Marco è impaziente di tornare in quella bottega. – Dobbiamo tornarci! Capisci, Elisa – Dobbiamo? Devi! Io ti aspetto qui. Vado in spiaggia – Non ti lascio mica qui, da sola, in albergo con Kaled! Kaled è uno studente che abbiamo conosciuto un anno fa, al corso di archeologia all’università di Perugia. Siamo venuti in vacanza quaggiù, in Marocco, spinti dai suoi racconti meravigliosi su questi posti. Certo, il suo è un punto di vista privilegiato: quando è a Perugia è un qualunque studente universitario ma qui è il nipote del Re. – Ma che dici? – Dico che Kaled, carino e gentile com’è, sarebbe lieto di farti un certo servizietto – Ma sei scemo?! Che cosa stai blaterando? – Non blatero niente. Dico soltanto che io, da sola, qui in albergo non ti lascio. – Grazie per la fiducia – Ascoltami, Elisa. Se non si trattasse di un pezzo tanto bello, rinuncerei ad andare e ci recheremmo insieme in spiaggia. Ma non posso, capisci? Non posso proprio rinunciarci. La mia collezione… quello… quel coltello, credimi… Si sforzava di trovare le parole giuste. L’idea di aggiungere quel pezzo alla sua collezione gli faceva brillare gli occhi. Era stregato da quel pezzo che, kaled ce ne diede conferma, risaliva alla fine del 1600. “Peccato che non siano riusciti ad accordarsi” pensai io, ingenuamente Il giorno prima, scortati da Kaled, c’eravamo introdotti nella città vecchia, nella parte non battuta dai turisti. Kaled stesso gli aveva parlato di una bottega interessante per la sua collezione. C’eravamo trattenuti per almeno mezzora in quella bottega. Marco e il proprietario, dopo che quest’ultimo gli aveva mostrato il prezioso oggetto con, avevano parlato a lungo, alternando ammiccamenti e discussioni animate. A me, annoiata da morire, aveva indirizzato appena due cenni di impazienza seguiti da tiepidi sorrisi. Curiosavo, spiata dagli sguardi del bottegaio, tra gli oggetti in vendita. Carinamente, a un certo punto, kaled s’era staccato dal terzetto e mi aveva raggiunta per mostrarmi uno di quegli abiti che avrebbe poi comperato per regalarceli. Marco e il suo interlocutore discutevano sempre più animatamente, fin quando adducendo scuse del tipo che il proprietario fosse matto, marco dice di andare via, che non se ne faceva più niente. – Quello è un capolavoro: la lama, perfettamente proporzionata… bilanciata. Il manico, intarsiato in maniera così raffinata. Quel pezzo vale tutta la mia collezione. non ci rinuncerei per niente al mondo. – Perché allora non l’hai comperato ieri? – Il prezzo! Era troppo caro. – Ed ora, credi che ridurrà le sue pretese? – Siamo rimasti che se ci avessi ripensato sarei tornato oggi da lui. Mi ha fatto una controproposta che, gli ho detto, avrei avuto necessità di pensarci meglio per decidere – E ora, che stai facendo? – Mi vesto, non vedi – Certo che lo vedo. Ma perché quegli abiti? – Abbronzato come sono e con questa tunica posso passare per uno del posto e attraversare la città senza troppi problemi. Dai, non stare troppo a pensarci. Vedrai che sarai contenta anche tu. Tieni indossa. – Forse hai ragione. Ho visto un paio di cosette in quella bottega che non ho avuto il coraggio di comprare. Magari se fai rientrare anche quelle nella contrattazione, riesci a strappare un buon prezzo. “Metti anche questo sul viso”, dice, passandomi uno shador. – Sei tu ad averne bisogno. Soprattutto per coprirti gli occhi. Non so quanti marocchini hanno gli occhi azzurri. – Insisto – Se proprio ci tieni Cosi ci avviamo verso il cuore della città vecchia, indirizzandoci prudentemente verso la nostra meta. Appena inoltrati nella città vecchia, le precauzioni prese da Marco, si rivelano in tutta la loro ingenuità. Si vede fin troppo bene che siamo degli europei. Durante il tragitto i timori, comunque, si allontanano per far posto alla curiosità e alla meraviglia per lo spettacolo offerto da quella infinità di colori e suoni Siamo stati lì solo il giorno prima eppure sembra tutto così inedito, meravigliosamente