Avevo 28 anni quando arrivai alla fattoria di zia Lucia, una lontana parente di mio padre, che aveva acconsentito ad ospitarmi perché io potessi trovare, nel silenzio della campagna, la giusta concentrazione per prepararmi all’esame specialistico di cardiologia. Avevo conseguito da poco la laurea in medicina e ritenevo che una specializzazione mi avrebbe agevolato a trovare una giusta collocazione nel tessuto societario. Zia Lucia, una donna di circa 50 anni ancora bella e desiderabile, mi accolse con gioia e mi presentò al resto della famiglia e cioè al marito, zio Paolo, un bell’uomo di colore che lei aveva conosciuto in Eritrea, ed alla figlia, Egle, adottata dopo dieci anni di matrimonio, quando le speranze di avere un proprio figlio erano venute irrimediabilmente meno. Egle aveva circa 20 anni, un bel viso, degli occhi verdi vivacissimi, una bocca ben disegnata, ma, purtroppo, la sua crescita fisica si era fermata, per cui la sua altezza non superava il metro e quaranta. Diciamo che era nana, anche se non presentava alcuna malformazione che, generalmente, caratterizza i soggetti affetti da sindrome di nanismo. Zio Paolo non stava bene ed era triste: qualcosa che, però, non riuscivo ad individuare, incombeva sul suo fisico che, tuttavia, nonostante i 55 anni suonati, era ancora possente e ben disegnato. Dall’accoglienza compresi di essere un ospite gradito e ben presto mi accorsi dello sguardo insistente di Egle che mi studiava attentamente. Poiché si era in estate, indossai un completo da tennis, tralasciando di indossare gli slip sotto i pantaloncini. Erano circa le 13,30 quando arrivò la chiamata per il pranzo. Alla mia sinistra, molto vicina, si sistemò Egle che continuava a lanciarmi sguardi invitanti. La discussione si incentrò sui miei studi e sulle possibilità di affermazione che la specializzazione avrebbe potuto riservarmi. Ad un certo punto sentii una pressione sulla mia coscia e compresi che Egle ci stava provando. Decisi di stare al gioco: un’esperienza con una nana mi stuzzicava. Intanto il mio cazzo si era gonfiato e premeva contro i pantaloni; tirai giù la cerniera e con un movimento maldestro lasciai cadere sotto il tavolo una posata. Egle si precipitò a raccoglierla e, in quel preciso momento, tirai fuori il mio cazzone turgido che lei sicuramente inquadrò, tanto che venne fuori da sotto il tavolo, rossa in viso ma soddisfatta. A tarda sera, prima di andare a letto, mi infilai sotto la doccia e lasciai scorrere l’acqua per lenire la calura. Quando aprii la porta della doccia per uscire, ancora nudo e bagnato, trovai Egle che mi guardava intensamente.< Ciao, le dissi senza scompormi, ti piace spiarmi ? Ti piaccio io o ti piace il mio cazzo ? Guarda che io non provo alcun disagio. Se ne hai voglia ti puoi accomodare e toccarmi.>Fece per andarsene, ma io fui lesto, la bloccai e chiusi la porta a chiave. Ero arrapatissimo e il mio membro era dritto e violaceo. La presi per una mano, le sfilai la camicia e le tolsi il reggiseno e le mutande. Aveva un corpicino niente male, ma si vedeva che era impaurita e confusa. Le strofinai il cazzo sulla guancia e le dissi di aprire la bocca. Mi guardò, ma fece cenno con la testa che non lo avrebbe fatto.Le appoggiai il membro sulla bocca e introdussi un dito nella sua fica titillando il clitoride che, a poco a poco, cominciò a gonfiarsi, secernendo un liquido vischioso.Mi abbassai e introdussi la lingua nella sua piccola vagina e iniziai a leccarla con sapienza, succhiando i suoi umori. Ebbe un orgasmo poderoso accompagnato da gemiti e da parole convulse: mi trattenne la testa sulla fica e mi supplicò di continuare : < ti prego, mi diceva, fammi venire ancora! È meraviglioso! Leccami, leccami ancora! Voglio godere tanto. Oh! che bello!! >Io non ce la facevo quasi più e temevo di sborrare sulle lenzuola. Le parlai con rudezza: < Egle, adesso tocca a me. Apri la bocca e preparati a gustareun liquore molto gustoso >. Capì che non poteva rifiutarsi e introdusse il mio cazzo nella bocca agitando la sua lingua sul mio prepuzio. Il mio cazzo era troppo grosso ed avevo difficoltà ad introdurlo bene, dato che Egle aveva una boccuccia da bambola. Ma non capivo più nulla: forzai la sua bocca e cominciai a scoparla, toccando il palato ed i denti, fino a quando sentii salire la sborra che esplose dentro a quella piccola apertura , scendendo nella gola e nelle tonsille. Estrassi il mio cazzo per non soffocarla e schizzai gli ultimi getti di sperma sugli occhi e sul mento. Constatai che le piacque, dal momento che raccolse con un dito lo sperma caduto sul mento e negli occhi e poi se lo portò voracemente in bocca.Mi guardava con un sorriso stereotipato. Sembrava una bambina, tanto era piccola!! Mi adagiai vicino a lei, le toccai ancora il clitoride ed intuii che era sul punto di avere un altro orgasmo. Le dissi di mettersi alla pecorina; iniziai a leccarle il buco del culo e poi con molto