Basta così! Ferma, immobile. Tieni addosso le calze e la biancheria. – la mia voce autoritaria bloccò Anna nel preciso istante in cui stava iniziando a sfilare, con malizia, le autoreggenti. Lei mi guardò interrogativa nel tentativo di anticipare cosa volessi. – Siediti su quella seggiola. Quella vicina al camino. – le ordinai mentre si alzava dal divano da cui aveva assistito, impassibile, allo al film in cassetta che le avevo preso per chiarirle quello che volevo. – Metti le mani dietro lo schienale … così! – aggiunsi. Anna sentì una forte presa sui polsi, quasi dolorosa nella sua intensità. Dilatò le pupille mentre le braccia erano costrette con forza ad incrociarsi dietro lo schienale della sedia. Non protestò quando percepì chiaramente una corda correre sui suoi polsi e girare intorno ad essi per avvinghiarsi a loro in modo inestricabile. Provò a muovere le mani, sfilare i polsi da sotto le spire della corda, tutto inutile, l’avevo legata per bene! Sentiva d’essere completamente in balia della mia volontà, bloccata in quel modo. Le piaceva ed era venuta a cercare proprio quello! Le afferrai la mascella in modo da costringerla ad alzare lo sguardo verso di me e le disse: – Sei la prima e l’ultima, sei la puttana e la santa, la mia donna e la donna di tutti, la mia schiava e anche la mia vittima; sarai tutto quello che vorrò che tu sia. – – Come vuoi, come mi vuoi … io sarò! – ammise lei abbassando lo sguardo. – Vedo che capisci, bene! Cosa ti aspetti ora? – Non mi aspetto niente, non posso aspettarmi niente! Sono tua, a tua disposizione. Disponi di me e del mio corpo come meglio credi. – Non basta! – Dissi. – Cos’altro vuoi da me? – La tua mente! – Quella è già tua! – Puttana! Non è vero e lo sai! – E’ così e lo sai! – Vuoi godere? – Solo se vorrai vedermi godere. Godrò! – Ti stai vendendo, stai cercando d’illudermi … Puttana! – Urlò mentre lasciai partire un ceffone all’indirizzo della sua guancia. Un colpo tanto delicato da sembrare un tenero buffetto, infatti, dopo una violenta rincorsa del braccio all’indietro, rallentai improvvisamente a pochi centimetri dal suo volto, appoggiando la mano delicatamente sulla guancia per poi spingerla di lato con finta violenza. Indietreggiai guardandola con disprezzo. Con studiata calma iniziai a slacciare la patta dei pantaloni. Tolsi la cintura, arrotolandola sulla mano destra, lasciandole intendere di volerla colpire in quel modo. Mi avvicinai a lei minaccioso, sprizzando odio dagli occhi. – Succhia! – dissi nell’attimo che estratto il pene gonfio lo puntava verso la sua bocca. – Succhia e ingoia, da troia quale sei. – Anna aprì la bocca, pronta a prendere quel membro enfiato delle stessa prepotenza del suo proprietario. Un pene che già grondava umori, con la cappella tanto gonfia e calda da annunciare l’orgasmo. Sentii il mio cazzo appoggiarsi alle labbra, ne percepì il sapore ed il calore. Lentamente lo ingoiò, seguendone il contorno con le labbra. Una volta accolto sino in gola aspirò forte e ritrasse la faccia, lasciandolo uscire un poco, quel tanto che bastava per consentire alla sua lingua di spazzare all’impazzata sulla dura e infuocata sommità. Tanta violenza, tanta tracotanza, tanta superbia però non corrispondevano a tanta durata. Bastarono poche mosse della sua abile bocca per farle sentire un forte getto, nemmeno troppo denso e abbondante, dentro la sua bocca. Percepì quel liquido colare giù dalla gola mentre il silenzio era rotto dai rochi ansimi che emettevo. Ingoiò tutto come le era stato richiesto, sino all’ultima goccia e aspirando quello che ancora rimaneva dentro quel membro che già iniziava ad afflosciarsi. Mi allontanai in fretta da lei, barcollando leggermente mentre mi sistemavo le intimità nei pantaloni. – Bene, vedo che ci sai fare. Sei proprio la puttana che sembri. Adesso, vediamo quanto sai esserlo veramente! – Aggirò la sua sedia e si portò dietro di lei. La prese per le spalle salendo poi ad accarezzarle il collo e le guance. Lei si stava