Era un pomeriggio caldo, l’eccitazione lo costringeva a pensare a qualcosa di esotico e bizzarro, non il solito giochetto sadomaso con l’amica del piano di sotto, ne i dolorosi massaggi dell’indiana a due isolati da casa sua. La sua perversione prese forma nella mente e dopo un paio di telefonate Chiara e Laura erano là nel suo appartamento stupite da quell’incontro a tre; le fece spogliare e indossare due stretti costumi da bagno prese l’olio e lentamente le unse completamente l’una dopo l’altra: dalle piante dei piedi alle spalle esili ma muscolose. Le aveva scelte per i loro muscoli che, sotto la patina di olio risaltavano ancora di più. La sua richiesta fu imperiosa quanto chiara; avrebbero dovuto combattersi, lì nel suo salotto fino alla totale resa della più debole, la vittoria non avrebbe portato nulla, la sconfitta una terribile punizione. Erano lì, davanti ai suoi occhi di padrone di un gioco crudele, schiave in lotta per la salvezza. I capezzoli dell’una puntavano contro quelli dell’altra inturgiditi dall’eccitazione dello scontro, i sottili perizomi lasciavano nude le natiche unte e toniche, le loro lunghe unghie colorate pronte a conficcarsi nelle carni dell’avversaria.Chiara prende l’iniziativa e si avvinghia al corpo di Laura, in una morsa terribile le mani cercano i punti molli e sensibili dei due corpi, Laura riesce a infilare la mano nel taglio tra le natiche dell’avversaria, passa sotto al perizoma e preme con le unghie contro allo sfintere, Chiara geme dal dolore. Pronta è la sua risposta : ne afferra la caviglia e conficca i denti sulla bianca e luccicante carne della pianta del piede mentre con il suo alluce martella la vagina di una Laura ormai in lacrime. Scioltasi dalla presa Laura, zoppicante per il dolore, assesta un pugno nel costato da far crollare la nemica. Approfittando del vantaggio le siede in ginocchio sull’addome e le strappa il reggiseno; i capezzoli rosso scuro di Chiara erano la sua meta, li stringe entrambi tra l’unghia del pollice e quella dell’indice fino a che l’avversaria ridotta all’impotenza implora pietà.Delirante per l’eccitazione lui, seduto sulla poltrona applaude la vincitrice; le parla un attimo all’orecchio e insieme afferrano la dolorante perdente. La posano sul lettino di pelle nella stanza adiacente e le assicurano caviglie, polsi, addome e fronte con spesse cinghie di cuoio. Decidono di lasciarla li per un paio di ore nella penosa attesa della punizione. Ormai sul fare della sera rientrano nell’oscurità della camera. Laura alla quale la ferita del piede pulsa ancora è assetata di vendetta, con una pinzetta di acciaio pizzica la pianta dei piedi di Chiara che, terrorizzata chiede aiuto, ma ciò non soddisfa l’aguzzina che le lega saldamente ogni dita dei piedi con filo sottile. Dopo poco le dita si gonfiano e diventano di colore livido. Nel frattempo lui le applica elettrodi sui capezzoli sanguinanti e sulle tempie. Dopo poco il ronzio della batteria riempie il silenzio turbato solo dalle grida di dolore di Chiara .La tortura fu lenta e continua; nessuna pietà per le perdenti!!!!!
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