Mia cugina Marion è una stupenda ragazza, molto intelligente. Ha 24 anni, studia Economia all’Università , con una buona media, e da almeno dodici anni frequenta le piscine e le palestre. E’ una vera sportiva e, da quel che ho capito, ha frequentato diversi corsi di danza: be’, veramente non mi dice tanto di lei, suppongo che le piaccia ballare, perché è sempre in discoteca a lavorare come cubista. Più volte mi sono offerto di accompagnarla, ma lei mi tiene a distanza dicendo che non ne ha bisogno, perché in grado di badare da sola a se stessa. E, in effetti, ha un bel caratterino, autonomo ed indipendente, volitiva e sveglia nel botta e risposta. Si è accorta che io ho un debole per lei, che ho voglia di sbattermela, indovinando il lucicchìo in quei miei insistiti sguardi lascivi, ma tenendomi alla debita distanza ogni volta che alludo apertamente alle sue qualità fisiche. Del resto, lei ha sempre saputo tenere a bada i maschi, amandosi circondare delle loro attenzioni, ma facendo capire qual era il limite oltre il quale non era più disposta ad accettare il loro comportamento. Io invece, vista la parentela, ritenevo di avere il diritto di insistere con più foga, anche perché Marion non è una santa, sa come dimenarsi per conquistare gli uomini, che le piace portarsi a letto, quando e come decide lei: ma io non sono certo disposto a sopportare oltre i suoi giochetti provocatori, che mi procurano una continua eccitazione in sua presenza, ogni volta frustrata dalla sua scostante indifferenza. Così, sapendo che comunque Marion non è tipa da correre dalla mamma a lamentarsi, preferendo cavarsela da sé in qualsiasi occasione, sono passato alle minacce velate: che diamine, in fondo lei è solo una femmina ed io un maschio. Quel giorno è lei a venire da me a casa mia senza che io me lo aspetti, cosa che mi spiazza con una certa sorpresa, procurandomi però un piacere sottile, perché penso di averla in pugno.”Ciao, Marion, sono felice di vederti!”, le annuncio, sfregandomi le mani.”Non credo proprio”, sbotta lei di rimando, sfrontata.”Su, dài, hai capito quello che voglio!”.”Non hai capito proprio un cazzo, cretino!”; sicura di sé e aggressiva.”Ah, e allora, perché saresti venuta qui?”.”Solo perché dobbiamo chiarire alcune cose, io e te!”, e c’è tutta l’energia del suo carattere, in quel suo scostarsi i capelli all’indietro con la mano, fissandomi determinata negli occhi, e ponendosi a gambe larghe davanti a me, sbarrandomi il passo e squadrandomi in atteggiamento di battaglia.Io non riesco a reggere a lungo i suoi occhi così accesi e, vergognosamente, devo distoglierli, concentrandomi sul suo corpo. Non l’ho mai vista così conturbante: viso lungo ed affilato, naso dal taglio sottile e imperioso, occhi scuri di un nocciola intenso, bocca carnosa, la cui intensità è accentuata da un rosso molto vivace spalmato sulle sue labbra. I capelli castani lunghissimi le scendono morbidamente a nascondere le sue nude spalle abbronzate, seguendo le pieghe della permanente, che glieli mantiene spartiti esattamente a metà sulla fronte e sul viso, in due simmetriche piegature lisce ed ordinate. Senza contare ciò che indossa: un velo nero, annodato sopra le sue tette prosperose con un nodo che le scende con due estremità lunghe e svolazzanti sul pancino esilissimo e scolpito. Sotto, una minigonna di cotone leggerissimo, di colore beige, le ricopre a malapena le cosce poderose ed elastiche da assidua danzatrice, mentre la linea slanciata della sua gamba è sottolineata dall’assenza di calze e da un irresistibile paio di eccitanti stivali da maiala, alti giusto sopra il ginocchio, di morbida pelle beige scuro, strettissimi sulla sua gamba chilometrica, con tacco alto e resistente, suola spessa e robusta di cuoio. Anche se non ce n’era alcun bisogno, il tutto non fa che contribuire allo slancio del suo profilo longilineo, aumentando l’impressione