chiedendo come poteva dimostrare tanta sicurezza di sé quando non ero riuscito a reggere più di qualche minuto alle sue labbra. Forse aveva commesso un errore a credere a tutte quelle promesse che le aveva fatto. Sino ad ora la mia millantata superiorità, la mia ipotetica capacità di dominatore si era manifestata solo a livello verbale: con due insulti, nemmeno troppo originali e qualche metro di corda. Comunque non doveva permettere all’incipiente delusione di rovinare l’eccitazione che si era già impadronita di lei. All’improvviso vide una sciarpa nera presentarsi davanti ai suoi occhi, la sentì appoggiarsi sul suo viso e stringersi dietro la nuca. Privandola in questo modo della vista. Forse era in arrivo qualche altra sorpresa, forse Anna iniziò a pensare che si era sbagliata su di me. Molto probabilmente dovette pensare che avevo solo voluto sfogare una voglia improvvisa con quella richiesta di una prestazione orale e il conseguente immediato orgasmo. I suoi pensieri furono interrotti da un nuovo stimolo. L’udito reso più sensibile dalla mancanza della vista riconobbe altri passi nella stanza, il suono prodotto da più piedi. Forse quattro, sei. Non riusciva a contarli. C’erano, evidentemente almeno altri due uomini vicino a lei. Ne ebbe conferma nell’istante in cui avvertì il tocco delicato di quattro mani. Le sentì scorrere sulla pelle, esplorare ogni centimetro del suo corpo, indugiare sui bordi della biancheria, intrufolarsi al di sotto di essa e cercare prima i capezzoli e poi le labbra della sua vagina. Stava iniziando ad eccitarsi sul serio, ma non voleva darlo a vedere. Il suo ruolo quella sera non prevedeva che lei si eccitasse o provasse piacere, se non espressamente richiesto. Tentava in tutti i modi di stare al gioco ma il calore che sentiva salire da suo pube era stato certamente notato dall’uomo che le aveva infilato la mano sotto gli slip. Senti appoggiarsi sul ventre un oggetto gelido. Percepì una piccola puntura sulla pelle e qualcosa che la graffiava salendo lentamente verso il seno. Il reggiseno premeva sui bordi delle mammelle, tirato in avanti con forza. Poi esplose, rimbalzando all’indietro contro lo schienale della sedia. Allora capì cos’era quell’oggetto freddo e appuntito, era un coltello, una lama che scorrendo lentamente il suo corpo ne portava a nudo tutte le sue zone più intime. Violando con la sua metallica valenza fallica le ultime difese poste a baluardo della sua femminilità. Volarono via anche gli slip, tagliati sui brodi gli furono sfilati con malvagità: tirati verso l’altro s’infilarono tre le sue labbra, seviziandole mentre gli scorrevano contro. Questo le provocò un fortissimo impulso di piacere che la fece gemere, un suono rauco dettato anche dalla sorpresa. Un ansimo che fu inteso dagli astanti come dettato dal dolore, illudendoli della loro forza. Anna respirava piano, gonfiando ritmicamente il seno. Con le labbra leggermente dischiuse stava in attesa degli eventi. Non sentiva più alcun suono intorno a lei e cercava d’immaginare cosa stessero macchinando gli uomini, se erano tutti uomini! Un rumore, due passi, qualcosa che s’appoggiava a terra, poi nuovamente due passi. Lei tentava di localizzare nello spazio la posizione dei suoi aguzzini. All’improvviso sentì sussurrare un “O.K., va bene!”; quindi qualcosa di caldo le fu appoggiato sulle spalle. Stava ancora tentando di capire cosa fosse quando sentì un liquido tiepido e denso iniziare a colarle giù da quell’oggetto, attraversare il solco tra i seni ed espandersi sul bacino. Lento ed inesorabile incanalarsi nell’inguine, accarezzandola in modo estremamente voluttuoso. Le piaceva quella sensazione. Nessun odore particolare riusciva a darle qualche indizio, non riusciva ad identificare la natura di quella sostanza, ma non se ne preoccupava. Il piacere che le stava dando era sufficientemente intenso da convincerla del fatto che niente di male ne sarebbe derivato. Si stava godendo quel dolce languore, lasciandosi