nuovo: le stradine sempre più strette; la folla sempre più intensa; i colori, tanto vari e sgargianti da portarmi quasi allo stordimento. E poi le voci, i sorrisi della gente. Tutto mi appare così bello. Presa dall’esaltazione di essere così vicini alla nostra meta, non do nemmeno peso al fatto che, nella calca, qualcuno mi sfiora le natiche, qualcun altro le cosce; uno, decisamente più audace, è arrivato a stringere il mio sesso, raccogliendolo nella sua mano. Quel contatto, così deciso ma delicato mi eccita moltissimo. Non dico nulla a Marco anche perché ho notato che anche lui è stato oggetto di attenzioni particolari. La cosa mi eccita ancor di più. “Siamo quasi arrivati”, sto pensando, quando ci viene incontro il proprietario della bottega. Ci sorride, mostrando il coltello a Marco e ci indica una porta dove entrare. Guardo Marco, che senza esitazione mi fa cenno di entrare. Entriamo. E’ buio Non sento nessun rumore. Solo il respiro della persona dietro di me. I miei occhi si stanno abituando alla penombra. Provo a bofonchiare qualcosa, per saggiare la situazione ma subito Marco mi rassicura dicendomi che tutto va per il verso giusto. Erano d’accordo così già da ieri, mi dice. Si sarebbero accordati senza la presenza di Kaled e soprattutto con la mia presenza. La mia presenza? E cosa centro io? Non capisco e penso che sia meglio che stia zitta, per ora. Nel buio comincio a distinguere qualcosa. Qualcosa di chiaro. Sono i denti bianchissimi di qualcuno che probabilmente sta sorridendo. Le bocche merlate di bianco sono in realtà quattro. Un momento uno dei quattro ha gli occhi chiari. È Marco. Ora inizio a riconoscere anche delle sagome. Riesco ad intuire dove siamo. Dovrebbe essere una specie di retrobottega. Ma perché non si muovono? Perché stanno tutti zitti? Vorrei essere a Perugia o comunque lontana da qui mille anni luce. Riprovo a fare la conta: uno alle mie spalle più due accanto a Marco. Tre. Sono tre uomini, credo. Quello alle mie spalle si sposta: apre uno spiraglio della porta; sbircia all’esterno poi la richiude e la blocca con un paletto. Poi, sempre lo stesso, si porta al centro della stanza, si inchina apre una botola poi mi induce a scendere mi sussurra: “Quaiett plis! Slow, slow. Don uorri, miss. If iù is gud dont uarning for iù en iour boifrend. Anderstend?” Non so se quel che ho capito sia proprio quello che voleva dire, ma istintivamente faccio un cenno di assenso con la testa. La botola sopra di noi viene richiusa. La luce al neon, violenta, illumina di colpo il locale e mi ferisce per un attimo gli occhi. Vedo Marco, sorridermi imbarazzato affiancato dai due uomini. Questi sono molto simili fisicamente. Direi che si tratta di due gemelli. Cosa insolita, da queste parti, rifletto. – Tutto bene, Elisa. Un piccolo scambio commerciale. – Ma perché qui sotto? Non potevi trattare e pagare su, nella bottega? – Vedi, cara… il fatto è che ieri credo di aver intuito che non siano soldi cio che vuole il mercante – Non vogliono soldi? Ho paura a chiedere cosa possa interessare loro. Paura non è il termine esatto. Sono terrorizzata. Sono note le inclinazioni omosessuali di certe tribù marocchine e quindi oso sperare che possano contentarsi di ‘aprire’ Marco a certi piaceri. Gli sguardi del bottegaio,però, non lasciano molti dubbi su chi sia il vero oggetto di scambio. Mi guarda come una fiera che si sta per avventare sulla preda. Ma si può cedere a certi scambi per un coltello? – Farabutto! Per un coltello! Nemmeno per un pozzo di petrolio… per un coltello! – Per bello che sia, per prezioso che sia, la mia risposta è no! Eppoi il coltello è per te. Che c’entro io? Marco non risponde. Mi guarda supplichevole. Non conosco il significato del suo sguardo. È la prima volta che gli vedo quell’espressione. – Quante volte, mentre facevamo l’amore, mi hai confessato che ti sarebbe piaciuto farlo con più uomini, che ti sarebbe piaciuto farlo davanti a me, che ti sarebbe piaciuto