– Non lavorerai il sabato e la domenica, – disse Jacob, – e ti darò quindicimila lire al giorno, perchè sei un bravo ragazzo, Miriam!… Miriam! -La moglie di Jacob, una donna grassoccia e pesantemente truccata, smise di sistemare scatole sullo scaffale e si affacciò alla soglia del retrobottega. I suoi grandi occhi di un nero liquido, stracarichi di rimmel, fissarono il ragazzo. – Gli insegnerai per prima cosa a sistemare la merce sugli scaffali, – disse Jacob. – Gli dirai come e lui lo farà. Io approfitterò per andare da Saul a contrattare quella merce. Non starò via molto. -Il ragazzo lasciò il passo a Jacob, che se ne compiacque. Una volta nella bottega Jacob descrisse un ampio gesto circolare che comprendeva le sue proprietà. – Imparerai presto, – disse al ragazzo. – Come dite voi italiani, ogni cosa al suo posto ed un posto per ogni cosa. Non sgridarlo troppo, Miriam, credo veramente che sia un bravo ragazzo. – – Sembra anche a me, – rispose Miriam. – Saluta Saul. Compra una matassa di cotone da Leon e dì a Sarah che andrò a trovarla, la settimana ventura. Non fare tardi. -Jacob annuì benevolmente e si avviò verso l’uscita. Quando la polverosa porta a vetri fu richiusa con un tintinnio di campanella, il ragazzo si immobilizzò, non osando guardare Miriam.La bottega di Jacob, nella città vecchia, era stipata sino all’inverosimile d’ogni genere di roba. Dalla finestra del pianterreno un fiotto di sole penetrava nella bottega polverosa, rivelando un microcosmo in sospensione.Il ragazzo stava fissando due paia di calze di nylon, nere, appese ad asciugare su una cordicella all’interno della bottega. Dopo un poco, come spinto da una forza irresistibile, mosse una mano a toccarne una. Con le dita ne seguì il contorno sino in basso, dove la gamba della calza si allargava per contenere la coscia.Miriam se ne accorse, le labbra sensuali della donna s’incurvarono in un sorriso lascivo. Trascurò le scatole e si avvicinò al ragazzo. – Sei un bel porco tu! Quanti anni hai? -Sobbalzò come se fosse stato sorpreso a commettere un atto indecente e si volse a guardare la donna. – Scusatemi… – – Perchè ti scusi? Allora… quanti anni hai? – – Diciotto. – – Come ti chiami? – chiese Miriam.Il ragazzo pronunciò il proprio nome e la donna annuì. – Ti piacciono le calze nere, eh?… Sono le mie, sai? Ti eccitano? -Il ragazzo fissava senza capire quel volto grasso in cui gli occhi ammiccavano oscenamente sotto uno strato di rimmel. La donna allungò un braccio e la sua mano paffuta, carica d’anelli, strusciò sulla patta dei jeans. – Di’ un po’, sarai mica eccitato, eh? -Com’era possibile che quella donna grassa gli provocasse una sensazione simile? Il membro gli s’era irrigidito. La donna rise, umettandosi con la lingua le labbra carnose, violentemente dipinte. – Sei proprio un porco, – mormorò compiaciuta. – E ti si drizza subito! -Il ragazzo arrossì furiosamente e lei si portò un dito di traverso alla bocca, ammiccando in silenzio. – Ssssst… Vieni qui. – la donna aveva parlato a voce bassa, in tono pressante. Lui si volse e le si avvicinò. – Più vicino! -Si accostò alla donna e pareva riottoso, mentre era pieno di voglia. La destra di Miriam lo costrinse a sollevare il mento e gli occhi del ragazzo s’immersero in quelli misteriosi della donna. – Ce l’hai duro? Dimmi, ce l’hai duro? -“Com’era Miriam in mezzo alle gambe? Com’era il suo cespuglio? Nero e folto e aggrovigliato come i suoi capelli? Dio, Miriam, non ti voglio! Non ti voglio ma mi sta venendo duro. Anche se non me lo tocchi mi viene duro”. Senza sapere bene cosa stesse facendo si toccò il pene rigido che premeva attraverso la stoffa dei pantaloni. Miriam cadde in ginocchio davanti a lui e premette il suo grasso viso imbellettato contro il turgore dei calzoni. – Sei eccitato, lo sento!… Sei un porco e ce l’hai duro! – Il ragazzo era contagiato dall’eccitazione di Miriam. Lasciò che la donna gli abbassasse la lampo e che le sue mani paffute si impadronissero del suo membro. Ma quando le sue labbra si sporsero ad ingoiarlo la respinse con forza. – Alzati! – le ingiunse, mentre il pene vibrava tra loro, come carnoso scettro di comando. – Alzati e fammela vedere! -Senza capire, guidata unicamente dall’istinto, Miriam restò in ginocchio, le labbra protese verso il pene turgido. Il ragazzo, impaziente, si chinò ad afferrarla sotto le ascelle ed il movimento spinse il glande dritto contro la bocca spalancata di Miriam che immediatamente la richiuse sull’asta di carne. – Alzati! – ruggì il ragazzo. – Voglio vedere come sei fatta in mezzo alle gambe! -Ma già Miriam suggeva il pene, avidamente, con forza, una mano sotto i testicoli gonfi del ragazzo e l’altra ad artigliargli un