Era ormai circa un anno che mi trovavo nella città miniera ed avevo assimilato in tutto e per tutto il modo di vita che vi si trascorreva. Non facevo più caso ai trattamenti cui erano sottoposte le ragazze e non mi stupivo più di nulla. Io stesso avevo avuto modo di applicare alle mie schiave trattamenti che nulla avevano di umano. Avevo deciso di tenere Tre; era una piccola proietta del tutto assuefatta alla sua condizione di schiava e più la torturavo più godeva; più la umiliavo e più mi mostrava gratitudine. Avevo invece deciso di cambiare Sei con una splendida ragazza diciottenne appena arrivata alla città. Sei aveva pianto disperatamente alla mia decisione di cederla ma le sue suppliche non avevano avuto altro risultato che divertire me e Frank. Sei era stata da Frank e da me addestrata ed essere usata in ogni maniera e quindi la vendetti a buon prezzo ad un gruppo di minatori indigeni che l’acquistarono in società. Dovettero sottoporla ad un trattamento terribile. Appena tre mesi dopo averla venduta ebbi occasione di vederla, incatenata ad una ruota per l’estrazione dell’acqua: il suo corpo non mostrava che pallidi ricordi della perfezione che esibiva prima. Su tutto il corpo spiccavano cicatrici da frusta e di chissà cos’altro. La sua magrezza era impressionante. L’avevano ridotta così male che non se ne servivano neppure più per il loro sfogo sessuale: la tenevano nuda, incatenata giorno e notte, alla ruota del pozzo che doveva spingere continuamente, come una bestia da soma. Si muoveva e viveva sui suoi stessi escrementi e le cosce erano rigate dall’urina e dalle feci. Da medico giudicai che non sarebbe vissuta ancora a lungo.La ragazza che avevo comprato per sostituirla era un animaletto fantastico: dotata di un carattere pudico era assai piacevole umiliarla continuamente. Ma Tre rimaneva la mia schiava preferita. Presi l’abitudine di portarmela dietro durante i giri di controllo per la città. Naturalmente, come tutti, la portavo al guinzaglio come un cane; seminuda ed obbediente mi piaceva averla a portata di mano.Anche quando mi assentavo dalla città, per brevi periodi di vacanza, me la portavo dietro.Vederla umiliata in contesti diversi da quello della miniera la rendeva ancora più eccitante. La testa rasata e la sua bellezza, l’ abbigliamento, il collare e il guinzaglio suscitavano, nel mondo civile, stupore ed invidia.Inoltre la sua sottomissione totale mi consentiva di portarla ovunque senza timore che tentasse la fuga o denunciasse il trattamento cui erano sottoposte le schiave alla miniera. Un giorno venni convocato dal Direttore a casa sua. Mi ricevette come sempre nel ampio salone:”Dottore, Lei ha già avuto modo di vedere il mio serraglio personale e sa che le mie due figlie sono il risultato di una educazione impartita, fin dai loro primi anni di età, al solo scopo di fare di loro due perfette schiave da compagnia. Specialmente la più piccola si è rivelata un successo straordinario…”Ricordavo perfettamente, ancora eccitandomi, la volta che ero stato invitato a provare la bocca della ragazzina appena quindicenne. Il direttore continuò ricordando come il figlio fosse stato invece cresciuto con il pieno dominio sulla madre, le sorelle e tutte le altre femmine presenti al campo.”Ora mio figlio ha compiuto diciannove anni e ha intenzione di studiare presso una università nord americana. Ho quindi deciso di regalargli la sorellina, così potrà portarla con se come schiava. Lei sa, dottore, come io considero le donne e non si stupisca perciò se le dico che dal momento che la ragazza è diventata di sua proprietà, mio figlio è libero di farne quello che vuole, senza che la cosa mi interessi minimamente. Però mio figlio si è messo in testa di fare subire alla sua schiava non so bene che tipo d’operazione chirurgica vorrei che lei li accompagnasse a Miami, in Florida, come assistente medico…” Il direttore continuò a parlare a lungo ed alla fine accettai di accompagnare il figlio, pregustando già la possibilità di avere ancora per le mani la ragazzina. Durante un incontro con Diego, il figlio del direttore, mi venne spiegato di che tipo di operazione fosse e la cosa mi lasciò esterrefatto. In sostanza un medico statunitense, conoscente del direttore e dei suoi gusti, si era detto disposto ad applicare alla ragazzina una minuscola fascetta in titanio che avrebbe circondato il fascio di nervi che le irradiavano il clitoride. Una minuscola batteria avrebbe consentito, con un semplice radiocomando, di avere il più totale controllo sulle sensazioni della ragazza. La cosa mi eccitò a tal punto che decisi di portare con me Tre e farla sottoporre anche lei al trattamento. E così avvenne. Partimmo con le nostre schiave. La figlia del direttore era diventata ancora più bella dall’ultima volta che avevo avuto modo di vederla ed era totalmente conscia del suo ruolo. Era costantemente attenta ai più piccoli desideri del fratello e padrone; pronta ad eseguire qualunque ordine le venisse imposto. Il fratello la trattava ne più e ne meno come se fosse un oggetto; anche con i cani si hanno, a volte, moti affettuosi mentre lui con alla sorellina non mostrava la minima considerazione se non quella di farsi servire e di soddisfarsi sessualmente con lei. In aereo le due ragazze sedevano in una fila dietro alla nostra. Avevamo concesso loro di vestirsi con dei mini abiti e scarpe con il tacco; i foulards che indossavano per coprire le teste rasate le rendevano ancora più belle, una