Passarono degli anni e la mia famiglia si trasferì in città. Ci sistemammo in una villetta di due piani in periferia, isolata ed immersa nel verde. Io avevo ripreso gli studi superiori, mia sorella si era sposata ed erano solamente ricordi i momenti delle magnifiche scopate con lei e i miei amici. Da quando mi ero allontanato da loro non avevo più fatto esperienze del genere. Stavo da qualche mese con una ragazza, ma niente di particolare: scopare con lei era una noia mortale, solo posizioni scontate e nessuna vera emozione. Avevo una voglia tremenda di riprendere un cazzo in bocca, ma a scuola non trovavo il coraggio di mettere a nudo la mia vera natura; non mi ricordo più le seghe che mi sono tirato pensando al bel biondino che stava in prima fila davanti a me: m’immaginavo mentre me lo metteva in culo e mi sbatteva fino a venirmi dentro e il vero problema veniva quando tutti insieme scendevamo in palestra e ci si preparava per la lezione d’educazione fisica. Cazzo! Vedere tutti quei membri all’aria mi faceva letteralmente impazzire, non capisco come non abbiano fatto i miei compagni a non accorgersene. In ogni modo la situazione favorevole mi si presentò circa due settimane dopo, precisamente la domenica prima di Pasqua, quando conobbi casualmente Julius. Quel sabato io ero rimasto a casa da solo, mentre mio padre era al lavoro e mia madre era al supermercato a fare la spesa. Verso le 9:00 mentre ero ancora a letto, sentii il campanello di casa suonare; generalmente non sono il tipo che si alza per andare a vedere chi è, ma quella volta lo feci. Lo spettacolo che mi si presentò andava oltre tutte le mie attese. Dallo spioncino vidi che si trattava di un ragazzo negro con una borsa a tracollo, sicuramente uno di quei venditori di cianfrusaglie che girano porta a porta nella speranza di riuscire a convincere qualcuno a comprargli qualsiasi cosa. Qualcosa dentro di me si mise in moto e mi convinsi ad aprirgli la porta. Era un ragazzo sui 27 -30 anni, con i tratti somatici tipici dei paesi centro africani, molto scuro di pelle, capelli cotonati, una meravigliosa dentatura candida che era resa ancora più evidente dal tipo di carnagione ed un enooorme pacco (Dio, quanto lo avevo desiderato!) che a mala pena veniva nascosto dalla borsa tenuta sul davanti. Con un cenno lo convinsi ad entrare e vidi sul suo viso un’espressione di stupore; difatti era molto difficile che qualcuno li facesse accomodare all’interno della casa. “Viene, entra pure, non fare complimenti, io mi chiamo Alex.” – fece per entrare e per un attimo la borsa si allontanò dal basso ventre mostrando in tutta la sua magnificenza quella grossa protuberanza sul davanti. “Parli italiano?” – gli chiesi – “Si – rispose – ma non molto bene, è poco che sono qui in Italia”. “Non mi sembra, lo parli molto bene, complimenti, ma prego mettiti comodo” e gli feci cenno di andare in cucina. Lui non capiva ancora bene, si diresse nel locale e appoggiò la sua borsa sul tavolo, cominciando a tirare fuori la sua mercanzia: calzettoni, delle magliette, e qualche collanina. “Scusa se te lo dico, ma veramente non mi interessa la tua roba e cominciai a posare lo sguardo sul suo pacco”. Compresi dalla sua espressione che non aveva ancora capito ed allora esplicitamente gli chiesi – “Tu andresti con un ragazzo?” A quelle parole scattò subito come una molla, per un momento credevo che volesse menarmi, ma si limitò a cominciare a riporre la sua roba nella borsa, allora io continuai :- “Aspetta, scusa, ma forse non mi sono spiegato: io voglio vedere solo il tuo uccello, lo voglio solo tenere in bocca o in mano.” A quelle parole si fermò un momento e visto che si deve battere il ferro finché è caldo aggiunsi :”Ti do 100.000 lire se me lo fai fare”. Anche l’ultimo muro era sfondato! Smise di mettere dentro la sua roba, ci pensò per un paio di secondi che per me sembrarono un’eternità e poi guardandomi mi disse – “Solo perché mi servono quei soldi!”