permeare da esso quando, all’improvviso, una cascata d’acqua gelida la investi, lavando via il denso e caldo liquido da lei; riportandola, in questo modo, alla realtà. Il contrasto tra caldo e freddo, tra il languore e la realtà, tra il piacere ed il freddo, quel senso di leggero dolore dovuto al repentino distacco da una situazione gradevole, in realtà, la faceva godere. Allo stesso modo di come la faceva godere il tocco della lama d’acciaio del coltello, delle corde strette sui polsi che iniziavano senz’altro a lasciare il segno, la biancheria strappatale di dosso e quant’altro ancora le avrebbero fatto nel tentativo di procurarle dolore, umiliazione e senso di sconfitta. Il tintinnio della fibbia di una cintura, l’inequivocabile suono di una lampo che veniva abbassata, il sospiro di un uomo molto vicino a lei le lasciarono intuire il seguito. Un tocco tiepido e umido, l’odore di maschio. Aprì la bocca ruotando il viso verso la fonte e subito fu riempita da un membro di generose dimensioni. Sapeva cosa voleva da lei ed iniziò a succhiarlo con entusiasmo, scorrendolo in tutta la sua lunghezza, seguendone la forma con le labbra chiuse forte contro di lui e lasciandosi impregnare dal suo sapore. Concentrata nel cogliere dalle brevi e leggere pulsioni di quel membro il piacere che stava donando all’uomo non ebbe sentore della presenza di un altro al suo fianco, dal lato opposto al primo, anche lui con la verga denudata e vicinissima alla sua faccia. Un tocco leggero, quasi un delicato bussare, sulla sua guancia; poi sempre più insistente sino a divenire una vera e propria percossa, ritmica e violenta al tempo stesso. Non capiva e continuava a succhiare il primo. L’altro insisteva a sbatterle il pene sulla guancia seguendo fedelmente il ritmo del suo andirivieni sul membro del primo. Nessun ordine le veniva impartito e quindi non si lasciò più distrarre da quei colpi insistenti. Conosceva il suo compito: doveva continuare a succhiare freneticamente quello che aveva in bocca, doveva farlo godere e accettare il succo del suo piacere in ogni luogo del suo corpo lui avesse voluto spargerlo. Con la lingua ne seguiva il contorno, si tratteneva sul glande, lo seguiva fedele mentre ritraeva la testa sino a trattenerlo sospeso quando era completamente fuori. In seguito lo ingoiava tutto sino a sentirlo spingere contro la gola, togliendole il respiro, sino a sentire i testicoli sulle labbra e allora aspirava succhiando forte. Percepiva sempre più abbondanti i suoi umori, le sue pulsioni divenivano più intense e ravvicinate. All’improvviso lui sottrasse il pene dalla sua bocca e immediatamente Anna ricevette il primo getto di sperma sul viso. Aprì la bocca invitante. Un secondo getto la investì sul naso per terminare sul mento. Estrasse la lingua aprendola a cucchiaio, invitante e vogliosa. Fu soddisfatta, lui appoggiò la punta sul suo improvvisato ricettacolo colmandolo del suo seme. Lei lo trangugiò, prima di dedicarsi ad un’accurata aspirazione di quello che ancora rimaneva dentro l’uomo. Ritornò ad essere colpita ritmicamente da una cosa dura e allo stesso tempo morbida e calda. Si voltò verso la fonte e un altro pene prese a colpire deciso e rimato le sue labbra. Lei aprì di più la bocca, invitandolo dentro, ma lui insisteva a colpirla. Anna calcolò bene il tempo e al momento giusto tirò fuori la lingua inseguendo il pene. Continuò in questo modo, ricevendo i colpi sulle labbra e restituendoli con la lingua. Un gemito, un rantolo di piacere e fu nuovamente investita da un getto di sperma. Come prima lo raccolse per poi ingoiarlo. Soddisfatti i due si allontanarono da lei, lasciandola con il viso ricoperto della prova del loro piacere. Anna sentiva colare quel liquido denso giù per il collo, dal mento qualche goccia filosa raggiungeva sporadicamente il seno per allargarsi sulla mammella. Le sarebbe piaciuto vedersi ad uno specchio, ammirare il suo viso pieno di lattiginoso seme, guardarlo colare lento e deliziarsi al pensiero