Il treno correva nella pianura. Era il tramonto, e l’acqua delle risaie rifletteva la luce del sole abbagliandomi. Abbassai la tendina e chiusi gli occhi.Nella mia mente si affacciarono i ricordi della giovinezza, quasi trent’anni prima, quando venivo in questi posti, la domenica sera, per andare a ballare nelle balere all’aperto, frequentate dalle mondariso.Venivo con i miei amici, e in tutti c’era il desiderio di un incontro erotico con una di quelle ragazze che avevano fama di essere piuttosto facili. Effettivamente era raro che tornassimo a casa a bocca asciutta: quasi tutte, dopo una settimana di duro lavoro nelle risaie, avevano fame di sesso e, fra un valzer ed una polca, ci s’allontanava nella campagna e si faceva l’amore. Non c’erano mai coinvolgimenti sentimentali, perché le ragazze, dopo la stagione della monda, tornavano ai loro paesi e non se ne sapeva più niente.Quella volta, però, fu diverso: c’era Ester. Era la prima serata della stagione e noi arrivammo in massa. Eravamo in sei, e venivamo dalla città, che distava una quindicina di chilometri, in bicicletta. Posammo le biciclette nel parcheggio, pagammo il biglietto, ed entrammo nella balera.La vidi quasi subito: il leggero vestito verde a fiori bianchi aderiva al corpo mettendo in evidenza le forme provocanti. Vita snella, seno alto ed appuntito, con i capezzoli che spingevano contro il tessuto del vestito, evidentemente non portava reggiseno; il sedere alto e rotondo, ed il vestito che rivelava il solco fra i glutei, era una tentazione irresistibile. Ma la cosa che più attirava la mia attenzione era il viso: i capelli lunghi e biondi che incorniciavano un ovale incantevole, gli occhi azzurri e limpidi e la bocca grande; ispirava tenerezza e simpatia. Doveva avere circa diciotto anni, e, pur con l’apparenza di innocente ingenuità, era più provocante di una donna fatta, anche se forse non era consapevole dell’effetto che aveva sugli uomini che la guardavano.Ne rimasi affascinato e, nello stesso tempo, intimidito. Era troppo bella perché potessi anche solo pensare che avrei potuto…!Stetti un po’ a guardarla mentre ballava il valzer con una sua amica (era normale che le ragazze, molto più numerose dei maschi, ballassero fra di loro): danzava in modo stupendo, con movenze aggraziate ed eleganti, assolutamente incantevole.I balli erano suonati in serie di tre, con un breve intervallo fra una serie e l’altra, per permettere lo scambio dei partner: tre valzer, tre tanghi, tre mazurche, tre slow, eccetera. Durante la serie, le coppie di ballerini rimanevano in pista. Al termine dei tre valzer, le due ragazze andarono a sedersi. Mi precipitai ad invitarla, ma fui preceduto da un mio amico, più svelto di me, e non mi rimase che invitare la sua amica. Durante il ballo parlai con la mia ballerina e le chiesi il nome: “Elena” rispose, “E la sua amica?” “Ester”. Mi confermò che entrambe avevano diciotto anni, che studiavano alle magistrali, e venivano alla monda per guadagnare un po’ di denaro ed aiutare la famiglia. Terminata la serie, l’accompagnai al posto ed approfittai dell’occasione per invitare Ester al ballo successivo. Era uno slow, e si ballava stando strettamente allacciati. Danzando, sentivo il suo corpo caldo fra le mie braccia, e mi pareva che fosse nuda. Per un po’ non le rivolsi la parola: ero intimidito da quella bellezza un po’ altera. Solo al secondo ballo mi feci coraggio e le chiesi di dov’era; mi disse il nome del paese, che io conoscevo, poi cominciammo a parlare della sua scuola. Terminò la serie e, mentre la riaccompagnavo al suo posto, le chiesi di ballare ancora con me. Non si ballava con la stessa persona più di una volta, a meno che non ci fosse un rapporto particolare, ma lei accettò. Ballammo insieme tutta