gluteo. Allora le torse i capelli, brutalmente, e le spinse indietro la testa e, poichè lei lo fissava con occhi che non capivano, si irritò e le inferse una spinta che la fece cadere supina sull’impiantito polveroso. La paura apparve negli occhi di Miriam. – Cosa vuoi fare? – ansimò fissando il ragazzo che torreggiava su di lei, il membro minacciosamente eretto. – Alzati il vestito! -Ubbidì, sollevando l’ampio abito di seta sino a scoprire la carne bianca delle cosce. Stesa sulla schiena fissava il ragazzo con desiderio e paura insieme. – Più su! – ordinò lui.Miriam sollevò ulteriormente l’abito. Teneva strette le gambe e il ragazzo vide ciuffi di peli neri spuntare dai bordi del cavallo delle mutandine di cotone bianco. Non si curò che Miriam avesse gambe insospettabilmente belle e cosce rotonde e bianche come il latte: fissava affascinato i ciuffi di peli neri che sfuggivano dalle mutandine. – Tirale giù! Abbassa le mutandine, ora! -La voce gli era uscita roca, quasi irriconoscibile a lui stesso. – No, non voglio! Non farmelo fare! E’ peccato! – supplicò Miriam. – Lascia che te lo prenda in bocca! -Il ragazzo non l’ascoltava, il volto duro, gli occhi morbosamente fissi su quei peli neri. – Abbassale, ti ho detto! -E lei portò le mani all’elastico delle mutandine e le abbassò, denudando il ventre e scoprendo il folto triangolo oscuro. Il ragazzo sussultò all’unisono con il suo pene, e inghiottì saliva, una saliva che non c’era. Adagio, si inginocchiò a lato della donna, il palmo della mano steso a sfiorare quel pelo misterioso e aggrovigliato, a schiacciarlo delicatamente contro la pelle invisibile del monte di venere. Ne ricavò sensazioni deliziose e tuttavia insufficienti ed allora frugò, tastò, si abbassò a strofinarvi prima la guancia e poi la bocca e con la sinistra andava allisciando le gambe ricoperte di calze di nylon nero, sino alle cosce nude e setose, sino all’orlo dolcemente incurvato di quelle cosce ed al mistero folto…Miriam sussurrava rauche parole in una lingua sconosciuta e le sfuggì un lungo gemito quando la mano del ragazzo provò a forzare la compattezza delle cosce serrate. – Non farlo, – supplicò. – Ti darò denaro ma non farmi commettere peccato mortale! Oh, Signore Dio mio, fa’ che non succeda! -Il ragazzo le abbassò le mutandine sino alle ginocchia rotonde e d’istinto le leccò le cosce, facendola rabbrividire ed a sua volta provando un piacere tutto nuovo. Immerse la bocca nei suoi peli e leccò, tentando di insinuare la lingua in profondità, alla ricerca della linea, della spaccatura nascosta e Miriam si lasciò sfuggire un singhiozzo e tornò ad implorare qualcosa nel suo incomprensibile yddish. Il ragazzo le si mise a cavalcioni e guidò il membro che stava per esplodere, affondando nell’oscuro buco dei peli e spingendo e premendo, freneticamente. – Oh, Signore Dio mio, fa’ che non mi penetri! – implorò Miriam mentre grosse lacrime le rotolavano lungo le guance imbellettate. – Fa’ che non sia penetrata da questa dura verga palpitante, perchè non è quella del mio legittimo sposo! Oh, Signore Dio mio! -Il pene del ragazzo sussultò una, due, tre volte mentre altrettanti getti di sperma irroravano la foresta di peli, invischiandoli ed imperlandone lattiginosamente le punte arricciate. – Oh, Signore, – si sciolse in pianto Miriam. – Signore mio Dio che fosti troppo buono con la tua misera serva! Signore mio Dio che preservasti la carne fragile! -Il ragazzo si tirò in piedi, il membro arrossato e rigido e ristette ad osservarla, torvo e tutt’ora eccitato. Il volto di Miriam era un mascherone di lacrime, bistro e rossetto. La donna si rialzò le mutandine, si mise in ginocchio e gli prese il pene tra le mani a coppa. Baciò il glande, lo leccò e gli forbì il frenulo. L’eccitazione crebbe nel ragazzo. Con un colpo di reni immerse la verga nella bocca della donna, forno umido e caldo, ma quando lei prese a succhiarlo voracemente il ragazzo capì che non era ciò che voleva in quel momento. Si ritrasse, sfuggendo alla ventosa delle labbra, ancora una volta. – In piedi! – ordinò e la donna, frastornata, ubbidì meccanicamente, umile e sottomessa. – Vòltati, ora! – La spinse e, poichè esitava, la strattonò e infine, quando l’ebbe da tergo, le sollevò la veste con ambo le mani e gliela arrotolò intorno alla vita. La vista di quel sedere rotondo e burroso lo eccitò maggiormente. Le abbassò le mutandine sino alle caviglie ed appuntò il pene tra le natiche, allargando ed esplorando il soffice canale divisorio. Il glande si arrestò sull’anello rugoso dello sfintere e Miriam sussultò. – No!