appena fatto e rivolgendomi ai miei aguzzini dissi che se avessero smesso di fargli del male mi avrebbero trovata accondiscendete alle loro voglie, senza la più ben che minima traccia di ribellione. Uno di loro si avvicinò ad una scatoletta posta sulla parete e schiacciando un bottone parlò con quelli della stanza accanto ordinandogli di lasciarlo momentaneamente stare e di cercare di rialzarlo. L’ordine immediatamente fù eseguito. Lui avvicinandosi a mè disse che adesso voleva vedere se avessi mantenuto quanto detto, in caso contrario avrebbero continuato a picchiarlo alla minima ribellione mentre per quanto mi riguardava, consenziente o meno, avrebbero fatto quello che volevano. Detto questo mi slegò le mani ricominciando a toccarmi un po’ ovunque e rivolgendo lo sguardo al di là vetro verso Sam. A un tratto si fermò di colpo dicendomi, con un sorriso maligno, che gli era venuta una splendida idea. Mi disse che ora avrebbe acceso l’interfono lasciando che venisse udito tutto quello che dicevamo, nell’altra stanza, e che avrei fatto meglio assecondare le loro voglie in maniera attiva chiedendo io stessa di essere presa in qualsiasi modo e dandomi da fare per esserlo. Tutto questo avrei dovuto farlo in maniera di convincere, quel povero idiota, quale puttana realmente fossi. In caso contrario sapevo perfettamente cosa sarebbe potuto capitare a quell’imbecille che stava dall’altra parte del vetro. Feci cenno di sì con la testa che avrei fatto quanto mi avevano chiesto ma che non volevo vedere assolutamente delle violenze nei suoi confronti. Anche lui accettò le mie condizioni e mandò uno di loro a dire agli altri quanto accordato e che lui non doveva sapere assolutamente nulla di questo. In caso io non lo avessi soddisfatto, dietro suo permesso, avrebbero potuto continuare a malmenarlo tranquillamente. Uscì immediatamente per entrare subito dopo nell’altra stanza e andare a parlottare all’orecchio con uno dei guardiani di Sam. Quello che aveva ricevuto il messaggio fece cenno con il capo di avere capito e rivolgendosi ai suoi uomini li fece allontanare da Sam. Il messaggero torno da noi dicendo che era tutto a posto e che non l’avrebbero più toccato a meno che non avessero ricevuto ordine del contrario. Rivolgendosi a me chiese se ero pronta ad iniziare e ricevuto il mio assenso si avvicinò all’interfono accendendolo. Guardai gli occhi pesti di Sam mentre gli uomini iniziarono nuovamente a toccarmi. Come avevo promesso mi lasciai fare agevolandoli in tutte le maniere possibili ed andando a prendere i loro sessi, con le mani, cominciai a masturbarli. Sentivo le loro dita entrare ed uscire in mè e le loro mani viaggiavano lungo tutto il mio corpo. Prendendomi per le spalle fui fatta inginocchiare e mettendosi a semi cerchio davanti a mè vollero che cominciassi a succhiarli uno a uno fino a che li avessi passati tutti. Ogni tanto il mio sguardo andava al di là del vetro per vedere Sam, che sempre seduto in mezzo alla sala, guardava con occhi sgranati quello che stavo facevo. Gli uomini davanti a mè accostandosi il più possibile vollero che tentassi di succhiarne due contemporaneamente, e con molta fatica riuscì a mettere in bocca solo il glande, ma con lo stesso impegno continuai a leccarli. Dopo, fattami alzare e allontanatici dalla vetrata verso il centro della stanza, fui fatta mettere a cavalcioni di uno di loro il quale senza tanti problemi mi penetrò. Un altro si pose alle mie spalle e anche lui si fece strada nel mio corpo penetrandomi analmente. Mentre cominciavano a stantuffarmi mi chiesero, a voce alta, se mi piacesse essere posseduta in quella maniera sottolineando in maniera inequivocabile cosa stessi facendo. Effettivamente la paura stava passando per lasciare il posto ad una leggera eccitazione di essere un oggetto nelle loro mani e non poter fare assolutamente niente per evitare di essere posseduta da quei bruti. Come avevo promesso, e non solo per quello, risposi che mi piaceva moltissimo essere presa in quella maniera, e rivolgendomi agli altri chiesi cosa stessero aspettando per entrare nel gioco anche loro. Subito accontentarono la mia richiesta e ponendosi attorno a me, uno entrò nella mia bocca mentre gli altri due, prendendomi la mani, le portarono sui rispettivi sessi dandomi il via per la masturbazione. Mentre facevo questo, l’uomo alle mie spalle, cominciò a penetrarmi sempre più velocemente dandomi delle dolorose pacche sulle natiche, come per incitare sempre di più i movimenti dei miei fianchi. Ormai ero completamente nelle loro mani, e lo sapevano benissimo visto che tutti insieme i loro movimenti, dentro e fuori di me, si fece prepotente. Pur sapendo di essere solo un oggetto nelle loro mani, il mio piacere crebbe sempre più, fino a farmi lanciare delle piccole urla, che venivano puntualmente soffocate dalla penetrazione orale, ma rendendo noto a tutti il piacere che provavo ad essere loro in quella maniera. I miei seni venivano stropicciati e baciati da chiunque potesse arrivare alla sua portata. Mentre loro, ormai eccitati al massimo da quello che stavano facendo, continuavano senza pietà, io stessa, senza nessuna remora, agevolavo in qualsiasi maniera possibile l’amplesso animalesco di cui ero oggetto. Vennero quasi all’unisono riempendomi e ricoprendomi di sperma. Quando si tolsero mi lasciarono sdraiata a riprendere fiato pulendo i loro sessi dei loro rimasugli sulla mia pelle. Uscirono andando a dare il cambio ai guardiani di Sam, facendo così in maniera, che anche gli altri potessero divertirsi con me cosa che fecero trovando ormai qualsiasi mio pertugio ben aperti alle loro voglie. Ricevetti il loro secondo assalto senza che io facessi nulla per impedirlo anzi una volta dentro di me li lasciai fare traendone ancora piacere. Quando tutto fu finito, e scaricarono i loro fluidi dentro e fuori dal mio corpo si allontanarono soddisfatti e felici, lasciandomi esausta sul pavimento. Passarono alcuni minuti poi due di loro rientrarono e messami in piedi mi accompagnarono, ancora così imbrattata del loro seme, nella stanza dove Sam era legato e postami davanti a lui mi chiesero se la cosa mi era piaciuta. Detto questo uno di loro si pose alle spalle di Sam facendo girare nelle sue mani un pezzo di legno, pronto in caso di mia risposta negativa a colpirlo senza pietà. Risposi che la cosa era stata piacevolissima, e dicendo questo passai la lingua sulle labbra raccogliendo alcune gocce di sperma e portandole all’interno della mia bocca. Alcune lacrime uscirono dagli occhi pesti di Sam, le quali mi fecero ribollire il sangue per quella sceneggiata che stavano facendo. Subito uno di loro, notando le lacrime, gli diede dell’imbecille chiedendo il perché del pianto per una troia come mè, avendogli dimostrato, e oltretutto avendo avuto la mia stessa conferma, che la cosa mi era piaciuto tantissimo. Gli dissero che doveva farsi furbo, e che le puttane, come mè, dovevano essere solamente scopate e poi mandate al diavolo. Sam fu sollevato e fatto sedere sul tavolo, fui portata davanti a lui, e mi fu chiesto di fargli immediatamente un pompino. Senza dire una parola, dopo avergli abbassato la cerniera dei pantaloni, estrassi il suo sesso portandomelo in bocca e cominciando a succhiarlo nella speranza che prendesse più consistenza. Mentre ero impegnata in quello sentì dei rumori violenti e subito dopo successe un parapiglia generale con urla, pugni e bestemmie, finché ritornata la calma vidi Burt, Jhon e alcuni agenti di polizia che erano riusciti ad avere la meglio sugli uomini incappucciati. Alcune mani mi porsero qualche cosa per potermi coprire che indossai subito. Nel giro di altri cinque minuti il posto era pieno di agenti di polizia che presero in custodia tutto il gruppo degli assalitori portandoli in prigione. Mi dissero che notando la nostra assenza si erano dati da fare per trovarci avendo avuto fortuna di aver trovato una persona che aveva visto la luce nel capannone avvisando subito la polizia. Andammo subito alla centrale dove dopo alcune cure mediche, una doccia rilassante e finalmente rivestitami, completammo tutta la documentazione per denunciare quei tipi loschi. Quando uscì dall’ufficio dello sceriffo, Burt estrasse dal porta oggetti dell’auto una piccola borraccia e porgendomela mi disse di darle una buona sorsata cosa che feci ringraziandolo di tutto cuore. Chiesi notizie di Sam e mi fù risposto che era andato nel locale a curarsi con qualche buon bicchiere di whisky. Jhon mi chiese se potesse fare qualche cosa per potermi aiutare, e quando gli risposi che per il momento andava tutto bene, parve un attimo tranquillizzarsi. Si scusò per l’accaduto, dicendo che erano solo dei poveri imbecilli, ma era sicuro che il giorno del processo, da lì a pochi giorni, avrebbero avuto quello che si meritavano dal giudice della contea, essendo uno dei più severi. Mi ricordò che al mattino dopo dovevo ripresentami in ufficio dello sceriffo per l’identificazione del malviventi. Burt, Jhon mi chiesero cosa volessi fare e alla mia risposta che volevo ritornare nel locale rimasero allibiti ma fecero quanto gli avevo chiesto. Mi riaccompagnarono nel locale facendomi sedere alla nostra tavolata, dove trovai anche Sam. Guardai il suo viso e gli chiesi come stesse. Per tutta risposta, alzò il bicchiere pieno di whisky dicendomi che non era lui che aveva subito la violenza, ed avvicinandosi mi chiese perdono per non avermi difesa abbastanza. Lo abbracciai dicendogli di non preoccuparsi per quello non avendo ricevuto percosse, dovevo considerarmi fortunata, per il resto il tempo avrebbe fatto da lenitivo. Lo trassi a mè tenendomelo stretto stretto. Ormai il locale era vuoto e il padrone arrivò dicendoci che era molto dispiaciuto dell’accaduto e per quel poco che poteva fare si mise a nostra disposizione offrendoci, per il momento, qualsiasi cosa avessimo ordinato. Bevemmo ancora qualche cosa cercando di dimenticare quella brutta esperienza. Quando fummo abbastanza tranquilli decidemmo di rientrare in casa nel tentativo di dormire qualche ora. Eravamo stanchi e stressati, specialmente io, da quello accaduto quindi decidemmo di andare a letto senza perdere tempo. Burt c’invitò, per la sera dopo a casa sua, per cena, tanto per cercare di svagarci un poco e se avessimo voluto ci sarebbe stata la possibilità di farci una partitina a poker. Fummo d’accordo anche se noi donne non sapevamo molto di quel gioco.20° CAPITOLOQuando la mattina, di buon ora mi svegliai, presi un grosso asciugamano e andai al lago per fare un bel bagno. La casa era immersa nel silenzio, solamente dalla cucina giungevano rumori. Entrai e salutando la cuoca le dissi dove stessi andando. Mi rispose di non preoccuparmi che per il mio ritorno mi avrebbe fatto trovare pronta la colazione. M’incamminai ed una volta arrivata sul molo, spogliatami, entrai in acqua. Cominciai a nuotare stando vicino alla riva e l’acqua fredda mi rilassò dandomi frescura. Intravidi da lontano la barca di Burt e di Sam e li salutai agitando un braccio. Quando ebbi finito salì sul molo e dopo una energica