Marco è arrogante, odioso; quando gli passo vicino mi sorride beffardo e mi dice “ciao, bella”. Non so cosa gli farei. In compagnia mi sbeffeggia, mi umilia tutte le volte che può facendomi sentire frocio, e ha un forte ascendente su molti del gruppo, benché non sia ancora considerato il capo, che resta Giorgio, suo grande amico. È una compagnia che frequento da poco, qui in un piccolo paese di montagna del Veneto. Stasera ci troviamo al parco, sono le dieci, si decide di giocare alle penitenze, che toccano a chi fa cadere il pallone. Giochino stupido, infantile, penso. Ma non so ancora cosa mi aspetta. Siamo una quindicina, otto maschi, sette femmine. La prima che “ci resta” e deve fare penitenza è Isa, le fanno cantare davanti a tutti La canzone del sole a squarciagola. Che stupidaggine, penso. Il gioco va avanti, ci resta Giacomo, che per penitenza deve correre su e giù per il pendio 10 volte. Che palle… Poi vedo che mi cominciano arrivare dai maschi pallonate insidiose, continue… Paiono d’accordo. Alla fine sbaglio e “ci resto”, tocca a me fare penitenza. Come sempre è il capo che ordina che penitenza mi tocca. “Devi leccare i piedi a Marco”. Resto interdetto, penso che sicuramente scherza. “Ma dai”, rispondo sorridendo… Giorgio mi guarda serio e mi ordina di eseguire la penitenza. “Ma sei matto?”, gli faccio. La mia voce trema, però. Mi si fanno attorno quattro o cinque del gruppo con l’aria molto determinata e mi dicono che la penitenza va fatta, altrimenti si offendono e trovano il modo di punirmi sul serio. Capisco che non ho scampo e mi preparo a fare la penitenza: un gesto simbolico di un attimo, penso. Certo proprio a Marco…. mi scoccia un bel po’. Mi avvicino a lui, mi chino. “In ginocchio”, ordina Giorgio. Obbedisco. Sento un miscuglio strano di rabbia ed eccitazione, non so che cosa mi prende. Sono in ginocchio davanti a Marco, gli lancio uno sguardo verso l’alto: ha l’aria di sfida… un sorriso aggressivo e sarcastico. Gli slaccio i sandali e glieli tolgo. Mi chino e do un piccolo colpo di lingua al suo piede destro, poi all’altro. “Ho fatto”, dico a Giorgio, e faccio per alzarmi. “Fermo”, mi dice, “resta dove sei, devi leccare per almeno tre minuti di orologio”. Sento un colpo al cuore, divento rosso… “Giorgio, ti prego”, imploro debolmente. Inflessibile, il capo mi ordina “Muoviti, devi fare penitenza!”. Sono in ginocchio davanti a Marco, chinato sui suoi piedi. Mi rassegno e inizio a leccare, come un cane, prima la parte di sopra, poi le dita, le parti di fianco. Quanto tempo dovrà passare ancora? Sento Marco che mi dice a voce bassa “lecca, frocio”. Sento pulsare il cuore e non solo, e stavolta non è rabbia… Poi Marco alza un piede e mi porge la pianta: vuole che gliela lecchi. Eseguo, gliela lecco una volta, due volte, quattro, dieci. Poi mi sbatte davanti alla faccia l’altro piede chiedendomi lo stesso trattamento. Mentre eseguo mi dice a voce bassa “hai visto? sei un frocio leccapiedi”. Giorgio dice “okay può bastare”. Mi alzo a fatica, a testa bassa, sono scombussolato, sento qualche risolino… il gioco prosegue. Adesso tocca a Antonio fare penitenza: gli chiedono di percuotersi il petto come un gorilla… roba puerile, ridicola, a differenza della penitenza imposta a me. Passa un quarto d’ora e tocca ancora a me restarci, dopo un altro tiro incrociato dei maschi per farmi sbagliare. Ormai ho capito che sono tutti d’accordo. Ed ecco l’ordine perentorio del capo Giorgio: “calati i pantaloni e le mutande e appoggiati a quel pino: riceverai 15 cinghiate sulle natiche da uno di noi”. “No, questa no Giorgio… non puoi…”, mi tremano le gambe… ho la bocca secca, il batticuore… Mi parla calmo e minaccioso: “Senti un po’, tu non sai cosa ti capita se non stai a questo gioco, capito? Esegui immediatamente!”