la sera e, quando l’orchestrina suonò la sigla di chiusura, ero cotto di lei. Accettò di essere accompagnata alla cascina dove alloggiava, che distava un paio di chilometri. Ritirai la bicicletta e ci avviammo a piedi. Anche le sue amiche tornavano a piedi, accompagnate dai ragazzi conosciuti al ballo, e molte, lungo la strada si fermavano per fare l’amore. Con i miei amici ci saremmo ritrovati alla cascina per il ritorno.Durante il tragitto parlammo continuamente di noi: lei mi raccontò tutto di sé e della sua famiglia. Erano contadini, aveva due fratelli più grandi, e tutti in famiglia desideravano che lei diventasse maestra. Non era facile, perché la dura vita de campi richiedeva l’aiuto di tutti, ma lei ce l’aveva quasi fatta, e l’anno prossimo si sarebbe diplomata. Io, a mia volta le dissi di me: anch’io studiavo, al secondo anno di ingegneria, ma anch’io aiutavo la famiglia nel negozio di ferramenta che avevamo in città.Arrivammo alla cascina senza accorgercene, ed al momento di lasciarci ci scambiammo un timido bacio, e la promessa di rivederci la domenica seguente.Pedalando verso la città, con i miei amici, non dissi parola; mentre loro si raccontavano le avventure della serata, io pensavo ad Ester. La settimana fu lentissima a passare; il pensiero di Ester non mi abbandonava un istante; risentivo con l’immaginazione il suo corpo caldo fra le mie braccia, mentre ballavamo i lenti, e venivo preso da un’eccitazione tale che riuscivo a calmarmi solo con la masturbazione; ma finalmente arrivò la Domenica.All’appuntamento con i miei amici arrivai per primo; infine ci avviammo, pedalando lentamente per non sudare.Era una magnifica serata, limpida, come raramente ce ne sono in estate nella pianura; una leggera brezza rinfrescante non faceva avvertire il calore che saliva dalla terra riscaldata dal sole cocente del giorno. Posammo le biciclette ed entrammo nella balera. La vidi subito; anche lei mi vide all’ingresso, e mi sorrise. Il suo sorriso mi rassicurò; avevo temuto che mi avrebbe accolto con indifferenza, invece era contenta, e si vedeva. La invitai subito a ballare e la strinsi a me. L’emozione di averla fra le braccia era tale che non riuscii a dire una sola parola. Neanche lei parlò, ma mi abbracciò, ed io capii che ricambiava i miei sentimenti. Avvicinai le mie labbra al suo collo e deposi un bacio, dapprima leggero, poi più insistito, e la sentii fremere. Ballammo ancora; io le accarezzavo il fianco e lei mi guardava con quei suoi occhioni limpidi; ad un tratto mi diede un bacio sull’orecchio sinistro, e notò la mia leggera malformazione: mi manca un pezzettino di lobo. “Cosa ti è successo? È stato un morso?””No!” risposi, “è un difetto che ho dalla nascita”Tutti quei toccamenti e quelle carezze mi avevano eccitato.”Usciamo”, proposi. Lei acconsentì. Camminammo qualche minuto verso la campagna, tenendoci per mano. Trovato un posto adatto, sulla riva erbosa di un canale, sotto un gelso, ci sedemmo sull’erba, poi ci coricammo affiancati. Mi voltai verso di lei; stava supina con gli occhi chiusi, come addormentata. Posai la mia bocca sulla sua e lei socchiuse le labbra. Che bacio! Eravamo come due assetati che avessero trovato la fonte per dissetarsi. La mia lingua esplorava la sua bocca e lei faceva altrettanto con me. Non oppose resistenza quando le abbassai una spallina del vestito per raggiungere il seno. Con mano fremente accarezzai quella morbida mela, poi avvicinai il viso e leccai attorno al capezzolo, per prenderlo infine fra le labbra. Lei sospirava forte, parendomi quasi che stesse godendo. Mentre leccavo il capezzolo, abbassai anche l’altra spallina per denudare il seno completamente. Che meraviglia! Presi ad accarezzare una mammella mentre baciavo l’altra. Quindi