Il pattoPotevo vederla, dalla finestra della mia camera mentre mi stavo vestendo, che lei era lì che mi aspettava per strada, quasi nascosta facendo capolino dietro l’angolo di casa. Sicuramente aspettava che io scendessi per recarmi al lavoro, anche se erano solo le sette meno un quarto di mattina. Chissà da quanto tempo era lì! Nelle settimane precedenti avevo sperato che non fosse una di quelle donne sempre in agguato, pronte a cacciare la preda giusta, facendola girare a vuoto per poi ghermirla quando quella fosse esausta per il troppo tempo trascorso.La notte scorsa avevo interrotto la mia relazione con lei perché era molto restia ad avere rapporti sessuali, ma la decisione, comunque, l’avevo presa con molto dispiacere perché il suo corpo era veramente splendido: lunghi capelli neri, occhi marroni, abbastanza alta (un po’ più di un metro e settanta), un fisico flessuoso, ben proporzionato e sempre molto ben abbronzato; il seno ben sodo e grande, ma non di una grandezza esagerata, tipica delle siliconate rifatte: no, il suo era veramente naturale. Ed era stato il suo corpo splendido ed a lungo desiderato a farmi rimandare, ogni volta, quella drastica decisione, nell’illusione che un giorno le cose sarebbero potute cambiare con lei.Il problema fondamentale era che lei mi sembrava come se fosse (o volesse essere?) frigida, per via di quel suo essere ritrosa (scocciantemente ritrosa, direi) nei nostri rari momenti intimi. Mi ero ormai stancato di chiederle di fare insieme quello per cui il suo corpo sembrava essere stato appositamente costruito.Mi ero convinto che dovevo dare un taglio a quel rapporto che si stava irrimediabilmente logorando; con lei, non c’era altra soluzione possibile: non la reggevo più, ormai. Mi dava terribilmente fastidio quel suo modo di fare da falsa santarellina: sempre lì a negarsi, a fare la difficile, per poi concedersi raramente, molto raramente, come se volesse essere lei a concedermi il privilegio del suo corpo, e ciò solo quando lo desiderava lei e non quando le proponevo io di fare l’amore o di rimanere ad accarezzarci i nostri corpi nudi.Dopo neanche dieci minuti da quando mi ero accorto della sua presenza, bevuto un rapido caffè, provai ad uscire dal portone posteriore del palazzo con il deliberato scopo di non incontrarla, ma lei – purtroppo – mi vide. Di sfuggita, ma mi vide. Non potevo evitare di incrociarla, a quel punto. Dovevo trovare un accordo con lei: per levarmela di torno una volta per tutte oppure costringerla ad accettare le mie condizioni.”Pensavo di averti detto che tra di noi ormai era tutto finito, Lisa”, la rimproverai con tono molto distaccato non appena lei mi si avvicinò, con un sorriso a trentadue denti per attirare e conquistare la mia attenzione.E che volesse tentare di riconquistarmi lo si capiva da come si era abbigliata per l’occasione: il tailleur in gessato grigio chiaro, che le avevo regalato per Natale, con la gonna corta tenuta appena al di sopra di un paio di calze bianche velate (verosimilmente autoreggenti, visto che si intravedeva la balza di pizzo lavorato), una camicetta ugualmente bianca con collo a volant lasciata generosamente aperta sul seno a far intravedere le sue magnifiche tette rese ancora più evidenti ed esuberanti da un reggiseno sapientemente portato più stretto del solito, un rossetto rosso fuoco ad incorniciare la sua bocca tanto desiderata a lungo.Quasi un volermi dichiarare guerra con quella provocazione dei sensi: e guerra avrebbe avuto, senza pietà. Aveva passato il limite, con quella messinscena.”Voglio capire se puoi, e vuoi, riconsiderare tutta la questione, Alessandro”, mi rispose.”Penso di averti già spiegato tutto ieri sera, Lisa, e non c’è null’altro di cui parlare: come te lo devo far capire?”, le dissi freddo, quasi glaciale, a voler rimarcare un distacco diventato ancora più incolmabile.”Sono stata tutta la notte a pensare a quello che mi hai detto, e sono sicura che, se mi concedi ancora dell’altro tempo, potrò sicuramente cambiare il mio modo di comportarmi nei tuoi confronti”, mi replicò con voce contrita ma anche convinta.”Ti ho già dato tempo a sufficienza, Lisa, e forse anche troppo. Sono settimane che non posso neanche più sfiorare il tuo corpo”, le risposi ancora più duro, mentre riprendevo a camminare per andare via. “Chiuso, ok? Fattene una ragione e, se proprio vuoi, impara dai tuoi sbagli, così chi verrà dopo di me sarà più fortunato, con te, se riuscirà a sopportarti.”Lei non si arrese facilmente, perché continuò a parlarmi usando altri argomenti che riteneva potessero favorevolmente colpirmi, inducendomi a cambiare idea: “Penso sul serio che noi siamo fatti l’uno per l’altra, Alessandro. Ci sarà qualcosa che posso fare o dire per convincerti a darmi questa seconda opportunità? Mettimi alla prova, allora!”Touchè.