… Cosa vorresti fare maiale? Fermati! -Il ragazzo non le rispose e iniziò a premere contro l’ano contratto. – Oh, Signore Dio mio, se è questa la punizione che devo subire, risparmiami! Non farmi peccare contronatura! -Il ragazzo spinse e la donna barcollò in avanti, le caviglie impastoiate dalle mutandine, trattenuta dal cadere dalle braccia di lui attorno alla vita. Avanzarono a quel modo, barcollando, sino a un vecchio tavolo in fondo alla bottega. Il ragazzo ve la spinse contro, sempre puntandole tra le natiche il suo duro bastone. La spinse alle spalle per farla piegare sul tavolo, ma la donna oppose resistenza, voltandosi a mezzo e provando ancora a pregarlo di sparmiarla. – Ti supplico non farmi questo affronto!… Sarò compiacente con te, ti darò del denaro ma non prendermi a questo modo!… Non è un modo cristiano di farlo e mi farai male!… Ti scongiuro!… -Il ragazzo sorrise lascivo e torvo e la spinse con più forza e Miriam sconfitta e umiliata si piegò, appoggiò le braccia sul tavolo e vi posò la fronte. Tremando per l’eccitazione il ragazzo la costrinse ad allargare le gambe e le abbrancò i peli bagnati della vulva, dapprima riempiendosene golosamente la mano e poi frugando, sino a che infilò con una stoccata il dito dentro la fessura e Miriam emise un gemito strozzato e tentò di stringere le gambe. – Puttana! – la ingiuriò il ragazzo con voce soffocata. – Oh, mio Signore! – singhiozzò Miriam. – Oh, Signore mio Dio! -Il ragazzo estrasse il dito dalla vagina stretta della donna e forzò con esso la stretta apertura anale di Miriam, piccolo foro bruno diventato il centro del suo desiderio. Lo sfintere si serrò di scatto ed il dito penetrò con qualche sforzo mentre il pene batteva imbizzito contro le natiche della donna. – Oh, mio Signore, in questo modo mi punisci!… Ah!… Brucia!… – pianse Miriam mentre il dito le rovistava l’ano.Il ragazzo sentì che non poteva attendere oltre. Estrasse il dito e afferrato il membro a guisa d’ariete ne appoggiò la rossa testa contro l’orifizio anale e spinse con forza. – Aaaaah!…. – urlò Miriam mentre il muscolo, contratto allo spasimo, cedeva, allargandosi dolorosamente, e il pene del ragazzo affondava la testa nelle sue viscere. – AAAAAH!… Ecco il castigo!… La spada di fuoco mi lacera!… Aaaaah!… La divina punizione!… E’ troppo grosso, mio Signore, non posso sopportarlo!… Aaaaah!… -Il ragazzo non riusciva ad affondare oltre il pene che era entrato per meno della metà e sentì che stava per venire. – Spingi, puttana. Spingi! – urlò rauco.E Miriam provò a spingere e la grossa asta dura si immerse nel suo retto con un affondo brutale e imperioso che le strappò uno straziante e altissimo urlo di dolore. Il ragazzo venne all’istante, con una scossa formidabile che impalò Miriam per tutta la lunghezza della verga. – Noooo!… Mi sfondi!!!!… -Mentre lacrime di dolore le sprizzavano dagli occhi si sentì inondare l’intestino da getti di sperma caldo e il ragazzo iniziò a muovere il pene nella guaina lubrificata del retto. Le dita affondate nella tenera carne delle natiche, cominciò a fotterla in quel modo a un ritmo inesorabile. La carne batteva contro la carne mentre l’asta affondava e riemergeva lorda di filamenti biancastri e sangue, sempre più veloce. – Oh, mio Signore! – prese a gemere Miriam piangendo e singhiozzando. – Contro natura! Questa è la punizione, questo il… mio… ca… sti… go! -Aveva l’impressione di prendere fuoco da un momento all’altro, tanto era violento il bruciore dovuto allo sfregamento del pene nel suo retto, e l’ano, disteso fino alla lacerazione, la faceva soffrire in maniera incredibile. La mano della donna scese in mezzo alle cosce per cercare di alleviare quella sofferenza e prese a muoversi velocemente, più velocemente del pene nelle sue viscere e Miriam balbettò parole sconnesse e incomprensibili mentre il ragazzo aumentava il ritmo e la forza, chiavandole l’ano a gran colpi. – Ecco!… Ecco!… ECCO!!… SI!!!… Aaaaaaaaaaah!!!!… -Il corpo della donna si afflosciò e non fu che un’abbondante e pesante marionetta di carne ancora impalata sull’asta del ragazzo che fu costretto a sorreggerla. Lentamente estrasse il membro, più che mai duro e turgido, tutto imbrattato da macchie di sangue e feci. Miriam scivolò sull’impiantito e vi rimase, accosciata ed ansante, l’abito ancora attorcigliato intorno alla vita, lo sperma che colava lentamente sulle cosce nude sino a raggiungere il bordo elastico delle calze di nylon. Il ragazzo le abbrancò i capelli e spinse il membro inzaccherato tra le labbra della donna che si schiusero ad accoglierlo. Con le forze che le restavano Miriam succhiò e leccò e, quando il ragazzo sentì che stava per venire e il pene prese a ballare nella bocca della donna, si tirò indietro ed osservò i getti di sperma colpire il volto di Miriam che chiuse gli occhi e