scesi con la mano sul suo fianco, le sollevai il vestito e raggiunsi le mutandine. Neanche ora oppose resistenza, anzi, quando introdussi le dita sotto l’orlo delle mutandine, e sentii che era bagnata fradicia fra le gambe, lei se le tolse del tutto, lasciandomi sbalordito dalla facilità con cui eravamo arrivati alla conclusione. Mi abbassai i pantaloni e le mutande. Il membro, libero da impedimenti, trovò naturalmente la sua via in quella carne fremente, che pareva non attendesse altro. Ester allargò le gambe per facilitare la penetrazione e mi strinse a sé gemendo forte. Godeva in continuazione; mi abbracciava, tenendomi contro di se, quasi temendo che uscissi da lei. L’orgasmo arrivò improvviso e le inondai la vagina col mio seme. Mi accasciai su di lei, che continuava a godere, senza rendersi conto che io avevo già finito. Non persi l’erezione e, dopo pochi minuti, ripresi a muovermi dentro di lei, che non aveva mai smesso di gemere e dimenarsi. Dopo un po’ mi sentii stanco ed uscii. Lei avrebbe voluto trattenermi, ma io:”Lasciami riposare un momento” dissi. Si arrese, ma volle tenermi stretto a sé mentre portò una mano ad accarezzarsi fra le cosce. Mi abbassai per baciarla; tolsi la sua mano ed avvicinai le labbra: era un lago! I suoi umori, copiosissimi, uniti al mio seme, la bagnavano totalmente dall’inguine fino ai ginocchi. Leccai tutto, vincendo un primo moto di repulsione, facendola impazzire. Non aveva mai smesso di godere un solo istante, poi, presa dalla frenesia, mi sollevò e volle essere nuovamente penetrata. Quando sentimmo, in lontananza, le note della sigla di chiusura, eravamo stanchissimi, ma lei avrebbe voluto continuare. Fu però ragionevole e ci affrettammo.Mentre l’accompagnavo alla cascina le domandai:”Non c’è pericolo che tu rimanga incinta? Non abbiamo preso alcuna precauzione!””Non temere; ho avuto il mio periodo solo una settimana fa!”Evidentemente conosceva la regola di Ogino Knauss, secondo la quale la donna rimane incinta solo a metà fra le due mestruazioni.Ero molto perplesso. Non mi sarei mai aspettato che quella dolcissima fanciulla si rivelasse la furia scatenata, assetata di sesso, che avevo conosciuta quella sera.Passai la settimana agitato: volevo rivederla e chiarire. Sentivo di essermi innamorato, ma avevo paura. Non sapevo nemmeno io di che cosa, ma ero spaventato da quella furia.Quella sera facemmo solo un ballo, poi uscimmo. Andammo a sdraiarci sulla stessa riva della Domenica precedente. Appena fummo distesi lei si tolse di furia il vestito e le mutandine, rimanendo nuda. Anch’io m’ero spogliato e, al vedere quel corpo stupendo, fremente di desiderio, non attesi un attimo e mi gettai fra le sue cosce. Come m’aspettavo, era già bagnata fradicia; bevetti tutto e mi parve, dal sapore salato, che i suoi umori fossero misti ad urina. Fin dal primo istante, lei cominciò a godere urlando il suo piacere. Non passò molto che mi attirò su di sé e:”Mettimelo dentro” disse in un sospiro. Era una cosa incredibile!Dopo un’ora d’amore ero distrutto. Mi sdraiai al suo fianco e lei si calmò.Rimanemmo un po’ in silenzio poi le chiesi: “Sei sempre così, con tutti?” e lei, dopo un attimo d’esitazione:”Si! Quando un uomo mi tocca, impazzisco. È più forte di me, non riesco a controllarmi. Forse sono ninfomane”.Ero frastornato. Una fanciulla all’apparenza così dolce e gentile; com’era possibile?”Ti rendi conto del male che puoi fare a te stessa? Io mi sono innamorato di te, ma così… ho paura delle conseguenze” dissi.”Non temere, non succederà niente, non ti darò mai fastidio. Anch’io ti amo. Il fatto è che il sesso è più forte di me, ho sempre voglia di fare l’amore.””E se rimanessi incinta?””Non succederà, non temere!”La Domenica successiva non andai a ballare; rimasi