“L’hai voluta? Ebbene l’avrai! E voglio proprio vedere se accetterai!”, pensai tra di me, rendendomi conto che – forse – la mia manovra aveva qualche possibilità di riuscita. Era arrivato il momento più propizio per impormi. Il momento della sua scelta, definitiva. “Va bene, Lisa. Se dunque vuoi fare veramente qualcosa per convincermi che hai ragione, che siamo veramente fatti l’uno per l’altra, che davvero tu cambierai, che non mi tratterai più come hai fatto finora, allora, una volta per tutte, dimostramelo con i fatti, e non con le parole! Non rifiutare più ciò che ti chiedo! Per cui, mettiti in ginocchio, adesso, proprio qui, in mezzo alla strada, e fammi il miglior pompino che tu abbia mai fatto in vita tua e che finora non mi hai mai voluto donare!”Convinto che ancora una volta la sua ritrosia verso tutto ciò che riguardava la sfera sessuale avrebbe vinto sul suo sbandierato sentimento d’amore, a maggior ragione visto che quanto le avevo appena chiesto di fare era oggettivamente troppo e che stavamo ancora per strada, quasi mi fermai ad aspettare il ceffone che sicuramente avrebbe stampato sulla mia faccia: ma, tant’è, non avevo più nulla da perdere, ormai. La volevo finire con lei. A meno che… Ma no, non poteva essere: non ne sarebbe mai stata capace.”Qualcuno potrebbe vederci”, mi disse, senza pensare a quanto fosse ovvia la frase che aveva appena pronunciata. Ma anche del tutto inaspettata.”Queste sono le condizioni, Lisa. Prendere o lasciare. E’ il nostro patto, se vuoi continuare questa storia. Ma alle mie condizioni, adesso. E non è solo questo pompino, l’unica cosa che dovrai dimostrarmi di accettare di fare senza tante storie: è solo il primo passo verso la tua totale dedizione ai miei desideri.”Con mio sommo stupore, lei si guardò ansiosamente intorno e cominciò lentamente ad inginocchiarsi, con molta titubanza ed insicurezza, quasi fosse sul punto di lasciare tutto ed abbandonarmi lì sul marciapiede, per sempre. Il ghiaietto che stazionava sulle mattonelle della pavimentazione doveva risultarle alquanto scomodo, se non addirittura doloroso, ma lei cercò di sistemarsi meglio che poteva ed avvicinò le sue mani alla cerniera dei miei pantaloni.”Per favore, sii paziente con me, non l’ho mai fatto così; in queste condizioni, poi, è la prima volta”, mi supplicò con occhi che sembrava dovessero scoppiare in un pianto da un momento all’altro.Mi stavo scocciando di rimanere così in disparte, al freddo, fermo come un salame sul marciapiede e con la patta dei pantaloni comicamente semi aperta; lei, rendendosi conto della mia impazienza montante, fece un tentativo – alquanto goffo, in verità – di estrarmi il cazzo dai pantaloni.”Mi è rimasta poca pazienza con te, Lisa; visto che mi hai detto che per te così è la prima volta, allora cerca di imparare subito a farlo meglio che puoi. E sbrigati! Non mi far perdere altro tempo, dopo tutto quello che mi hai fatto perdere sino ad adesso!”Lei osservò stranita il mio cazzo, come se non lo avesse mai visto prima, sicuramente ancora del tutto incerta se continuare oppure abbandonare tutto lì e scappare via di corsa, sconfitta.”E guardami in faccia, quando mi lecchi il cazzo!”, le dissi con tono volutamente autoritario ed umiliante mentre lei spostava in maniera goffa le sue labbra in avanti verso il mio cazzo.Non appena le sue labbra avvolsero il mio cazzo, un brivido fulminante percorse la mia schiena, ma cercai di fare tutto ciò che potevo per mantenere la calma e la freddezza: volevo che il suo pompino durasse il più a lungo possibile, per umiliarla davanti a tutti, per strada, in quell’atto. I suoi occhi marroni mi guardavano quasi imploranti mentre cominciavo a darle istruzioni su come muovere la sua testa, la sua bocca, la sua lingua.Le imposi di prenderlo in bocca quanto più a fondo potesse, di farlo scendere ogni volta molto lentamente nella sua gola, di non sfregare i suoi denti sulla cappella e sulla pelle sensibile dell’asta, di far girare la sua lingua tutto intorno al glande mentre lo teneva in fondo alla bocca. Lei si diede da fare con sollecitudine nel seguire tutte quelle istruzioni che le avevo dato affinché la sua lingua aumentasse il mio piacere.Mentre mi succhiava il cazzo, qualche persona ci aveva visto mentre passava di lì, nonostante fosse ancora prima mattina: alcuni si erano affrettati ad andare via subito, quasi non volessero partecipare – neanche visivamente – a quello spettacolo per loro osceno o quanto meno equivoco; altri, invece, di tanto in tanto, si fermavano ad osservare divertiti, incuriositi, sicuramente eccitati da quella scena gridando: “Vai, amico, dacci dentro!!”, oppure “E’ arrivato per caso il mio turno?!”