. Ero al settimo cielo, pregustavo già il momento in cui quell’immane cazzo mi sarebbe scivolato dentro la bocca, credo di essere anche venuto nelle mutande. Gli dissi di finire di mettere la sua roba a posto e poi mi feci seguire fino al secondo piano dentro al bagno. “Non ti preoccupare faccio tutto io”. Lo feci mettere davanti allo specchio e gli dissi di togliersi i pantaloni; aveva un paio di jeans vecchi con la chiusura a bottoni; lentamente cominciò a sbottonarsi, si tolse la cintura e si calò a metà gamba i pantaloni. “Togliteli completamente!” – gli ordinai, e lui ubbidientemente si tolse prima le mocassino e poi i pantaloni: portava un paio di mutande da uomo che poco nascondevano dei suoi genitali. “E ora – avvicinandomi a lui – togliamo le mutande”; comincia a fare scivolare via dal suo corpo l’ultimo indumento che mi ostacolava dalla visione del suo sesso. Non vi erano parole! Non vi erano parole per descrivere quel suo organo, mai più visto qualcosa di cosi eccezionalmente grande nella mia vita: malgrado non fosse per nulla in tiro era già lungo si e no 20 cm, nero come la pece, una specie di tronco con una cappella di un colore mai visto che spuntava da un cespuglio di peli neri e riccioluti. Rimasi per alcuni secondi a mirarlo e rimirarlo esterrefatto, poi gli feci segno di posizionarsi sul bidè in modo da rimanere con le spalle al getto d’acqua. Mi misi chino su il suo grembo e aprii l’acqua calda; presi del sapone e comincia a lavargli il cazzo; ad ogni movimento vedevo il suo uccello diventare lentamente più grosso: leggevo la sua vergogna scritta nella faccia, malgrado tutto la cosa cominciava a piacergli. “Ecco un bell’alzabandiera – cominciai a dirgli – non mi sembra che ti dispiaccia molto”. L’asta era ora alla sua massima estensione. Cazzo, era più lunga di 25- 27 cm, ero tentato di andare a prendere il metro per vedere di preciso la sua lunghezza ma non riuscivo a staccare gli occhi da quello spettacolo. Pulsava come se vivesse di vita propria, le mie mani lo esploravano lentamente centimetro per centimetro, e sotto le mie carezze sentivo il contrarsi dei suoi testicoli gonfi di sborra calda. Avvicinai guardandolo fisso la mia bocca alla sua cappella, la spalancai e mi preparai ad ospitarla dentro di me: chiusi gli occhi e la introdussi dentro. Il sapore che sentii era diverso dagli altri, oppure era troppo tempo che non ne assaggiavo uno. Lo estrassi subito e cominciai a leccare l’asta, piano, piano, fino a scendergli alle palle, poi risalii verso la cappella: era un tragitto molto lungo, vedevo le sue vene affiorare in superficie, mentre ne leccavo con molta cura ogni sua parte. Lo ripresi in bocca deciso ad iniziare il pompino; lo avevo già contro il palato e non avevo ingoiato neppure metà di quel magnifico cazzone. Mi davo da fare, ma vedevo che lui, malgrado la sua eccitazione non collaborava molto. “Dai sciogliti un poco, non c’è niente di male se ti piace, è normale, chiudi gli occhi e pensa che sia una donna che ti sta facendo una pompa”. Lui mi ubbidii ed io ripresi a lavorarmi il pene; ad un certo punto sentii la sua mano