Vacanza dai nonni, a Limerick (da loro chiamato Luimneach), circa sessantamila abitanti, sulle rive dello Shannon, a poca distanza dall’immenso aeroporto continentale. Due settimane di riposo totale, dopo l’intensa applicazione per conseguire buoni risultati nella sessione estiva. Ore ed ore trascorse sulla boat-house di nonno Glenn, a tentare di pescare qualcosa. Intanto pensavo. Mi capitava di rimuginare sempre più spesso sulla non facilità di comunicazione tra me e la bella Maureen, mia madre, una Irlandese splendida ma dura come una roccia e fredda come un ghiacciaio. A me così appariva. Ma anche ai suoi allievi di Cambridge, dove insegnava termodinamica al Materials Science Dpt. , doveva mostrarsi sotto rigido aspetto, se la chiamavano (io lo sapevo perché frequentavo un’altra facoltà, sempre a Cambridge) Tiger-eye, occhi di tigre, per quel suo sguardo corrusco che ti ipnotizzava. Troppo razionale, ragionatrice analitica, scientifica, green-ice, ghiaccio verde, per il colore dei suoi magnifici occhi. Certo, le avranno appioppato anche altri nicknames, soprannomi, soprattutto per la sua avvenenza, per i capelli nerissimi, per le forme perfette, ma a me, suo figlio, cercavano di farlo sapere. In effetti, mom aveva un carattere non facile. Se era premurosa lo era a modo suo; ben sapeva non far trasparire il suo eventuale interessamento. Strano, per una Irlandese che, si diceva, erano tutto fuoco. Mia madre sembrava scolpita nella roccia. Ma molto ben scolpita. Spesso mi domandavo come fosse nell’intimità, e mentre non mi curavo affatto se il pesce abboccasse o meno, con sommo disappunto del nonno, era quello il pensiero che più mi assillava in queste ore che avrebbero dovuto essere di totale relax. Come si comportava con Willie, suo marito? Willie Moss, Colonel og Royal Engineers, il Genio Militare Britannico, era spesso lontano da casa, e al momento era O. C. , Commanding Officer, cioè il Comandante, CRE per il mine-sweeping nel Middle East. Insomma, era responsabile per la rimozione degli ordigni esplosivi nel Medio Oriente! Per contrappasso, Willie era estroverso, cordiale e, pur senza perdere l’aplomb perfetto HMO, Ufficiale di Sua Maestà, era di buona compagnia e non sempre dissimulava i suoi sentimenti. Nel suo studio campeggiava la caricatura che gli avevano fatto alcuni suoi ufficiali, quando era maggiore. Mi arrovellavo il cervello per cercare di capire cos’è che manteneva, in un certo senso, abbastanza tesi i nostri rapporti. Mi chiedevo se mom mi volesse veramente bene, e se io gliene volessi. Non riuscivo a darmi una risposta, o forse non volevo ammettere che anche io ero troppo spesso distaccato, formalista. Questo mio modo di fare, o più esattamente comportamento era la causa o l’effetto di quanto lamentavo? In effetti non avevo mai avuto uno slancio caloroso verso mom Maureen, né ricordavo che mi avesse teneramente coccolato, da bambino. Che fosse carenza d’affetto quella che soffrivo? A mano a mano che cercavo di analizzare le cause, mi accorgevo che c’era qualcosa che, in un certo senso, mi turbava. Mi tornava spesso alla mente la visione di mom che, in ginocchio sul letto, nella sua camera, cercava la luce favorevole per guardarsi allo specchio, cercando qualcosa che forse le era nell’occhio. S ognavo quella apparizione, intravista attraverso lo spiraglio della porta, e mi svegliavo affannoso ed eccitato. Maureen era completamente nuda, e stranamente calzava le sole scarpe. Forse stava vestendosi quando