della sua altezza, che arriva già a 1,74, nonché il livello della mia eccitazione.”Senti”, faccio io, “sai che ti voglio e, da buona cugina, dovresti assecondarmi”, privo già di controllo come mi sento.”E’ proprio di questo che voglio parlare”, dice Marion, senza scomporsi di un mm.”E che cosa ci sarebbe da chiarire?”, domando con cocciuta aria di ignoranza.”La devi smettere, mi hai stufata!”, prorompe lei con calma, con le braccia conserte.”Ma guarda e perché saresti qui, allora? E vestita così, poi. Siete tutte uguali voi donne: prima ci eccitate, e poi vi lamentate se vi violentiamo”, facendole notare la contraddizione della sua visita spontanea e del suo aspetto arrapante.”Io vado vestita come mi pare; non devo certo aver paura che un impedito come te mi salti addosso”, e, poggiando le mani sui suoi fianchi magri, appoggia il peso piuma del suo corpo da sballo su una sola gamba, che rimane dritta e tesa, mentre l’altra è curvata sul ginocchio, puntato di lato, con i piedi ad angolo retto l’uno rispetto all’altro.”Stronza, non è giusto, ti scopi chi ti pare ed io non ho alcun diritto”.”Sono io a decidere chi sbattermi ed una mezzasega come te non potrebbe darmi alcun piacere”, e, nel dirlo, Marion fa un mezzo sorriso crudele.”Troia, adesso basta: ti sbatterei sul tappeto, se non fosse per paura dei tuoi”.”I miei?”, esclama Marion, levando le mani al cielo, in un gesto incredulo. “Loro non sanno niente: ce la faccio benissimo da sola a sbarazzarmi di una merda come te!”.Continua a provocarmi apertamente e non capisco dove voglia andare a parare: lo sa che io mi scaldo ancor di più.”Puttana! Mi stai facendo incazzare e questo non è un bene per te, ti avverto!”.”Ma guarda, davvero, pervertito? Non mi dire!”, ed i suoi capelli lisci vellutati si scuotono impertinenti a destra ed a sinistra insieme alla sua testa, mentre congiunge davanti alla bocca le sue lunghe mani curate, su un’espressione di finta stupefazione.”Se continui così, ti faccio vedere come ho ridotto l’ultima che si rifiutava di soddisfarmi!”, la minaccio, puntandole il dito contro il suo bel viso, che lei piega all’indietro, spalancando gli occhi ed annuendo frettolosamente in ironica reazione.”Uhm… sì, certo”, e sospira annoiata, concludendo: “OK, grand’uomo, hai vinto: sono tutta tua, fa’ di me ciò che vuoi”, e mia cugina, con il dorso della mano poggiato sulla fronte, inarca all’indietro la sua schiena sinuosa, in un’irritante pantomima di abbandono e svenevolezza.Io non ci vedo più dalla rabbia: “Sono stufo delle tue prese per il culo, che vanno avanti da mesi: mi hai rotto le palle!”.”Non te le ho ancora rotte, perché non ce le hai! Che aspetti? Fammi vedere!”, invitandomi con la sua mano, con le dita unite che si muovono avanti e indietro davanti al suo viso, come a sfidarmi ad andarle addosso.”L’hai voluto tu!”, e mi avvento su di lei come una furia, spremendole con violenza il seno con una mano, mentre con l’altra le accarezzo una coscia.”Hai ceduto, finalmente, porca”, grido trionfante.”Sai, cuginetto impotente? Ho cambiato idea: penso che ci divertiremo, ma a modo mio!”, mi sussurra Marion ad un orecchio, strafottente. E detto questo, io che pensavo di avercela fatta, sento un dolore improvviso tra le gambe. Marion ha portato la sua gamba agile contro il mio cazzo, frustandolo, con il tubo durissimo dello stivale; veloce, mi schiaffa un’altra volta la sua gamba d’acciaio sul mio povero membro; poi me lo comprime più forte una terza volta, facendomelo indurire; il dolore mi paralizza e mi fa piegare, mentre scorgo la linea scolpita della sua gamba allungata sotto i miei occhi, e mi eccito; ma Marion non vuole affrettare le cose e mi fa provare l’ebbrezza dell’inguainatura dello stivale, colpendomi alla bocca con due rapide ginocchiate.”Adesso te le ho rotte davvero: ti è piaciuto, non è vero?”