farlo con un negro. Ecco… tutto questo non è più fantasia, se lo vuoi – E se non volessi? – Bhe – Avrei voluto decidere io se, cosa, come e quando, non ti pare? Con l’indice sulle labbra, il bottegaio, ci fa cenno di fare silenzio, accompagnando il gesto con un sorriso. Incoraggiata da quel sorriso e dal loro aspetto mite, provo a considerare la cosa da un altro punto di vista. Marco questa volta ha esagerato. Ero decisa a fargliela pagare e chiudere definitivamente con lui. Prima però dovevo uscire da quella situazione e, perché no? Con la mia dose di divertimento e di vendetta. Il bottegaio, alle mie spalle, porta la punta del prezioso coltello in basso, dietro, in mezzo ai miei reni e, partendo dal fondo schiena inizia a tagliare il mio vestito salendo lentamente su. Marco tenta una reazione ma è tenuto ben fermo dai due gemelli. “quaiett” ordina sornione il bottegaio Il mio vestito cade a terra delicatamente. Sotto indosso soltanto degli slip di cotone, bianchi. Con le braccia istintivamente mi copro il mio piccolo seno. Ora le loro intenzioni mi sembrano più chiare. Solo una cosa mi spaventa: l’idea di vedere allontanarsi la possibilità di uscire vivi da li sotto. Mi rammarico che per evitare noiose paternali, nemmeno in albergo avevamo avvisato qualcuno, circa la nostra intenzione di volerci addentrare nella zona antica. Quasi leggendomi nella mente, il bottegaio, in un italiano altrettanto stentato quanto l’inglese di prima, chiede, mettendomi la mano dietro la nuca: “Italiani?”. Con mano esperta mi scioglie i capelli. Annuisco con lo sguardo basso. – Se voi facite bravi poi torna a casa tua con coltelo. Nessuno male. Tu buona. Piano, piano. Anche tu signore, buono, buono, piano, piano. La paura più grande per adesso è allontanata. Guardo Marco. gli lancio la mia sfida: mi hai venduta per uno stupido coltello? Te ne farò pentire a partire da ora. Il bottegaio mi si avvicina di nuovo; mi carezza il profilo con un dito. Fissandomi dice qualcosa nella sua lingua ai complici. La sua mano mi carezza il collo, i capelli, lunghi sulle spalle. Mi sfiora un seno raccogliendolo nella sua mano. Si morde il labbro inferiore allargando le narici. Ho timore ad immaginare cosa stia pensando. Sono spaventata, è vero, ma non più terrorizzata come pochi minuti prima. Aveva ragione Marco quando ha detto che essere posseduta da più uomini e per di più simultaneamente, è stato sempre uno dei miei sogni proibiti; che un altro mio desiderio è sempre stato di farlo con un bel ragazzo di colore, per verificare le dicerie sulle dimensioni dei loro sessi; e anche farlo con un altro, davanti a Marco, è una delle mie fantasie ricorrenti. Davvero tutto questo potrebbe realizzarsi in un’unica soluzione? “Fermati, brutto porco!” grido all’uomo che ha preso possesso dei miei piccoli seni. Ma, me ne rendo subito conto, lo grido solo perché non voglio tradire questi miei ultimi pensieri. Comincia a divertirmi l’idea di giocare con questo terzetto, il bottegaio e i due gemelli, davanti a quello che, alla fine di questa storia, sarà il mio ex ragazzo. Atteggio le mani e le braccia come se volessi nascondere le mie intimità. Penso alla Venere del Botticelli e sorrido dentro di me mentre il bottegaio, invece, ride fragorosamente. Intanto alle mie spalle, il secondo del terzetto, mi afferra per i polsi e me li solleva sopra la testa. Vengo sollevata di peso e adagiata con la schiena a terra. Poi i gemelli si avvicinano a Marco, come se volessero tenere sotto controllo le sue eventuali reazioni – Fallo per me, amore mio. Chiudi gli occhi. Un giorno tutto questo sarà dimenticato Se quello che mi aspetta è davvero così vicino ai miei desideri segreti, come potrò dimenticare? Il bottegaio, approfittando della mia posizione, mi allarga le gambe, si inginocchia davanti al mio sesso e inizia ad annusarlo attraverso le mutandine. Inspira profondamente col naso e poi fa uscire l’aria dalla bocca, come si fa quando si gode del fumo