asciugata mi rivestì. Ero sicura che tutto questo non era passato inosservato, da Burt, grazie al binocolo che aveva sempre con sé. Lo salutai un’altra volta e lui rispose immediatamente stando in piedi sulla barca. Tornai in casa e mi sedetti a tavola dove una colazione fumante mi stava aspettando. Alla spicciolata arrivarono anche gli altri, con segni evidenti della sera prima. I loro volti dicevano cosa provassero in quel momento, e mi chiesero come stessi. Nel contesto generale mi sentivo bene, risposi, avevo solo una grande rabbia per non per avere tra le mani i miei aggressori e potergli dare una bella lezione. Gli consigliai di andare a fare un bagno rigenerante nel lago e di rimanerci un po’ per cercare di far passare quel velo di tristezza. Si alzarono senza dire una parola e lentamente, ognuno, con il suo bel asciugamano, si diresse verso il molo. Jhon scese un po’ più tardi e quando vide, dalla finestra, i suoi uomini al lago che cercavano di riprendersi, si disse preoccupato. Avvicinatosi a mè chiese come stessi e prendendomi il viso tra le mani lo girò un poco per guardarmi la guancia. Ma già io al mattino avevo notato che rimaneva solo una piccola ecchimosi, e di questo parve molto sollevato. Mi abbracciò baciandomi sulla fronte, e rivoltosi alla cuoca gli disse che entro poco saremmo dovuti uscire e non sapeva quando saremmo rientrati, aggiunse che quella sera avrebbe dovuto preparare la cena calcolando che saremmo mancati e quindi di preparare per cinque persone in meno. Mentre Jhon stava facendo colazione, sentimmo un auto che si avvicinava velocemente e capimmo subito, che entro poco, Janet sarebbe entrata da quella porta portando confusione in casa. Jhon tornò subito in camera per preparasi ad uscire. Quando Janet entrò vedendomi vestita, già di tutto punto, mi chiese se poteva venire con noi all’ufficio dello sceriffo. Per mè non c’era nessun problema e fù cosi anche per Jhon. Una volta arrivati dallo sceriffo fummo fatti immediatamente accomodare in una stanza dove passarono le persone le persone arrestate la notte prima, e lo sceriffo mi chiese se potessi in qualche maniera riconoscerli e di sapergli dire chi di loro aveva abusato di mè. Era un po’ difficile, visto che loro erano incappucciati, ma potei confermargli, che quasi tutti avevano approfittato dell’occasione e quindi non sapevo esattamente quali fossero entrati nel gioco e quali fossero rimasti fuori. Ero sicura solamente di cinque uomini, ed indicandoli. A questi cinque gli fecero fare un passo avanti, ed ammanettateli li portarono subito via, mentre gli altri furono portati in un ufficio per l’interrogazione. Io e Janet approfittammo, della occasione, per andare in paese a vedere qualche vetrina aspettando di essere chiamata dallo sceriffo. Quando ritornammo ognuno di noi aveva qualche pacchetto delle spese appena fatte. Janet prese la sua auto torno a casa, mentre rientrai nell’ufficio dello sceriffo per sapere se la mia presenza fosse ancora necessaria. Molto gentilmente fui congedata dicendomi che ormai era tutto chiaro come si erano svolti i fatti e che la cosa sarebbe andata avanti egualmente. Jhon mi riaccompagnò a casa dicendomi d’ammirare moltissimo il mio sangue freddo visto quello che mi avevano fatto. In quel momento pensai a Sam e mi ritornò in mente il suo viso tumefatto. Era vero ero stata violentata da quei debosciati ma era anche vero che tra i due era lui, almeno apparentemente, che aveva avuto la peggio. Ora volevo solo dimenticare tutto al più presto possibile. Arrivati a casa mi precipitai in camera per poter provare con tutta tranquillità i capi appena comparati. Jhon entrò nella mia camera per vedere cosa avessi preso, ma lo cacciai via in malo modo dicendo che avrebbe visto tutto quando saremmo partiti per andare in casa di Burt. Appena uscito mi spogliai, poi iniziai a disfare i pacchetti rivestirmi con la roba appena presa. Misi prima di tutto il capo che sarebbe servita come camicetta. Era di un nero brillante, sul davanti piuttosto castigata, non facendo vedere assolutamente nulla, mentre il dietro era formato da due cordine leggere che si legavano una al collo e l’altra in vita, facendo in modo che la parte davanti rimanesse aderente al corpo. La gonna invece arrivava appena sopra alle ginocchia, era formata da due pezzi unite tra di loro da dei finti bottoni, in realtà automatici, che venivano agganciati lateralmente, era semplicissimo sia a metterla che a toglierla. In omaggio mi avevano regalato un reggicalze, e delle calze nere a rete con la riga dietro, che indossai immediatamente. Questo omaggio mi costrinse ad andare a comperare delle scarpe di vernice sempre nere con il tacco a spillo, che misi subito. Finita l’operazione di vestizione mi guardai allo specchio e cosi vestita, completamente in nero, la cosa non mi dispiacque. Scesi dalle scale così agghindata, la gonna era talmente aperta lateralmente da lasciar vedere completamente la coscia inguainata dalla calza a rete e sorretta dal reggicalze. Quando fui davanti a Jhon mi disse che quello che indossavo urlava sesso, e andando nella tana del lupo dovevo stare molto attenta a quello che avrei detto e ancora di più a come mi sarei mossa. Dopo, una decina di minuti, arrivò anche Janet vestita forse in maniera più provocante di mè. Aveva indosso un top bianco pizzato dove si vedevano, senza nessuno sforzo, i suoi bei capezzoli. La gonna, anche lei bianca, aveva sul davanti uno spacco vertiginoso. Ad ogni passo la gonna si apriva lasciando vedere le cosce abbronzate e ben tornite. Salimmo sull’auto e ci dirigemmo verso la casa di Burt. Durante il viaggio Jhon ci disse che stavamo scherzando con il fuoco, che così come eravamo vestite tanto valeva entrare, in casa loro, nude ma Janet lo mise subito a tacere dicendogli che farsi spogliare era senz’altro molto più eccitante. Jhon si mise a ridere per la sfrontatezza ma fù pienamente d’accordo con lei. Quando finalmente arrivammo una volta entrate in casa fummo portate subito in sala da pranzo dove cenammo senza che nessuno ci dicesse la ben più piccola cosa su come eravamo vestite. Quasi deluse dai loro discorsi, sulle bestie e sui pascoli, ci eravamo messe in disparte parlando tra noi due. Finito di cenare, Burt ci chiese se effettivamente avessimo voglia di giocare a Poker. La nostra risposta fù molto sincera rispondendo che nessuna delle due sapeva giocare bene. A quel punto Burt ci fece una nuova proposta. Lui aveva degli amici che andavano spesso in un vicino casinò, e se fossimo state d’accordo, li avrebbe chiamati invitandoli a venire con noi dandoci la possibilità di giocare a quello che più ci sarebbe piaciuto. Questo sembrò, per tutti, una splendida idea e fù accolta allunanimità con gioia. Burt chiamò immediatamente stando qualche minuto al telefono parlottando. Anche loro furono d’accordo e si accordarono di ritrovarci tutti all’entrata. In pochi minuti arrivammo davanti al casinò dove notammo un gruppetto di persone in nostra attesa. Ci furono le presentazioni, notando subito che sia gli uomini che le loro donne erano molto carini. Entrammo e per prima cosa andammo alla cassa per fare il cambio in fiches e ci dirigemmo dove ad ognuno interessava di più. Io e Sam facemmo alcuni tentativi in vari tavoli, perdendo puntualmente quasi tutto il nostro piccolo capitale. A un certo punto chiese se volessi andare a fare quattro passi, per tornare più tardi e vedere se la fortuna era cambiata. Accettai e uscendo vagabondammo non avendo un luogo predestinato. Nel buio della notte notai, un poco più lontano, la sagoma di una staccionata e continuando a parlottare ci diremmo verso essa. Una volta arrivati vedemmo una stalla e Sam mi chiese di seguirlo, e prendendolo sotto braccio gli feci fare strada. Una volta entrati accendemmo una piccola luce disturbando sicuramente il sonno dei cavalli. La mia ignoranza in merito era enorme e cominciai a fargli delle domande martellanti su questo tipo di vita e chiedendo cose sugli oggetti che vedevo disseminati un po’ ovunque. Lui gentilmente rispondeva a tutti i miei quesiti cercando di essere più chiaro possibile. Quando arrivammo in fondo alla stalla vidi una scala che saliva in verticale e chiesi dove portasse. Lui mi rispose che andava a finire in un soppalco dove si stoccava il fieno per le bestie, e chiesi di poter salire per poter vedere come fosse. Mi porto vicino ad essa e, toltami le scarpe, cominciai a salire. Lui si mise subito sotto di mè per poter evitare una mia possibile disattenzione. Vidi il suo sguardo perlustrare sotto la gonna, già generosamente aperta, sicura che da dove si trovava doveva avere un’ottima visuale delle mie parti intime. Appena arrivati notai parecchie balle di fieno stoccate che occupavano più dei tre quarti di quell’ambiente, mentre guardando verso il basso si poteva vedere tutta la stalla. Lo guardai e lui guardò mè con aria innocente, ma in quel momento decisi che sarei stata sua e mi distesi portando sopra la testa le braccia. Vidi Sam, ancora in piedi, passarmi con lo sguardo tutto il corpo. Allungai la mano verso di lui e presolo per mano lo feci sedere accanto a mè. Essendo molto timido non trovava il coraggio di fare quello che il suo sguardo mi chiedeva da tempo. Gli presi la testa, per la nuca, e lo avvicinai alla mia bocca dove una volta, preso contatto, gli insinuai la lingua, baciandolo con tenerezza per non spaventarlo. Guidai la sua mano sul mio seno dove con molta delicatezza cominciò a toccarmelo. Mi alzai con il busto chiedendogli di slacciarmi le cordine, che trattenevano il top, per potermi togliere quel capo così fastidioso. Lo fece immediatamente e una volta slacciatolo lo tolsi buttandolo in un angolo. Mi risdraiai sul fieno e senza essere vista sbottonai da una parte la gonna evitando di toglierla. Sam da parte sua si fece più intraprendente, ora le sue mani correvano sul mio corpo accarezzandolo e dandomi brividi lungo la schiena. La mia mano corse ai suoi pantaloni cominciando a toccare il suo sesso già pronto. Janet non aveva esagerato quando mi disse che era molto ben dotato. Cercai d’impugnarlo da sopra i pantaloni, ma non riuscendo a fare come volevo con l’aiuto dell’altra, cominciai a slacciargli la cintura per poi passare alla cerniera per subito dopo entrare nelle sue mutande. Quello che presi nella mia mano, facendogli emettere un grugnito di piacere, mi ripagò immediatamente della fatica fatta per arrivare dove ero. Era veramente enorme pur cercando d’impugnarlo il mio pollice non riusciva a toccare le altre dita tanto era piena di quel sesso. Presa da febbre lo feci mettere in ginocchio e gli abbassai in un colpo solo sia i pantaloni che le mutande, per bearmi a quella vista di una bellezza sconvolgente. Duro, enorme, la sua testa era grossa quanto il mio pugno e continuava con un fusto grosso uguale. I miei occhi sbarrati continuavano a guardarlo ammirati da tanta grazia. Le mie mani scorrevano su e giù lungo tutta la verga, fino a scappucciargli il glande roseo e coperto da una pelle finissima. Vene bluastre correvano