. Proprio quello che cercavo, in fondo: la sua umiliazione in pubblico, per farle pagare tutti i suoi rifiuti precedenti!Lisa continuava i suoi sforzi di imboccare quanto più potesse il mio cazzo mentre io, invece, continuavo volta per volta ad indicarle cosa fare, soprattutto per prolungare artatamente il più a lungo possibile quel pompino.Ma, per quanti sforzi facessi, sotto la spinta di quella lingua calda ed avvolgente, sentivo che stavo per arrivare all’orgasmo, un orgasmo ineluttabile, che non potevo più fermare o rimandare oltre, ormai. “Ci sono solo due posti dove, ora, il mio sperma può finire, Lisa. Tu sai quali siano”, le dissi con misteriosa aria di sfida.Lei interruppe momentaneamente di succhiarmi il cazzo per il tempo sufficiente ad arrischiare una supposizione: “Conoscendoti, la mia bocca sarà sicuramente uno di quei due posti. Ma non so quale possa essere l’altro posto che tu dici.”Poteva mai essere così ingenua? “La tua faccia, naturalmente!” Lei corrucciò un po’ il viso quando ebbi finito di dirglielo, forse perchè non se lo aspettava.”E poichè questa è la tua prima volta che lo fai, ti lascerò pure scegliere dove farmi venire.””Penso che ti farò sborrare nella mia bocca, visto che me lo hai chiesto tante di quelle volte. Ma, poi, devo proprio ingoiare tutto?”Risi forte nel sentire questa stupida domanda: “Certamente! Tutto! Che ti credevi, di poter risolvere questa storia con poco sforzo da parte tua?”, dissi scandendo bene le mie parole per enfatizzare la sua posizione di inferiorità. “Solo facendo così ti concederò, dopo, di venire da me, nel mio appartamento, domani sera alle 8 precise, quando ti sottoporrò le altre condizioni del nostro patto, se avrai ancora intenzione di continuare questa nostra relazione.”E proprio mentre lei stava lì lì per rispondermi, cominciai a sborrarle in gola: una lunga, lunga sborrata per il tanto tempo che – volontariamente – avevo lasciato che trascorresse prima di quel momento finale, un lungo e denso fiotto di sperma, a ripetizione, senza pause, quasi non volesse mai terminare. Forse era anche perchè non aveva mai voluto fare tanto sesso prima, per quella sua stronza ritrosia, che le mie palle erano letteralmente piene di sperma.La sua bocca ormai non riusciva a trattenere dentro tutto quello sperma così che, proprio sul finire della sborrata, alcune gocce iniziarono a fuoriuscire dai due angoli della sua bocca. Immediatamente le ordinai – ancora una volta freddamente – di ingoiarle senza indugio.Per completare quella mia opera di umiliazione, le sibilai: “Ora apri bene la tua bocca, voglio vedere se hai ingoiato veramente tutto. Perchè, altrimenti, non avrai ottenuto niente!”Le presi, quindi, la bocca tra le dita della mia mano destra e la forzai ad aprire completamente le labbra per farmi controllare l’interno della sua gola. C’era riuscita, aveva mandato giù tutto lo sperma che le avevo schizzato in gola in tutti quegli interminabili istanti; non appena, però, mi accorsi che cominciava ad avvertire dei conati di vomito (vuoi per lo sforzo appena fatto nel prenderlo tutto in bocca vuoi perchè il sapore del mio sperma le doveva risultare forse indigesto), le dissi: “Non provarci, Lisa, a rimettere tutto adesso: rischi di mandare all’aria tutto il tuo sforzo! E non ci sarà più un domani sera!”A quelle parole, nonostante la lunga sborrata, quasi pregustando le future sensazioni di piacere che si stavano avvicinando all’orizzonte, il mio cazzo cominciò a dare immediati segni di risveglio, mentre iniziavo a fantasticare sul nostro prossimo incontro e sulle ulteriori condizioni del patto che volevo imporle.Rimisi il cazzo nelle mutande, tirai su la patta dei pantaloni che cercai di sistemare alla meglio e me ne andai, lasciandola sola sul marciapiede, con le ginocchia dolenti per il ghiaietto, la bocca ancora piena del sapore del mio sperma, a meditare se fosse veramente convinta di accettare quel patto.La sera successiva avrei avuto la risposta. Ero sicuro che lei avrebbe…..
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