.Non posso neanche pensare alle sue ultime parole, che il magnifico stivale di mia cugina si distende completamente in alto, raggiungendo la mia bocca insulsa con un calcio frontale; Marion non si cura di riabbassare quella sua gamba stupenda, facendomi ammirare il profilo divino dello stivale, che si flette fino al ginocchio e mi spacca di nuovo sulle labbra rialzandosi a candela; sospeso com’è davanti alla mia faccia incredula, si flette ancora giù e su spaccandomi come prima, con la suola robusta; un’altra volta mi tocca assaggiare il gusto sublime di quella gamba violenta, quando la suola dello stivale mi finisce di nuovo sulle labbra; voglio ancora assaporarlo e Marion non mi delude, stirando ancora la gamba e spaccandomi tra il labbro superiore e la base del naso, con la punta dello stivale; un’altra sgambata mi schiaccia di nuovo la bocca con la punta di quell’arma così sexy; subito dopo, Marion slancia l’altra gamba in sforbiciata, bucandomi sotto il labbro inferiore con il tacco d’acciaio, senza che io neanche riesca a veder partire il calcio, perché la sua minigonna è rimasta tutto il tempo sollevata, rivelandomi i guizzi feroci delle sue gambe arrapanti in contrazione e lo spacco folto e biondo tra le sue cosce calde e sode senza slip, tutto bagnato, ma ahimé anche lontano. Mentre indietreggio davanti a tanta maestria, lo sguardo ipnotizzato dalle magnifiche gambe di Marion che mi sbarrano l’accesso al piacere tra le sue gambe, con quegli stivali insormontabili, a testimonianza del marcato rifiuto di mia cugina, lei si volta su se stessa per spezzarmi il respiro con un calcio spietato all’addome, che mi piega in due con la suola piena dello stivale, facendomi sollevare da terra, appeso al suo stivale affondato tra i miei muscoli flaccidi e grassi. Non faccio in tempo a riprendermi, che Marion, senza un attimo di sosta, mi trascina la testa contro il ginocchio; ma è un sollievo assaggiare il sapore di quella pelle che le guarnisce il ginocchietto acuminato, quando mi spacca al centro delle labbra; poi il sapore mi arriva sui denti, con un altro colpo; per fortuna Marion mi fa provare anche l’estasi dell’altro ginocchietto, che puntuale arriva a spaccarmi il labbro superiore; un’altra ginocchiata me lo sferza con più forza; mentre con le due successive, lo stesso ginocchio inizia a fratturami con lo stivale alla base della gengiva inferiore. Io ansimo piagato da tanta furia tempestosa, quando Marion si concede una pausa: “Non trovi che tutto ciò sia eccitante? Di’ un po’, cuginetto rimbecillito: hai capito chi comanda adesso qui?”.Ferito nell’orgoglio, mi rizzo a stento: “Puttana, mi hai preso alla sprovvista, come fate sempre voi zoccole!”.”Vedo che devo spiegartelo meglio”, mi apostrofa Marion, con fare ostentatamente paziente. E mi molla un calcio in bocca impertinente, che mi spacca la base del naso con la punta; io cerco di tirarle un pugno, ma lei si sposta senza neanche cercare di evitarlo, perché abbassa il busto all’indietro, girandolo di lato, e, con una gamba a terra e l’altra sollevata, mi prende in pieno sui denti con il taglio duro dello stivale assassino, grazie a un calcio in spaccata verticale a gambe completamente divaricate. Mentre rovino miseramente all’indietro, posso ancora vedere la sua fica allargata allo spasimo, tra le linee tese dei muscoli delle sue cosce di marmo, nonché il culetto rigido e strizzato per lo sforzo: mi sento ribollire dall’eccitazione.”Ma come, maschiaccio, io non porto neanche gli slip, per facilitarti le cose… Sei finocchio, forse? O non ce la fai a superare la barriera delle mie gambe scatenate, che difendono la mia figa con i miei lunghi stivali distruttivi?”