tutto lungo il fusto dandomi la parvenza, a parte il colore, di avere tra le mani il ramo di una quercia. Mentre lui si toglieva la roba che aveva indosso mi venne naturale abbassarmi e baciarlo appassionatamente sulla punta come se fosse stata la sua bocca. Quando fu finalmente nudo si distese e con un colpo secco, tentò di togliermi la gonna che tanto lo infastidiva nell’accarezzarmi le natiche, rimanendo solamente con la parte posteriore tra le sue mani. Impegnata con tutta me stessa in quel bacio non gli resi la vita facile per togliermi la rimanente meta incastrata tra le cosce e l’addome. Quando finalmente vi riuscì dovette usare una buona dose delle sua forza per strapparmi dalla bocca quel magnifico boccone. Mi sollevo il viso e lo porto sopra il suo dove cominciò a baciarmi con trasporto. La mia mano si era impossessata ancora una volta del suo sesso, palpandolo e stringendolo con gioia. Lui dopo vari baci mi prese per i fianchi mettendomi a cavalcioni sul suo corpo. Il suo sesso combaciava perfettamente con il mio e cominciai a muovermi strusciandolo sulle grandi labbra. La cosa mi faceva impazzire, e la mia vagina rilasciando parecchi umori, era d’accordo con il mio cervello. Lo presi tra le mani e lo guidai verso il mio sesso e quando sentì che il glande si faceva spazio m’impalai felice di riceverlo completamente. La sua entrata mi fece emettere un rantolo che svuotò i polmoni da tutta l’aria immagazzinata un attimo prima della penetrazione. Rimasi per un attimo immobile gustandomi così appieno l’ospite che avevo così profondamente dentro mè. Con gli occhi mi si rovesciarono all’indietro e cominciando a cavalcarlo il piacere mi salì alle stelle. Era splendido nella sua robustezza sentirlo entrare e quasi fuoriuscire da mè. In quel momento ero disposta a tutto pur di non perdere un attimo di quell’amplesso magnifico. Presi ad impalarmi sempre con più lena inframmezzando attimi d’immobilità dove con un gioco muscolare cercavo di avviluppare ancora di più nel mio utero il suo sesso. Lui ormai, come mè, era stravolto dal piacere, non capendo più niente, mandando la sua testa da una parte all’altra e biascicando parole incomprensibili. La cosa durò molto tempo nel suo bellissimo andirivieni e facendomi, mille e mille volte, godere. Quando sentì che il suo piacere era più vicino i miei movimenti si fecero più rapidi. Un attimo prima che venisse estrassi il suo sesso, e continuando con la mano, lo feci eiaculare sopra il suo addome, e mentre ancora veniva, vi passai il volto e il seno cospargendolo come se fosse una crema di bellezza. Quando alzai il viso, vidi che qualche grumo di sperma, era rimasto attaccato al mio seno e con le mani andai a raccoglierlo spalmandomelo poi sul viso. Sentivo la pelle del volto e del seno tirarmi dallo sperma che si stava essiccando. Rimanemmo abbracciati per qualche attimo poi recuperata lucidità ci rivestimmo per tornare dagli altri prima andassero in giro a cercarci per vedere che fine avessimo fatto.21° CAPITOLOUna rientrati nel casinò andammo in cerca dei nostri amici per sapere come stava andando. Li trovammo quasi tutti, e con loro molta altra gente, presso il tavolo dello chemin-de-fer. Sembrava che, sia Burt che Jhon, fossero molto impegnati a vincere una discreta sommetta visto le fiches davanti a loro. A nostra volta ritornammo alla roulette cercando di ricuperare quello che fino a poco prima avevamo perso, riuscendo in poco tempo a riportarci alla pari. Ci alzammo soddisfatti della cosa andando a vedere come i nostri amici se la stavano cavando. Quasi tutti, chi più chi meno, erano riusciti a tenere i soldi giocati, gli unici due che stavano riuscendo a vincere una cospicua somma erano Burt e Jhon. Davanti a loro una piccola montagnetta di fiches indicava la loro fortuna, mentre il sorriso sui loro volti segnava il divertimento. Rivolgendoci ai nostri amici attorno al tavolo, io e Sam lasciammo detto di avvisare i due giocatori che io e Sam saremmo ritornati a casa. Prendemmo l’auto e dopo un giro turistico del paese by night, dove non c’era anima viva, Sam mi portò a casa dicendomi che al mattino dopo doveva alzarsi molto presto per andare a prendere il bestiame e riportarlo a casa, e per fare questo avrebbe impiegato una quindicina di giorni, e mi salutò, baciandomi sulla bocca, augurandosi di rivedermi al più presto. Una volta sola rimasi seduta sulla veranda a guardare il cielo stellato e i riflessi del lago rischiarato dalla luna piena. Mentre ero immersa nei miei pensieri, vidi in lontananza dei fari d’auto che si dirigevano verso la casa. Quando l’auto si fermò davanti a mè vidi scendere gli uomini di Jhon che non erano venuti con noi avendo scelto altre attrattive. Dal modo che si muovevano quasi tutti erano molto sull’allegro e zigzagando, non so come, riuscirono ad entrare in casa andando nelle rispettive stanze. Dopo circa un ora arrivarono a casa anche tutti gli altri, con Jhon e Burt in primo piano, complimentati per la vincita al casinò. Entrammo in casa ed andammo in cucina dove stapparono una bottiglia di spumante bevendone tutti. Una volta festeggiato io, Janet, Burt e Jhon uscimmo sul patio rimanendo a chiacchierare ancora per un po’. Poi all’improvviso, decidemmo di comune accordo, di fare un bagno nel lago dando come scusa il caldo che faceva. Con una corsa lo raggiungemmo e completamente vestiti ci buttammo dentro. L’acqua fresca ci fece emettere grida al suo improvviso contatto con i nostri corpi accaldati. Quando fummo in acqua ci spogliammo buttando le vesti a riva, allontanandoci subito dopo, ci dirigemmo verso il centro del lago. Giocammo e ridemmo come dei collegiali alla nostra prima giornata di libertà finite le scuole. Quando tornammo a riva uscendo dall’acqua nei nostri corpi erano ben visibili i segni della frescura appena ricevuta. I nostri capezzoli erano dilatati al massimo, mentre i sessi degli uomini erano quasi rattrappiti. Ci sedemmo sulla sponda aspettando che la temperatura esterna facesse il suo dovere scaldandoci per portare tutto alla normalità. Mentre Jhon si stava dando da fare con Janet toccandola e baciandola, Burt si avvicinò a me per fare altrettanto. Mi alzai di scatto e iniziai a correre verso la boscaglia invitando Burt a fare altrettanto se voleva raggiungermi. Causa l’età non più giovanissima, impiegò un po’ di tempo ad alzarsi per iniziare a correre, e quindi riuscì a prendere un discreto vantaggio su di lui. Entrai nella boscaglia correndo, e saltando gli ostacoli che mi si paravano davanti all’improvviso. In pochi minuti mi addentrai profondamente, sentendo la sua voce che mi chiamava ripetutamente, farsi sempre più lontana. Quando non la sentì più mi fermai guardandomi alle spalle per vedere se lo scorgevo. Il buio era quasi assoluto, di tanto in tanto, filtrava dagli alberi un fascio di luce datomi dalla luna. Prosegui camminando per prendere fiato fino a che mi trovai in una radura. Il chiarore era spettarle ma molto caldo. Sdraiatami sull’erba attesi un qualsiasi rumore che mi avrebbe avvisata del suo arrivo imminente. Guardai il cielo pieno di stelle e più lo guardavo più sembrava che aumentassero, mentre la luna faceva capolino attraverso le cime degli alberi. Dopo alcuni istanti sentì un rumore e messami a sedere chiamai Burt dicendogli di uscire avendolo sentito arrivare. Nessuno apparve e non ci fù nessuna risposta. Lo chiamai un’altra volta e ancora non rispose. La cosa mi stava facendo arrabbiare e lo dissi apertamente. Indispettita ancora dal suo silenzio gli dissi, in modo che mi sentisse chiaramente, che se fosse uscito subito mi sarei lasciata prendere, mentre se avrebbe continuato così non mi avrebbe fatto arrabbiare moltissimo. Cercai di vedere se fosse nascosto dietro un albero ma la luce non era sufficiente per scorgerlo. Facendo spallucce, e pensando che prima o poi sarebbe uscito, ripresi a camminare nella radura beandomi del venticello leggero che mi accarezzava il corpo. I miei pensieri corsero all’ultimo periodo della mia vita, dal lasciarmi con Mario, al ritrovamento del mio amico Franco, fino a quell’istante. Potevo ben dire, senza ombra di smentite, che ero molto cambiata dalla donna tutta casa e lavoro. Eccomi lì in attesa di un uomo, molto più vecchio di mè che come fossi stata tra le sue mani, mi avrebbe fatto fare sicuramente l’amore, e la cosa più strana era che ne ero pienamente consapevole e mi piaceva. Rabbrividì a com’ero e come fossi, e promisi a me stessa che avrei fatto di tutto pur di non tornare ad essere quello che ero. Un altro rumore mi distrasse da quei pensieri e m’incamminai verso la sua fonte. Guardai attentamente fra gli alberi ma non vidi assolutamente nulla essendo immersi quasi nella oscurità totale. Chiamai ad alta voce il nome di Burt e per l’ennesima volta non rivetti nessuna risposta. Mi decisi allora di tornare verso casa e solo allora constatai che non sapevo da dove ero arrivata. Mi guardai in giro per cercare una qualsiasi cosa che potesse farmi da punto di riferimento, ma non riuscivo a venirne a capo. Cominciai a spaventarmi non sapendo assolutamente cosa fare e mi diedi della stupida per quello che avevo fatto. Chiamai a più riprese i nomi di Jhon e di Burt non ricevendo la ben più minima risposta, al contrario cominciai a sentire dei rumori strani che giungevano da tutto intorno. Ad ogni rumore mi volgevo dalla parte da dove mi sembrava arrivare non scorgendo assolutamente nulla. Mi costrinsi a stare calma e di riflettere come venirne a capo ma le idee non uscivano. Tutta la bellezza di quel luogo svanì per incanto sentendomi come prigioniera di un bosco incantato. Cominciai a sentire un po’ di freddo e nuda come ero potevo fare ben poco. Cercai nelle vicinanze un qualcosa per potermi coprire ma non fui molto fortunata. Preso coraggio mi addentrai nella boscaglia da dove per mè ero uscita. Camminai stando attenta a qualsiasi cosa potesse muoversi attorno a mè, sempre pronta a qualsiasi rumore strano ad accovacciarmi per nascondermi. Di rumori ne sentì parecchi ed ogni volta fui sul punto di urlare. Mi sembrava di aver camminato per delle ore ma ancora non riuscivo a scorgere la fine della boscaglia. Mi sedetti un attimo, su una pietra, per tranquillizzarmi un po’ e riprendere fiato. Guardando il cielo cominciai a vedere del chiarore segno che eravamo vicini alla nascita di un nuovo giorno. Ripresi a camminare nella stessa direzione saltando ostacoli molto più visibili grazie alla luce del giorno che arrivava ad illuminare il sottobosco sempre più prepotentemente. In lontananza cominciai a vedere dei riflessi argentati e mi misi a correre verso quella fonte di luce. Fatto qualche centinaio di metri potei vedere che si trattava di uno specchio d’acqua e pregai che fosse il piccolo lago sul terreno di Jhon. Per fortuna si trattava proprio di quel laghetto e infatti arrivata al limite della boscaglia potei vedere in lontananza la casa di Jhon. Mi guardai in giro per vedere se ci fosse qualcuno che potesse vedermi ma non scorsi nessuno. Uscii dalla boscaglia e controllai esattamente