L’estate era appena arrivata: torrida, afosa. Passavo la mattina a riposarmi, dopo essere rientrato tardi la sera innanzi: le vacanze servono anche a questo. Pranzavo con mia madre, poi, di solito,raggiungevo gli amici al bar e passavamo il pomeriggio giocando a calciobalilla o freccette. Quel mercoledì me l’ero presa con più calma, non so perché. Avevo pranzato, poi mi ero chiuso in camera ad ascoltar musica. Verso le tre mi ero rivestito per uscire: “Mamma, io vado!” dissi entrando in soggiorno. Lei era seduta sul divano accanto a Nice, la figlia di un vicino di casa, più o meno della stessa età di mamma, che, fresca di separazione, era tornata a stare dai suoi. Nice era uno sballo: un top legato in vita da dove sfuggivano due seni formula Indy, pantaloncini elasticizzati a stringere due cosce rotonde e sode. > pensai, esattamente il contrario di mamma, esile, minuta, anche se sicuramente bella, ma di una bellezza diversa, meno appariscente, più gentile. “Oh! Scusate, buongiorno. Non sapevo ci fosse compagnia.” “Nice viene a prendere il caffè ogni giorno verso quest’ora. Ti ricordi di Lucio, vero?” “Lucio?!? Madonna come sei cresciuto! Ti ricordavo ragazzino e, invece, eccoti uomo. E che uomo. Hai un fisico da far girare la testa. Palestra? Come sei sviluppato!” Io mi pavoneggiavo tranquillo. non sono tipo da imbarazzarsi. Mia madre sorrideva lusingata. “Ma sei proprio tutto così sviluppato?” continuò Nice. Feci scivolare le mani da sotto a sopra sul mio corpo come dire”. “Mi piacerebbe vedere!” ripetei il gesto avvicinandomi. Prontamente lei mi abbassò la zip: ero meravigliato ma lasciai fare, mentre mia madre, timidamente, protestava. “Nice…cosa fai? ma ti pare….?” Ignorandola, lei estrasse il mio arnese: “Minchiolina, che trapano! E’ anche più sviluppato del resto.” Effettivamente, credo di poter vantare un signor cazzo, magari non eccessivamente lungo, ma dotato di una bella circonferenza. Nice continuava a fissarlo ammirata e mia madre, rossa in volto (imbarazzata lei) martoriava il leggero vestito. Nice tese la mano a toccarlo e lui prontamente reagì, cominciando a sollevarsi: “E’ una bestia!” esclamò ancora mentre avvicinava le labbra, impossessandosene. Cominciò un lavoro di lingua e di bocca come mai avevo ricevuto nella mia vita, non riuscivo a trattenermi dal mugolare. “Provalo un po’anche tu.” disse lasciandolo un istante e rivolgendosi a mia madre. “Ma sei pazza?” simulò un sorriso. “Almeno toccalo! Su, che male c’è?” Mia madre tese la mano, tentennando, fino a sfiorarlo, dapprima, poi più decisa, fino a stringerlo, mentre nice tornava ad avvilupparlo con la lingua e stringerlo tra le labbra. Mi lasciai andare in un orgasmo copioso, che riversai nella bocca e sul volto dell’amica, che lo ricevette felice, continuando a leccare il mio magnifico gelato. Si ricompose,mentre andavo a sciacquarmi la sentì mormorare a mia madre: “Senza offesa, decisamente meglio del tuo caffè! Hai un ragazzo d’oro, Lisa!” Quando fui di nuovo pronto per uscire, Nice era andata via e mia madre era sola in cucina: “Bhe, io vado, mamma.” “Lucio!” mi fermò lei. “Sì, mamma, cosa c’è?” “Nulla… e che volevo chiederti scusa per prima… sai…. di Nice… e poi…” “Ma scusa di cosa? Io mi sono divertito.” Avevo preso la via della porta. “Lucio!” mi chiamò ancora. “Dimmi, mamma!” “Volevo chiederti…. Sì, insomma…” “Allora?” “Me lo faresti rivedere?” Non riuscì a trettenere un