di quanto fosse stata brava a spremere quei due; ma era bendata e legata alla sedia nel mezzo di quella sala, senza sapere quanti uomini c’erano intorno a lei e quanti ancora aspettavano di trarre il piacere che desideravano dal suo corpo. Perché lei era, in quel momento, solo un corpo e niente di più. Un oggetto fatto di carne schiavo dell’immaginazione del suo padrone. Lei aveva annullato la sua volontà, i suoi desideri, le sue voglie lasciandosi guidare dall’uomo a cui si era data senza nulla chiedere. Era sua e lui poteva disporre del suo corpo come meglio credeva. Questa consapevolezza si andava formando nella sua mente mentre era immobile in attesa degli eventi. La cosa le piaceva, l’aveva cercata da tempo. Una fantasia che era nata nella sua mente tanto tempo prima e mai soddisfatta sino ad ora. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce rotta per l’eccitazione del suo padrone, Io, il primo uomo, l’unico che sino ad ora avesse visto in faccia. – Ti è piaciuto? – dissi. – Solo se è piaciuto a te! – rispose lei interpretando bene la sua parte. – Voglio sapere se ti è piaciuto … dimmi cosa hai provato tu, mentre ti lasciavi ricoprire dalla calda sborra di sue sconosciuti. Ti è piaciuto? – Si! – Ne vuoi ancora? – Se tu vorrai, io ne riceverò ancora. – E … non vuoi niente qui? – dissi mentre spingevo violentemente il dito medio nella sua fica baganta. La posizione di Anna, seduta in quel modo, non era delle migliori per essere penetrata anche solo da un minuscolo dito. L’improvvisa ed inaspettata presenza genero in lei dapprima un vago dolore che lentamente si tramutò in sottile piacere. – Ma guarda quanto sei bagnata, sei completamente dilatata. Allora ti piace veramente quello che ti ho riservato sinora! – – Però conciata così sei uno schifo, dimostri solo quanto sei troia e niente più .. dovrò ripulirti per bene prima. – Mi avvicinai e iniziai a skizzarle in faccia la mia pioggia calda che dovette risultare abbastanza piacevole, in quanto la troia più volte allungò la sua lingua per berne qualche goccia, mentre il getto la investiva con violenza sciacquandole di dosso tutti i segni della sua splendida prestazione di poco prima. – Asciugatela per bene! – fu l’ordine che le impartii – poi vai in bagno a lavarti e ritorna da me su tacchi alti e indossa le autoreggenti e la lingerie che troverai in bagno. Grondante e bagnata sin nelle pieghe più intime del suo corpo, Anna si diresse verso il bagno e ne uscì qualche decina di minuti dopo, vestita così come le avevo ordinato. Sedette nuovamente sulla sedia posta davanti il camino e sentì i lacci nuovamente stringerle i polsi. Era nuovamente schiava in balia del suo padrone e delle sue perverse fantasie. Stiracchiò i muscoli da troppo tempo ormai vincolati nei movimenti, nel farlo assunse involontariamente delle pose molto sensuali rese ancora più efficaci dal suo corpo contratto. – Alzati, puttana. E’ inutile che ti metti in mostra, tanto so benissimo quello che sei e come sei. – Ma io … – tentò di giustificarsi lei. – Taci. Non è previsto che tu parli. Devi solo aprire le gambe … anche perché è l’unica cosa che sai fare. Non mi aspetto di più da te. Devi solo seguire la tua natura ed aprire il tuo corpo all’essere che la creazione ha posto sopra di te, come tuo dominatore e padrone. – Inveii contro di lei. Anna trattenne a stento un sorriso, meglio sarebbe dire un ghigno, si chiedeva dove le avesse trovate quelle frasi così ridicole e pompose. Se ci rimuginava sopra non riusciva a trattenere la sua ilarità, ma doveva farlo a tutti i costi pena, la rottura dell’incantesimo del gioco. Si alzò in piedi, prestando attenzione a come si muoveva, non potendo vedere lo spazio intorno a sé rischiava d’inciampare rendendosi ridicola e comica invece che erotica. Con le gambe quasi unite e le braccia raccolte dietro la schiena dallo spago che le cingeva i polsi, si mosse verso il camino per nulla imbarazzata dalla sua nudità, restò in attesa. La presi per il