.”Lascia che ti metta le mani addosso e vedrai!”, rispondo impotente.”Tieni ti do una mano”, e mi porge un coltello, mentre mi aiuta a tirarmi su.Io la fisso indeciso col coltello in mano, ma Marion rompe gli indugi: “Che c’è? Hai paura? Non volevi scoparmi? Guarda, il tuo premio è qui…”, e tira su la minigonna, mostrandomi il suo pelo biondo sgocciolante. L’eccitazione che mi scorre nel cazzo mi fa dimenticare ogni timore e mi avvento con il coltello contro il suo viso. Subito il taglio dello stivale, con un calcio a rientrare dall’esterno, mi ferma, arrivandomi alla mascella; di nuovo con un altro calcio a rientrare dalla stessa direzione, Marion mi spacca l’angolo della bocca; un terzo calcio dello stesso tipo mi rompe una gengiva col taglio interno dello stivale, facendomi voltare dall’altro lato. Marion però mi riporta il volto di fronte a lei, con due calci a rientrare dall’interno, con cui lo stivale mi frattura due volte la mascella con il suo taglio esterno micidiale; un terzo, un quarto e un quinto, sempre a rientrare dall’interno, ma sollevando alternativamente le due gambe inflessibili, mi maciullano gli angoli della bocca da un lato e dall’altro, presi in pieno dallo stivale, slanciato con volontà punitiva. “Che cosa credevi, verme! Di poter prendere ciò che è mio con un semplice coltello, maschio dei miei stivali?”, e, a conferma dell’ultima parola, mi schianta la palla destra con un calcio, massaggiandomela con la punta dello stivale; io mi piego in parte, abbassando il mio capo, mentre avverto il mio stomaco che comprime l’intestino, perché Marion vi ha affondato due volte di seguito punta e tacco dello stivale. Il dolore è tale, che non riesco più a stringere tra le dita il mio inutile coltello.”Allora, patetico fallito”, mi ricorda Marion mentre resto ancora piegato in due dal dolore; “Pensi ancora di poter scegliere? Lo sai, debosciato scansafatiche, che mi sono allenata in tutti questi anni con la capoeira, il tae kwom doe, la kick-boxing, mentre tu ti facevi le seghe, razza di un rammollito?”.E, a dimostrazione di ciò, mi sferra una ginocchiata altissima, con la gamba stupendamente ritratta sulle tette abbondanti, spaccandomi due denti anteriori, mentre avverto per un secondo il profumo letale della pelle dello stivale; indi, fulminea, compie un indescrivibile salto mortale all’indietro, staccando le gambe dal pavimento, che a turno mi spezzano con suola e tacco degli stivali le gengive, trapassandole al volo dal basso verso l’alto, dopo un terribile attraversamento sulle mie labbra penzolanti. Io volo a terra, restando letteralmente a bocca aperta, dopo il passaggio dei suoi stivali sulla mia faccia lacerata.”Allora, chi è che comanda? Non sono forse la tua Padrona, verme? Rispondi quando la tua Regina ti fa una domanda”, e mi tira una violenta pedata sul cazzo eretto, mandandomi in estasi.”Ammettilo”, mi intima la mia Lady, “sei stato sconfitto e da oggi il potere è nelle mie mani. D’ora in poi potrai essere al massimo il mio schiavo, e soddisfare i miei capricci, quando io te lo ordinerò…”. E, ponendosi a cavalcioni in piedi sopra la mia faccia insanguinata, si abbassa sul mio viso soffocandomi tra le sue cosce, con la figa bagnata premuta su bocca e naso, prima di rialzarsi. Io faccio per sottrarmi all’umiliazione, alzandomi sul tronco, ma celere la furia dell’Imperatrice si abbatte su di me. “Come osi ribellarti, moscerino?”, e Marion alza a 90° con seducente slancio la sua gamba da amazzone, sdentandomi ancor di più la bocca, con un calcio a martello discendente, con cui il tacco del suo stivale fa giustizia della mia impertinenza. Vengo rispedito di nuovo nella posizione che compete a un piccolo mortale come me, supino ai piedi di una Dea, onde riverirne dal basso la superiore bellezza. “Bene, insetto! Adesso asciugami, che sono bagnata: te lo ordina la tua Dominatrice!”, e si risiede con la figa sulla mia faccia. Io comincio ad eccitarmi e non esito a leccarle l’umido dai peli biondi, cominciando ad arrapare come un maiale. La mia lingua frenetica le risale sulle labbra ed entra dentro, cercando con avidità il clitoride, sentendomi