spingere contro la mia testa, in modo da aiutarmi nei miei affondi; il ghiaccio era rotto, pensai. Difatti cominciò a mugolare piano piano, ad aumentava la pressione della mano contro la testa, in modo che ogni colpo era più profondo del primo: non credevo che sarei arrivato ad una simile profondità, avevo la bocca spalancata al massimo e me la sentivo completamente piena di carne vibrante. Ad un certo punto sentii i suoi mugolii di piacere aumentare, allora gli chiesi “vorrei che tu mi venissi in faccia, mi piace molto!” Per tutta risposta si alzò dal bidè, e si mise a masturbarsi mentre io ero rimasto ginocchioni a terra; i suoi movimenti erano esperti, gli ci volevano entrambe le mani per masturbarsi completamente, poi ad un certo punto iniziò a farfugliare qualcosa in lingua africana, mentre cominciava ad ansimare sempre di più fino a che tutto ad un tratto cominciò a sputarmi sborra dal suo cazzo. Io avevo la bocca aperta in modo che mi centrasse dentro, ma il porco faceva di tutto per colpirmi la faccia. Non avevo mai visto nessuno venire così tanto, sarà stato un mare di sperma, avevo la faccia completamente sporca e non facevo in tempo ad ingoiare che nuovo liquido mi entrava in bocca. Era fantastico!! Quando ebbe finito, per prima cosa molto premurosamente gli pulii il cazzo e poi tutta la mia faccia: cavolo era stata una sborrata da dieci e lode! Lui cominciò a rivestirsi silenziosamente, poi mi guardo come per dire “ora vorrei quello che mi devi”. “Non ti preoccupare – gli dissi anticipandolo – ora li vado a prendere”. E mi diressi verso la camera. Arrivai alla sedia dove avevo i pantaloni, ne estrassi il portafogli e presi una banconota da 100.000 lire, mi voltai per uscire e rimasi allibito trovandomi sulla porta il ragazzo negro con il cazzo di nuovo in banda che mi guardava. “Vorrei provare a …..” “Non vorrai mica mettermelo in culo, vero?” . lo interruppi atterrito. Ma lui si era già avvicinato a me, “Si dai voglio vederti prenderlo in culo, dei soldi non me ne frega più niente”. Mi aveva oramai preso e sbattuto sul letto a pancia sotto, e tenendomi bloccato cercava di togliermi i pantaloni del pigiama “No. Stai buono, non voglio, guarda che grido” – cominciai ad urlargli. “Lo so che lo vuoi anche tu, ti piace, hai già il cazzo duro, dai non complicare le cose”. Mi sfilo i pantaloni e comincio ad allargarmi le natiche per iniziare la penetrazione. “Nooo, non così, vabbene dai lo facciamo, ma fermati mi fai male! Fermati ti dico!” Di colpo si fermò, consapevole del fatto che da solo non sarebbe mai riuscito nell’intento di farmi entrare il suo cazzo in culo. “Porca troia, cosa ti è venuto in mente, se fai così me lo spacchi in due! Credi che non muoia dalla voglia di provarlo, ma non è mica colpa mia se ti ritrovi un uccello formato maxi! Ora ritorniamo di là e ci proviamo ma promettimi di fermarti se ti dico che mi fai troppo male.” Fece un cenno di assenso con il capo e mi seguii in bagno. Lo feci attendere un momento andai al primo piano e ritornai con alcune cose. “Tieni, tu comincia a ungerti il cazzo con questo olio, mentre io comincio ad allargarmi il buco”- e dicendo questo gli mostrai una grossa carota. Mi misi a pecorina e cominciai ad infilarmela dentro e fuori il buco: avevo scelto la più grossa che c’era in modo da abituare già lo sfintere a qualcosa di grosso. Vedendomi compiere quell’operazione il suo cazzo si era irrigidito ed aveva assunto l’imponenza di prima: oramai anche lui aveva quasi terminato la fase di “lubrificazione” del suo