Odiavo i giorni della ripresa scolastica… alla fine del semestre sempre dietro a rincorrere dei voti che aumentassero la media scolastica… che palle ma andava bene anche a me, in fondo avevo più tempo per uscire con gli amici, durante gli altri mesi. Mio padre era perennemente incazzato, guai a dimostrare sempre e solo una debole sufficienza mentre per me, le cose, potevano benissimo andare così. Mia madre, dal canto suo, non faceva che farmi le prediche ma sapeva che alla fin fine avrei dato tutto me stesso per migliorare. Non fu così durante l’ultimo anno. Le lezioni di inglese avevano assunto un colore assolutamente grigio e non riuscivo neanche a guardare in faccia alla professoressa. Era una nuova, quella degli anni precedente, affabile e anziana al punto tale da non accorgersi che tutti copiavamo, era andata in pensione e quindi ci toccava sentire i lamenti di quell’oca assassina che era la supplente. Mia mamma, segretaria alla “England School” della mia città, vedeva questa cosa quasi come un affronto., diceva . In realtà me ne sbattevo ampiamente le palle di inglese e di quella stupida prof. Ma in fondo, essendo l’ultimo anno, forse forse la mamma non aveva tutti i torti a prendersela. Decidemmo così di prenderci del tempo nel tardo pomeriggio e ripassare qualcosa insieme. Non fu così semplice. Studiare una lingua forzatamente era qualcosa che mi annebbiava il cervello e non riuscivo proprio a star dietro alle parole e agli insegnamenti di mia mamma. Strano ma vero, quelle ripetizioni avevano messo in me alcuni dubbi sulla mia stabilità psicosessuale. Spesso mia madre indossava la stessa camicia che portava al lavoro e, una sua abitudine, era quella di tenere slacciati i primi bottoni della camicia. Immaginavo che per lei fosse una questione di “sopravvivenza” nella giungla della vecchiaia e delle colleghe odiose e tirate come delle modelle. Era normale per lei ma, quella fessura tra un seno e l’altro aveva iniziato a farmi coinvolgere un po’ troppo con la fantasia, sino al punto di andare a sbirciare nei suoi cassetti, per guardare ed ammirare la sua biancheria. Ogni giorno non c’era verso di migliorare… lei parlava, spiegava, si agitava, scriveva ma i miei occhi erano rapiti dalle tette e da quelle labbra che si muovevano lentamente per pronunciare le parole inglesi. Dio, lei aveva una bocca che avrei baciato all’infinito e mi resi conto di quanto fossi stupido quando mi prese per un braccio e disse… . Mi sentii riportato alla realtà in modo brusco. Il mio pene pulsava ed ero già bagnato ad immaginarmi la sua lingua sulle labbra. Poi aveva quegli occhiali da professoressa sul naso che mi eccitavano ancora di più. Aveva un volto così innocente ma con quel poco di trucco che migliora gli zigomi e gli occhioni verde scuro che ha, che quasi mi veniva voglia di prenderla e baciarla senza pietà. Aveva un modo di fare da gatta, assomigliava un po’ a quell’attrice di film hard che mi pare si chiami Erika Bella. Mi riscosse il braccio … come un pirla mi tenevo stretto il cavallo dei jeans per trattenere il cazzo che si vedeva comunque nella sua erezione. Divenni rosso e dissi che avevo dei crampi alla pancia e che necessitavo di correre in bagno. Seduto sul water mi bastarono pochi colpi di su e giù e fiondate di sperma avevano lavato tutta la mia pancia. Ero pazzo; mi ero fatto una sega pensando a mia madre con le cosce aperte lì, davanti a me, con la camicia aperta e la lingua sulle labbra… Gesù che merda ero diventato? Eppure non potevo più fare a meno di rivalutare la donna che sino a pochi giorni prima consideravo una “mamma” tutta casa/lavoro. Giunse il primo compito in classe del secondo semestre. Un disastro. Seduto al tavolo della sala poco illuminata, mia mamma non ci credeva e ripeteva