Janine era una puttana. Una vera, autentica, grandissima puttana. Una puttana per vocazione, intendo. Nessuno infatti l’aveva mai costretta a prostituirsi. Il punto è che a lei piaceva immensamente il cazzo. Se poi vi erano attaccati degli uomini belli e ricchi, le piaceva ancora di più. Così si era trovata a fare la spogliarellista, ma l’attività che l’aveva resa famosa in città era quella che svolgeva tra le lenzuola. O dovunque altro ne avesse occasione. Di giorno lavorava in un vecchio teatro che alternava spettacoli di strip-tease a pellicole porno. Di notte si esibiva in un night club e spesso poi arrotondava con qualche straordinario ben pagato. In tutti gli alberghi più lussuosi della città era assai ben conosciuta. In questo ambiente erano gli autisti che le procuravano i clienti, e lei li ricompensava parte in danaro e parte in natura. Superfluo aggiungere che preferiva farlo in natura. Né, naturalmente, disdegnava qualche facoltoso cliente del night. Inoltre le capitava talvolta di essere in debito con qualcuno e il modo di mostrare la sua riconoscenza era, più o meno, sempre lo stesso. Infine non si negava certo il piacere di qualche avventuretta ogni tanto, così per divertirsi. Insomma, la ragazza si dava decisamente da fare e nel giro di qualche mese si era costruita una solida fama da gran troia. Un’ultima cosa devo aggiungere su di lei: a dispetto della vita che faceva, amava darsi molte arie e atteggiarsi a gran signora. Questo aspetto del suo carattere la rendeva antipatica a molti che, se potevano dir male di lei, non ne perdevano l’occasione. Tra coloro che la detestavano c’era un certo Sandro, un bulletto di quartiere con un bel pò di soldi, fuoriserie d’ordinanza e un fisico niente male. Un giorno era capitato al teatro e lei, che a un certo punto dei suoi spettacoli coinvolgeva sempre qualche spettatore, lo invitò a salire sul palco. Lui sale e lei comincia a fargli capire di essere piuttosto interessata a lui. Naturalmente fece le stesse cose che faceva con tutti: mimare una fellatio, strofinarglisi un pò addosso, sedersi in braccio a lui, ecc. Ma con Sandro attuò qualche piccola, ma esplicita, modifica. Invece di mimare semplicemente un rapporto orale, gli poggiò realmente le labbra sulla patta dei pantaloni e vi indugiò alcuni secondi, ritraendosi poi con uno sguardo di quelli che solo una zoccola in calore è capace di fare. Così accettò tranquillamente che lui allungasse le mani sul suo corpo, senza scostarle come faceva di solito. Uscito dal teatro, Sandro si fermò a parlare con alcuni ragazzi che ne erano frequentatori abituali, e che lui aveva conosciuto in una precedente occasione. Tutti gli chiesero se aveva capito che Janine “ci stava”. Lui rispose di sì, ma che non gli interessava: “di donne ne ho tante e quella è solo una mignotta. Dopo è capace che si vuole mettere con me e io non mi spreco certo con una come lei.” “Ma come, una bellissima troiona del genere te la darebbe gratis e tu non ci vai!”, fece uno dei ragazzi. “Te la devi fare per noi” – intervenne un altro – “fattela per noi che non ce la possiamo permettere. Sbattitela da puttana come si merita, umiliala, falle passare tutte quelle arie che si dà, e dopo raccontaci tutto!” Sandro ci pensò su un attimo, poi disse: “okay, me la sbatterò anche per voi. E poi la soddisfazione di farla sbavare non me la voglio negare. Ci vediamo nei prossimi giorni”, e andò via. Due giorni dopo era di nuovo lì e, più o meno, si ripeté la stessa situazione, con Janine che lo porta sul palco e si comporta, se possibile, in maniera ancora più spinta. All’uscita lui si fece trovare appoggiato alla propria fuoriserie e lei gli chiese se poteva darle un passaggio. Allontanatisi di pochi metri gli disse: “dopo quello che ho fatto non mi offri neanche un gelato?” “Certo”, rispose lui continuando a guidare. Arrivati in una strada meno trafficata parcheggiò, tirò fuori l’attrezzo già