qualcosa le era entrata nell’occhio, e lei s’affannava per individuarla. Insomma, da quel giorno, ed ero appena adolescente, la mia vita era cambiata, e in qualsiasi modo mi trattasse la mamma a me non piaceva. Era il sabato fissato per il ritorno a casa, appena fuori Londra, nel tranquillo ‘village’ dove abitano molti ufficiali superiori. Nonno Glenn mi accompagnò all’aeroporto. Mom Maureen aveva detto, per telefono, quando le avevo confermato il rientro, che era lieta di riavermi a casa, ma non sapevo di trovarla o meno a Heathrow. C’era. Sportivamente elegante, e un aspetto che non mostrava affatto i suoi quarantadue anni. Si era sposata giovanissima, e alla vigilia dei ventidue nacqui io. Volle mettermi al mondo a Limerick, mi battezzò nella Parrocchia di quando era bambina, dove aveva fatto la prima comunione, aveva ricevuto la cresima, e si era sposata, con strettissimo rito cattolico, malgrado il marito fosse un tepido seguace della Church of England. Una volta mi spiegò pure che la cosa era stata fattibile perché il buon Willie aveva accettato le condizioni previste dal codice di diritto canonico. L’affascinante Maureen era venuta a prendermi all’aeroporto. Nel mentre le andavo incontro, dinanzi agli occhi mi tornò la vista della sua conturbante nudità. Non mi accorsi nemmeno che, forse per la prima volta nella mia vita, a vent’anni, avevo abbracciata stretta mia madre, e baciata con infinito trasporto, tanto che, prima di contraccambiare affettuosamente, mom mi guardò sorpresa, lievemente aggrottando la fronte, ma poi si rilassò, e mi sembrò contenta. Belle tette, quelle di mom, piacevolissime a sentirle sul mio petto. Ma un certo ribaltamento della nostra way of life, del nostro modo di vivere, non era terminato. Mentre, presa la sacca da viaggio, ci stavamo avviando verso il posteggio dove lei aveva lasciato l’auto, si mise sottobraccio a me. Alta quasi quanto me, pur calzando scarpe sportive (flash back: le scarpe le calzava, nuda, anche inginocchiata sul letto, ma quelle avevano tacchi a spillo). Una differenza di pochi centimetri, ed io sono 6,1, in misura inglese, ovviamente, cioè poco più di un metro e ottantacinque. A guardarla bene, e ne vale la pena, mom é circa uno e settanta, ci manca poco. Le portai i saluti dei genitori e le dissi che avevo un modestissimo pensierino per lei. Avrebbe voluto vederlo subito, ma era nella sacca. Ritirò l’auto, salimmo, iniziò a guidare con la sua solita calma sicurezza. Mi chiese se mi fossi riposato, rilassato. Le risposi che la pesca m’aveva fatto riposare, ma la mente non aveva tanto collaborato al relax. Mi guardò interessata. L’osservavo mentre guidava, ammiravo la linea del petto, le gambe nascoste dalla gonna (ancora un flashback), il volto, le belle labbra rosse, i capelli corvini e, quando si voltava verso me, il verde dei suoi occhi profondi. Bellissima, Maureen. Comandò il cancello radiocomandato, entrò nel box, scendemmo, andammo a casa. Nella living room, proprio di fronte alla porta, un lungo striscione ‘wellcome home, boy!’, bentornato ragazzo! Mom mi guardava. L’abbracciai di nuovo, ancora più stretta e, con le mani aperte sulle sue notevoli natiche l’attirai a me. Mi guardò e di nuovo una piccola increspatura le attraversò la fronte, ma solo per un attimo. Sentivo il calore del suo grembo, e m’andavo eccitando sensibilmente. Era decisamente accaduto qualcosa. La lasciai per prendere il regalino. Un trifoglio di smalto verde su oro giallo. Il trifoglio