tra sé e sé . Incantato guardavo le sue mani affusolate e il suo seno che pareva esplodere dalla camicia, nonostante avesse solo una seconda abbondante. Ritornai alla realtà quando mi sgridò… I suoi occhi spalancati e la sua bocca chiusa come quella di una vipera mi fecero realizzare ciò che come un perfetto coglione avevo detto. Nel tempo di realizzare uno schiaffone sulla guancia sinistra riportò il sangue al cervello e non più al mio uccello. Il sangue sembrava aver ormai cessato la sua folle corsa nelle mie vene e il mio respiro si era fatto affannoso… sembrava che dal due al tre sarei scoppiato a piangere. esclamai. Ma cosa mi era preso? Non lo so neanche ora… Le sue urla speravo le sentissero anche i vicini, poiché ormai avevo superato il punto limite e non potevo più tornare indietro. Presi coraggio e le risposi in modo calmo e pacato, sempre però con lo sguardo da cane bastonato che ogni figlio fa per ammagliare le tenerezze della propria mamma. Non l’avevo neanche fatta finire di parlare. Stava zitta ed incredula con gli occhi fuori dalle orbite. Ormai pensavo già la mia figura dietro le sbarre di un collegio squallido… è la fine, pensai. E scattante si alzò dalla sedia, sbattè la porta della zona notte e la sentii chiudersi in camera sua. Non cenai, non dormii. Forse il gioco vizioso di un pervertito quale ero poteva davvero spingermi a studiare di più e così inizia davvero a mettermi sotto. Ormai i primi voti buoni venivano a galla e mia mamma sapeva che prima o poi avrebbe dovuto smollare qualcosa… infatti, alla terza ripetizione dopo i primi voti in ragioneria la colsi di sorpresa: Come un bambino capriccioso misi le braccia conserte e guardai fisso il libro di economia aziendale. Cercando di evitare il mio sguardo ed apparentemente rossa in viso, iniziò a slacciarsi la camicia e a mostrare il suo seno contenuto in due coppe di un reggiseno verde scuro in pizzo. Si alzò e se ne andò. Rimasi col cazzo duro per ore, pur avendo ormai avuto due orgasmi da due pipponi e pur avendo la base dolorante. Mia madre aveva le tette fuori dalla camicia per mia richiesta! Tutto ciò scombussolava il mio organismo… I giorni passavano e io studiavo come un matto, ormai mia madre mi aveva fatto vedere sempre e solo le tette con una varietà di reggiseno d’altro mondo ma mai null’altro. Arrivai al dunque. Mio padre sarebbe tornato dopo due giorni e gli ultimi giorni per migliorare erano di lì a breve e quindi non potevo perdermi il meglio di quella donna, di quella schiava, di quella… troia sotto il mio comando! Mia madre obbedì senza batter ciglio. Sapeva che era per una buona causa e con le dita si aiutò a far uscire i seni dalle coppe. Tirò indietro la sedia e allargò le gambe. Aveva una gonna sino alle ginocchia che tirò prontamente su dando luce agli autoreggenti e alla mutanda bordeaux di pizzo in tinta al reggiseno. Che zoccola, a vederla a cosce aperte con le tette fuori ed i capezzoli in tiro mi sembrava proprio una zoccola da film porno… la mia Erika Bella… la mia puttana… e lentamente sbottonai i pantaloni Si alzò, mise le ginocchia sulla sedia ed alzò la gonna, mostrandomi le sue belle chiappe divise dalla mutanda perizomata. Tirai fuori il cazzo ed iniziai a masturbarmi sino al punto di… provare, osare… allungai la mano e le toccai il culo. Con due dita sfondai la fica di mamma, sino a non vederci più e strapparle le mutande, picchiarglielo dentro e sfotterla come una cagna da monta La sborra fiottò dentro il culo sino a farla urlare nel sentire il mio pene sfondarle l’ano. Fui promosso e mio papà non venne mai a sapere nulla, certo è che, ogni volta che per lavoro se ne va… beh, la cagna è tutta mia… nel letto, in cucina, in sala… ovunque!
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