pene. Io avevo cominciato ad infilarmi due dita in culo, unti di olio, in modo da rendere scivoloso l’interno. “Dai, ora prendimi, ma con dolcezza, e se dico basta ritirati indietro, mi raccomando. E se vuoi insultarmi fallo pure, mi piace sentirmi dire sconcezze!” Mi si posizionò dietro e appoggiò la sua cappella contro il mio buco oramai abbastanza dilatato; la sensazione che stavo provando era bellissima. “Voglio sentirti godere, quando ti entro dentro, voglio che gridi tutto il tuo piacere” – mi disse prima di iniziare. Mi cinse le mani intorno alla vita e comincio a spingere: piano, piano lo sfintere cominciò ad allargarsi finché poteva, il dolore cominciava a farsi intenso, ma tenevo duro, centimetro dopo centimetro quel meraviglioso cazzo si faceva strada dentro di me. “ahhagg” emisi un grido ma lui incurante continuava. Si accontentò di farlo entrare per circa metà lunghezza poi continuo ad altalenare il movimento, mi sentivo sfondato e pieno nello stesso momento, mi doveva tenere fermo, perché avevo la tendenza di seguirlo nei suoi movimenti, inoltre ad ogni colpo cercava di affondare la sua spada sempre più in profondità. “Dai, godi, dimmi che ti sto trapanando il culo, che non hai mai provato niente di simile, dai, troia che non sei altro”. “Si, mi. . aahha .. mi stai sfondando, non mi sento più il culo, dai vienimi dentro, allagami tutto!”. Sembravo come impazzito sia dal dolore che dal piacere, da ogni colpo sentivo il suo cazzo contro le pareti del mio intestino, avevo paura a chiedergli se era tutto dentro oppure lo strazio doveva ancora finire. Il negro si divertiva da morire, ogni tanto diceva qualcosa nella sua lingua originale che io non comprendevo, ma sicuramente erano insulti rivolti a me. Ad un certo punto un colpo secco ed un dolore allucinante e compresi che aveva dato sfogo a tutto il suo impeto; iniziai ad urlare dal dolore, mentre lui mi tappava la bocca con le mani per impedirmi di farlo, continuando come un pistone ad entrare ed uscire dal mio buco oramai straziato. Poi ad un tratto una pausa durata due o tre secondi, un mugolio e poi un altro affondo; sentivo il suo liquido bollente come lava inondarmi il culo dall’interno. Non ricordo in quante volte venne ma dovevano essere molte, poi iniziò a ritirare il suo membro, e quando l’operazione fu terminata sentii una specie di risucchio provenire dal mio buco: mi bruciava tremendamente, andai subito a lavarmi e vidi con terrore che stava uscendo del sanguemisto a sborra. Intanto il mio giovane amico si stava pulendo tutto soddisfatto la sua arma micidiale, si rivestì e scese senza dire al pianterreno. Dopo cinque minuti lo seguii; “Scusa, Alex per prima ma mi hai eccitato per bene. – mi disse – non mi sono neppure presentato: mi chiamo Julius”. “Cazzo Julius, ma da quant’è che non scopavi?” – sbottai massaggiandomi con una mano il culo. “Bhe sai, non è facile trovare una donna quassù da voi, e le puttane costano soldi, così io e io miei amici non facciamo molto sesso.” “I tuoi amici? Perché stai con qualcuno?” “Viviamo in una casetta mezza diroccata a circa mezzora di strada da qui, siamo in quattro extracomunitari: due nigeriani, di cui io sono io, e due marocchini.” “Anzi perché uno di questo giorni quando non hai niente da fare non vieni a trovarci?” “Bhe Julius chissà, ci devo pensare!” – risposi, ma consapevole che avevo già deciso di andarci. “Ti assicuro che non te ne pentirai, se non ti rompe farti sbattere da più cazzi!!”. “Figurati!”
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