dove mi trovavo e qual era la cosa migliore da farsi per ritornare a casa. Ora ero sicura di trovarmi molto vicino al luogo dove Sam e Burt mi erano venuti a prendere in barca la prima volta. Mi tranquillizzai immediatamente ormai potevo dire di trovarmi a casa. Mi avviai verso quel luogo conosciuto ed una volta arrivata scelsi di sdraiarmi un attimo al sole per riposare dalla nottata passata in bianco e mi appisolai. Fui svegliata da un buon profumo di caffè e aprendo gli occhi per vedere da dove potesse venire mi trovai davanti un uomo, di circa mezza età, che mi passava una tazza sotto il naso sorridendo. Feci uno scatto all’indietro cercando di coprire, alla bene e meglio, quello che lui aveva avuto tutto il tempo di vedere al meglio. Lui alzando una mano, come in segno di stare tranquilla, mi tese la tazza piena di caffè caldo. Pensai che ormai era inutile continuare a coprirmi visto che sicuramente aveva visto tutto quello che c’era da vedere, quindi presi la tazza che mi veniva offerta, ringraziandolo con un cenno del capo. Iniziai a bere il caffè sorseggiandolo lentamente e continuando a guardarlo cercai di capire il perché non lo avevo visto all’uscita del bosco. Nessuno dei due parlava ci guardavamo e basta. Il suoi occhi ogni tanto lasciavano il mio volto per guardare il mio corpo, accentuando subito dopo il sorriso. Facendomi dei segni con le mani mi fece capire di seguirlo, ed alzandosi si diresse al di là della sponda del lago. Quando fù in piedi davanti a mè vidi che anche lui era nudo ma sembrò non avere nessun problema a farsi vedere. Mi alzai e lo seguì ancora con la tazza di caffè in mano. Superata la sponda, a circa duecento metri vidi un caravan, parcheggiato in mezzo ad uno spiazzo, con tanto di veranda e tre sdraio. Mi avvicinai, sempre preceduta da lui, e una volta arrivati al caravan uscirono un ragazzo e una ragazza più giovani, di circa una decina d’anni, ma anche loro completamente nudi. Il ragazzo rivolgendosi all’altro, mi fece rimanere meravigliata nel sentirgli chiedere in perfetto italiano, se sapesse chi fossi e cosa mi fosse successo. Gli risposi immediatamente e anche loro rimasero stupiti che parlassi la loro lingua. Ci presentammo e seppi che l’uomo del caffè si chiamava Matteo mentre i due ragazzi più giovani si chiamavano sedemmo Maurizio e Roberta. Quando fummo all’interno del caravan e gli spiegai che la notte prima mi ero perduta e dove abitavo. Mi chiesero subito se avessi bisogno di qualche cosa oppure se volessi essere accompagnata a casa. Li ringraziai moltissimo, ma dissi che non c’era nessun bisogno, gli spiegai che la mia idea era di tornare a nuoto attraversando il laghetto. Stetti ancora un poco con loro e mi spiegarono di essere in ferie da circa due settimane e che erano arrivati in quel luogo solo da un paio di giorni decidendosi di fermarsi per la pace e la tranquillità che c’era. Mi dissero anche che erano della Toscana, vicino a Firenze, mentre alla fine seppi, ma il dubbio già lo avevo, che erano dei naturisti. Gli chiesi se sapessero che erano su un terreno privato e dalle loro espressioni capì che non ne avevano la minima idea. Allora optai di farmi accompagnare da uno di loro così da poter chiedere a Jhon il permesso di fermarsi in quel posto sicura che non glielo avrebbe sicuramente rifiutato. Matteo si mise qualcosa addosso e prestatami qualche indumento dei loro salimmo sopra una moto che era parcheggiata nel retro del caravan e partimmo per andare a casa di Jhon. Quando fummo arrivati, dopo circa una decina di muniti, vidi Jhon con Burt e Janet uscire dalla casa di corsa dicendomi subito che era ora di finirla che mi perdessi sui suoi terreni e oltremodo sempre nuda. Sorridemmo e una volta scesa mi chiese se stessi bene, e che erano ormai pronti a partire alla mia ricerca. Salutarono il mio accompagnatore rimasto in silenzio ma sorpreso di sentire, in quell’angolo degli stati uniti, parlare tranquillamente italiano. A Jhon spiegai del caravan e di dove si trovassero, e come avevo già dedotto, per lui non ci fù nessun problema a lasciarli in quel posto l’importante, disse, che quando volevano andarsene di lasciare tutto pulito. Matteo lo ringraziò moltissimo e ci lasciò il numero di telefono in caso volessimo andarlo a trovare una volta in Italia. Jhon si scusò, con lui, per non avere la possibilità d’invitarli a cena visto che il giorno dopo, di buon ora, saremmo dovuti partire per ritornare in Italia, ma che sicuramente avremmo fatto in maniera d’incontrarci al loro ritorno a casa. 22° CAPITOLOLa mattina dopo, felici da una parte ma tristi dall’altra, andammo a prendere l’aereo che ci avrebbe riportato in Italia. Fummo accompagnati dai parenti di Jhon che ci salutarono augurandoci di vederci presto. Il viaggio fu barboso ognuno di noi pensava ai giorni trascorsi. Quando l’aereo atterrò, dopo le solite formalità doganali, ci salutammo ed ognuno prese la sua strada per casa. Arrivata entrai e sentendo odore di chiuso spalancai le finestre. Quasi subito arrivò Rossella e dandomi il bacio di benvenuto mi diede una mano a disfare le valige per poi invitarmi a casa sua per il pranzo. Accettai ben volentieri il suo invito non avendo nessuna voglia di mettermi a spignattare. Quando andai da lei, gli diedi il regalino, che avevo preso apposta, e ci sedemmo a tavola. Volle sapere come era andata facendomi mille domande. Gli raccontai quasi tutto e rimanendo in silenzio fino a che non finì. A mia volta gli chiesi come stava andando con il uso uomo, e dallo sguardo che vidi, capì che andava tutto benissimo e che si sentiva felice. Aggiunse che si sarebbero sposati presto e che fra un paio di settimane sarebbe andata via da quell’appartamento per andare a vivere con lui. Questa notizia mi rattristò pur essendo vero che non sarebbe andata lontano e che avrei potuto vederla ogni volta che avessi voluto. Aggiunse che al padrone di casa aveva dato il nominativo per prendere il posto suo e la cosa era stata accettata senza nessun problema. Chiesi se lo conoscessi e per quante domande facessi non venni a capo di nulla. Ritornai nel mio appartamento per prepararmi ad uscire a fare la spesa. Andai in camera mi vestì ed usci. Mentre ero già in strada mi accorsi di non avere indossato la biancheria intima, e sorridendo pensai a Jhon, e al riflesso condizionato che avevo avuto. Quando ritornai a casa, messa via la roba chiamai Franco per dirgli che ero arrivata ed avevo un gran voglia di vederlo, ma non rispose nessuno. Dissi fra me e me che lo avrei chiamato più tardi ed andai in camera per farmi un sonnellino e cercare di riprendermi dal cambiamento del fuso orario. Quando mi svegliai fuori era già buio e sentì il campanello della porta che veniva suonato con insistenza. Mi alzai ancora assonnata e mi diressi verso la porta. Aprì e mi trovai davanti Franco con una bottiglia di spumante tra le mani addobbata con un gran fiocco rosa. Gli saltai al collo baciandolo sulle guance così improvvisamente che corse il rischio di far cadere la bottiglia per terra. Lo feci entrare, gli tolsi la bottiglia dalle mani, lo riabbracciai un’altra volta tornandolo a baciare ma questa volta sulla bocca. Al mio bacio lui rispose con altrettanto trasporto, e le sue mani cominciarono a toccarmi dove più mi piaceva. Quando ci staccammo eravamo rossi in volto per l’eccitazione e mi parve molto soddisfatto del mio benvenuto. Andai in camera a prendere il regalo a lui destinato consegnandoglielo subito dopo. Rimase molto sorpreso del pensiero, non tanto per il regalo in se stesso ma per il fatto che avevo pensato a lui. Senza bisogno di nessuna domanda cominciai a raccontargli per filo e per segno come avevo passato e cosa mi era successo in qual periodo. Alla fine del mio racconto chiese se in generale fossi contenta oppure avessi qualcosa da recriminare. Ci pensai un attimo ma in generale era andato tutto bene a parte l’esperienza della violenza che era l’unica cosa che volessi dimenticare veramente. Lui sorridendo mi abbracciò dicendomi che se volevo delle avventure sicure dovevo lasciare fare a lui e su questo mi trovò perfettamente d’accordo. Poi gli chiesi io come gli fosse andata nel periodo di mia assenza e la sua risposta fù che non era stata la solita routine. Mi chiese se avessi qualche impegno per la serata, e visto che nessuno dei due era impegnato, decidemmo di andare a mangiare una pizza insieme. Gli chiesi d’attendermi, che mi sarei rinfrescata in un lampo e poi saremmo usciti. Andai a farmi una bella doccia e alla mia uscita vidi che avevo lasciato, involontariamente, la porta aperta. Notai subito che si era seduto in maniera di non perdere assolutamente nulla dello spettacolo che avevo dato fino a quel momento. Lo guardai sorridendo ed andai in camera a vestirmi. Da li mi giunse la sua voce che mi chiedeva se poteva essere presente mentre mi vestivo e senza nessun problema, dato che ormai conosceva bene il mio corpo, acconsenti a tale richiesta. Infatti giunse in camera e sedutosi sul letto lo lasciai guardare, poi mi truccai leggermente e finalmente uscimmo. Andammo in una pizzeria poco lontano ma fuori dalla città. Passai la serata con lui contenta di essere tornata a casa, anche se ogni tanto con il pensiero tornavo negli U.S.A. ed in particolar modo a Sam. Di tutte le persone che avevo conosciuto lui sicuramente risaltava come una mosca bianca. Ad un certo punto gli dissi che volevo tornare a casa sentendomi ancora molto stanca e poi anche per il giorno dopo che sarei dovuta andare al lavoro e volevo essere ben riposata. La mattina dopo mi alzai, come al solito, di buon ora per andare in ufficio. Arrivata misi a posto i depliant ricevuti con i vari nominativi cercando poi di capire cosa ci fosse da fare. La settimana passò tranquillamente. Non so come mai ma quando arrivò il giovedì sera mi venne addosso una voglia pazza di uscire a divertirmi. Posticipai questa voglia a venerdì chiamando Rossella e Franco dicendogli di organizzare qualche cosa. Non ci fù nessun problema, infatti quando arrivò venerdì tutto era già organizzato. Verso le venti, come concordato, arrivarono tutti Rossella con il suo uomo seguiti dopo pochi minuti da Franco. Stranamente ero già vestita di tutto punto, in maniera sexy, ma non vistosa e questa volta con le mie belle mutandine. Uscimmo allegramente da casa e presa l’auto andammo in un piano bar molto rinomato. Arrivati ci sedemmo tranquilli e bevemmo qualche cosa iniziando poi a ballare, all’inizio con il proprio partner, per poi scambiarcelo. Mentre stavo ballando con l’uomo di Rossella, accostandomi la bocca all’orecchio mi disse che aveva una voglia matta di finire a letto insieme a me, e che Rossella era al corrente della cosa già da molto tempo e non aveva nulla in contrario. L’idea non mi dispiaceva, era ormai una settimana che non facevo più l’amore con nessuno. Non era molto tempo ma con tempistica che avevo tenuto nei dieci giorni in U.S.A. era quasi da considerarsi un record. Rimasi dubbiosa alle sue parole e una volta che fummo tutti seduti al nostro tavolo, senza