dell’Irlanda, con al centro, stilizzata, la croce celtica. Passai alle sue spalle, abbassò la testa e con le mani scostò i capelli. Un collo candido, liscio, vellutato. Vi posai un bacio. Poi, lentamente, le misi la catenina col ciondolo, baciai nuovamente il collo, più a lungo, lasciai ricadere i capelli. Era di fronte allo specchio tondo che poggiava sulla consolle, io dietro lei. Si guardò, alzo gli occhi per incontrare i miei che si riflettevano nello specchio, sorrise. “E’ bellissimo, Pat, grazie.” Mi venne spontaneo di stringere le mani sulle sue belle e sode tette e di attirarla a me, per assaporare l’incanto del suo culetto tondo e stuzzicante. Non disse nulla, ma ancora quella ruga, per un istante, le attraversò la fronte. Non si mosse, ed io sentivo che la mia erezione stava cercando quasi di intrufolarsi tra quelle squisite chiappette prensili. Respirò profondamente. “Credo che ci voglia una tazza di tè e uno dei miei biscotti per ringraziarti del bellissimo dono. Grazie.” Si voltò e, non ricordo alcun precedente in merito, prese il mio volto tra le mani, e mi baciò sulla bocca, lievemente, ma deliziosamente. Poi, molto lentamente, s’avviò in cucina e dopo poco tornò col tè e i biscotti. Avevo una strana sensazione, come se, improvvisamente, si fosse alzato un velo che fino adesso aveva nascosto una luminoso e affascinante panorama. Maureen, la roccia. Ecco balzarmi alla mente un detto volgare, in uso tra noi studenti ‘to get one’s rocks off’, fare sesso, scopare. Strana correlazione, roccia e sesso. Sabato, quasi lunch time, ora di pranzo. Mom stava per portare a tavola quanto aveva preparato. Tutto squisito, gradevole, e il dolce che piaceva a me. Rassettò e disse che avrebbe fatto volentieri un pisolino, ‘I’ll have a nap, Pat’. E, sfioratami la guancia (mai fatto prima d’ora), s’avviò verso la sua camera. Io andai nella mia, intenzionato ad imitarla. Mi misi in vestaglia, solo quella, e m’avviai al bagno per sciacquarmi la bocca. La porta di Maureen era aperta. Mi soffermai sull’uscio. Era sul letto, supina, il capo voltato dalla mia parte, le braccia lungo il corpo, le gambe lievemente dischiuse, la velata camicia da notte molto sopra il ginocchio. Mi avvicinai, silenziosamente. Dormiva. La camicia non celava nulla. Lo shamrock, il trifoglio d’oro, era nel canale tra le sue belle e salde tette. Quello che si scatenò in me, improvvisamente, non so dirlo bene. Raptus? Non lo so. E’ così che si chiama un impulso improvviso, incontrollabile, violento? Non lo so. Sono andato a consultare un testo di neuropsichiatria, ma non ho capito nulla lo stesso. Ero eccitatissimo. Mi chinai sul letto, presi la velata camicia da notte e la lacerai con un sol colpo. Ancora non era sveglia del tutto, e già la stavo tirando sulla sponda, la vestaglia era caduta. Le allargai le gambe, mi introdussi tra esse. Come in trance, avvicinai il glande all’orificio della sua vagina e la penetrai con risolutezza ma senza violenza. Maureen aprì gli occhi, sbarrati, alzò le braccia dietro il suo capo. Era ferma, passiva. Cominciai a stantuffare con movimenti lenti e lunghi, poi accelerando. Credevo di immergermi nella bocca di un ghiacciaio, ma avevo incontrato l’ardore di un vulcano. Ecco, il suo grembo cominciava a sussultare, la vagina a contrarsi, il bacino a venirmi incontro, e poi le mani si poggiarono sulla mia schiena, le gambe s’intrecciarono sul mio dorso. E quello sguardo spaurito si trasformò in espressione incantata, inebriata, dalle