eccitato a leccare il nettare che le inonda fuori e dentro. Lei comincia a bagnarsi ancor di più e questo non fa che aumentare la mia erezione.Lei se ne accorge, cambiando posizione: “Come osi godere del piacere che solo una Vera Femmina Superiore come me ha il diritto di ricevere?”, e, con le cosce maestose mi serra la gola, stringendomi quasi fino al soffocamento, cingendomi come uno schiavo incatenato tra i suoi stivali lunghissimi. Le mie braccia non riescono ad allentare quella morsa d’acciaio, che mi permette di inebriarmi del profumo del suo sudore sulle gambe depilate e di quello di pelle degli stivali immensi. Dopo, la mia Regina mi grazia, liberandomi dalla stretta, ma solo per un attimo illusorio: infatti, la sua gamba stesa sul mio viso si allunga di lato per calare e schiacciare in pieno con il tallone dello stivale il mio cazzo turgido, che si tende ancor di più. Il dolore mi fa rizzare in posizione seduta.”Ti ho messo a sedere, perché la tua Lady non è ancora sazia. Leccami via il tuo sangue disgustoso dagli stivali, in omaggio alla loro schiacciante supremazia. Te lo ordino!”. E Marion, in piedi di fronte a me seduto ai suoi piedi, mi appoggia la suola dello stivale sul cazzo in erezione, mentre il suo tacco minaccia i miei testicoli. Io comincio a leccare il tubo lucente dei suoi magnifici stivali godendo come un porco, mentre sento la fitta di piacere che mi tende l’uccello sotto la pressione dei suoi piedi.”Lurido incapace; non vedi che sono ancora sporchi? La tua Signora&Padrona non è ancora soddisfatta”, e mi schiaccia il pene con la suola. Io caccio un mugugno osceno per il dolore.”Volevi dire qualcosa, servo? Continua, è la tua Padrona a volerlo”, e, come incoraggiamento, mi tira con il tacco i testicoli, sfregandomeli con atroce spietatezza. Io, per farmi perdonare ed evitare di contrariarla, bacio con voluttuosità i suoi stivali, succhiandoli con le labbra e godendo come non mai.”La tua Lady non ha ancora finito, frana che non sei altro!”, e mi tira un calcio sul mento con la punta piena dello stivale, che mi manda di nuovo al tappeto. Marion è a cavalcioni in piedi sopra il mio stomaco. “La tua Imperatrice adesso si fa una bella passeggiata…”, ed io mando uno sguardo allarmato al solo pensiero. Mia cugina se ne avvede: “Hai forse qualcosa in contrario, misero suddito?”, ed alzando completamente la gamba, piegata al ginocchio, la riabbassa, sferrandomi un calcio nello stomaco, con tutta la pianta del suo potente stivale. Io mi rizzo di nuovo a sedere, giusto per intercettare una deliziosa ginocchiata sul naso, che me lo apre e mi convince a riassumere la posizione gradita alla mia Madonna.”Non bisogna far adirare una Imperatrice Suprema, altrimenti la sua punizione castrante calerà su di te senza pietà!”, mi ricorda la mia Lady, benevola. Che si accinge a fare la sua passeggiata sul mio costato sconquassato, incedendo con la sua innata regalità, accavallando eroticamente le sue gambe infinite ed incrociando i suoi stivali sdentanti ad ogni passo.”Bravo, tappeto di merda! Le mie suole si sono sporcate sul tuo corpo vomitevole! Leccami gli stivali, cazzone: è la tua Regina a volerlo!”. E, in piedi sulla mia faccia con le gambe ai lati del mio volto, poggia la suola dello stivale sulla mia bocca, che io lecco e succhio con indicibile diligenza. Mia cugina intanto, passandomi l’altro stivale schiacciante sulla mia lurida bocca, continua a inondarmi con il suo nettare fecondo, che le bagna le gambe e gli stivali, per poi finire, scivolando sulle suole che sto ripulendo, dentro la mia bocca: il mio uccello sta per prendere il volo. “Hai già visto troppo, porco. La tua Lady ti ha concesso di guardare ciò che non avrai mai, ma adesso i miei stivali fremono di nuovo e le mie gambe scatenate urlano vendetta”. Detto questo, mia cugina comincia a dimenarsi a gambe aperte in piedi sopra la