braccio conducendola verso quello che lei immaginava sarebbe stato il luogo ove, finalmente, si sarebbe accoppiata con il suo padrone.. Dove finalmente avrebbe potuto accogliere qualcosa di più soddisfacente di un misero dito nel suo interno, dove avrebbe infine trovato il piacere che anelava e che l’aveva sedotta ad accettare quel gioco. No! Quei pensieri non andavano bene, mentre realizzava queste cosa con la mente capiva che erano nocive e pericolose per lo stesso piacere. Doveva abbandonare il suo solito modo di pensare e agire. In quell’occasione lei era solo la schiava, colei che dava piacere senza richiederlo. Lei si donava senza nulla reclamare, desiderava rappresentare la quinta essenza della femminilità. Almeno questi erano i suoi intendimenti, quello che l’aveva guidata lì; ma non riusciva ad entrare completamente nella parte, la sua vera natura di donna emergeva sempre facendole vedere, in questo caso specifico immaginare, che io volessi solo e semplicemente fare all’amore con lei. Si sentì prendere per le spalle e ruotare nella direzione opposta al cammino di prima, spingere indietro di qualche passo e inciampò nel bordo del letto cadendoci seduta sopra. Una mano s’appoggiò sulla sua fronte e, imperativamente, la spinse costringendola a sdraiarsi. “Bene, un po’ di violenza, finalmente!” pensò Anna mentre la prendevo per i polsi costringendo le sue braccia a distendersi completamente sopra la sua testa, dove venero assicurate alla spalliera di ferro del letto. Le mie mani afferrarono le sue ginocchia, che stavano appena oltre il bordo del letto, tirandole verso l’esterno, costringendola a spalancare le gambe e ad assumere una posa estremamente lasciva. Il seno, messo in meravigliosa evidenza dalla curvatura che il suo busto era costretto ad assumere a causa della posizione delle braccia, tracciava delle immaginarie sinusoidi con i capezzoli al ritmo del suo lento respiro. Il ventre completamente incavato nello sforzo di mantenere alto il sedere che si trovava pericolosamente in bilico sul bordo del letto sembrava invitare al suo interno un qualcosa in grado di colmare il vuoto di cui soffriva. I fianchi, sottolineati dalla vita stretta. Con la loro curvatura simbolo stesso della forma femminile per eccellenza. Le cosce, toniche e stupendamente delineate dai muscoli tesi nel tentativo di opporre un minimo di resistenza alla trazione che le veniva esercitata sulle ginocchia, sembravano due guide, due sponde, su cui lasciar scivolare i fianchi mentre la mano ti guida il pene verso la vagina. Ed infine lei: la fica sublime, il caldo ricettacolo, la fossa in cui sprofonda e si perde la razionalità maschile, l’antro che prima ci ha accolti, nei primi mesi della nostra vita, e poi rifiutati e proprio per questo sempre più ambito. Le sue labbra semi aperte mettevano in oscena evidenza il piccolo ma elastico buchino, i peli ancora fradici dalla recente doccia non lasciavano intendere il suo reale stato d’eccitazione; ma le vibrazioni trasmesse dal respiro si ripercuotevano anche su di loro. Tutto questo per dire che, in quella posizione, Anna era molto invitante. E lei lo sapeva. Iniziò un pigro movimento del pube, una danza dettata dalle contrazioni dei muscoli interni. Si alzava e abbassava, tra le labbra si poteva notare il buco che si apriva e richiudeva stringendo al suo interno un immaginario pene. Stufa d’aspettare stava cercando il piacere da sola. Io non feci niente per impedirglielo, rapito, com’ero, dallo spettacolo di quel corpo, che seppur prigioniero e limitato nei movimenti, si dava il piacere che desiderava anche senza il mio aiuto. La mente vagava tra le fantasie erotiche che più la eccitavano, le piaceva sentire i miei occhi addosso, le piaceva essere al centro della mia attenzione e godeva del fatto che mi stavo eccitando. Anche la mia inattività era per lei fonte di soddisfazione, sapeva che mi aveva bloccato con lo spettacolo offerto dal suo corpo. Uno spostamento di una mano dal suo