tergiversare, dissi a Rossella, della proposta e se lei affettivamente fosse d’accordo. Con un sorriso mi confermò che era a conoscenza della cosa e che più volte ne avevano parlato tra di loro. Era sicura, mi spiegò, che io non avrei mai fatto niente per portargli via l’uomo, e certamente non lo avrebbe certo trattenuto dicendogli che non voleva che lui venisse a letto con me, essendo sicura che se la cosa non doveva accadere mai sarebbe accaduta. Alzandosi si mise alle spalle di Franco e rivolgendosi al suo uomo gli disse che aveva intenzione di andare a letto insieme a lui, ed ormai conoscendolo un poco, era sicura di renderlo contento. Franco non gli parve vero, era la prima volta che una donna gli si offriva a lui, e fù felicissimo d’accettare. Fummo tutti d’accordo che all’uscita del locale ognuno di noi sarebbe andata a letto con l’uomo prescelto. Ballammo e bevemmo ancora per molto fino a rimanere al quanto allegri. Quando per tutti era arrivata l’ora uscimmo per andare a finire la serata come si era convenuto, ma Franco uscì con una idea che al momento parve strana ma poi pensandoci bene accettammo ben volentieri. L’idea era chiara e forse tutti noi ci avevamo già pensato non trovando il coraggio, però, di dirlo. Davanti alle auto Franco con molta naturalezza chiese cosa ne pensassimo se anziché dividerci fossimo finiti a letto tutti insieme dato che aveva un voglia folle di vedermi all’opera con un’altra donna. Io e Rossella ci guardammo con aria stupita, ed abbassando lo sguardo ci confidò che questo pensiero lo aveva da molto in testa non avendo però mai trovando il coraggio di chiedermelo. Rimasi molto sorpresa di questa sua confessione, ma nello stesso tempo la cosa mi fece molto piacere. In una decina di minuti raggiungemmo la casa di Rossella e sia Franco che il suo amico buttarono materassi, del letto, per terra in sala. Quando gli uomini finirono il piccolo trasloco ci vennero incontro iniziando a baciarci passando da una all’altra e continuando a toccandoci un po’ ovunque. Ci spogliarono fino a lasciarci con solo le mutandine, e prima che mi rendessi conto, mi trovai avvinghiata a Rossella toccandola in ogni dove e baciandola con passione. Le mani di Rossella corsero lungo tutto il mio corpo fino ad arrivare alle mutandine togliendomele. Quando si chinò per sfilarmele completamente dalle gambe la sua bocca prese possesso del mio sesso iniziando a baciarla. Questo inaspettato attacco mi fece perdere l’equilibrio e cadendo all’indietro rimasi con divaricate le gambe facendo perderle il contatto con il mio sesso. Mi fù subito un’altra volta sopra, e tornò ad interessarsi con ancora più accanimento alla mia vulva. Leccava e succhiava con molta maestria tanto che in poco tempo non fece capire più niente. Posi le mani sopra la sua testa spingendola ancora di più sul mio sesso e pregandola di non smettere assolutamente dato che la cosa che faceva mi faceva impazzire. Ogni tanto si staccava per prendere fiato, ma solo per poco, poi si rituffava su di mè con grande desiderio. Vidi, con lo sguardo annebbiato dal piacere, che i due uomini ci stavano guardando gustandosi pienamente quella scena lesbica. Chiusi gli occhi per assaporare ancora meglio quello che Rossella mi faceva. Poi ricambiai il piacere che mi stava dando facendola girare e mettendola nella classica posizione di sessantanove, cosi che potei mettere la mia bocca sul suo sesso iniziando a leccarla. Mentre le stavo succhiando la clitoride, in un raptus di mia libidine, le infilai due dita nell’ano, e a parte la contrazione che ebbe subito, parve piacerle moltissimo emettendo strani grufolii. A un certo punto, non so chi, mi estrasse le dita da dove mi trovavo e vidi un sesso maschile, che togliendomi anche la bocca, entro con autorità nel sesso di lei, facendole emettere un gridolino di piacere, poi la stessa cosa sentì che succedeva a me. Vidi il membro sparire completamente dentro di lei fino a che ebbi a portata di bocca lo scroto dell’uomo che la stava montando, estrassi la lingua ed abbracciando quei fianchi possenti, cominciai a leccarglieli ogni volta che il suo andirivieni mi dava la possibilità. La vista di quella penetrazione, così in primo piano, mi eccitò moltissimo tanto che arrivai con la lingua a lambire suo ano e cominciando a leccarglielo tentai di penetrarlo. La cosa parve piacergli non poco tanto che si abbassò sul mio volto per agevolare quello che volevo fare. Dopo un po’ sentì che estraeva il membro dalla vagina per puntarlo ed entrare senza nessuna resistenza nel suo ano. Mi riattaccai, con la bocca, alla sua vagina andandogliela a torturare. Come se si fossero messi d’accordo anch’io stavo ricevendo lo stesso trattamento dall’altro uomo. Sentivo un sesso maschile scavarmi profondamente nello sfintere dandomi un piacere mai provato. Dalle nostre bocce, a parte le parole d’incoraggiamento a continuare, fuoriuscivano gridolini e sospiri di piacere. Sentì Rossella regalarmi il suo piacere con un orgasmo dolce e prolungato, senza che questo influisse su quello che mi stava facendo anzi cercando a sua volta di portarmi al godimento. Ricambiai più di una volta quel suo regalo venendo anch’io nella sua bocca, fino anche i nostri amanti, uscendo da dove erano, eiacularono un po’ ovunque. Subito con la bocca, la pulii velocemente da ogni traccia di sperma.23° CAPITOLOQuando ci alzammo eravamo piacevolmente esauste, ma pronte ad iniziare un’altra battaglia, mentre per gli altri era tutt’altra cosa. Erano accasciati per terra ed il loro petto andava su e giù, come un mantice, in cerca d’aria. Io e Rossella ci baciammo scambiandoci i sapori di uomo che avevamo ancora in bocca, poi ci alzammo ed andammo a farci una doccia in attesa che loro si ristabilissero un poco. Io andai a casa mia e rimasi sotto l’acqua della doccia parecchio, provando un notevole piacere al massaggio che il getto mi dava. Una volta finito messomi l’accappatoio ritornai da loro che ormai ripresisi centellinavano una birra. Mi sedetti sulle gambe di Franco e mi abbarbicai al suo corpo dandogli piccoli baci sulla guancia e sul collo. Lui prendendomi per il mento appoggio le sue labbra alle mie ponendovi un tenero bacio. Rimanendo in quella posizione parlammo di Rossella e del suo uomo che andavano a vivere assieme, augurandoci che tutto andasse per il meglio, e così venni a sapere che l’appartamento di Rossella era stato preso proprio da Franco. Pur dispiacendomi della dipartita di lei, fui contentissima che Franco sarebbe venuto ad abitare nell’appartamento davanti al mio avendo quindi più possibilità di vederci e di stare insieme. Gli chiesi quando avrebbe fatto il trasloco e mi confidò che essendo già tutto pronto, il giorno dopo avrebbe dato inizio alle grandi manovre. Rossella gli aveva detto che gli avrebbe lasciato quasi tutti i mobili dato che lei non ne avrebbe sicuramente più avuto bisogno. Quindi erano rimasti d’accordo che volendo poteva fermarsi da subito nel nuovo appartamento. Per festeggiare lo invitai immediatamente a cena, preannunciandogli che gli avrei preparato un ottimo piattino. Nel pomeriggio usci a fare la spesa prendendo il necessario per preparare dei piatti altamente afrodisiaci aggiungendo nella lista all’ultimo momento anche del peperoncino che avrei sicuramente utilizzato. Arrivata a casa presi a cucinare e imbandii la tavola in maniera che al suo arrivo mancassero solamente le portate. Quando mancò poco all’ora concordata andai in camera a cambiarmi mettendo le cose più sexy che avessi. Top bianco semitrasparente evitando espressamente di mettermi il reggiseno, poi una gonna nera velata indossando sotto un delizioso tanga. Una volta finito mi guardai allo specchio e fui contenta di quello che s’intravedeva neanche tanto velatamente. Quando giunse finalmente l’ora fissata, Franco entrò nel mio appartamento vestito in maniera sportiva, ma nello stesso tempo elegantemente, e dall’espressione del suo volto, quando mi vide, fui contenta di aver scelto quel tipo di vestiario. Mi avvicinai a lui dandogli il benvenuto con un bacio sulla bocca, e chiedendogli di darmi una mano a portare i piatti e del buon vino bianco in tavola. Una volta imbandita con le pietanze che avevo preparato ci sedemmo per iniziare a cenare e tra un piatto e l’altro parlammo del più e del meno. Mentre parlava lo guardavo attentamente scoprendomi a pensare che non si poteva dire certo che era bello e sicuramente non avrei mai accettato di fare una coppia fissa con lui, ma nello stesso tempo la sua simpatia, il tempo che mi dedicava, e gli aiuti che mi aveva sempre dato, non mi facevano assolutamente rimpiangere il fatto di essere andata e di andare a letto con lui. Come sempre passai un ottima serata divertendomi alle sue battute, come sempre, molto simpatiche. Una volta finito e sparecchiata la tavola gli dissi d’accomodarsi sul divano e andai a preparare il caffè. Quando tornai, una volta servito il caffè, mi sedetti accanto a lui chiedendogli di colpo se per lui fossi ancora una donna desiderabile. Senza pensarci mi rispose, ma questo per mè era prevedibile ma mi piaceva sentirmelo dire, disse che mi reputava la più bella donna che avesse mai conosciuto, e subito dopo iniziò, mentre ancora mi parlava, iniziò ad accarezzarmi le gambe sollevando lentamente la gonna fino a scoprire completamente le cosce. Le sue mani, che sentivo grandi e forti, e mi davano dei brividi mentre mi accarezzava. Dentro di me pensai che se avesse continuato così non avrei resistito molto a portarlo in camera e finirci a letto assieme. Per fortuna squillò il telefono e mi spostai dalla parte opposta del divano per rispondere. Sentì una voce molto lontana, e non capì subito chi fosse, ma dopo alcune parole riconobbi la voce di Sam che stava chiedendomi come stavo e se il viaggio era andato tutto bene. Stemmo al telefono un po’, e prima di riattaccare mi disse che gli tornava spesso in mente l’amore che avevamo fatto nella stalla dispiacendosi moltissimo che in quel momento fossi così lontana, ed infine ci salutammo mandandoci, reciprocamente, un grosso bacio. Quella telefonata mi aveva rattrista perché, anch’io, spesse volte mi ritrovavo a pensare a quella volta, e anche a lui. Franco capì subito che quella telefonata mi aveva turbato ed aveva rotto l’incantesimo di quella serata. Rimase ancora un po’ cercando di capire se poteva in qualche maniera distogliermi dai miei pensieri ma capì, quasi subito, che non poteva fare assolutamente nulla, quindi salutatami si alzò dandomi un bacio. Quando fù sulla porta mi disse che se avessi avuto bisogno di qualsiasi cosa di andarlo a chiamare, e che avrebbe lasciato la porta aperta del suo appartamento. Una volta sola cominciai a ripensare a quei posti così belli e li misi in paragone a dove abitavo. Poi il mio pensiero dai luoghi passò in un attimo alla mia vita, ed entrai nello sconforto più nero fino a che, senza una ragione plausibile, mi ritrovai piangente. Mi diedi della stupida cercando di capire il perché del pianto ma non trovai nessuna ragione effettivamente importante. Andai in camera