a casa a tormentarmi. Ero pazzamente innamorato di quella ragazza, ma non sapevo cosa fare. Se lei non sapeva resistere al richiamo del sesso, forse sarebbe andata con chiunque. Quando dissi ai miei amici che non sarei andato con loro, uno di loro, Mario, esclamò:”Allora con Ester ci vado io”,”Auguri!” risposi, e temetti, o forse sperai, che veramente provasse ad andarci, per avere la prova.Il lunedì cercai i miei amici: la notte non avevo dormito, e m’ero masturbato in continuazione, pensando ad Ester fra le braccia di Mario. Lo incontrai al solito bar, e subito gli chiesi:”Ieri sera, com’è andata?”Mario mi guardò serio, poi: “È una cosa incredibile. Quando le ho detto che tu non saresti venuto mi è parsa molto dispiaciuta. Ha voluto sapere se non stavi bene, ma le ho detto che eri dovuto andare dai tuoi nonni e che saresti stato via solo qualche giorno. Poi, dopo un paio di balli, le ho chiesto, più per scherzo che sul serio, di uscire. Ha accettato subito, e subito si è fatta scopare. Era una furia: non ne aveva mai abbastanza. Tre o quattro non basterebbero a soddisfarla!”Era quello che temevo!Mi sforzai di ridere, ma mi sentivo quasi male. Soffrivo atrocemente! Cosa potevo fare?Il Sabato mi accordai con Mario e Franco per la Domenica sera: sarebbero usciti con me ed Ester, se lei fosse stata d’accordo. Volevo costatare fino in fondo cosa sarebbe arrivata a fare. La gelosia mi tormentava ma, nello stesso tempo, mi sentivo eccitato.Quando, mentre ballavamo, le feci la proposta, lei accettò senza indugio. Non mi chiese se non fossi geloso: niente! Disse solo di si!Uscimmo per primi Ester ed io, seguiti, dopo alcuni minuti, da Mario e Franco. Attendemmo che ci raggiungessero, senza parlare. Io fremevo per quello che temevo, e forse speravo, che sarebbe successo. Mi sentivo eccitato al pensiero che avrei visto Ester, che ormai amavo disperatamente, fare l’amore con tre uomini contemporaneamente. Pensavo che non era colpa sua, ma di quell’istinto che la spingeva, contro la sua volontà, a darsi a tutti quelli che la volevano. Raggiungemmo infine, tutti e quattro, il nostro posto appartato. Era una notte senza luna, ma serena, e dopo pochi minuti gli occhi s’erano abituati all’oscurità, e la luce delle stelle era sufficiente per permetterci di vedere. Appena giunti, Mario, il più intraprendente, abbracciò Ester e tentò di baciarla sulla bocca, ma lei si ritrasse e lui non insistette. La spogliò, invece, e lei non oppose resistenza. Intanto Franco aveva estratto il cazzo e si stava masturbando, eccitato dalla scena. Io ero bloccato, immobile, e guardavo il mio amore che si faceva toccare dappertutto e cominciava a gemere di godimento. Mario la fece sdraiare e si abbassò a leccarla fra le gambe, che lei allargò per facilitarlo. Ester godeva in modo vistoso e, ad un certo punto, lo attrasse su di sé facendosi penetrare. Mario non s’era nemmeno spogliato, ma s’era limitato ad estrarre il cazzo e ad infilarlo dentro di lei. Godette quasi subito e si rialzò. Franco, che s’era spogliato completamente, prese il suo posto senza che Ester smettesse di godere. Io impazzivo di gelosia; mi sentivo morire. Avrei voluto andarmene, ma qualche cosa mi tratteneva: volevo soffrire fino in fondo quel tormento.Appena Mario e Franco ebbero terminato, si composero e ci lasciarono soli. Ester rimase sdraiata, a gambe allargate, con lo sperma dei due che le colava fuori dalla vagina. Io la guardavo e piangevo. Ester se n’accorse e mi attirò su di sé: “Non piangere, io amo te; hai visto che non li ho baciati sulla bocca?”Io non parlavo. Mi accarezzò il viso e me lo coprì di baci. Si rivestì e ce n’andammo. Appena tornati alla balera, lei andò dalle sue amiche ed io uscii. Presi la mia bicicletta e tornai a casa da