Ci sono uomini che per assistere a una partita di calcio alla TV rinuncerebbero a qualunque cosa: essi si abbandonano al potere ipnotico del televisore, godendo dei rimbalzi imprevedibili di una sfera e della voce enfatica di un cronista fuori campo, che esalta i gesti atletici dei giocatori quali gesta mitiche di eroi omerici. Sesso e pallone, come mirabilmente fece notare Rita Pavone negli anni 60, spesso si escludono a vicenda.Sabrina, la mia fidanzata, non è un uomo. E non è neppure una donna. Ella appartiene al terzo sesso – volendo intendere questo nell’accezione di categoria- al complicato e affascinante universo transex. Possiede una personalità vulcanica. Ti cammina a fianco sinuosa: veli di seta nera le accarezzano il corpo dirompente e, scivolosi, lambiscono la sua pelle di candido velluto. Non parla molto, preferendo domandare e imporre con lo sguardo: nella profondità dei suoi occhi neri spesso balena una luce perversa, che fa rabbrividire. Sabrina non ostenta il suo corpo: è il vento che l’accarezza, e solo al vento si concede, lasciando svolazzare la gonna leggerissima e la camicetta deliziosamente aderire al seno. Spesso passeggia con occhiali neri. All’improvviso si sofferma, mi prende la mano e mi fissa, sollevando gli occhiali. Allora intendo i suoi voluttuosi progetti, leggo i suoi pensieri osceni e affretto il passo, affinché restiamo presto da soli.Sabrina non è un uomo. Però ama il calcio ed è una grande ammiratrice di “Achille pie’ veloce” Serginho, prestante trequartista milanista, brasiliano come lei. Tuttavia è su di me che ella scatena le sue sfrenate fantasie, e in quei momenti il mio corpo riceve le carezze più tenere, i baci più dolci, i morsi più aspri. Ci fronteggiamo, nudi, le labbra si cercano, i suoi seni si schiacciano sul mio petto e i membri tesi intraprendono un’imprevedibile scherma. Nemmeno l’angolo più recondito del suo corpo nasconde segreti per me, eppure tutto l’insieme resta un grande e meraviglioso mistero.Poche settimane fa Sabrina mi ha costretto ad assistere a Milan-Juventus, semifinale di coppa Italia. Io ho provato a divagare, a proporre un ristorante brasiliano, un cinema, un drink in centro e altre simili banalità, ma non è stato possibile farle cambiare idea. Sicché mi sono rassegnato. Al momento del collegamento in diretta, ho scoperto che anche l’ottimo Serginho avrebbe giocato fin dall’inizio. La mia idea, sorta inattesa, avrebbe reso indimenticabile quella serata.Dapprima stuzzicai Sabrina sulla scarsa precisione al tiro dell’atletico brasiliano, poi lanciai la scommessa:”Se Serginho segna farò per te qualsiasi cosa mi chiederai, ma se non segna tu dovrai fare lo stesso per me.” “Uauuu!!! Delicia!!!” Esclamò lei come risposta.Seguii la partita con molta attenzione, pur non sapendo, in realtà, se augurarmi di vincere o di perdere la scommessa: entrambe le situazioni conseguenti mi eccitavano, scatenando in me fantasie da cardiopalma.Giocò bene Serginho, sempre difficile da raggiungere sulla fascia sinistra, ma non fece gol. Al fischio finale Sabrina, fino a quel momento seduta silenziosamente accanto a me sul divano, si alzò e spense il televisore. Fece partire lo stereo, senza curarsi di cosa fosse inserito. Cominciò così la Sinfonia Faust, di Liszt, un’opera sensuale e allucinata. Poi lei si pose fra me e la lampada alogena, in controluce, offrendomi maliziose trasparenze, e mi chiese:”Che cosa vuoi che faccia per te amore, mia delicia?”Indossava soltanto una sottoveste nera. Da seduto la osservavo: i suoi occhi felini balenavano folgoranti, la lingua passava lentamente a bagnare le labbra carnose e il suo corpo maestoso pareva in preda a fremiti d’eccitazione. In quell’apoteosi di femminee curve sinuose, non sfuggì al mio sguardo la sua decisa erezione, appena percettibile alla vista, una piega anomala della leggiadra sottoveste.”Spogliati, amore.” Le chiesi.Lei lasciò scivolare lungo le cosce la seta frusciante, fino ai piedi nudi. Dal microscopico perizoma il suo membro debordava, incontenibile. Mi avvicinai a lei. La presi per mano e sussurrai:”Vieni…”L’impetuosa Sabrina mi seguì docilmente. Aprii la porta e uscii sul balcone. Lei rabbrividì, si strinse a me, tremante, ma non obiettò alcunché: ha sempre saputo stare ai nostri giochi.Ci trovavamo al sesto e ultimo piano, su un viale lungo ed elegante, con le carreggiate divise da una fila ininterrotta di tigli scheletrici. Poche auto sfrecciavano, quasi silenziose; si scorgevano rari passanti frettolosi. Immerso nel mio maglione di cachemire, abbracciavo e accarezzavo Sabrina: la sua pelle punteggiata da infiniti brividi mi eccitava come giammai. Mi chinai dinanzi a lei e presi a succhiarglielo, alternando giocosi indugi ad affondi decisi sul suo membro, prontamente teso, nonostante il freddo. Con frequenza lei mi afferrava la testa, distoglieva la bocca dai suoi genitali e mi baciava: baci convulsi, prolungati, avidi tentativi di assorbire il calore che emanava dal mio corpo. Ci ritrovammo in piedi. Lei si strusciava a me, prima di fronte, poi di schiena, mostrandomi il suo culo rotondo, morbida scultura di carne. Premevano i glutei eminenti contro i miei pantaloni. Le baciavo il collo, ma subito la sua lingua mi penetrava rapidamente in bocca, si contorceva e guizzava, mentre il vapore denso del nostro respiro si disperdeva nel vento. La mia eccitazione cresceva incontrollabile.Allora spinsi Sabrina in avanti, finché il suo busto fu proteso all’infuori, le mani che stringevano sicure la ringhiera del balcone, il suo culo sconvolgente che mi si offriva… La presi così, da dietro. All’inizio mi mossi con estrema lentezza, gustando uno a uno i sussulti del suo corpo, scosso dalle mie spinte e dagli schiaffi gelidi del vento; quei suoi sussulti si ripercuotevano nel mio addome, diffondendovi agitate vibrazioni. I suoi gemiti furono rotti da pause, da tremanti sospiri, finché divennero grida di piacere. Per qualche istante Sabrina non sentì più il freddo. Le mie spinte si fecero ora decise, la frequenza crebbe e divenne impeto. Gridai anch’io, e venni. Sabrina si distese, s’irrigidì per un attimo e poté far esplodere il suo piacere fuori del balcone, verso il cielo. Mi gettò le braccia al collo e mi baciò.Là sotto uno sparuto gruppetto s’era adunato, forse attratto dalle grida, in quella notte silenziosa. Non credo che potessero vederci. Un signore calvo si grattava nervosamente la testa e si annusava la mano, chiedendosi che cosa gli avesse bagnato la pelata.
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