e passando davanti allo specchio, mi fermai, e vidi una donna ancora piacente sia di viso che di corpo. Certo non avevo più vent’anni e qualche chilo in più mi appesantiva, ma tutti erano messi in punti molto apprezzati dagli uomini, visto che fino a quel momento chi aveva avuto la fortuna di portarmi a letto, nessuno mai si era lamentato, anzi come avevano avuto una seconda possibilità avevano approfittato subito. Continuavo a non capire il perché di quella tristezza improvvisa, quindi mi spogliai e decisi di andare a letto pensando che sicuramente una buona dormita mi avrebbe fatto bene. Quando alla mattina dopo mi alzai, come supponevo tutto era passato grazie anche alla mattina assolata che preannunciava una giornata splendida. I raggi del sole filtravano attraverso gli spiragli della tapparella semi aperta disegnando un po’ dovunque degli strani giochi di luce. Buttai le lenzuola di lato e scesi dal letto stiracchiandomi ma riflesso nello specchio notai Franco addormentato su una poltroncina nella mia camera. Mi avvicinai ed appoggiandogli una mano sulla spalla lo scossi fino a quando si svegliò. Appena aperti gli occhi si guardò in giro per capire dove fosse, e una volta vistami mi chiese immediatamente come stessi. Gli chiesi cosa mai facesse lì capendo immediatamente che aveva passato tutta la notte su quella poltroncina. Rispose che vedendomi così rattristata la sera prima non se l’era sentita di lasciarmi sola e fatto trascorrere un po’ di tempo, da quando ci eravamo lasciati, era rientrato sedendosi lì in caso avessi avuto bisogno di qualche cosa addormentandosi quasi sicuramente subito. Lo sgridai per quella stupidata ed in modo molto serio gli dissi che la prossima volta, ammesso che fosse successo ancora, anziché sedersi sulla poltroncina aveva la mia autorizzazione a sdraiarsi sul letto accanto a mè, e che poi magari avremmo potuto passare, qualche ora della notte, facendo qualcosa di meglio che piangersi addosso e preoccuparci. Detto questo lo baciai in bocca essendo felice dell’affetto che mi aveva dimostrato. Mentre lo baciavo non perse l’occasione di prendermi a piene mani i glutei palpandoli e stroppiciandoli con desiderio. Mi staccai da lui, e rimanendo così com’ero, andai in cucina per preparare il caffè . Lui mi raggiunse e messosi alle mie spalle appoggiò il suo bacino alle mie natiche mentre le sue mani presero possesso dei mie seni cominciando a darmi dei piccoli baci lungo le spalle e il collo. Involontariamente a quei baci risposi spingendo indietro di colpo il bacino. La cosa mi piaceva moltissimo tanto che dei brividi salirono lungo la schiena per esplodermi nel cervello. Mi girai immediatamente e feci non poca fatica ad allontanarlo da mè chiedendo quartiere. Sorridendo gli chiesi di stare attento al caffè mentre io sarei andata a fare una doccia. Suo malincuore mi lasciò andare e guardandolo, negli occhi, vidi il grande desiderio che aveva di mè. Mentre ero sotto la doccia sentì che mi chiamava dicendomi che il caffè era pronto e di fare svelta prima che si raffreddasse. Uscì mi asciugai alla bene e meglio e indossato l’accappatoio, lasciandomelo apposta aperto, andai in sala a fare colazione. Sulla tavola una tazza di fumante caffè mi stava dando il buon giorno in maniera veramente superlativa. Quando mi sedetti aprì, come se fosse per caso, ancora di più l’accappatoio facendogli vedere per bene la mia nudità. Franco bevve velocemente il caffè e venuto al mio fianco mi fece scivolare, l’unico capo che avessi indosso, dalle spalle scoprendomi completamente il petto. Agevolai il mio spogliamento tirando fuori dalle maniche, io stessa, le braccia cosi che senza nessun sostegno si afflosciò sulla sedia aprendosi completamente. Mi fece appoggiare la tazza, ormai vuota, sul tavolo e presami per mano, e senza dire assolutamente nulla, mi portò in camera dove facendomi sedere sul letto cominciò a spogliarsi. A mia volta molto lentamente mi sdraiai dopo di che una volta che fu nudo allungai le braccia per invitarlo a coricarsi sopra di mè ed iniziammo a fare all’amore. La mattina, si può dire, la passammo sempre a letto dando e ricevendo piacere. Verso le dodici squillò il telefono ed alzatami andai a rispondere. Riconobbi subito Jhon il quale disse di aver ricevuto una telefonata dalle persone, toscane, che mi avevano ritrovato quando mi ero perso nella boscaglia vicino a casa sua, ed avevano già organizzato un incontro per il prossimo fine settimana, e mi chiese se a mè andasse bene. Accettai ben volentieri avendo una grande voglia di uscire dalla città per immergermi nella natura. Ritornai da Franco che notai addormentato e allora approfittai per vestirmi ed uscire a fare qualche compera per il pranzo. Quando rientrai Franco già non cera più ma trovai un biglietto sulla tavola dove mi diceva che sarebbe rientrato nel tardo pomeriggio. In caso avessi avuto voglia di vederlo lui sarebbe stato in casa tutta la sera a sistemare le piccole cose che ancora mancavano.24° CAPITOLOLa settimana dopo la passai molto indaffarata per vari problemi di coordinamento tra il nostro ufficio e la fabbrica dandomi un sacco di preoccupazioni con la ditta di Jhon. Verso la metà della settimana, fui chiamata nel suo ufficio, perché aveva dei problemi con un ordine che sembrava completamente sbagliato. Avvisai il mio diretto superiore che sarei stata assente, molto facilmente, per tutto il pomeriggio e presa l’auto andai da lui. Come arrivai la sua segretaria mi fece accomodare subito. Appena entrata trovai lui alle prese con altre due persone, e riconobbi subito in due uomini del suo staff che lo avevano seguito negli U.S.A., con sul tavolo, delle riunioni, completamente coperto di documenti. Mi fece accomodare in maniera molto professionale spiegandomi quale fosse il cruccio che lo assillava. Nel tardo pomeriggio riuscimmo a venirne a capo dopo moltissime discussioni, rimanendo d’accordo, che al mio rientro in ditta, avrei fatto modificare il pezzo che volevano. Una volta finito iniziammo a mettere a posto i vari incartamenti e cercando di rilassarci chiedemmo se potevamo avere un buon caffè. Ci ordinato subito attraverso la sua segretaria. Dopo circa una decina di minuti la ragazza entrò con un vassoio e quattro piccole tazzine con l’aromatico liquido. Le adagiò sul tavolo ad una a una cercando di mettercele davanti. Jhon, con la strafottenza che lo distingueva, mise una mano sotto la minigonna che lei portava come se fosse la cosa più naturale di questa terra. Vidi la ragazza sollevarsi di scatto mandando quasi le tazzine che rimanevano per terra. Mi guardò immediatamente arrossendo violentemente ma rimanendo immobile dove stava. Da sotto il tessuto della gonna vidi la mano di Jhon accarezzargli le natiche, per poi sollevarla depositandovi un sonoro bacio sulle sue natiche prive di mutandine. La ragazza lo lasciò fare ma il suo sguardo non si staccava dai miei occhi. Continuò a metterci le tazzine davanti e una volta finito fece due passi indietro aspettando che il suo direttore gli dicesse d’andarsene. Uno dei due uomini gli chiese se potesse avere più zucchero e riavvicinandosi al tavolo gli porse la zuccheriera. Jhon la guardò con occhi severi e chiese come mai avesse così ben abbottonata la sua camicetta. Gli chiese immediatamente di slacciarla e di aprirla, sapendo benissimo che la voleva sempre molto sbottonata, e la prossima volta che si sarebbe presentata così castigata, l’avrebbe rimandata immediatamente nel reparto dove l’aveva presa. La ragazza cominciò sbottonarsi subito la camicetta e una volta finito prese i suoi lembi spalancandola completamente facendoci così vedere un bel seno abbondante e privo di reggiseno. Una volta che fù in quelle condizioni Jhon si calmo immediatamente, mentre gli altri due uomini la fecero avvicinare iniziando subito a toccarle il seno. La ragazza, come se fosse già abituata, non ebbe nessun evidente segno di protesta anzi si offrì ancora più a loro chinandosi di più per fare in maniera che gliele potessero toccare senza che loro facessero la ben più minima fatica. Quando si staccarono da lei la sentì dire con voce molto piacevole se avevano ancora bisogno lei. Jhon la congedò ricordandogli quello che gli aveva detto e di stare molto attenta che non lo avrebbe più ripetuto. La ragazza come per evitare qualsiasi problema si allacciò la camicetta davanti a lui lasciandosela quasi completamente aperta chiedendogli poi se era così che lui intendeva. Lui s’avvicinò e mettendogli le mani all’interno della camicetta per prendergli i seni fece un cenno d’assenso. Fatto questo si voltò, e sculettando non poco, uscì dall’ufficio. Jhon andò a sedersi alla sua scrivania, mentre noi eravamo ancora impegnati a radunare le nostre scartoffie. Mentre stavo mettendo i documenti raccolti nella mia valigetta, Jhon rivolgendosi a mè chiese se avessi qualcosa da consegnargli. Al momento non capendo gli risposi di no ma poi, guardatolo in faccia, capì a cosa si riferisse. Sollevai la gonna e mi tolsi le mutandine e la stessa cosa feci con il reggiseno. Avvicinatami a lui e porgendogliele aggiunsi che la cosa cominciava ad avere dei costi non indifferenti visto che indossavo sempre biancheria di marca. Con un sorriso mi rispose che lui non poteva farci assolutamente nulla, visto che sapevo benissimo, una volta superata quella porta, dovevo esserne sprovvista, prendendomi poi la biancheria dalle mani e mettendosela in tasca. I due uomini, che sicuramente si erano divertiti molto ai due spogliarelli fuori programma, lo salutarono e se ne andarono. Quando fummo soli mi fece sedere su una poltroncina davanti a lui, e chiestomi di accavallare le gambe, mi chiese se c’era qualche problema per il fine settimana con il viaggio in toscana. Quando accavallai le gambe, lo feci alla maniera della Stone in Basic Istinct, cosa che dalla sua espressione parve gradire molto. Gli risposi che di problemi per il momento non ne avevo e che sicuramente, a meno di un impegno improvviso, ci sarei sicuramente stata. Ci accordammo che sarebbe passato lui a prendermi il venerdì sera verso prime ore della sera, e possibilmente di farmi trovare già pronta, si raccomandò poi di non mettere assolutamente nulla di biancheria intima nel borsone, perché sapevo benissimo che fine avrebbe fatto. Una volta messoci d’accordo mi accompagnò alla porta dicendomi che se fossero sorti dei problemi di chiamarlo immediatamente. Tornai in ufficio per lasciare la valigetta e mentre mi trovavo in macchina pensai che stranamente, Jhon all’accopagnarmi alla porta, non mi aveva toccato minimamente e questo mi aveva un po’ delusa. I due giorni restanti passarono abbastanza tranquillamente e quando fù giunto l’orario di chiusura dell’ufficio scappai a casa per rinfrescarmi e attendere Jhon che mi venisse a prendere. Con qualche minuto d’anticipo Jhon si presentò, vestito in jeans, bello pronto alla partenza. Mi tastò subito sotto la gonna e guardò attraverso la mia scollatura per vedere se indossavo qualcosa di troppo poi, chiusa la porta, scesi in strada seguendolo. Arrivata