quindicenne e una diciottenne che sprizzavano sesso ad ogni passo. Gli altri viaggiatori maschi non riuscivano a distogliere lo sguardo da loro. Io me ne accorsi con un certo orgoglio mentre Diego non diede segno di avere interesse alla cosa. Arrivati a Miami alloggiammo in un albergo sul mare. La notte chiesi a Diego di prestarmi la sorellina e potei gustarmi lei e Tre per buona parte della notte. La mattina dopo ci recammo alla clinica dell’amico del direttore. Lui visitò a lungo la ragazzina e capii, dai discorsi, che anche lui aveva avuto modo di provarla in passato. Quando seppe che intendevo applicare anche a Tre la stessa tecnologia mi disse che avrei dovuto attendere qualche giorno in quanto l’apparecchio non era disponibile subito. Accettai senza problemi e lasciammo la ragazzina, che veniva chiamata Vera, alle sue cure. Ci disse che avremmo potuto ritirarla il giorno seguente. Per il resto della giornata e per la notte lasciai Tre in albergo,a disposizione di Diego, e io mi misi a visitare Miami come un qualunque turista. Il giorno dopo Diego mi chiese di passare io a ritirare Vera, in quanto lui aveva altro da fare. Mi recai alla clinica ed il chirurgo consegnandomi la ragazzina le fece sollevare la gonna per farmi vedere che nessun segno era visibile su quel meraviglioso e fresco pube. Poi prese una piccola scatolina:”Vede dottore, con questo tasto si avviano le stimolazioni che agiscono direttamente sui nervi del clitoride.”Così dicendo premette un bottone e la ragazzina cominciò subito a tremare ed ansimare:”Con questa rotellina si regola l’intensità dello stimolo. Mi raccomando di non utilizzarlo mai al massimo della potenza, potrebbe letteralmente morire per il piacere. Usandolo a metà circa la ragazza non riesce più a discernere il piacere dal dolore; è un ottimo strumento di punizione. Si accerti che Diego comprenda bene queste disposizioni; l’impulso agisce direttamente sui nervi e può essere piacevole o terribile a seconda di come lo si usa. Se tenuto al minimo provoca, quasi istantaneamente, ripetuti orgasmi e quindi è consigliabile di non tenerlo acceso a lungo..”Parlò a lungo spiegandomi il funzionamento dell’apparecchio e per tutto il tempo della spiegazione la ragazzina era rimasta in piedi con la gonnellina sollevata a tremare e guaire come una cagnetta. Notai che doveva aver avuto parecchi orgasmi e quando, per dimostrazione il chirurgo aumentò la potenza dell’impulso, Vera lanciò un grido ed i lineamenti del suo viso si contrassero in una smorfia di dolore e di terrore. Non potei fare a meno di pregustare quando lo avrebbe indossato anche Tre, da li a pochi giorni Riportai Vera in albergo; durante il tragitto in taxi mi divertii ad accendere parecchie volte di colpo l’apparecchio, regolato al minimo,. Gustandomi le reazioni della ragazzina e lo stupore del taxista nel vedere quella quindicenne che si metteva a tremare e a gemere nell’orgasmo. Quando scendemmo dall’auto Vera lasciò una grossa macchia umida sul sedile dove era appena stata seduta.La consegnai a Davide, che ci attendeva in camera sua e tornai in camera mia dove tre mi attendeva, ignara del destino che avevo in serbo per lei. Ero talmente eccitato che mi scaricai nella sua bocca in pochi istanti. Quando la sera andai a chiamare Davide per scendere, io e lui a cena mentre le schiave ci avrebbero aspettato in camera, mi trovai di fronte una spettacolo che mi lasciò stupefatto.Bussai alla porta e sentii la Voce di Davide che mi invitava ad entrare. Lui era sotto alla doccia. Nuda, con le braccia incatenate dietro alla schiena e la bocca chiusa da un bavaglio di gomma, sdraiata sul pavimento della stanza, Vera si contorceva come una serpente al quale hanno appena schiacciato la testa. Era pallida e sudata; sul pavimento tra le sue cosce allargate e sui glutei i suoi succhi e la sua urina avevano creato una vasta pozza viscida. Gli occhi roteavano come impazziti e proprio mentre mi chinavo su di lei svenne. Ma subito lo stimolo la riportò alla realtà; chissà quante volte era svenuta e si era ripresa sotto gli impulsi elettrici. Le posai una mano sul seno e constatai che il cuore le batteva furiosamente. Da medico compresi che la ragazzina era prossima ad un collasso. Cercai con lo sguardo intorno e vidi il radiocomando abbandonato sul letto; lo presi e vidi che il regolatore di potenza era appena sotto la metà. Lo spensi e la ragazza, con un lungo e disperato ululato svenne sfinita. Capii subito cosa era successo: avevo riportato la ragazza a metà pomeriggio. Il fratello aveva provato l’apparecchio e l’aveva lasciato acceso fino ad allora senza curarsi delle possibili conseguenze per la ragazza. Almeno tre ore, durante le quali la ragazzina aveva continuato ad avere orgasmi senza soluzione di continuità. Solamente la sua giovane età ed il suo fisico allenato alle torture avevano evitato il peggio. Chiamai Diego che uscendo diede uno sguardo distratto alla ragazzina che cominciava a riprendere conoscenza abbandonata distrattamente sul pavimento: lo guardai astioso ma per il momento decisi di non dirgli niente. Poi chiamai al telefono Tre ordinandole di venire da me. Quando la mia schiava arrivò le ordinai di pulire la ragazzina ed il pavimento: non ero stato preciso nell’impartire l’ordine ma gustai la piacevole scena di Tre che s’inginocchiava ed eseguiva il mio ordine con la lingua. Lecca, pensai, lecca bambolina; tra poco toccherà a te.
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