piuttosto in tiro e disse: “ecco il gelato. Datti da fare.” Lei si inginocchiò nel posto accanto al guidatore e cominciò a leccarlo. Prima esternamente, poi indugiò con la lingua sulla punta, quindi prese a succhiarlo. Lui con una mano le teneva la testa abbassata, spingendoglielo fino in gola. Con l’altra le strofinava il sedere, assestandole di quando in quando un bello sculaccione. Il tutto accompagnato da una sequela d’insulti che aumentava di pari passo con la sua eccitazione. Le venne in bocca facendole bere il suo succo fino all’ultima goccia. Solo allora le lasciò la testa e, richiuso l’uccello in gabbia, rimise in moto. Durante il tragitto si limitò si limitò a dirle: “sei proprio quella gran troia che dicono”, tanto per mettere in chiaro che non si facesse delle illusioni. Arrivati davanti al teatro scesero e trovarono ad aspettarli gli amici di lui. “Missione compiuta” – disse Sandro cingendole i fianchi – “la signorina mi ha appena pompato il cazzo da vera bocchinara.” Quindi portò tutti al bar, trascinando anche Janine, e raccontò, lei presente, come si erano svolti i fatti. La ragazza era palesemente imbarazzata, ma anche straordinariamente eccitata. Quell’uomo aveva ottenuto gratis ciò che molti pagavano, l’aveva trattata peggio di tanti clienti e adesso si prendeva anche il lusso di sputtanarla (mai termine fu più appropriato) in pubblico, senza che lei potesse farci niente. Decisamente il tipo d’uomo che le era sempre piaciuto. Usciti dal bar, trattolo da parte, prima di tornare in teatro, Janine gli si avvinghiò al collo e gli stampò un lungo bacio in bocca; quindi gli disse: “voglio essere la tua donna, la tua schiava, la tua puttana. Farò tutto quello che vuoi. Mi fai impazzire:” Sandro non le fece finire la frase che chiamò a raccolta i tre amici e annunciò: “domani la bambola è tutta nostra, ce la sbattiamo in quattro per tutta la notte.” I ragazzi esultarono e Janine accettò di buon grado (in fondo la cosa non le dispiaceva neanche). Appena la ragazza fu tornata dentro, Sandro avvertì gli amici che a quell’appuntamento non sarebbe andato, ma aveva voluto dare anche a loro la possibilità di spassarsela. Così la sera successiva , uno dei tre andò ad aspettare Janine all’uscita del teatro e si fece seguire in macchina fino all’appartamento dove avevano organizzato il festino. Sandro non c’era, ma lei non poteva certo tirarsi indietro. Prima la obbligarono a improvvisare uno spogliarello solo per loro, poi le saltarono addosso come lupi affamati e, nel giro di un’ora, le erano venuti dentro tre volte ciascuno, una volta per ogni buco. Quando la cosa sembrò conclusa lei fece per rimettersi i vestiti, ma uno dei tre, il più esaltato dalla situazione, le ordinò di inginocchiarsi e baciare i loro piedi. Janine si rifiutò e lui le saltò addosso immobilizzandola. La tenne piegata in due, suggerendo agli amici di darle un paio di cinghiate sul bel culo. Detto fatto, gliene assestarono una ciascuno, ma ponendo attenzione a non farle troppo male. Quindi le ordinarono di nuovo di prostrarsi e stavolta la ragazza ubbidì. Ma non ancora soddisfatti le dissero di rimanere distesa per terra a faccia in giù. La tennero lì ancora un poco, come uno zerbino, parlando e fumando tra loro e ogni tanto gratificandola di un insulto o di una pedata. Janine, così sdraiata, sentiva ancora una volta la sottomissione trasformarsi in piacere. Quando furono sazi di tutto le permisero di andare, non senza aver trattenuto, a mò di trofeo, il reggiseno e la minigonna, così che dovette uscire con indosso solo una camicetta trasparente, le mutandine, le calze autoreggenti e le scarpe col tacco. Da quel giorno i ragazzi tornarono al teatro solo un altro paio di volte, tanto per vantarsi in giro della loro bravata. Sandro invece non vi tornò mai più, ma a Janine non mancarono altri cazzi. L’autore: a.esp@ptn.pandora.it
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