in strada vidi una macchina enorme parcheggiata in seconda fila, sicuramente americana, che dava il suo da fare agli altri automobilisti per poterla superare, tutt’intorno s’erano fermati alcuni giovani che la stavano mangiando con gli occhi, e una volta saliti, mettendo la valigia dietro, ci avviammo. Nel giro di mezz’ora arrivammo ad un piccolo aeroporto alla periferia della città, e con molta sorpresa, notai che le nostre valige venivano caricate su un bellissimo elicottero. Jhon andò a parlottare con un uomo in divisa, e prima che io potessi raggiungerlo, si avvio verso il mezzo aereo. Mi fece salire chiudendo lo sportello e passando davanti lo vidi mettersi ai comandi. In pochi minuti eravamo in viaggio verso la toscana e guardando dal finestrino potevo vedere un’interminabile fila di automobili incolonnate sulle tangenziali. Guardai Jhon che pilotava quel mezzo, per mè insolito, con estrema padronanza e mentre ci avvicinavamo alla nostra meta vidi che al di fuori la luce andava scemando, mentre tutta la strumentazione del velivolo si accendeva di una morbida luce verdognola. Per tutto il viaggio parlammo molto poco, l’unica cosa che venni a sapere era che lui aveva imparato a guidare l’elicottero, e non solo quello, durante il militare avendolo fatto nei marines. Rimasi favorevolmente colpita da quello che avevo appena saputo, e nonostante gli sforzi che facevo, non riuscivo ad immaginarlo in divisa. Nel giro di un’ora e mezza atterrammo in un piccolo eliporto nella parte sud di Firenze. Li trovammo ad aspettarci un auto che ci avrebbe accompagnati alla casa dei nostri amici. Passammo una buona parte della campagna fiorentina immersa nel verde e come sempre splendida, fino ad arrivare a delle colline più alte della normalità. Arrivati in un piccolo paesino, l’autista imboccò una strada molto stretta che seguiva il profilo della collina stessa, arrivando poi ad un cancello di una villa, e azionando l’apertura, con un telecomando, questi si spalancò silenziosamente lasciandoci entrare. Al di là di questo cancello un vialetto ricoperto di ghiaia conduceva, attraverso un enorme giardino con alberi d’alto fusto, all’entrata padronale. Quando fummo arrivati, e finalmente potei vedere la villa, la trovai veramente bella. Disposta su due piani, non molto grossa ma sicuramente non piccola, si stagliava per tutta la larghezza alla fine del vialetto e appena dopo di una piazzetta abbellita nel centro da una fontana. L’auto si fermò davanti a dei portici dove uscì un uomo che apertami la portiera allungò una mano dandomi la possibilità di appoggiarmi per scendere, poi aprendo il baule dall’auto prese le valige dicendoci di seguirlo. Entrati all’interno della casa, ci trovammo in un enorme androne dove parecchia porte interrompevano i muri laterali, e nel suo fondo una scalinata portava ai piani superiori. Tra le porte erano appesi dei quadri dove c’erano dipinte dei mezzi busti di personaggi con delle vesti che reputai molto antiche. L’uomo ci accompagnò verso una di quelle porte, dove una volta aperta, fummo fatti accomodare dicendoci di attendere un attimo che avrebbe provveduto immediatamente ad avvisare il padrone di casa del nostro arrivo. Anche in quella sala si respirava antichità sia per i mobili che per i quadri appesi. Nel muro in faccia all’entrata un camino enorme, con già pronto al suo interno dei grossi ciocchi di legno, mi fece capire che quella stanza era una di quelle che veniva usata di più nelle serate fredde. Andai verso una finestra, e scostando leggermente una tenda, guardai fuori vedendo la parte posteriore del giardino della casa. Era una cosa meravigliosa, si poteva dire che anche il giardino fosse arredato tanto era bello. Vasi enormi, erba all’inglese, un bersò a qualche metro della casa con sotto delle panche ed un tavolo in legno, e leggermente defilata sulla sinistra vidi una protezione di colore verde dove non si riusciva a vedere oltre ma seppi più tardi contenere una piscina attorniata da vari sdraio disposti intorno. Tutto questo mi fece capire il tenore di vita che potevano fare i padroni di casa non era certo nelle possibilità di tutti. Mentre ero immersa in questi miei pensieri entrò Matteo dandoci il benvenuto con un sorriso ed una stretta di mano molto cordiale. Fatto i soliti convenevoli ci disse che ci avrebbe fatto accompagnare nella nostra camera, e che la cena sarebbe stata pronta entro circa un’ora. Una volta saliti in camera prima che gli chiedessi come mai una stanza sola, Jhon mi confessò che era lui stesso a chiedere una sola camera per tutti e due. Disfammo le valige andando poi a rinfrescarci con una doccia per poi vestirci in maniera appropriata all’ambiente, lui in smoking mentre io con un vestito lungo nero ricoperto di paiette e con una scollatura sulla schiena vertiginosa. Quando scendemmo prima di arrivare all’androne si parò davanti a noi il maggiordomo che ci fece strada per la sala da pranzo. Una volta entrati trovammo Matteo, vestito anche lui in modo perfetto, in nostra attesa. Ci furono subito serviti gli aperitivi il mio a base di frutta mentre quello di Jhon sicuramente più corposo. Ci sedemmo e cenammo chiacchierando amichevolmente. Una volta finito andammo nella sala, dove eravamo stati al nostro arrivo, e con in mano un buon bicchiere di brandy facemmo notte inoltrata accordandoci che per la mattina andare a fare un giro per la sua proprietà.25° CAPITOLOQuando ci svegliammo la mattina dopo Jhon era completamente appoggiato a mè facendomi sentire la consistenza del suo sesso ben appoggiato sulle mie natiche. La cosa era piacevole, essendo la prima volta che dormivamo assieme senza fare sesso. Guardai l’ora e l’orologio sul mio comodino segnava le sette e trenta, quindi mi alzai ed andai a farmi una doccia per svegliarmi completamente. Quando ebbi finito misi un paio di jeans ed una magliettina sbracciata. Stavo già uscendo dalla camera per andare a fare colazione quando Jhon si svegliò e vedendomi già vestita la sua attenzione si sposto alla radio sveglia posta sopra il suo comodino. Sì alzò anche lui dicendomi che mi avrebbe raggiunto entro una decina di minuti a far colazione. Scesi e trovai già Matteo indaffarato ad organizzare la giornata con alcuni suoi uomini ma quando mi vide, scendere dalla scalinata, li congedò immediatamente venendomi a salutare allegramente. Prima d’andare a fare colazione volli uscire a vedere la campagna a quell’ora così mattutina. Sarebbe stata una giornata assolata e calda sicuramente visto che guardando il cielo non notai nemmeno una nuvola. Dal retro della casa di Matteo si vedeva la collina che degradava verso il basso piena di viti ricolme di grappoli d’uva. Mi portò nello scantinato dove mi fece vedere delle gabbie con dentro dei coniglietti, mentre altri viaggiavano liberamente per il posto. Più in là c’era un enorme pollaio dove razzolavano dalle galline alle faraone e con dentro perfino un pavone. Più in là notai un’altra costruzione dove alcuni uomini erano indaffarati con dei mezzi agricoli. Tornammo in casa giusto in tempo per veder scendere anche Jhon, e tutti e tre andammo a fare colazione. Una volta finito andammo con la sua auto a fare il giro della sua proprietà come aveva promesso la sera prima. Per prima cosa andammo a vedere i suoi vigneti che ebbi occasione di vedere si estendevano a perdita d’occhio. Essendo vicini a settembre vidi molti uomini che stavano facendo i preparativi per, ormai, imminente vendemmia. Poi andammo in un altro appezzamento dove c’era un enorme stalla piena di mucche da latte e subito al suo fianco un’altra stalla, questa volta un poco più piccola, dove c’erano dei vitelli ormai svezzati. Ci spiegò che tutti questi animali erano sotto la custodia del suo fattore, molto bravo e competente, che abitava a poche decine di metri dalle stalle. Anche Jhon, pur essendo abituato ad aver a che fare con delle proprietà e tutte le sue problematiche, rimase molto impressionato dalla organizzazione e dalla efficienza che regnava in quel luogo. Ci complimentammo con lui per il modo che riusciva a mandare avanti quella tenuta e la cosa gli fece molto piacere. Ci fermammo a pranzare nella casa del suo fattore dove ci fecero assaggiare dei loro salami e formaggi molto buoni, e tutto innaffiato con il loro vino. Quando ci alzammo da tavola il pomeriggio era molto inoltrato, quindi decidemmo di rientrare in casa per riposarci un poco e prepararci per uscire a cena. Arrivati sia io che Jhon andammo subito a metterci il costume per fare un bagno in piscina. Una volta superato la porta, che faceva accedere alla piscina, vidi che dal suo interno si poteva benissimo vedere l’esterno ma, come poi mi spiegò Matteo, dall’esterno non si poteva vedere assolutamente l’interno. Toltami l’accappatoio, e rimanendo con il costume di color bianco fatto in maglina, mi tuffai in acqua cominciando a nuotare. Senti subito, dietro di me, Jhon fare altrettanto e in poche bracciate si portò al mio fianco continuando assieme fino a raggiungere l’altra sponda. Quando fummo arrivati ed usciti dall’acqua andammo verso le sdraio dove sdraiarci e riscaldarci al sole. Mentre camminavamo verso le sdraio Jhon mi disse che quel costume gli piaceva moltissimo visto che da bagnato era come se non portassi nulla essendo molto trasparente. Cercai di guardarmi ma non vidi nulla quindi chiesi a Matteo il quale mi confermò che effettivamente era proprio così. La cosa non mi diede nessun fastidio visto che a parte loro due nessun altro poteva vedermi. Ne approfittai subito togliendomelo per poter prendere il sole integrale. Il mio strip inaspettato non passò inosservato ai due uomini dato che si fermarono subito cominciando a guardarmi. A Jhon dovette fare un effetto particolare visto che il suo costume cominciò a gonfiarsi all’altezza del suo inguine, mentre per Matteo la cosa non sembrò, almeno in un primo momento, sortire nessun effetto. Mentre ero stesa a occhi chiusi, mi giunsero le loro voci con le quali facevano apprezzamenti sul mio corpo non tralasciando assolutamente nulla e quasi entrando nei particolari. Li sentì ridere ad una battuta più spinta delle altre, ma in quel momento non me ne importava nulla, quindi feci finta di non aver sentito niente. Poi Matteo raccontò delle ferie passate negli Stati Uniti dicendo che si era divertito tantissimo e visto delle cose veramente splendide. Ringraziò ancora per l’ospitalità ricevuta da Jhon e per quei giorni trascorsi vicino al lago che ancora ricordava benissimo, per la pace e la tranquillità in cui era immerso. Feci ancora un paio di bagni prima di rimettermi il costume e rientrare in casa facendomi la doccia per togliermi il cloro d’addosso. Mi truccai un poco e una volta vestita con una gonna plissettata, molto colorata e una camicetta cremisi scesi. Incontrai sia Jhon che Matteo già pronti, come se si dovesse uscire. Infatti quando fui vicina a loro mi chiesero se me la sentissi di uscire a cena e poi andare a visitare Firenze by night. Ne fui entusiasta ed in men che non si dica eravamo già in auto che viaggiavamo