solo.Il treno stava rallentando la corsa. Improvvisamente decisi di scendere. Cercai un albergo nei pressi della stazione e, subito mi collegai ad internet con il mio portatile. Andai sulle pagine bianche e digitai il suo nome e la provincia: comparve il nome e l’indirizzo. Era un paese a pochi chilometri dalla città. Noleggiai una macchina ed in pochi minuti fui a Xxxx .Non fu difficile trovare la via, ma ero titubante. Parcheggiai la macchina e proseguii a piedi. Vidi una vecchietta, e mi rivolsi a lei, quasi per farmi coraggio. Alla mia domanda rispose:”La maestra? Ecco la casa, l’ultima di quelle tre!”Raggiunsi il cancelletto, e vidi il campanello con il nome: Ester Chiarelli. Pigiai il bottone; dal citofono giunse una voce che chiedeva: “Chi è?” Dissi il mio nome! Dopo un attimo di silenzio si udì lo scatto della serratura. Spinsi il cancelletto ed entrai. Percorsi i pochi metri dal cancello alla porta della casa con il batticuore. Non ostante i trent’anni passati, quei giorni erano presenti alla mia mente come se fossero passati solo pochi giorni. Come sarebbe stata? Invecchiata? Ormai avrebbe dovuto avere quasi cinquant’anni. Tremavo; forse era stato un errore venire; forse non si ricordava nemmeno di me.La porta si aprì e lei apparve. Il suo viso esprimeva stupore ed incredulità.Il cuore accelerò i battiti: era bellissima! I capelli quasi bianchi, incorniciavano un viso giovane, dagli occhi azzurri e dolci, proprio come li ricordavo; un corpo, anche se leggermente appesantito, ancora flessuoso e ben fatto. “Tu?” esclamò incredula; “Come hai fatto a trovarmi? Entra”, disse, e mi fece passare.Mi fece accomodare su una poltrona, e sedette anche lei, accanto a me. Nessuno dei due parlò per alcuni secondi; poi lei, dolcemente:”Quanto tempo è passato. Ti trovo bene; non sei cambiato molto!””Anche tu non sei cambiata molto; sei bellissima; più di come ti ricordavo””Adulatore! Ho tutti i capelli bianchi.””Si! Ma ti donano un particolare fascino”.Parlammo di noi. Io dissi della mia carriera, del mio matrimonio dei figli, e di come non l’avessi mai dimenticata, anzi, pensavo spessissmo a lei, che avevo amata così profondamente.Lei mi disse di essere nonna. Aveva avuto una bambina, senza essere sposata, e l’aveva cresciuta con l’aiuto della madre. Era diventata maestra, ed aveva avuto un posto in quel paese, che non aveva più lasciato. Cinque anni prima sua figlia s’era sposata ed aveva avuto un bambino che ora aveva tre anni. Se avessi atteso una mezz’ora l’avrei visto: sua figlia stava per arrivare. Avevo tutto il tempo, risposi, e lei mi invitò a rimanere per la cena.Nell’attesa dell’arrivo della figlia, con qualche imbarazzo accennai a quella sua tendenza al sesso sfrenato. “Sono guarita!” rispose, “Dopo la nascita di mia figlia, ci fu in me un grande cambiamento. I miei impulsi sessuali diventarono normali ma, anche se ebbi dei rapporti con uomini, decisi che non mi sarei legata a nessuno in modo permanente. Poi, piano piano, rinunciai del tutto, ed ora sono quasi dieci anni che non ho rapporti con nessuno”.”Non ne senti la mancanza?””No! All’astinenza si fa l’abitudine.”Suonò il campanello, e subito dopo entrò una giovane donna con un bambino per mano. Ester ci presentò. La giovane era molto bella, forse più della madre. Rimase pochi minuti, poi disse che doveva portare il bambino in bagno, e si assentò. Ne approfittai per chiedere ad Ester:”Chi è il padre di tua figlia?”Ester sorrise dolcemente, poi rispose:”Potresti essere tu!””Come fai a dirlo?””Certe cose si sentono!” La figlia di Ester rientrò; mentre stava ricomponendo il vestito del bambino, scoprì per un attimo l’orecchio sinistro: mancava un pezzetto del lobo. Proprio come a me.
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