li ricevette sulla bocca, sulle palpebre e sui capelli.Ora il volto di Miriam era trasformato in un mascherone, osceno e patetico insieme, di lacrime e belletto, di sperma e bistro. Il ragazzo si tirò su i jeans. – Di’ a tuo marito, – borbottò in fretta, – che ho cambiato idea. Non lavorerò per lui… -Le volse le spalle e uscì dalla bottega. Una settimana dopo, era sera e il ragazzo stava per entrare nel portone di casa, quando si sentì chiamare per nome. Con sorpresa ed imbarazzo riconobbe Jacob. L’anziano ebreo gli si avvicinò, l’espressione umile, quasi timorosa. – Ti aspettavo, – gli disse a bassa voce. – Ho una proposta da farti. – – Ho già un lavoro, – borbottò il ragazzo, impacciato. – Lo so, me l’hanno detto, – replicò Jacob. – Ma la mia proposta potrebbe interessarti egualmente. Vuoi sentirla? – – Se si tratta di lavoro è inutile. – lo avvertì il ragazzo, quasi con gentilezza. Non capiva l’ostinazione di Jacob, ma si sentiva in colpa nei suoi confronti. Si scostò un poco dal portone, a significare la sua disponibilità al colloquio e Jacob lo imitò. – Grazie, – disse. – Credo che la mia proposta sia onesta. Il fatto è che io mi fido di te. Anche Miriam si fida di te… La… ehm… cosa non ti porterebbe via molto tempo. Non… non dovresti venire tutti i giorni, solo per qualche volta… per poche volte, spero, e… ogni volta ti darei sessantamila lire. Sessantamila lire per… uhm… mezz’ora di tempo… -Il ragazzo lo fissava sempre più stupito a mano che il vecchio Jacob dipanava il suo discorso oscuro. Sessantamila lire per mezz’ora?! – Sessantamila lire, – ripetè Jacob con un po’ d’affanno nella voce. – E potresti venire quando vuoi tu, anche dopocena, magari… – – Sessantamila lire per far cosa? – chiese il ragazzo. – Per aiutare Miriam, – disse Jacob nervosamente. – Miriam e me. Noi ci fidiamo di te. Tu capisci cosa voglio dire, nevvero? Sei giovane e sano e non sei un chiaccherone e non sei neppure malvagio come tanti ragazzi della tua età che… si farebbero beffe di me e di Miriam e… ci ricatterebbero e trascinerebbero il mio nome nel fango e questo rovinerebbe i miei affari. E… e poi Miriam non vorrebbe mai, con un altro… – – Non capisco, – disse il ragazzo. – Io non capisco, signor Jacob. -Invece, se pur confusamente, capiva. Improvvisamente il vecchio ebreo gli appariva sudicio e ripugnante e lui stesso si sentiva contaminato perchè stava ad ascoltarlo ed il rifiuto della sua mente non era pronto e totale ed anzi in lui c’era un’attesa morbosa di parole precise… – Miriam ha fiducia in te, – insistè Jacob, ostinatamente. – Io ho fiducia in te. Potrei arrivare a ottantamila lire. Sono certo che li meriti. – – Io non capisco, – ripetè ostinatamente il ragazzo, scuotendo la testa.Jacob guardò furtivamente a destra ed a sinistra, ma i frettolosi passanti non badavano a loro. Abbassò la voce sino ad un rauco sussurro. – Ti darò ottantamila lire ogni volta che giacerai con mia moglie Miriam e userai di lei come se fosse la tua donna! -Ecco: le parole erano state pronunciate chiaramente e non v’era più possibilità di equivoco, nè bisogno di ulteriore attesa. Forse c’era qualcosa da leggere negli occhi ansiosi di Jacob, nel suo atteggiamento di umiltà quasi disperata, ma fu alle parole precise che il ragazzo rispose. – Non voglio! – esclamò brusco e, voltate le spalle a Jacob, si avviò al portone. Stava già entrando quando lo raggiunse la voce rauca di Jacob. – Te ne darò centomila! Pensaci! Ti darò centomila lire! -Il ragazzo prese a salire sveltamente le scale e scuoteva la testa come a scacciarne il pensiero di Miriam, la moglie di Jacob.Nei giorni seguenti il ragazzo non riuscì a dormire come faceva di solito, aveva sonni agitati, pieni di strane visioni e di morbose situazioni. Le parole di Jacob continuavano a frullargli nella testa, malgrado facesse di tutto per scacciarle.Una sera, aveva da poco finito di cenare, sua madre stava rigovernando. A un tratto la donna si volse ad osservare il figlio che sedeva ancora a tavola e le parve che fosse assorto in pensieri per lei inquietanti. – Oggi pomeriggio è stato qui Jacob, l’ebreo, – gli disse. – Mi ha fatto un discorso molto strano. -Il ragazzo era assorto nei suoi pensieri. Il nome di Jacob gli fece perdere il filo e gli diede noia. – Voleva che ti convincessi a fare un certo lavoro per lui, – continuò la madre. – Ma non ha voluto dirmi di che lavoro si tratta. Gli ho detto che avevi già un lavoro e che non abbiamo bisogno di soldi e lui ha detto che si trattava di un lavoro extra, che non ti avrebbe distolto da quello della libreria. – – Non si è spiegato meglio? – chiese il ragazzo, turbato. – Ti dico che i suoi discorsi erano strani, – replicò la