Sembrava una sera come un’altra al night, invece era l’inizio di una lunga avventura. Janine stava facendo il suo spettacolo quando vide Roberto, il suo "manager" per così dire, parlottare con un signore sulla cinquantina, piuttosto belloccio. Janine pensò che le stesse organizzando una ricca marchetta ed ebbe ragione. Quel che non poteva sapere è che l’uomo, un piccolo boss meridionale, dopo aver soddisfatto le proprie voglie le propose un lavoretto extra. Al sud, infatti, le famiglie ricche hanno l’abitudine di ingaggiare una prostituta per sverginare i loro figli maschi e l’uomo aveva appunto un nipote, Giorgio, che era nell’età giusta, appena divenuto maggiorenne, per tale iniziazione. In realtà, Giorgio aveva già fatto sesso, ma quello con la prostituta era una sorta di rito ufficiale al quale la famiglia non voleva rinunciare. Così Janine fu ingaggiata, per la cifra di tre milioni, per la bisogna. Sarebbe arrivata a casa di Giorgio il sabato pomeriggio e ripartita la sera dopo. Il sabato si presentò puntuale e i genitori di Giorgio la accolsero con distaccata cortesia, a voler mettere in chiaro la distanza che correva tra loro e una come lei. In ogni caso il padre le firmò subito l’assegno e poi fu fatta accomodare in camera sua in attesa di essere convocata. Giorgio, ignaro di tutto, era fuori con gli amici e sarebbe tornato per cena. Intanto, una cosa Janine aveva chiara: il padre di Giorgio le piaceva e sperava di poter approfondire la sua conoscenza. A cena la presentarono a Giorgio e le concessero di sedere a tavola con loro, anche se si guardarono bene dal coinvolgerla nella conversazione. Terminato il pasto Giorgio e Janine si avviarono nella camera di lei, ma non prima che la madre avesse avuto modo di ricordare al figlio che quella era una puttana e doveva sottostare ai suoi voleri. Giorgio, del resto, non aveva certo bisogno di incoraggiamenti per piegare quel bel pezzo di carne a soddisfare i suoi più bassi istinti, e la notte in quella stanza fu alquanto movimentata. Solo dopo essere venuto cinque volte si ritenne appagato e andò a dormire nella sua camera. Al mattino dopo Janine fece una bella doccia, indossò una vestaglia di seta sotto la quale aveva solo un minislip e scese per colazione. In cucina trovò il padre che stava sorseggiando il caffè. Lei si sedette, chiese se poteva prendere un’arancia e cominciò a sbucciarla. In quel mentre l’uomo si alzò per prendere qualcosa dal frigo e lei decise che era il momento che aspettava. Quando si rigirò, il padre di Giorgio se la ritrovò inginocchiata, con la vestaglia generosamente aperta sul davanti ed un inequivocabile sorriso sulle labbra. Lui non disse nulla e lasciò che gli tirasse giù la lampo e cominciasse a lavorarsi quella nerchia in rapida erezione. Dopo qualche minuto entrò in cucina la madre di Giorgio, che vedendo quella scena si avvicinò coprendola d’insulti. Fu l’uomo a calmarla dicendo: "Ma che sei gelosa di questa zoccola? Questa a te non è degna nemmeno di leccarti il culo! Lasciale finire l’opera e poi le insegni l’educazione come si deve." Così Janine riprese a pompare, con i due coniugi che la gratificavano degli epiteti più coloriti. La donna intanto le aveva strappato di dosso la vestaglia, e vedendo che sotto era praticamente nuda capì che era scesa già con l’intenzione di concupire suo marito e si incattivì ulteriormente. L’uomo venne facendole ingoiare una copiosa sborrata, quindi andò ad accomodarsi su una panca dicendo alla moglie"è tutta tua, divertiti pure". La donna andò a sedersi anche lei, poco distante dal marito, e, poggiando la punta di un piede sul pavimento, le ordinò di baciare quel punto. La troia stava chinandosi che si ritrovò con un piede posato sulla nuca che le schiacciava la testa contro il pavimento. "Allora svergognata," – disse la madre di Giorgio – "stammi bene a sentire: se mio marito e mio figlio ti chiavano, per me va bene. Ti abbiamo chiamato apposta per sverginare mio figlio e se anche mio marito ne vuole approfittare, perfetto. Tu sei bella, e se sei pure puttana, tanto meglio per loro. Però non ti mettere niente in testa… quelle come te servono solo a prendere i cazzi. Diciamo che sei una specie di discarica, ecco… una discarica del cazzo" – e qui premette il piede con più forza – "limitati a scopare e io non ti farò niente, ma se ti metti a fare la smorfiosa, peggio per te." La scena si svolgeva sotto gli sguardi arrapati dei due uomini, dato che il marito non era mai uscito dalla stanza e il figlio vi era entrato appena dopo l’inizio di quel "trattamento".La signora tolse il piede dal capo di Janine e le permise di sollevare il viso, pur restando inginocchiata. "Allora, siamo d’accordo?" "Certo, signora, va bene", disse lei riuscendo perfino a sorridere, visto che aveva temuto una punizione peggiore. Quindi, rivolta al figlio, la donna chiese "stanotte come si è comportata?" "Da vera zoccola, mamma, le ho fatto fare tutto quello che mi passava per la testa." "Bene" – disse rivolta nuovamente a Janine – "ti concedo di baciarmi i piedi… poi vattene in camera, e aspetta che ti chiamiamo". La sgualdrina ubbidì. Circa un’ora dopo Giorgio la chiamò