sue labbra sfuggivano gemiti crescenti, fin quando un orgasmo travolgente non distrusse ogni inibizione. Mi baciò con passione, cercando la mia lingua, stringendo il mio sesso, spremendo fino all’ultima goccia la pur rigogliosa invasione del mio seme. Giacqui su lei. Il suo volto era estatico, incantevole, esprimeva languidamente il piacere che, alla fine, non aveva potuto nascondere. E perché, del resto, avrebbe dovuto farlo? Sentivo che m’appesantivo, scivolai lentamente da una parte, rifugiando la mia testa sulla sua spalla, con le labbra vicine al suo capezzolo, il ginocchio tra le sue gambe, il mio sesso ancora eccitato sulla sua coscia. Mi carezzava la testa, con estrema dolcezza, teneramente. “Il mio meraviglioso bambino, il mio Pat… ha voluto fare l’amore con la sua mamma… tesoro… Vuoi bene alla tua mamma?” Una voce che non avevo intesa mai, carezzevole, lusinghiera. “Ti voglio bene, mom!” “Il mio bell’omone, esuberante, affascinante. Non l’avevo capito, sai, prima d’oggi, che mi volevi in questo modo. Ti senti meglio, adesso?” “Si, mom, benissimo. Ti amo, mom!” “Anche io sto benissimo. Sorpresa, ero impaurita, temevo di essere solo l’oggetto della tua violenza, stavo per sentirmi stuprata… poi ho cominciato a percepire la tua tenera passione, il tuo desiderio… pian piano lo hai trasmesso anche a me, ne sono stata presa, travolta… e tu mi hai fatto conoscere altezze sconosciute del piacere… un piacere unico… assoluto… Con mio figlio!” Le ciucciavo piano il capezzolo. Sentii che si stringeva a me, il mio ginocchio la carezzava, lentamente. “Sei bellissima, Maureen, incantevole…” “Ti rendi conto, tesoro, di cosa abbiamo fatto?” Alzai un po’ la testa per guardarla. Era incantevole. “Ti senti offesa, mom?” “Mi sento in paradiso.” “Non sei quella roccia che credevo. ” “Anche la roccia si sgretola, cede al torrente che l’attraversa, al vento che la carezza. . . Un nostro proverbio dice che the right drill gets into the hard rock! Il trapano giusto penentra la roccia dura! You’ve it, darling! Tu lo ho hai, tesoro!” La sentii fremere. “Lo sai che all’università ti chiamano anche Maureen the glacier? Maureen il ghiacciaio?” “Tu che ne dici, piccolo?” “Che sei Maureen il vulcano.” “E tu, bambino mio, sei il giusto diavoletto per questo inferno.” Mi spinse dolcemente, finche non fui supino, si mise a cavallo, poggiandosi sulle ginocchia, si mantenne un po’ sospesa, prese il mio fallo che era divenuto duro come la pietra, e lo portò tra le sue piccole frementi labbra, impalandosi con sapiente lentezza, con lascivia, mentre gli occhi sfavillavano e le nari si dilatavano. “Darling, è questo di roccia, ma vedrai che il mio vulcano riuscirà a fonderlo…” E con esperta abilità, con voluttuosa destrezza, si mise all’opera. A mano a mano che la cavalcata conquistava terreno, il suo volto trasfigurava, ora impallidiva, ora avvampava, i suoi occhi erano estatici. Le mie mani brancicavano le natiche, le tette. Mi alzai per succhiarle i capezzoli, e sentii contrarsi la vagina. Andai con le dita nel solco del suo seducente culetto, sentii il piccolo forellino che palpitava, lo penetrai appena. Doveva piacerle perché la cavalcata divenne più frenetica e rallentò solo quando fu dominata dall’orgasmo che la squassò. Si gettò su me. Ansante. “Bimbo mio, se devo andare all’inferno per questo, tanto vale che me lo meriti.” Mi baciò sulla bocca. Perdutamente, stringendomi in lei.
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