madre, asciugandosi le mani sul grembiule. – Mi ha fatto quasi paura. Diceva che le nostre razze si assomigliano e che questo è importante per il lavoro che ti vuole offrire. Io gli ho detto che aveva torto e che le nostre razze non si somigliano. Che noi siamo un paese cristiano ma lui ha detto che non aveva importanza e che si fida di te perchè sei un bravo ragazzo. – – Sono discorsi strani davvero, – borbottò il ragazzo. – Non ha detto altro? – – Si, – rispose la madre avvicinandosi a guardarlo negli occhi. – Ha detto che per quel lavoro ti darà un milione di lire, una sull’altra. Vuole che tu vada a parlargli. Io sono preoccupata. Che razza di lavoro vuole che tu faccia, per un milione? Vuole che rubi? -Il ragazzo scosse la testa, sbalordito. Un milione di lire! Ricordò l’ultimo colloquio con Jacob. Gli aveva offerto prima ottanta e poi centomila lire se lui fosse andato con Miriam. Ed ora gliene offriva un milione! – Credo che a Jacob manchi una rotella, ma’, – borbottò infine. – Non è un uomo cattivo, però credo che sia un po’ matto. Non preoccuparti, non farò nessun lavoro per lui. – – Sia ringraziato il Signore, – sospirò la madre sollevata.E invece qualche giorno dopo si ritrovò a camminare per la strada, tra la folla, col passo rapido di chi ha una meta da raggiungere e invece non aveva meta. Soltanto il bisogno di fare qualcosa a cui non poteva più fuggire. Improvvisamente ebbe una meta, e un’intenzione precisa. Allungò il passo, percorrendo le strade note di quel quartiere. Ecco la porta dai vetri polverosi del magazzino di Jacob. La spinse ed entrò. Vide Miriam, con indosso l’abito di seta nera, intenta a misurare una pezza di stoffa sul bancone. Il volto carico di belletto le si atteggiò a stupore quando vide il ragazzo e, subito dopo, le sue labbra dipinte si schiusero a un sorriso incredulo e avido insieme. Dal retrobottega uscì Jacob ed anche lui mostrò stupore e, dopo, ansia. – Dunque sei venuto! – esclamò Jacob. – E farai ciò che ti chiesi? – – Lo farò, – disse il ragazzo, osservando Miriam. – Lo farò per un milione. Hai detto a mia madre che mi avresti dato un milione. – – Ti darò il denaro, – dichiarò Jacob in tono quasi affannoso. – La metà oggi stesso, dopo che avrai adempiuto. L’altra metà dopo che avrò la certezza che… che tutto è riuscito! – – Riuscito che cosa? – chiese il ragazzo in tono duro, diffidente. – Mio figlio! – ansimò Jacob. – Il mio erede! Sarà concepito nel grembo di mia moglie Miriam, col tuo seme! Avrai il resto del denaro non appena Miriam sarà gravida. Hai la mia parola. -Il volto rugoso di Jacob esprimeva i sentimenti che lo agitavano dal giorno in cui aveva preso quella decisione: ansia, vergogna, timore che il ragazzo non accettasse o che approfittasse di lui. A sua volta il ragazzo, sorpreso e irritato, osservò il vecchio con occhi ostili. Aveva immaginato laidi i suoi fini ed ora Jacob se ne veniva fuori con questa storia di un figlio! Non gli piaceva che Jacob fosse migliore di quanto lui aveva creduto. – Mi darai tutto il denaro subito, – disse torvo. – Altrimenti me ne andrò. -Miriam si morse il labbro, preoccupata, e Jacob esitò. – Voglio il milione subito, prima di far qualsiasi cosa, – insistè il ragazzo. – Poi resterò quì tutto il pomeriggio e, se non sarà stato sufficiente, tornerò altre volte. – – Non so se ho tutto il denaro, oggi, – provò a dire Jacob in tono esitante. – Io penso che ti fidi di me, vero? – – Dagli il denaro, Jacob, – intervenne Miriam e il vecchio, rassegnato, volse le spalle al ragazzo ed entrò nel retrobottega. Lo sentirono frugare in un cassetto. Miriam fissò avidamente il ragazzo e si umettò con la lingua le grosse labbra dipinte. – Andremo di sopra, – mormorò come a se stessa, – e ci coricheremo sul letto e sarò come tua moglie… -Il ragazzo ricordò le sue polpose natiche bianche e il folto cespuglio, nero e aggrovigliato e il pene gli si tese sotto il prepotente afflusso del sangue. Jacob tornò con un rotolo di banconote tenuto insieme da un elastico. – Sono un milione, – disse tendendo il rotolo al ragazzo. – In pezzi da cinquanta. Contali pure. -Il ragazzo si cacciò distrattamente il rotolo nella tasca dei jeans, conscio degli occhi avidi di Miriam sulla patta rigonfia. – Allora, – disse Jacob senza guardare la moglie, – salirete alla stanza da letto. Io resterò dabbasso e pregherò perchè dai vostri gesti sia assente la lussuria fine a se stessa e perchè il seme del maschio raggiunga l’ovulo nell’utero e lo ghermisca e lo penetri, a renderlo fecondo… – – Quante chiacchere! Lo faremo qui, – dichiarò il ragazzo. – Lo faremo sotto i tuoi occhi. Voglio che tu veda. -L’orrore negli occhi di Jacob accrebbe la sua voglia. – Lo faremo