per uscire, voleva mostrarla ai suoi amici, come i cacciatori mostrano le loro prede. Le fece indossare una minigonna da urlo, tacchi alti senza calze, una camicetta di seta sbottonata senza reggiseno e uscirono. Al bar del paese, raccontò, davanti a non pochi curiosi, quel che era accaduto dalla sera prima, compreso l’episodio di quella mattina, e vi risparmio, ma potete immaginarli, i commenti e le battute di cui la ragazza fu fatta oggetto. Più d’uno allungò anche un po’ le mani, ma trovandosi all’aperto non poterono spingersi troppo in là.Tornarono per il pranzo al quale era presente anche lo zio di Giorgio, l’uomo che l’aveva conosciuta a Roma e ingaggiata per quel lavoro, così lui raccontò del loro incontro romano e gli altri gli narrarono quel che era successo dall’arrivo di lei. Terminato il pranzo, al quale Janine aveva partecipato parlando il meno possibile, fu lo zio a riaprire le danze: le fece togliere quei due straccetti e mettere a pecorina sul divano, quindi prese a infilarla da dietro. Intanto anche il padre decise di unirsi, così Janine si trovò presto a fare da sandwich tra lo zio che da dietro le sfondava il culo e il padre che disteso sul divano le infilava la fregna. Giorgio, stanco delle fatiche notturne, guardava e sentiva che cominciava a tornargli duro. Il primo a venire fu lo zio che, nonostante in quel culo di cazzi ne fossero entrati a centinaia, riuscì a farla urlare dal godimento. A quel punto il padre si alzò, la prese per le gambe, la tirò via dal divano e se la scopò tenendola con le cosce attorno al suo bacino e la testa che toccava terra. Così appena ebbe finito, la lasciò cadere in terra senza troppi complimenti e tra gli applausi di tutti. Giorgio, ormai di nuovo in tiro, la chiamò davanti alla sua poltrona e le ordinò di fargli un pompino, il terzo dalla sera prima. La troietta eseguiva diligentemente e non senza piacere, e in pochi minuti il cazzo di Giorgio era di nuovo pronto a venire. Ma il ragazzo, con l’aggressività tipica dei suoi anni, aveva in mente qualcosa di più sofisticato che un’altra semplice sborrata in bocca. Così, quando stava per venire, lo estrasse dalla bocca e glielo poggiò sul viso, ordinandole di leccargli le palle con la punta della lingua: non ci volle molto perché un denso zampillo si posasse sulla faccia di quella cagna sempre in calore. A quello seguì una bella lucidata che Giorgio le dette su tutto il volto, senza tralasciare qualche pennellata sul petto. "Bravo figlio mio, trattala come si merita questa schifosa", disse la signora orgogliosa del proprio pargolo. E il pargolo aveva un’idea che avrebbe ancor più esaltato la sua genitrice. "Mettiti a quattro zampe e fila in bagno", disse rivolto a Janine, accompagnando l’ordine con una leggera pedata al sedere. La troia s’incamminò, seguita da tre uomini nudi e felici e da un’elegante signora al culmine dell’eccitazione. Arrivati, la fecero entrare nella vasca e le dissero di stare inginocchiata e con la bocca aperta, quindi l’innaffiarono con un’abbondante pioggia dorata. A quel punto i tre uomini ridevano felici ed erano pienamente soddisfatti, ma la signora aveva ancora in serbo qualcosa. "Adesso esci e striscia fino a lì", disse indicando il water. Janine non poteva che eseguire e una volta arrivata la signora le ordinò di mettere dentro la testa. Ebbe un attimo di titubanza che le costò un bel calcio sul culo, ben più forte di quello che le aveva dato Giorgio poco prima, quindi obbedì e la signora tirò lo scarico con aria trionfante. Ora, finalmente, Janine poteva tornare in camera a lavarsi e prepararsi per lapartenza. Per qualche minuto fu sul punto di piangere, poi sentì invadersi da una dolce sensazione di calma. In fondo, in meno di una giornata aveva scopato nove volte con tre uomini diversi e, per una che nella vita non sapeva né voleva fare altro, non era male.I suoi tre milioni li aveva incassati e anche le umiliazioni, passata la tensione del momento, le parevano alquanto eccitanti. Quando, un paio d’ore dopo, scese pronta per partire pareva fresca e riposata nel suo tailleurino chiaro, uno dei pochi abiti nei quali poteva essere scambiata per una donna rispettabile. Salutò Giorgio buttandogli le braccia al collo e stampandogli un bacio sulle labbra e "se capiti a Roma, vieni a trovarmi"; invito che rivolse anche al padre mentre gli stringeva la mano. Lo zio l’avrebbe accompagnata alla stazione e quindi andò in cucina a salutare la signora. Entrata, prima di aprire bocca e senza che nessuno glielo ordinasse, si inginocchiò e disse: "Signora, volevo salutarla… e mi scusi ancora per stamattina, comunque… ha visto, nessuno di loro si è innamorato di me…" "Ci mancava!", rispose sprezzante la donna e Janine, ormai soggiogata dalla sua personalità, si chinò spontaneamente a baciarle i piedi. Poi, alzandosi davanti allo sguardo soddisfatto della donna, aggiunse "se qualche volta avete ancora bisogno di una… di me… ci vengo anche gratis" ed uscì. Un’ora dopo, sul treno, mentre la campagna scorreva veloce fuori dai finestrini ripensava con aria felice a quell’esperienza appena vissuta.
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