ginocchio, quello destro. Un lieve rumore, la percezione di un tenue calore tra le cosce. Qualcosa stava cambiando. La pelle che sfiora la sua all”interno delle gambe, la sensazione che qualcuno si stia inginocchiando davanti a lei, tra le cosce. All’improvviso la mano abbandona il ginocchio e si unisce all’altra sul suo bacino. Tutte e due l’accarezzano, scivolano sui fianchi, sulla vita e raggiungono il seno. Vi si aprono sopra, caldissime, e lo afferrano con forza ma senza farle male. Le dita scorrono, palpeggiano, si uniscono sul capezzolo che sino a quel momento aveva goduto della rugosità della mano. Loro, i capezzoli, s’inturgidiscono ancora di più tra quelle dita, vogliono esplodere; fanno male tanto sono turgidi. Poi le mie mani scivolarono giù, lente e morbide, calde e sensuali raggiungono l’inguine. Si estendono sul bacino mentre i pollici cercano le labbra della vagina. Le dilatano, mettendo allo scoperto e allargando allo stesso momento l’ingresso al suo corpo. Anna avvertì qualcosa di una fantastica consistenza appoggiarsi e spingere sulla sua vulva, sentì il suo corpo aprirsi per inghiottire senza incertezze quell’oggetto di calda carne. Io spinsi con costanza il cazzo dentro di lei, non trovando nessuna resistenza lo feci molto lentamente, in modo da darle il tempo di assaporare ogni singolo centimetro, conquistando il suo ventre che piano, piano si apriva a me. Mi fermai solo quando i testicoli trovarono il naturale fine corsa, sino a quando sentì il mio corpo perfettamente aderente al suo bacino. Finalmente piena di tanta grazia, Anna, sospirò: un gemito lungo quanto il membro che accoglieva. Si rilassò, ora nessuno più poteva toglierle da dentro quello che aveva sospirato fino a quel punto; tornò a muovere il pube in modo provocante ed efficace per chi stava in lei, invitandomi in quel modo a muovermi per farle gustare a fondo la nuova situazione. Finalmente mi mossi, uscendo da lei sino al limite facendo emergere il membro da lei per poi rientrare, riaprendosi la strada con sommo piacere di tutti e due. Andò avanti in quel modo a lungo, sino a raggiungere il limite della propria resistenza e dell’autocontrollo; allora si fermo dentro di lei dopo essersi spinto fino in fondo, la prese per la vita, sollevandola un po’, e la lasciò fare. Anna continuò imperterrita la sua danza pubica di contrazioni e rilasci. Piena del mio cazzo le sue sensazioni erano acuite al massimo, sentiva nel dettaglio la sua forma dentro di se e quando contraeva godeva della sua presenza e della sua pressione sui punti erogeni interni. Ormai presagiva l’orgasmo vicino, il calore che saliva dalla vagina al ventre e da lì al cervello lasciava dietro di se un forte languore che serviva solo a renderla più sensibile e desiderosa di provare l’esplosione del piacere. Ansimò forte quando capì che non mancavano che poche contrazioni, pochi sforzi e poi il suo corpo avrebbe reagito istintivamente alle ondate di piacere, voleva le mani libere per stringermi in mezzo alle gambe nell’ultimo istante, bramava la libertà di avvolgere le gambe intorno alla sua vita per poterlo trattenere meglio e per angolare il pube nel migliore dei modi, ma era trattenuta con forza dai legamenti che la tenevano ben salda al letto. Fu in quell’istante che fuoriuscii dal suo antro caldo e diressi senza esitazione il mio glande lucido e grosso per l’eccitazione verso il suo buchetto…un attimo e le sfondai il culo con veemenza. Fu per me un piacere enorme vedere il mio cazzo scomparire tra la carne del suo culo, mentre le mie mani tenevano le sue cosce larghe e in alto. E la mia eccitazione fu multipla nel sentire lei gridare dal dolore e dal piacere, ansimare in mille orgasmi che sentivo scivolare già dalla sua figa verso il mio corpo. – Mi sta venendo dentro! Ohh…. – fu il pensiero di Anna. Io esplosi un getto caldo di sborra nelle sue budella, skizzi bianchi fuoriuscivano dal suo culo ancora riempito dalla mia carne.. Lei sentì i ritmici e veloci impulsi