qui, – ripetè, fissando Miriam. – No! – implorò la donna. – Ti prego, non qui! Non davanti a lui! – – Chiudi la porta Jacob, – ordinò il ragazzo in tono che non ammetteva replica. – Lo faremo qui. -Fece scorrere la lampo dei jeans e li abbassò fino alle ginocchia, esponendo il membro rigido. L’estremo turgore colorava di viola il glande. Miriam si morse un labbro e mosse un passo verso il ragazzo. Jacob corse a mettere il chiavistello alla porta. – In ginocchio, – ordinò il ragazzo a Miriam. – Succhialo, prima. Lo so che ti piace succhiarlo. – Noo, non così! – si agitò Jacob disperato. – Così è libidine, così è lussuria! Non c’è in voi il fine primario di perpetuare la specie! Miriam! -Miriam non riusciva a distogliere lo sguardo dal fallo rigido del ragazzo. Le sue labbra dischiuse erano aride di voglia. Mosse ancora un passo verso il ragazzo. Non guardò il marito. – Ti prego, Miriam! – supplicò Jacob. -Non farmi assistere a questo spettacolo degradante! Chiudi le orecchie al richiamo della carne! E’ colpa grave se ti concedi ad un altro uomo per scopo di libidine! -Il ragazzo guardò fisso Jacob, con cattiveria e il vecchio abbassò gli occhi e tacque, umiliato e vinto. – Che cosa vai cercando, Jacob? – sbottò il ragazzo, sprezzante. – Sei stato tu ad avere l’idea. Ora resterai a guardare e non soltanto a guardare. Avvicinati, svelto! E tu Miriam, inginocchiati davanti a me. Sai bene come fare, no? Non chiudere gli occhi, Jacob! Se lo farai me ne andrò senza aver toccato tua moglie e col tuo denaro in tasca! – – Signore mio Dio! – si disperò Jacob. – Tu non sei il ragazzo che credevo di conoscere! Tu non sei un buon figliuolo! – – Sta’ zitto e guarda! – ringhiò il ragazzo.Miriam s’era inginocchiata di fronte a lui. Avvicinò la bocca al glande del ragazzo e lo baciò, lo leccò tutto golosamente. A meno di un passo Jacob sbarrò gli occhi sulle gote di sua moglie, incavate nell’atto di succhiare. – Guarda, Jacob! – schernì il ragazzo. – Guarda tua moglie che mi succhia il cazzo! Lo fa bene, sai? Guarda come lo inghiotte! -Afferrò Miriam per i capelli, cacciandole il pene sino in fondo alla gola e lei tossì ed ebbe singulti spasmodici ma non tentò di sottrarsi. La sua mano carica d’anelli andò a soppesare i testicoli gonfi, stringendoli delicatamente. Subito dopo fu il ragazzo a farsi indietro. – Aspetta! – disse a Miriam. – Mettiti in piedi, ora. -Lei ubbidì prontamente e il ragazzo si rivolse a Jacob. – Toglile le mutandine, se vuoi che la scopi. Coraggio, inginocchiati davanti a lei e abbassale le mutande! -Subito Miriam si rialzò la veste di seta sino al punto di vita, scoprendo le gambe ben fatte e le grosse cosce bianche. Dai bordi delle mutandine spuntavano piccoli ciuffi di pelo nero. Jacob non si decideva e il ragazzo lo afferò per una spalla. Allora il vecchio si inginocchiò di fronte alla moglie e, afferrato a due mani l’elastico delle mutandine le abbassò sino alle caviglie. Miriam sollevò prima un piede poi l’altro, liberandosi definitivamente dell’indumento. Il ragazzo osservò l’espressione vinta di Jacob: non gli bastava. Avrebbe scavato dentro Jacob, avrebbe vangato i suoi contenuti melmosi e glieli avrebbe mostrati, l’avrebbe costretto a riconoscerli, avrebbe infranto il suo fragile scudo d’ipocrisia, di regole religiose, di untuoso perbenismo. – Ora devi leccarla, Jacob, – ordinò. – Leccarla in mezzo alle gambe. Hai capito? Devi leccare la fica di tua moglie! – – No! E’ peccato! – farfugliò Jacob, gli occhi fissi al folto triangolo nero. – Leccala, Jacob! -E Jacob avvicinò il viso al folto cespuglio e, stando in ginocchio, leccò, a lingua larga e tutta fuor di bocca. Leccò il pelo intricato, insalivandolo e spartendolo, come a farsi strada e Miriam gemette. – Oh, Jacob! E’ peccato! Non l’hai mai fatto! – e intanto allargava le gambe e si faceva sopra al volto del marito, costringendolo a piegare la testa all’indietro perchè la lingua potesse raggiungere la carne intima, tenera, calda e già bagnata.Il ragazzo aveva il volto atteggiato a un ghigno di trionfo ma era lui stesso prossimo a scoppiare. Si mise dietro a Miriam e le palpò golosamente le natiche, mentre appuntava il glande contro la vulva che Jacob stava leccando con avidità. Il ragazzo la sentì. Sentì la lingua di Jacob sul proprio membro ed anche Jacob sentì, ma continuò a leccare a gran colpi di lingua. Il ragazzo spinse l’asta dentro la vagina bagnata di Miriam e la trovò assai più stretta di quella delle altre donne che aveva avute. Si immerse e la carne di Miriam disegnò una stretta O intorno al pene turgido e la lingua di Jacob leccò la carne della moglie e quella del ragazzo. Miriam si lasciò sfuggire un lungo gemito di piacere e il