moto di stupore. “E che, a questo punto, volevo vedere come sei cresciuto e Nice mi ha lasciato ben poco.” “Per me, mamma, non c’è problema. Ma se poi succede come prima?” “Come prima, cosa?” “Che lui si eccita. Sai non ti vede e dubito che ti riconosca!” sorrisi ammiccando. “Se succede… com’è naturale… Sai anch’io sono brava, forse non come Nice, ma me la cavo.” Credevo di sognare, eppure era tutto vero. “Fai tu, allora!” Mi avvicinai a lei, che intanto si era seduta. Tirò i pantaloni dalle tasche, stringendoli sul davanti, come per valutare l’effetto nascosto. Poi me li sbottonò: prima il bottone, poi la zip. Accompagnò con gesti misurati i calzoni che si arrotolarono ai miei piedi, lasciandomi in mutande davanti a lei. Sollevò lo sguardo a fissarmi negli occhi: “Sai che sei davvero bello?” le sorrisi. Con le dita si intrufolò tra l’elastico degli slip e la mia pelle, tirandole giù ad abbassarre l’intimo. Già quei semplici gesti, la grazia con cui erano compiuti, l’idea che a farlo fosse mia madre avevano fatto effetto e Dick l’aspettava sull’attenti. “Come prevedevo. E’ successo!” disse non appena se lo trovò di fronte in tutta la sua maestosità. “E’ veramente bello, sai? Proprio quello che una donna vorrebbe trovare sul suo uomo. Ora dovrei mantenere la promessa…” “Non ti preoccupare, mamma… se non ti va…” “Non sarebbe giusto! Ti ho dato la mia parola. Però non so se riuscirò a reggere il confronto.” Afferrandomi i testicoli con lamano, mi tirò dolcemente a se, posandomi la lingua sul glande e facendola, poi, scorrere fin giù allo scroto, alle sue dita. Era così diverso dal modo di fare di Nice, ma non so dire quale mi piacesse di più. Era dolce in tutti i suoi gesti, delicata. Mi leccò sulla pancia, lì dove iniziano i peli del pube, scivolando con la lingua fino all’ombellico e continuare poi dall’altra parte. E poi ancora sul glande, sul filino, sullo scroto, prendendolo in bocca, di quando in quando. Impazzivo di piacere. “Mamma, continua ti prego. Non ti fermare!” “Neanche tu, amore! Trattami come hai trattato Nice. Non mi darà fastidio.” Non ci avevo pensato neanche per un attimo a trattarla diversamente e quando sentì il piacere attraversarmi il corpo preannunciandomi l’orgasmo, non l’avvertì neanche, al punto che il primo fiotto la sorprese, provocandole un istintivo moto del capo. Fu un attimo: tornò ad occuparsi del gingillo che continuava ad eruttare, accogliendo in bocca tutto quello che le riversavo, finche ne ebbi una goccia, poi se lo strofinò dolcemente sulla guancia, come volesse pulirlo ed infine lo salutò con un bacio sulla punta, rivolgendomi un “Grazie!” “Non è una frase di circostanza se ti dico che è stato un piacere, mamma!” “Ti è piaciuto davvero? Non sono poi così male, vero?” “MALE???? Sei fantastica, mamma. Mi augurerei solo che ti venga voglia di vederlo più spesso.” “Non diventare porcellino, ora. Stavolta è successo!” Tornai a lavarmi e questa volta riuscì a raggiungere i miei amici al bar. L’indomani, dopo pranzo, me la presi di nuovo con calma, ma stavolta ero ben conscio del motivo. Lasciai lo stereo spento per sentire tutti i rumori che venivano di là, aspettando il trillo del campanello, poi perfettamente in tiro, uscì. Come il giorno prima erano sedute sul divano a chiaccherare e l’argomento del giorno ero io e quello che era successo il giorno prima: “Spero non ti abbia dato troppo fastidio.” diceva Nice. “Non