. Le ragazze ridacchiano, i ragazzi confabulano… Mi avvicino a un pino… mi calo i pantaloni… poi anche le mutande. La luce dei lampioni non è forte ma abbastanza perché il mio culetto sia ben in mostra a tutti… Chi sarà ad avvicinarsi? Sono appoggiato con le mani all’albero, ho il sedere nudo e esposto a chiunque… spero solo che non sia Marco. O forse spero che lo sia? Sono confuso, non capisco le ie stesse sensazioni. Sento uno avvicinarsi… mi volto… è lui, naturalmente. Tutto il gioco è progettato abilmente e spietatamente: è lui che vuole umiliarmi e chissà che cos’altro. “Ciao bella”, mi fa sarcastico come sempre. Non mi muovo, non rispondo… sento l’eccitazione che mi sale, cerco di spegnerla… non so cosa mi capiti. La situazione mi imbarazza e mi umilia, e mi eccita proprio per questo. E Marco lo sa, e anche gli altri forse. Non ho esperienze simili da circa un anno… ricordo Gianni, tenero ma anche forte e duro in quei momenti… da allora più nulla… Marco mi si piazza dietro le spalle a un metro di distanza. Lo osservo con la coda dell’occhio. Si sfila la cinghia dei pantaloni, che è di quelle larghe e di pelle dura tipo coccodrillo. “Sei pronta?”, mi fa con una voce dolcemente sarcastica. Non rispondo, chiudo gli occhi. “Togliti anche la maglietta”, mi ordina. Obbedisco. Sono nudo e passivo. Aspetto la punizione. Il rumore dell’aria e la prima frustata sulla natica sinistra mi lascia un bruciore fortissimo. Cinque secondi e un’altra arriva nello stesso punto… Mi sforzo di non urlare… Passano altri 5… 10 secondi lunghissimi. Slash… ecco la terza frustata sulla natica destra questa volta, poi un’altra dopo due secondi sullo stesso punto. “Ti piace essere frustato eh? Frocio!”, mi dice Marco a voce bassa. Lo odio e lo desidero… mi sento completamente in balia di lui. La quinta frustata arriva a destra, nella parte superiore della natica, la settima nello stesso punto e anche l’ottava… Sto sanguinando, probabilmente. Nel gruppo c’è silenzio, anche eccitazione, penso. Che porci schifosi… Subisco la mia punizione, la mia umiliazione davanti a tutti. Mancano ancora sette frustate. Marco fa passare mezzo minuto, poi me ne lascia andare una fortissima nel punto dove mi ha già colpito più volte, a destra. Grido: “aahhhh”. “Urla, frocio, mi ecciti di più così, e te le do ancora più forte”. La decima frustata è fortissima e di nuovo urlo: “aahhhhhhhh”. Sono eccitato, sporgo il culetto senza volere, è il mio istinto di schiava, di donna sottomessa… Marco frusta con più forza ancora, sempre nello stesso punto. Stavolta è una raffica: “tieni frocio, non meriti altro, ed è solo l’inizio della cura….”, mi fa, facendomi piovere le ultime cinghiate sul culo in fiamme e sanguinante. Sono quindici, la punizione è finita, per ora… Mi lascio andare, cado in ginocchio con la faccia appoggiata all’albero. “Bene”, dice Giorgio, “rivestiti, il gioco riprende”. La sua voce è un po’ roca per l’emozione e l’eccitazione. Sento addosso il desiderio di tutti quei maschi, sento anch’io il desiderio, e di loro in particolare… Marco, l’odioso e arrogante Marco, che mi ha umiliato come nessuno mai aveva fatto prima. È mezzanotte circa. Il gioco prosegue: penitenze lievi per tutti, poi ci resto ancora io. Giorgio ordina: “dovrai percorrere il prato intero in meno di 10 secondi. Se ce la farai sarai libero, sennò dovrai fare tutto quello che ti ordinerà uno di noi, che però potrai scegliere tu. Ma… tutto, hai capito? E davanti a