ragazzo, all’improvviso, fu tradito dall’orgasmo e venne a fiotti ripetuti, sussultando. Miriam tremò tutta e si agitò in attesa del proprio piacere che andava annunziandosi con spasimi di voluttà sempre più intensi, tra il palo del ragazzo e la lingua del marito. Ma già il ragazzo era nuovamente padrone di sé e volle continuare il suo disegno. Si tirò fuori da lei, rigido e bagnato e la scostò a forza dalla lingua di Jacob. – No! Lascia! – urlò rauco il vecchio, stravolto dalla libidine. – Vuoi che goda? – lo schernì il ragazzo. – Vuoi che tua moglie goda? – – Sì! – ansimò Jacob. – Voglio che goda! – – Anche tu devi godere, Jacob! Anche tu. In piedi, ora, e mostraci il tuo affare. Fuori il cazzo, Jacob! Tiralo fuori e fattelo succhiare! -E Jacob ubbidì, frugandosi con mani tremanti. Era povera cosa il suo pene. Patetica vestigia nella mano malferma. Eppure, sulla punta del glande circonciso ed esangue, brillava una piccola goccia di umore. – Succhiaglielo, puttana! – ordinò il ragazzo. – Fallo godere! -Ma le impedì d’inginocchiarsi davanti al marito, obbligandola invece a chinarsi, a piegarsi in due sino a che la sua bocca non riuscì ad impossessarsi del pene maritale ed a risucchiarlo tutto. Allora il ragazzo tornò alle terga di Miriam e si conficcò in lei per tutta la lunghezza dell’asta dopodichè, tenendola stretta alla vita, prese a pomparla a lunghi colpi profondi e regolari, godendo di sentirla così stretta e bagnata. Miriam mugolò di piacere mentre succhiava il pene del marito. Il ragazzo voleva che godesse e facesse godere Jacob. Continuò ad affondare ritmicamente il suo duro palo di carne nella vagina di lei e Miriam, ogni tanto, abbandonava di succhiare per liberarsi in gemiti profondi mentre la sua vagina si irrorava sempre più copiosamente. Alle sue spalle il ragazzo pompava, incitando entrambi con le parole più volgari e pretendeva che quelle parole fossero ripetute da Jacob e da Miriam moglie di Jacob. – Sborrale in bocca, Jacob! Sborra in bocca a tua moglie! E tu, puttana, sborrami sul cazzo! Dillo, che vuoi sborrare sul mio cazzo! -Si sporse come potè ad osservare il membro di Jacob ed il poco che ne sporgeva dall’avida bocca di Miriam, era rigido a sufficienza e non più vizzo e morto com’era stato prima. – Ah!… – si lamentò Jacob, stralunando gli occhi, – Ecco!… Miriam, io ti… ti… ti sborro in bocca!!… -“L’aveva detto! Le parole sporche, le azioni sporche! Il germe ti ha contagiato ben rapidamente, Jacob! Ma non basta, non basta ancora.” – Dille che è una puttana! Chiamala puttana! – – Sei una puttana! – urlò rauco Jacob. – Puttana!… Mi fai godere!… Nella tua bocca!… Aaaaaah!!… – – Così!… – urlò il ragazzo, accelerando il ritmo sino a squassare Miriam. – Così, perdio!… Ti piace il cazzo, troia?… Dillo che ti piace! – – Aah!… Peccato mortale!… – gorgogliò Miriam, la bocca piena dello sperma di Jacob. – Peccato mortale!… Ma io VENGO!!… – – Di’ che sborri sul mio cazzo! – – Siiii!… Sborro sul tuo… AAAAAH!! -Si aggrappò al marito per non cadere e Jacob la sorresse, reggendo in qualche modo anche l’urto del ragazzo che la squassava e continuava a colpire tra le natiche di Miriam. Finalmente la sentì inerte e pesante il doppio, dopo l’orgasmo e si ritirò da lei, avendo già inventato altro per loro e per il proprio membro zuppo e congestionato. Afferrata la donna sotto le ascelle la trascinò quasi di peso sino al bancone e Jacob li seguì, passivo e stordito dal piacere. Il membro, nuovamente piccolo e floscio, gli penzolava fuori dalla patta. Il ragazzo costrinse Miriam ad incrociare gli avambracci sul bancone e ad appoggiarvi la testa. L’abito di seta nera le era ricaduto, ma da un lato l’orlo era rimasto impigliato nella giarrettiera e rivelava la pelle candida della coscia. Jacob fissò quel lembo di pelle ed il ragazzo rise. – Coraggio, Jacob, solleva l’abito di tua moglie, su, fino alla vita. -Jacob, sotto gli occhi beffardi del ragazzo, sollevò l’abito. Contro il nero delle calze splendette la carne bianca di Miriam. – Che belle natiche ha tua moglie, Jacob, – rise il ragazzo. – E che pelle di seta. Guarda che bel culo, grasso e rotondo. Non ti fa venir voglia, Jacob? Coraggio, toccalo! -La mano di Jacob tremava, sulla carne nuda della moglie. Una mano vecchia, dalle vene in rilievo, malferma. Eppure le dita avevano accenni furtivi di rapacità. Il ragazzo rise ancora. Il suo pene era ritto come asta di bandiera e lui strusciò il glande contro il solco anale di Miriam, sfiorando la mano del vecchio. – Non ha un bel culo, la nostra puttana? Ti piacerebbe infilarglielo anche là dentro, Jacob? Ti piacerebbe, eh? Lo so che ti piacerebbe. Peccato che non puoi, altrimenti lo faresti. Vero, Jacob? No, non