mia faccia, ancheggiando come una cagna in calore e facendomi eccitare come un maniaco, sotto la pioggia della sua Fonte di Delizia.”In piedi, stronzo, ho voglia di ballare sulla tua faccia da coglione!”, e subito dopo mi molla un rovinoso calcio all’indietro sul ventre con la pesante suola dello stivale, che mi piega in due, mettendomi a sedere.”Che aspetti, merdaccia? La tua Dominatrice si sta già infuriando”, mi urla da dietro Lady Marion. Io mi alzo a fatica, l’uccello duro e teso tra le gambe.”Come ti permetti di voltare le spalle alla tua Punitrice, infingardo?”, e sento arrivare un calcio da dietro sulle palle, che mi sballotta il testicolo destro; un secondo calcio me lo schiaccia con la punta dello stivale; il dolore all’inguine è atroce, mentre il mio cazzo è quasi fuori di sé; lo stivale deturpa per la terza volta il mio scroto, io non ce la faccio più ed esplodo vergognosamente.”Hai goduto anche troppo, topo di fogna: adesso ti chiudo quella tua cloaca del cazzo!”, e difatti, a supporto dell’ultima affermazione, ancora una volta da dietro sento comprimermi le palle da una stivalata furiosa; un altro calcio con la punta dello stivale mi frusta ancora la palla destra, mentre l’ennesimo calcio susseguente me la fa esplodere, accecandomi per il dolore inflittomi, risalito fino al ventre.”Maschio di merda: forse così imparerai a non sfogarti impunemente con le donne, come hai fatto finora. La tua Regina ha fatto giustizia. Tieni, ingoiati quel tuo testicolo di merda”, e, con la virilità ormai dimezzata, piegato in due dal dolore, sento arrivare una fitta alla gola, quando l’ultimo calcio mi schianta con lo stivale il mio scroto, sgonfiato della sua mascolinità. Io barcollo in preda agli spasmi, mentre Marion mi si pone davanti: “Che c’è, maschione, non mi dire che ti fai umiliare così dalla tua cuginetta indifesa!”; io non posso rispondere e Marion cerca di consolarmi: “In fondo non ti è andata male: hai ancora l’altro testicolo, no? I miei stivali hanno voluto risparmiartelo, nonostante la furia incontrollata delle mie gambe!”.Detto ciò, la mia Lady mi raddrizza, incurante del mio dolore, con il piede dello stivale lanciato sulla mia bocca; poi esegue una rotazione a 360°, per mollare un calcio acrobatico, che mi gonfia la guancia; il successivo calcio con rotazione, mi spacca la stessa mascella sotto l’orecchio, con il tacco dello stivale implacabile ed io sento la mia faccia inclinarsi; non ancora soddisfatta, la mia Amazzone assetata di sangue esegue un calcio volante contro l’altra mascella girando su se stessa, e staccandomi un pezzo di gengiva; un secondo calcio volante a 360° mi squarcia la guancia con una rasoiata del tacco; un terzo ed un quarto uguali mi sfondano la bocca, staccandomi tre o quattro denti dell’arcata superiore, con il taglio pieno dello stivale, e facendomi voltare di lato; Marion ne approfitta, per eseguirne un altro volante con rotazione completa dall’altro lato, che intercetta in pieno la mia bocca con il tallone dello stivale, mandandomi in gola alcuni denti e brandelli di labbra. Terrorizzato, sputo a fatica tutto. “Chiudi quella fogna di liquami velenosi, o te la chiudo io!”: detto fatto. Mentre sono in piedi con la bocca semidistrutta, la mia Lady me la sfonda con una sforbiciata al volo in elevazione, affondando la suola dello stivale tra i denti rimanenti e maciullandomela. Poi ha pietà di me e, con un salto acrobatico di strabiliante fattura, mi afferra al volo la faccia tra gli stivali, che, stringendosi sul mio viso, me lo comprimono, mentre al contempo, con le sue gambe a tenaglia, la mia splendida cuginetta, ora e per sempre la mia Lady Dominatrice Incontrastata, esegue un volteggio, la cui spinta mi solleva da terra, mi capovolge come un fuscello e mi schianta con brutalità al suolo sulla schiena, tramortendomi.
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