di una buona sigaretta. Va avanti così dieci, forse quindici volte, mentre Marco si volta da una parte per non vedere. Poi l’uomo avvicina le labbra al cotone bianco e con le stesse afferra il tessuto. Lo solleva, allontanandolo dal mio sesso. I gemelli costringono Marco a guardare verso di me. Percepisco il calore dell’alito dell’uomo attraverso il tessuto; lo stesso cotone attraverso il quale lui inala i vapori che si sprigionano dal mio sesso. I gemelli si tolgono gli abiti e, mentre uno torna ad imporre a Marco di guardare verso di me, l’altro mi si avvicina, si inginocchia al mio fianco e incomincia a massaggiarmi il seno. Dalla mia posizione non ho una buona visuale dei loro corpi nudi ma dei loro sessi, si. E non mi sembrano degni delle leggende che si narrano a proposito. Riconosco che le dimensioni sono degne di attenzione ma nulla di particolare. Un ombra cala sul mio viso. È il gemello che ha smesso di massaggiarmi il seno e si inginocchia facendo capitare la mia testa tra le sue gambe e porta i suoi testicoli alla portata della mia bocca chiusa. Sento l’odore del suo sesso e mi sento inebriata al punto di perdere lucidità per un attimo. Il bottegaio intanto ha spostato di lato una piccola parte dei miei slip e con piccoli colpi della lingua mi sta provocando una copiosa inondazione. Ho ancora la bocca ostinatamente serrata. L’uomo sopra di me con dei piccoli buffetti sulle guance mi invita ad aprire la bocca. Dice qualcosa al gemello che tiene immobile la testa di Marco. Il loro bottegaio replica una battuta che li fa ridere di gusto. Ne ho chiaro il motivo quando il gemello sopra di me mi chiude le narici, serrandomele con il pollice e l’indice, costringendomi così ad aprire la bocca. Temo possa essere sporco; dal punto di vista igienico, intendo. E mi viene in mente una cosa che credo di aver letto da qualche parte. E cioè che la loro religione li obbliga a più abluzioni durante il giorno. Poi mi rendo conto dell’assurdità della considerazione: non sono nemmeno sicura di arrivare viva a domani e sto pensando all’igiene… Accolgo lo scroto depilato tra le labbra. Finalmente lascia la presa del mio naso e ricomincia a carezzarmi i seni. Prendo a leccarglielo lentamente e a farlo sparire nella mia bocca mentre Marco mi guarda inebetito. Mi rendo conto che lo sto succhiando con composta golosità. Non penso più alla situazione che mi ha portata li e nemmeno al pericolo che ne potrebbe scaturire. Sono completamente frastornata da tutte quelle mani che mi carezzano, mi saggiano, mi palpano; dalla sensazione nuova che mi da quello scroto depilato, e dai sussulti che mi provocano quei colpi di lingua corti e rapidi alternati a affondi più lunghi e intensi nella mia vagina. Il pensiero che quegli sconosciuti stiano godendo contemporaneamente del mio corpo, per di più di fronte a Marco, mi porta ad uno stato di semi incoscienza. Sto per tradirmi mugolando di piacere ma riesco a trattenermi. Non so per quanto ancora ci riuscirò. Il bottegaio si alza in piedi e si sfila la tunica. Sotto non indossa nulla. È evidentemente più basso degli altri ma altrettanto evidentemente la natura ha compensato in altro modo. Comprendo il motivo per cui gli altri gli riconoscono il ruolo di capo. Forse nella vita di tutti i giorni non è importante ma per chi è avvezzo a pratiche sessuali di gruppo, e loro mi sembrano esperti nel campo, avere un membro di quella taglia deve equivalere al grado di colonnello. Smetto di succhiare il testicoli all’altro e sollevo leggermente la testa per meglio osservare quel sesso che, si è molto grande ma è tutto storto; ricorda curiosamente un cavatappi anche se dalla spirale più morbida. Sorrido dentro di me pensando che ne ho visti un discreto numero nella mia vita ma mai nessuno di quella taglia e di quella foggia. Il gemello vicino a Marco lo solleva di peso lo avvicina a noi. Vuole indubbiamente che Marco non si perda nessun particolare di quel che sta accadendo ma