ti preoccupare. E’ grande. Se non avesse voluto si sarebbe potuto tirare indietro.” “Fortuna che non lo ha fatto. Sarebbe stato un peccato perdere una simile occasione!” Risero entrambe di gusto. Entrai, con un colpo di teatro, come si conviene ad un protagonista: “Se non avete altri programmi che mi coinvolgano, io andrei.” Si guardarono un attimo, poi ripresero a ridere. Fingendomi offeso, feci finta di andar via. “Aspetta.” la voce di Nice arrivò prima di quanto aspettassi “Se ti và, vorrei ricambiare!” “Cioè?” chiesi simulando. “Ti farei vedere la mia passerina. E’ un po’ secca, avrebbe tanto bisogno di cure.” dicendolo aveva cominciato ad abbassare i bodypant, sotto cui non aveva nient’altro. Un pelo folto e nero cominciò a fare capolino. Si sollevò, voltandomi le spalle e dandomi modo di verificare che quel che pensavo del suo culo era un’approssimazione per difetto: alto, sodo, modellato. Non riuscivo a distogliere lo sguardo. Si piegò in avanti: “Tocca, vedi come è secca, avrebbe bisogno di cure!” Non era secca per nulla: umori colavano copiosi al punto che non mi trattenni dall’intrufolarmi sotto di lei per cominciare a leccarla di gusto. Mia madre osservava taciturna. Non fingeva più né imbarazzo né rabbia. Nice si dimenava sotto i colpi della mia lingua, gratificandomi di umori, Ebbe un primo orgasmo, così rumoroso da spingerla a scusarsi con noi. Fu un attimo: si riprese, mettendosi sul tappeto ed invitandomi su di lei. Non me lo feci ripetere e, sguainata l’arma, mi lanciai alla carica. Le dimensioni della mia bestia non furono un ostacolo alla penetrazione, l’esperienza della donna e l’abbondante lubrificazione della fica consentirono che Dick scivolasse senza problemi in quella caverna, esplorandone la cavità e solleticando ogni punto sensibile della stessa, fino a portare Nice ad un secondo orgasmo, proprio mentre anch’io me ne venivo, inondandole l’utero del mio sperma. Mi abbandonai accanto a lei, cercando le sue labbra da baciare, mentre lei raccoglieva il mio seme che le colava tra le gambe e se lo spargeva sul ventre. Sentì una mano scompigliarmi i capelli e mia madre che diceva: “Vado a fare un altro caffè. Questo si è freddato ormai,diavoletti!” Quando ritornò, aveva un vassoio con tre tazze: “Non farete freddare anche questo, spero!” disse smorzando gli entusiasmi di Nice, intenta a suggermi un capezzolo, mentre con la mano armeggiava sul mio sesso, che aveva preso a svegliarsi. Tornò a sedersi accanto a mia madre, senza rivestirsi, mentre io mi accucciolavo sul tappeto, proprio di fronte a loro: “Non so se si è capito, ma è il tipo di sport che preferisco, e voi?” Non rispondemmo, ma ci scambiammo uno sguardo carico di complicità. Sorseggiavo il mio caffè, lasciando che lo sguardo ondeggiasse da una all’altra dellemie dirimpettaie. Lo spettacolo offertomi da Nice era senza dubbio stupendo e mi prendeva la voglia di fare un confronto. “Si può sapere cosa pensi, giovanotto? sei diventato di colpo così taciturno.” “Pensavo che ora mi piacerebbe vedere quella dimia madre.” Mi sembrò di aver solofinito di pensarlo, più che di dirlo. Lei si era alzata dal divano e stava sfilando il vestito: due piccoli seni, ma ben formati e sodi, affascinarono il mio sguardo. Poi più giù, dove coperto da un perizoma velato c’era ilsognomai confessato. > pensai. Il vestito, dopo un piccolo volo, andò a posarsi sul divano, dove prima c’era mia madre. Ora