tutti”. Il campo misura un’ottantina di metri: si può provare, ma è impossibile, lo sanno tutti… Parto… tutti fingono di fare il tifo, a un certo punto scivolo, mi rialzo, scivolo ancora… Hanno messo qualcosa in terra, casomai ce l’avessi fatta… Arrivo in 15 secondi trafelato. “In ginocchio”, mi ordina Giorgio. “Adesso devi scegliere”. E ordina a tutti i maschi di farsi avanti. “Scegli me, bella”, mi dice più di uno. Marco tace. Mi vergogno a indicare proprio lui, ma è lui che desidero, e ormai non ho più paura di niente. Aspetto… l’imbarazzo è grande… Lo guardo… ha la solita espressione sarcastica, forse un po’ severa, quasi a dirmi “bada di scegliere me!”. Ma ormai ne è sicuro. Alzo il braccio e lo indico col dito…. Giorgio mi dice “devi dire il nome!”. Mi faccio coraggio e… “Marco”, dico. Qualcuno commenta “puttana…”, “le è piaciuto il trattamento di prima…”, “frocio leccapiedi…”. Marco si avvicina, tutti gli altri si mettono a distanza di una decina di metri. Sono in ginocchio davanti a lui. Ed ecco l’ordine, umiliante come sempre, come mi aspettavo, come desideravo: “Leccami i coglioni!”. Gli apro i pantaloni ubbidiente, gli abbasso gli slip… il suo cazzo è in erezione quasi completa. Mi chino e gli lecco le palle, sento il suo odore forte… lecco come una cagna, come una puttana. Lo sento ansimare di piacere. Continuo fino al nuovo ordine: “prendilo in bocca!”. Eseguo, lo faccio entrare fino in gola, lo succhio, lo faccio entrare e uscire muovendo la mia testa avanti e indietro. Ho gli occhi socchiusi… so che si capisce che mi piace… tutti mi guardano, e la cosa mi eccita ancora di più. “Succhia, frocio”, mi ordina Marco, che mi tiene la mano sulla testa in segno di dominazione. Obbedisco, lo succhio, lo sbocchino, adesso è durissimo, e Marco me lo spinge in gola fino a farmi soffocare. Mi lascio fare tutto, mi lascio scopare la bocca, sento il suo sapore, l’odore del cazzo… Vado avanti così cinque minuti, poi sento il suo ordine: “mettiti davanti a quel pino… come prima, ti ricordi?”. Faccio per alzarmi. “No!”, mi ferma Marco, “dovrai andarci a quattro zampe sculettando.” Eseguo, percorro quei dieci metri come una cagnetta in calore. “Adesso alzati e sporgi bene il culetto, puttana”. Obbedisco.. aspetto di essere penetrato ma… ecco mi arriva una sculacciata fortissima… una seconda. “Aaaaaahhhh”, urlo di dolore. Subisco venti sculacciate dalle sue mani calde e forti…, poi sento finalmente penetrarmi… allargarmi in modo violento e senza pietà… mi sta inculando… è dentro di me con i suoi 20 centimetri, forse di più. Ansimo… urlo di dolore… poi di piacere…. Mi sbatte aggressivo, violento. Mi tiene giù la testa con le mani, mi dice “prenditelo in culo, frocio”. Per un quarto d’ora mi regala le sue botte forti da toro scatenato, mi monta come un animale. Mi dimeno, urlo, sono urla di piacere, da donna in calore… Me lo sfila, mi ordina di inginocchiarmi….”Tieni aperta la bocca”. Si masturba… passa un minuto e mi sborra in faccia… una volta… due… tre… quattro… cinque… mi va in bocca, negli occhi, sulle guance. “Pulisciti con le mani e lecca tutto”. Obbedisco: lecco ingoio, bevo tutto… ho il suo sapore in bocca, sto godendo… Una goccia è finita in terra, mi ordina di raccoglierla con la lingua… mi chino e obbedisco. Poi glielo pulisco tutto… Resto inginocchiato a testa bassa davanti a lui. Passa un minuto… sento un liquido caldo che mi arriva in faccia, sulle spalle… mi sta pisciando addosso. Mi infila il cazzo in bocca e si libera dell’ultimo fiotto nel mio stomaco. “Bevi anche questa, frocio”. Obbedisco.
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