lui, Marco, gira la testa da una parte. Il bottegaio si inginocchia tra le mie gambe. Si prende il sesso con una mano e lo direziona verso la mia vagina. Appoggia la punta sull’imboccatura e prende a spingere delicatamente. I miei slip sono completamente bagnati lì. Ma che fa, mi vuole penetrare senza toglierli? E mi sembra che provi anche molto piacere da questa pratica. Spinge con cauta insistenza e, mano a mano che spinge, la sua punta tende ad inguainarsi nella mia vulva portando dentro anche il tessuto. Marco, sempre girato da una parte, sta tormentandosi le mani mentre guarda di sottecchi. Il gemello porta di nuovo la testa di Marco a guardare ancora nella mia direzione. Marco ha appena smesso di tormentarsi le mani, quando il capo si rialza e il secondo uomo, quello al quale succhiavo lo scroto si abbassa verso il mio sesso infilandomi il suo membro tutto in gola. Mi piace. Mi piace come mi sta leccando e mi piace il sapore del suo cazzo. È lo stesso dello scroto ma più aspro. Il gemello di guardia a Marco lo fa alzare in piedi. Il bottegaio mi afferra le mutandine con i denti e con uno scatto secco le strappa e sputa il tessuto da una parte. E poi le riafferra per strapparne un altro pezzo una seconda volta e poi ancora e ancora fino quando non esistono più. Con il membro che mi riempie la bocca, da quella scomoda posizione, intravedo che la veste di Marco mostra un sollevamento sospetto all’altezza dell’inguine. Come la mia, anche la sua tunica viene ora tagliata da dietro per essere sfilata. Anche Marco rimane nudo. Gli slip gli contengo a stento il gonfiore. Voglio guardarlo negli occhi, dal momento che non posso parlare, per avere conferma della sua effettiva eccitazione ma non faccio in tempo. Il secondo uomo mi sfila il cazzo dalla bocca. Provocando uno schiocco che suscita l’ilarità del terzetto. I due gemelli, mi sollevano allargandomi le gambe. Il bottegaio sorridendo si avvicina e senza sforzo comincia un’azione di penetrazione che risulta così lenta e costante da strapparmi un sospiro. Il sospiro non sfugge ai presenti che commentano qualcosa nella loro lingua. Il sospiro non sfugge nemmeno a Marco che sgrana gli occhi mentre guarda il mio sesso, penetrato dal cavatappi del piccoletto: “Ma è enorme” Quando quel pezzo enorme di carne è tutto dentro di me i due che mi sostengono prendono ad alzarmi ed abbassarmi, seguendo il ritmo suggerito dai grugniti del loro capo. Ho le labbra socchiuse, la testa completamente abbandonata all’indietro e non riesco più a trattenere il primo, devastante orgasmo. Marco non mi molla più con lo sguardo. Rimango avvinghiata al bottegaio che in piedi continua a stantuffarmi. Un gemello, quello che lo costringeva a guardarmi, si avvicina a Marco, gli carezza il sesso e poi gli strappa gli slip “No, eh! Metti giù le mani! Il gemello prende a far scorrere la sua mano lungo il sesso di Marco. Ora sono ferma. Sento una lingua che mi carezza la schiena. Prima lungo tutta la schiena, poi la sento salire dai reni verso il collo e viceversa. infine si insinua sotto di me e prima mi solletica il buchetto poi la sento scorrere lungo l’asta del bottegaio: prima di ogni nuovo affondo, la netta con la lingua dei miei umori. Fin quando l’orgasmo del loro capo mi riempe il ventre di seme bollente. E’ tutto così strano, incredibile. Un uomo mi sta possedendo mentre un altro gli lecca il cazzo. Provo un secondo orgasmo. Meno uno, penso. Il primo gemello, ora dietro di me, mi solleva facendo uscire il sesso del loro capo ancora sussultante del lungo orgasmo; sento la pelle del suo petto aderire alla mia schiena mentre con una mossa velocissima, il bottegaio si inginocchia e poi si stende a terra. Mi ritrovo stesa a terra anch’io, con lui sotto di me come un materasso. Il secondo gemello mi è davanti. È il suo turno, ora. Il primo mi tiene ferma, incrociando le sue braccia sopra il mio petto. Il gemello davanti a me si è inginocchiato e punta il suo arnese, lungo diritto