era il perizoma che andava via. Uno spettacolo indimenticabile, una vera opera d’arte: completamente rasata, se si esclude un piccolo ciuffo, portato corto, proprio sopra il monte di Venere; un ventre piatto e senza grinze, a dispetto dell’età, si estendeva tra quella meraviglia e il seno. E, più su, quel volto e quel sorriso, che tante volte mi avevano consolato e coccolato, ora mi promettevano altro. Sollevò la gamba, portandosi su di me: guardavo ora dal basso in alto, con quella figa spalancata alla mia portata: “Si vede bene di là?” “Sì, mamma. Benissimo. Troppo bene per non baciarla!” “Va bene, allora. Fallo!” Presi in bocca quelle labbra carnose e cominciai a succhiare, poi mi diressi verso il clitoride, mentre con le mani mi ero appeso ai suoi glutei, sodi, magnifici. Nice cerco di afficinarsi, per unirsi a noi, ma mia madre la scacciò con un gesto gentile e deciso al contempo: “Ora guarda tu!” le intimò. Ignorai quel piccolo diverbio, continuando a dedicarmi a quella figa che ora distillava umori. Sentivo mamma fremere. Fremere e gemere di gemiti sommesi, quasi impercettibili, così diversi dagli strilli e dai mugoli di Nice. Mi alzai, la feci posare con le mani sulla spalliera del divano, quindi la penetrai. Ebbe solo un momento di resistenza, poi si abbandonò al mio volere: stavo scopando mia madre ed ora sapevo che era quello che volevo da sempre e sapevo anche che era magnifico. Lei assecondava i miei ritmi, continuando a fremere, mentre, lì accanto, Nice si sgrillettava furiosamente. Mamma sentì il piacere crescere e mi invitò a darci dentro, poi uscì di colpo, irrigidendosi e cadendoesausta sul divano. Tornai a leccarle la figa che ora era fradicia di umori agrodolci, aveva un profumo che mi inebriava e quella sua mano sulla testa, che mi carezzava assecondando i miei movimenti, era nuova carica. La invitai a prendere la posizione che era stata di Nice, sul tappeto e ancora le fui dentro. Avessi potuto sarei rimasto così per l’eternità. Le sue mani, aggrappate alle mie spalle premevano sulla mia pelle, le sue unghia penetravano in essa, dandomi, stranamente, una sensazione di piacevole dolore. Aumentai il ritmo dei miei colpi, mentre lei stringeva le cosce, attanagliandomi. Infine, all’unisono, liberammo un urlo lungamente represso, donandoci reciprocamente il piacere. Rimasi ancora dentro di lei, mentre lei mi attirava, coinvolgendomi in un bacio, che, pensai, avrebbe fattoimpazzire chiunque da solo. Continuammo a baciarci fino a che un grido acuto non ci riportò al mondo: Nice era venuta anche lei, nel suo modo appariscente, masturbandosi. Ora eravamo di nuovo in tre, a chiacchierare: “E brava Lisa! Ci hai messo poco a superare le tue paure,eh?!?” Mia madre non rispose, ma le si avvicinò, posandole una mano sul seno. Poi tese il capo, fino a raggiungere con lelabbra la bocca di lei. Vidi le loro lingue cercarsi, unirsi e le loro mani andare alla scoperta del corpo, una dell’altra. Rimasi a guardarle mentre le loro carezzesi facevano via via più intime, mentre mia madre, ruotando sul divano, raggiungeva la figa di Nice con la bocca, offrendo all’amica la sua. Non intervenni, ero come immobilizzato: attratto da quella scena, dalle movenze così diverse delle due donne, entrambe abbandonate al piacere. Le guardai donarsi un orgasmo e infine ricomporsi, dopo un ultimo bacio. Quel pomeriggio rinunciai ad uscire: troppi, piacevoli accadimenti