verso il ristorante. La cena fù splendida ed il vino, che mi fecero bere, ancora più buono. Usciti dal ristorante andammo subito verso il centro iniziando il giro turistico guidato. Matteo fù molto capace di spiegarci la storia ed ad a ogni monumento o palazzo si soffermava entrando in particolari a me sconosciuti. Per ultimo arrivammo alla terrazza panoramica, il belvedere, posta sopra Firenze, dove approfittammo per prendere un gelato e riposarci un poco. La serata calda, la gioiosa compagnia, e forse il vino bevuto, mi avevano messo in corpo una voglia di fare cose strane. Non era l’atto sessuale che volevo, in quel momento, ma il contorno d’eccitazione che si aveva sapendo che poi …….. Jhon si era andato, con Matteo, a fare delle fotografie panoramiche di Firenze e li vedevo darsi un sacco da fare con la macchina fotografica. Non so cosa mi prese, ma spostando la sedia sollevai la gonna quel tanto che bastasse per fare in maniera che girandosi potessero vedere perfettamente che ero sprovvista di mutandine. Oltre a loro, chi si fosse girato per tornare ai tavoli o per continuare la passeggiata, avrebbe avuto la stessa loro possibilità. Rimasi in quel modo in attesa che avessero finito. Ma già qualcuno si era accorto, perché passandomi vicino alcuni uomini, guardavano intensamente all’altezza dell’inguine, mentre le loro compagne davano degli strattoni guardandomi con odio e disprezzo, ma incurante di questo rimasi in attesa. Quando finirono si girarono e vennero verso di me. Dei due il primo a notare ciò che facevo vedere fù Jhon, che con un repentino dietro front, ritornò sui suoi passi. Lo vidi subito parlottare con Matteo che a sua volta, girandosi, guardò tra le mie gambe. Jhon fece una corsa in un chiosco a pochi metri e vidi che comprava dei rullini, e una volta tornato indietro lo vidi armeggiare con la macchina fotografica. Quando ebbe finito con la scusa di fotografarmi, mi disse di sorridere, e cominciò a scattare delle fotografie. Cercai di variare le posizioni senza per questo offrirmi totalmente agli sguardi degli altri avventori, ma sentì oltre alla macchina di Jhon, scatti di altre macchine fotografiche. In poco tempo, alle loro spalle, si erano fermati alcuni uomini che inquadrando sicuramente alle mie spalle, al momento dello scatto, abbassavano la macchina di colpo fotografando quello che per loro, in quel momento, era più interessante. Mentre ero intenta a fare la "modella" fui affiancata da due agenti di polizia, che molto cortesemente mi chiesero i documenti. Subito Jhon e Matteo furono al mio fianco chiedendogli cosa mai volessero. Fummo accompagnati in un luogo un po’ più tranquillo e ci spiegarono che alcune donne erano andate da loro a protestare per quello che facevo, spiegandogli che di me si vedeva tutto. Feci l’espressione più innocente possibile e Jhon, con molta faccia tosta, gli spiegò che mi stava facendo solo delle fotografie, come faceva ogni coppia d’innamorati. Mi chiesero se portassi biancheria intima, e alla mia risposta che non ero abituata a portarla e che non mi sembrava un reato, mi dissero di stare attenta a come mi mettevo questo per evitare che altre persone andassero da loro a protestare. Mi resero i documenti e si avviarono verso un gruppetto di donne che sicuramente li aspettavano. Vidi che ci fù una discussione abbastanza animata tra loro e gli agenti di polizia, ma che non portò a niente visto che subito dopo il drappello si disperse. La nostra eccitazione era al massimo e con quella anche il divertimento. Jhon mi diede una sonora pacca sul sedere dicendomi che gli ero piaciuta immensamente. Matteo a sua volta fù d’accordo con lui, quello spettacolo che avevo appena finito di dare, aveva avuto il potere di eccitarlo tantissimo. Ci risedemmo al nostro posto per non dare, a quelle false moraliste, la soddisfazione di averci cacciato via e rimanemmo ancora il tempo necessario per gustarci una splendida granita. Una volta finito ci alzammo e pagato il dovuto c’incamminammo verso dove avevamo parcheggiato l’auto. Arrivammo a casa di Matteo ormai a notte inoltrata, e una volta chiuso il cancello che dava sulla strada, mi chiese se fosse stato possibile farmi delle foto nuda nel suo piccolo parco. Ne fui contenta e scesa dalla macchina e spogliatami cominciai a correre attraverso le piante ed i cespugli vedendo dei chiarori improvvisi dovuti al flash della macchina fotografica. Quando ebbero finito di fotografare, mettendosi anche loro in libertà, cominciarono a corrermi dietro fino a che mi fermarono all’interno della piscina. Mi furono subito addosso e nella spinta dei due uomini cademmo in acqua. Quando riemergemmo mi trovai schiacciata in mezzo a quei due corpi cominciando a baciarmi in bocca e sul collo. Anch’io ne avevo una voglia folle e risposi ad ogni loro bacio con i miei. Ci avvicinammo alla sponda e mentre Matteo si sedeva sul bordo Jhon si mise alle mie spalle, alzatami una gamba, guidò il suo sesso ad impadronirsi del mio ano, fino a che con una poderosa spinta si fece strada nel mio intestino. Mentre Jhon cominciava a stantuffarmi analmente, Matteo mise a disposizione della mia bocca il suo sesso facendomelo entrare molto profondamente. Cominciai a succhiarlo con passione quel meraviglioso cilindro di carne fino a che, all’improvviso, il suo sperma si riversò nella mi bocca riempendola tutta. Non ebbi dubbi. Ingoiai immediatamente il tutto felice di poterlo fare. Continuai a succhiarlo ed a leccarlo continuamente fino ad una nuova erezione. Allora mi fecero uscire dall’acqua e mettendosi sotto di me, Matteo lo affondo nella mia vagina, mentre Jhon imperterrito, continuava a dare le sue attenzioni al mio sedere. Fui penetrata contemporaneamente da tutti e due trovando il giusto tempo ad ogni affondo. Venni moltissime volte, trovando un piacere folle ad essere schiacciata da quei due corpi maschili. Anche loro, dopo un bel po’ di tempo, vennero riempiendomi completamente con i loro densi fiotti si sperma i mie due anfratti. Rimanemmo sdraiati ansimanti aspettando di riprendere fiato, tutti e tre avvinghiati. I loro sessi uscirono molto lentamente da dove si trovavano lasciando alla fine una linea sottile di bava spermatica. Ci tuffammo ancora in piscina per toglierci quella pellicola di sudore che si era formata, poi tutti e tre d’accordo ci precipitammo in camera di Matteo per continuare, molto più comodamente, quello che avevamo appena finito di fare, continuando fino a che nessuno die tre si sarebbe potuto alzare.26° CAPITOLOQuando mi svegliai alla mattina dopo ero ancora completamente abbracciata dai due uomini e pure dormendo il loro desiderio di mè era ancora evidente, sentendo perfettamente i loro sessi ben aderenti alle mie parti più intime. Cercando di non svegliarli mi liberai dal loro abbraccio e quando fui in piedi sentì che le mie gambe facevano un fatica assurda nel reggermi. Mi stiracchiai per cercare di mettere tutte le ossa al suo posto, ma la cosa non ebbe il risultato sperato. Le ossa mi dolevano parecchio, e non solo quelle, quindi decisi di farmi una doccia ristoratrice. Quando uscì i due uomini dormivano ancora alla grossa, e vestitami scesi a fare colazione. Quando arrivai in sala, la tavola era già pronta con vari croissant, fette biscottate con burro e marmellata e in suo angolo della frutta fresca, con appena spostato più in la dei quotidiani. Come mi sedetti dalla cucina arrivò il cameriere con una bellissima tazza di caffè fumante, e augurandomi il buon giorno, l’appoggiò davanti a mè chiedendomi se avessi una remota idea di quando i signori sarebbero scesi. Non seppi cosa rispondere e quindi senza aggiungere altro sparì nuovamente in cucina. Quando ebbi finito, presi un quotidiano, ed andai a sedermi sulle seggiole della piscina, riuscendo così a prendere ormai quell’ultimo sole. Dopo circa un’ora fecero capolino Jhon e Matteo in costume da bagno, e avvicinandosi mi porsero un bacio buttandosi immediatamente in acqua. Quando parvero completamente svegli andarono a fare colazione e una volta finito prendendo l’auto ci dirigemmo in Firenze, per un’ultima visita. Parcheggiammo e presa sottobraccio andammo sul ponte vecchio dove una persona anziana al nostro arrivo ci fece una gran festa. Non capì, al momento, cosa mai volesse da noi ma la cosa mi fù tutto chiara quando l’omino estrasse dal suo gilet, senza dire una sola parola, una chiave con la quale aprì il suo negozio di orafo, nel pieno centro del ponte. Estrasse subito dei bracciali e delle collane veramente bellissime e di foggia delicata. Jhon e Matteo mi chiesero di scegliere senza nessun problema, dicendosi orgogliosi di potermi fare quel piccolo presente. Guardai con occhi che solo noi donne abbiamo per i gioielli rimanendo in dubbio su due bracciali, uno di oro bianco cesellato, e l’altro oro giallo con montati dei piccoli rubini, ma tutti e due molto, molto belli. Optai per quello in oro giallo e consegnatomelo, Jhon mi fece uscire accompagnandomi in un bar, anche quello molto bello, lì vicino. Dopo qualche minuto ci raggiunse Matteo, e dopo aver parlottato tra di loro, a debita distanza, mi raggiunsero ordinando dei Martini. Li bacia ringraziandoli di quel bellissimo regalo e bevemmo guardando il fiume di gente che attraversava quel ponte e molta attaccata alle vetrine dei gioiellieri. Ogni tanto lo sguardo mi cadeva sul polso per vedere quella magnificenza che sicuramente non era costata poco. Arrivata l’ora del rientro pranzammo e verso le sedici ci mettemmo in viaggio per raggiungere l’eliporto. Quando i nostri bagagli furono caricati sull’elicottero la nostra tristezza era palpabile. Matteo mi disse di fargli avere le mie foto che le avrebbe custodite gelosamente, poi salutandosi aggiunse che quando avremmo voluto ritornare non ci sarebbe stato nessun problema, ed augurandoci di vederci verso fine Settembre alla festa della vendemmia. Rimanemmo d’accordo in tal senso e saliti sul mezzo aereo decollammo con destinazione casa. Arrivati, mezz’ora d’auto ed eravamo davanti alla porta casa mia. Feci salire Jhon ed una folta entrati, con sorpresa, mi ritrovai la casa inondata di rose rosse. Nel mazzo posto nel vaso al centro della tavola fuori usciva un biglietto che andai subito a leggere. Sopra questo bigliettino c’era scritto "con molto affetto" ed era firmato da Jhon. Gli saltai al collo baciandolo ripetutamente, e con fare serioso gli chiesi se fosse diventato matto. Per tutta risposta senza dire la ben più minima parola estrasse dalla giacca un pacchettino, che come una bambina, lo aprii strappando febbrilmente la carta che lo avvolgeva. Quando lo aprì vidi l’altro bracciale di oro bianco, che con tanta tristezza, avevo lasciato. Lo guardai con le lacrime agli occhi. Ero immensamente felice e lui con il classico viso da tira schiaffi continuava a guardarmi sorridendo. Mi avvicinai a lui e lo baciai un’altra volta chiedendogli se quella notte potesse dormire con mè. La sua risposta, furono, le sue mani sulle mie natiche che stringendole a sé mi chiese " solo per questa notte?"
Aggiungi ai Preferiti