e sottile, verso il mio pube. Lo infila dentro con un colpo solo, avvantaggiato dalla copiosa lubrificazione fornita da chi lo ha preceduto. Ma il suo intento è un’ altro. Sfila il suo cazzo e lo punta al mio buchetto. Vuole incularmi. Da davanti. Non l’avevo mai fatto così. Marco preferisce prendermi alle spalle, quel farabutto. Mi brucia mentre lo spinge, conquistandosi pian piano la strada. Dà piccoli colpi senza mai retrocedere. Incalza con insistenza e fermandosi soltanto per consolidare i millimetri conquistati. Ignorando le mie sincere esortazioni a smettere, continua affondando inesorabile. Marco, inebetito, ha gli occhi di fuori dalle orbite; non da più importanza nemmeno al fatto che il primo gemello gli si è inginocchiato davanti e a preso a leccarglielo. L’attrito e il bruciore diminuiscono sensibilmente quando la cappella riesce ad entrare tutta dentro di me. Poi prende a stantuffare dapprima lentamente poi con sempre maggiore energia. Vedo Marco a bocca aperta che tenta inutilmente di deglutire: deve avere la salivazione a zero. Anch’io faccio fatica a deglutire ma per l’eccitazione terribile che sto provando. Penso a Marco che mi sta osservando mentre mi inculano davanti a lui e, variante mai contemplata nelle nostre fantasie, un altro uomo gli sta facendo un bocchino. Ho un secondo orgasmo quando sento l’uccello del quarto uomo ergersi tra le mie gambe e cozzare contro il sesso dell’altro. I due che mi avvolgono si parlano, si dicono qualcosa. Poco dopo un altro fiotto caldo, questa volta nell’orifizio anale, mi irrora violentemente. Finito di schizzare il gemello si sfila ma non faccio in tempo a pensare “meno due” quando il bottegaio, ancora sotto di me, approfittando della dilatazione e dello sperma del gemello mi trafigge lui, da dietro. Chiudo gli occhi per il dolore suscitato da questa ulteriore prepotente penetrazione e quando li riapro, davanti a me vedo Marco che, preso per le braccia dai due gemelli è costretto ad inginocchiarsi e mettere la testa tra le mie gambe. Gli fanno capire con una mimica inequivocabile, che mi lecchi la fregna. Il primo contatto della sua lingua mi provoca uno spasmo che mi fa allargare di più il buchetto già dilatato dalla irruzione del bottegaio. Inizia con poca convinzione per prenderci gusto mano a mano che si lascia vincere dall’eccitazione; la sua lingua si fa sempre più curiosa e intraprendente. Godo ancora una volta. Il bottegaio estrae il cazzo e lo infila in bocca a Marco. poi lo rinfila nel mio culetto dilatato. Il mio orgasmo si prolunga come mai prima. I due gemelli sollevano Marco e lo fanno inginocchiare tra le mie gambe. Vogliono che mi scopi. Marco affonda il suo uccello nella mia fica. Il sentire il cazzo di un altro nel mio culo attraverso la sottile parete che divide i due organi lo fa impazzire. Mi bacia furiosamente. Parla senza farsi capire. Ha perso il lume. Addirittura quando uno dei gemelli inginocchiato a fianco del mio viso mi pone il cazzo in bocca, prende a leccarmi il viso e il cazzo al gemello. D’un tratto si irrigidisce. Lo vedo allargare gli occhi. Restare immobile. Mi viene in mente un immagine bizzarra: i coni a strisce utilizzati per la segnalazione stradale. Quelli che si possono riporre infilandoli uno dentro l’altro… Sento il cazzo di Marco crescere ulteriormente. Capisco il motivo: l’altro gemello, dietro di lui lo sta sodomizzando. Un ultimo devastante orgasmo mi depreda della ragione. Vorrei urlare ma ho la bocca impegnata a ingoiare lo sperma di un gemello, mentre il bottegaio mi inonda il culetto del suo seme e Marco mi irrora col suo. L’altro gemello si accascia sopra Marco. Deve aver goduto anche lui. Dopo un ora abbiamo ricevuto degli altri abiti per tornare in albergo. Marco, dolorante, si consolava all’idea di quel prezioso coltello, finalmente entrato nella sua collezione. In aereo, di ritorno a casa, progettavo altre vacanze per ampliare la collezione di coltelli.
Aggiungi ai Preferiti