in due giorni Avevo bisogno di riposo, così, quando Nice fu andata via, chiesi a mia madre di dormire con me, per ritemprarci un po’. All’indomani mattina, fui svegliato da una carezza che percorse tutto il mio corpo. Aprì gli occhi: mia madre era seduta sul letto, un raggio di sole, filtrando dalla tapparella, si proiettava sulla sua nudità, donando alla sua bellezza un aurea di divinità. Si chinò a baciarmi dolcemente: “Stanotte c’è stato movimento in camera vostra, o sbaglio?” “Tuo padre ha voluto la sua parte!” rispose con un sorriso “Ed ora io vogliola mia!” “Ah! Cominciamo al mattino!?” “Se aspetto il pomeriggio, Nice ti salta addosso come al solito ed io devo starmene in panchina. E poi vorrei chiederti una cosa.” “Cosa?” “Vorrei un rapporto anale con te, ma, viste le dimensioni del tuo coso, o paura che mi faccia male e non voglioci sia nessun altro.” Sembrava un pulcino: credo fosse un po’imbarazzata, ancora, a parlarmi delle sue fantasie, a chiedere di realizzarle con me. La baciai a lungo, con tenerezza, poi la feci distendere sul mioletto. Aveva una pelle vellutata e profumata, tutto di lei mi parlava di qualcosa che travalicava il sesso. Nice era una macchina da letto, una vera troia. Mia madre era la gioia di trovare nel sesso la completezza di una corrispondenza di sentimenti. Continuai a carezzarla, poi introdussi due dita nella sua vagina, per lubrificarle coi suoi umori. Lentamente cominciai ad affondarne uno nel culo: mi accorsi che era già dilatato, non era la sua prima esperienza. Continuai, comunque, a lubrificare, poi la feci voltare. Lei inarcò la schiena, portando il culo in su per facilitarmi. Puntai Dick sulsuo buchino e cominciai a spingere lentamente: sentì le lenzuola tendersi sotto di me. Mia madre le stava stringendo con le mani. La bocca serrata a contenere un dolore che, per quanto mi fossi adoperato prima e usassi cautela al momento, doveva sembrarle insopportabile. Mi fermai e stavo per uscira: “Continua a spingere, ti prego! E’ stato così anche la prima volta, ma poi cede e mi piace.” Ripresi a penetrarla e spinsi fino a che non fu tutto dentro, poi cominciai a stantuffare lentamente. L’orifizio anale cominciava ad abituarsi e finalmente il dolore cedevail passo al piacere: “Spingi, ora, dai!” mi incitava mia madre ed io non me lo feci ripetere. Ci diedi dentro d’amore di gusto fino a scaricarle nell’intestino una gran quantità di sborra, abbandonandomi poi sulletto, con lei accanto. Rimanemmo così fino all’ora di pranzo, felici, uno accanto all’altra. Dopo pranzo, come al solito, arrivo Nice, ma, ormai, non era più interessata al caffè: “Vieni! Ti faccio il servizio che ho fatto a mamma, stamattina.” “AH! Brava, bell’amica. Hai già consumato. Spero ne sia rimasto per me.” Ad essere sincero, cominciavo a sentirmi stanco, ma ancora per oggi ce l’avrei fatta. Infatti, la troia rimase soddisfatta, anche se pretese da mia madre lo stesso trattamento del giorno prima, a titolo di scuse per non averla aspettata. Mentre andava via, si fermò: “Lucio… che ne diresti di farmi conoscere qualche tuo amico. Potremmo divertirci insieme, sarebbe stupendo.” “Contaci. I miei amici saranno felici di conoscerti, sia soli che in gruppo.” Quando fu uscita, mia madre mi cinse con le braccia, mi baciò: “Io, però, non voglio conoscerli. A me basti tu.” “OK, mamma! Ma solo per ora. Più in là voglio scoparti insieme a loro!” Sorrise.