garbo cercai di infilare il membro in quel buchino. Il mio cazzo era di nuovo cresciuto e per un momento pensai di abbandonare l’impresa; poi piano piano riuscii a trovare un varco e, lentamente, tirandolo fuori e poi mettendolo dentro, riuscii a perfezionare l’operazione. Mentre lei gemeva, forse per il dolore o anche per il piacere, cominciai a stantuffarla fino a quando esplosi nel suo intestino un mare di sborra. Le tolsi il cazzo dal culo e ricominciai a leccarle il buchino, succhiando la mia sborra mista agli umori della sua fica. Mi pregò di scoparla, ma io mi rifiutai categoricamente. Non volevo incidenti di percorso!Guardò l’orologio e mi disse che doveva tornare a letto con zia Lucia che, a quell’ora, si stava avviando verso la sua camera. Le chiesi come mai dormisse nel letto grande con zia Lucia e perché zia Lucia non dormisse con zio Paolo. Mi spiegò che i suoi genitori non stavano più assieme da quando zio Paolo non riusciva più ad avere rapporti con la moglie per mancanza di erezione. Glielo aveva detto zia Lucia. Le chiesi se zia Lucia – dal momento che dormivano nello stesso letto e lei era una figlia acquisita – l’avesse mai toccata e lei ammise, con finto pudore, che alla zia Lucia piaceva molto avere succhiato i grossi seni e leccato la fica sino al conseguimento dell’orgasmo che di solito era violento e si manifestava con espulsione di abbondante liquido come se si trattasse di un uomo.Mi stavo di nuovo eccitando, pensando a zia Lucia, ma decisi di fermarmi e vedere, piuttosto, di aiutare zio Paolo a risolvere il suo problema.L’indomani, infatti, chiamai zio Paolo e gli dissi che, a scopo di studio, avrei avuto bisogno di auscultare il suo battito cardiaco. Acconsentì molto volentieri e così potei avere la certezza che il suo cuore era forte e sano. Mi recai, quindi, in farmacia dove acquistai, con mia ricetta, una confezione di Viagra da 50 mg. Tornai a casa e la zia Lucia mi informò che l’indomani sarebbe dovuta andare con Egle in città a fare alcune compere. Mi pregava, in sua assenza, di aiutare zio Paolo a fare la doccia. Il giorno dopo mi alzai di buon’ora: presi un confetto di Viagra, lo pestai con un mortaio sino a ridurlo in polvere e quando fu il momento della colazione lo introdussi furtivamente nel latte dello zio Paolo. Dopo circa un’ora e mezzo, dissi a zio Paolo che ero pronto ad aiutarlo a fare la doccia. Ci spogliammo ed entrammo assieme nel grande box della doccia. Gli passai la spugna sulle spalle e poi, fingendomi maldestro, gli toccai il pene. Voi forse non potete credere: il Viagra aveva fatto effetto e davanti a me si stagliava un cazzo enorme e nero: zio Paolo era confuso, non si rendeva conto come mai gli fosse successo una cosa simile. Glielo spiegai e gli dissi che, dal momento che il suo cuore funzionava bene, poteva prendere il Viagra e scoparsi allegramente zia Lucia. Intanto quell’enorme cazzo, eretto davanti a me come un tronco d’albero, mi aveva eccitato ed anch’io ero arrapatissimo. Dissi allo zio che la sua erezione andava soddisfatta. Lo accompagnai nella stanza da letto, lo feci distendere , mi chinai su di lui e presi in bocca quel mostruoso fallo leccandolo e segandolo. Zio Paolo gemeva e dopo un po’ mi chiese dove doveva sborrare. Gli dissi di sborrarmi in bocca, avrei bevuto tutto. Di lì a poco un uragano di liquido penetrò nella mia bocca e scesa in gola. Inghiottii tutto ed ebbi modo di gustare il buon sapore dello sperma. Dissi a zio Paolo che anch’io avevo bisogno di eiaculare. Lo pregai quindi di succhiarmi il cazzo e di farmi venire nella sua bocca come io avevo fatto con lui. Si pose carponi sul letto e cominciò a spompinarmi sino a quando non eruttai anch’io, nella sua bocca, un grosso fiotto di sperma. Intanto il suo cazzo era rimasto duro. Avevo con me una pomata a base di vaselina che mi spalmai nel culo. Lo invitai a penetrarmi e non se lo fece dire due volte. Introdusse il suo grosso membro nel mio culo e, piano piano, cercando di non farmi troppo male, arrivò sino a toccare il mio buco con le palle. Mi scopò quasi con furia. Gli dissi di non sborrare nel culo, ma di rimettermi in bocca quel suo fantastico cazzo per farmi bere il suo liquido. Da lì a poco, infatti, tirò fuori dal mio culo il suo arnese ed io fui pronto a prenderlo in bocca ed assaporare quella sborra deliziosa compressa nelle sue palle chissà da quanti anni. Poi giacemmo sfiniti sul letto. Mi ringraziò e mi chiese di preparargli una ricetta per l’acquisto del Viagra il cui effetto miracoloso avrebbe sottoposto al giudizio di zia Lucia.Dopo qualche tempo, in occasione di una gita alla fattoria, ebbi la certezza che zia Lucia era ritornata a dormire con zio Paolo e, dal sorriso di Egle, compresi che zio Paolo aveva, molto probabilmente, riguadagnato il tempo perduto, facendo assaggiare anche ad Egle quell’immenso, meraviglioso cazzo.
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