ritirare la mano come se il mio cazzo ti facesse schifo. Prima lo leccavi ed ora temi di toccarlo? Coraggio, Jacob, toccalo! -La mano di Jacob sfiorava il pene del ragazzo e tornava a palpare le natiche della moglie. Gli occhi di Jacob esprimevano libidine impotente. “Ho scavato in te, Jacob e ti ho messo a nudo. Scaviamo ancora, Jacob. Scaviamo insieme, sempre più a fondo!” – Guarda come cola la fica di tua moglie, Jacob. Ho fatto il mio dovere o no? Infila un dito nella fica bagnata di tua moglie, Jacob. Bravo, così. Esplorala a fondo, rigira quel dito per bene e sentirai che ho fatto il mio dovere. Pompala col dito, ora, visto che non puoi fare altro. Così. Lo senti com’è zuppa? -Miriam ebbe un gemito e allargò istintivamente le gambe, mentre il dito di Jacob le frugava la vagina. – La troia in calore! – ghignò il ragazzo. – Vorrebbe essere montata ancora, Jacob, lo vedi? Vorrebbe un grosso cazzo al posto del dito. Non puoi darle il tuo cazzo, Jacob? Non sei in grado? -Guardò il pene floscio del vecchio e rise. E Jacob continuò a pompare la moglie col dito e Miriam prese a lamentarsi, il volto nascosto tra gli avambracci, il sedere esposto, tutta in calore. Due grosse lacrime rotolarono all’improvviso sul volto rugoso del vecchio ebreo e caddero sulle natiche di Miriam. – Ma questo non è nulla, Jacob. – continuò il ragazzo. – Che farai più tardi, solo con lei? Che cosa le dirai? Ma tu non parlerai, Jacob. Non avrai il coraggio di parlare, nè di guardarla. Nel magazzino le scivolerai accanto furtivo, silenzioso, senza guardarla. La notte le giacerai a fianco, voltandole le spalle. Forse, se sarai fortunato, avrai un figlio, Jacob. Un figlio da un milione di lire.”Al vecchio sfuggì un singhiozzo. – Ti piace il culo di tua moglie, Jacob? – riprese incalzante il ragazzo. – Io gliel’ho infilato dentro una volta. Tutto, fino ai coglioni. E’ un budello stretto, caldo e morbido, il culo di tua moglie. Prova col dito, Jacob. Su, prova! -Afferrò le natiche di Miriam, allargandole il più possibile, a mostrare il piccolo rugoso cratere chiuso dello sfintere. Il dito tremante di Jacob, contorto dall’artrite, si appuntò al centro del piccolo anello bruno, spinse e, malgrado la donna facesse resistenza e si contraesse, s’introdusse. Miriam sussultò e si lascò sfuggire un gemito di sofferenza. – Non voglio, – piagnucolò Jacob intanto che immergeva il dito a fondo. – Non voglio. – – Non puoi, Jacob, non puoi! – lo corresse il ragazzo con scherno. – Se tu potessi lo faresti, Jacob. Oh, se lo faresti! Ma io ti sono amico. La volevi gravida per procura e l’ho fatto io per te. Vorresti possederla contro natura e lo farò io per te. Sarà come se il mio cazzo fosse il tuo, Jacob. Guarderai, e sarà come se lo facessi tu. Penserai di essere TU a farlo, Jacob! -Tirò via la mano del vecchio e lo costrinse a chinarsi sul proprio pene rigido e infiammato. Il contatto con la mano fredda di Jacob gli procurò uno strano, contorto piacere. Sentì che avrebbe dovuto far presto se non voleva sciupare la recita finale… – Guidalo tu, Jacob. Guida il mio cazzo a penetrare nel culo di tua moglie! -E la mano del vecchio guidò il lungo, duro pene del ragazzo ad appuntarsi tra le natiche di Miriam, contro lo sfintere. – Ecco, – disse il ragazzo. – Ecco come inculo tua moglie, Jacob. Guarda! -Miriam allargò ulteriormente le cosce e gemette impotente, in attesa dell’affondo che l’avrebbe trafitta e della sofferenza che l’aspettava.Stavolta il ragazzo agiva in silenzio, congestionato e cupo, con la brutale determinazione di un autentico stupratore. Lo sfintere fu dapprima compresso all’interno e Miriam urlò di strazio, col viso inondato di lacrime inarcò di scatto la groppa. – Spingi, puttana! Spingi! -Miriam urlò ancora e le lacrime le sprizzarono dagli occhi come liquide schegge, ma provò a spingere ed il grosso pene del ragazzo affondò di colpo in lei. – Così! Così, Miriam! – urlò trionfante il ragazzo per superare il grido lacerante della donna. – Così, nel culo! Raccontalo, a tuo marito! Raccontagli questo! -Continuò a urlare rauche oscenità intanto che andava squassandole le terga a colpi forsennati, mentre Jacob, gli occhi allucinati, osservava allibito i sobbalzi e le urla strazianti della moglie impalata a fondo.Il ragazzo la sodomizzò impietosamente per qualche minuto fino a farla sanguinare e infine venne ed il suo orgasmo fu sottolineato da un grido acuto. Il suo corpo apparve a Jacob come percorso da una potente scarica elettrica; si irrigidì in ogni fibra, si rilassò un istante e ancora fu scosso da una serie di convulsioni. Finalmente gravò inerte sul candido dorso di Miriam.
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