del suo piacere, ad ogni pulsione immaginava il mio seme che invadeva il suo culo. Era troppo eccitata, bagnata e dilatata per apprezzare a pieno il suo getto denso e caldo ma le piaceva. Aveva perso la concentrazione a causa dello stupore derivato dal fatto che io la stessi inseminando le budella. Anna si predispose nuovamente a ricevere dentro sé la mia carne, nel tentativo di venire stimolata dalle forti pulsioni che sentiva al suo interno, ma proprio quando era nuovamente pronta, io uscii strappandole un gemito di disapprovazione. Calda, vogliosa, ad un passo dall’orgasmo, l’ennesimo, era nuovamente abbandonata a se stessa, ora non le bastava più contrarsi per venire, voleva ancora qualcosa dentro e quel qualcosa lo voleva nel suo culo. Dovette attendere solo il tempo materialmente necessario per permettermi di riprendermi. Accesi una Marlboro, le sciolsi i polsi che erano rimasti legati alla spalliera del letto e le posi al suo fianco un enorme fallo in lattice nero piuttosto duro orinandole di ficcarselo nel suo ventre con violenza. Anna eseguì senza batter ciglio. Sentivo nuovamente il sangue pulsare nel mio membro, sempre più forte, man mano che l’eccitazione aumentava. Quando il mio cazzo fu nuovamente pronto e gonfio d’eccitazione per la scena alla quale avevo appena assistito, ma fresco e riposato, entro in lei veloce e deciso a colmare il vuoto che sentiva. Anna percepì, in quel preciso istante, la sensazione di essere semplicemente un oggetto di desiderio e di sfogo, si sfogo delle mie più perverse fantasie. Ad un mio cenno, infatti, alle sue spalle sentì gelide due mani che le cingevano il volto con un foulard nero, mentre continuava senza sosta a cavalcarmi. – Adesso sentirai male puttana, ma da questo momento hai anche il mio permesso ad urlare e compiacerti del tuo stato di sottomissione, potrai anche godere se vuoi e se potrai e sappi, Troia, che non sempre ti capiteranno con me queste concessioni. In un istante senza fine sentì lacerarsi il culo da un enorme cazzo di carne nera, dietro di lei infatti si era posto Mandino, un mio amico senegalese che aveva ricevuto da me disposizione di penetrarla in doppia senza pietà ed esitazione alcuna. Le urla di Anna non facevano che aumentare in noi il piacere e l’eccitazione, tanto più che il cazzo asciutto di Habihb, non ancora lubrificato dalle sue abbondanti secrezioni, sfregò sulle pareti interne del suo culo, annunciando prepotentemente la sua presenza. Pochi secondi e Lei ricominciò la sua danza, decisa a raggiungere il piacere nel minor tempo possibile, non volendo nuovamente rischiare di rimare sola nel momento buono. Io e l’altro seguimmo il suo ritmo abilmente e in modo da darle il massimo stimolo. Teneva le mani sui suoi fianchi, trattenendola forte ogni volta che la penetravamo. – Questo ci sa fare! Eccome! – pensò Anna. Voleva gridarlo quel pensiero, urlarlo in modo che si capisse quanto stava godendo. Un grido d’incitamento a Habihb che lo invogliasse a muovere sempre più veloce e in profondità il suo enorme cazzo d’ebano, ed effettivamente era impressionante vedere quell’enorme pezzo di carne nera penetrare in tutta la sua lunghezza il culo di Anna, la quale di par suo, amava sentire il suo il ventre e le budella riempite da tanta grazia. Habihb d’improvviso sfoderò la sua possanza dalle budella di Anna e si diresse in piedi di fronte a lei pinatandole in gola il suo membro. Io le ordinai di ingurgitare tutto ed effettivamente ci vollero due o tre slinguate di Anna sul glande nero del mandino per sentire nella sua bocca e fino alla gola un enorme e violento getto caldo di bianca sborra. Sentire Anna ingoiare iol seme di Habihb come sorseggiare un boccale di birra fu per me musica, in un attimo le scivolai da sotto alzando le sue cosce e tenendole ben larghe ed alte le piantai il mio cazzo nuovamente in culo che in breve fu inondato ancora del mio seme. – Siiiiiììììììììììììììììì – ansimava Anna – sono la troia puttana del mio signore, schiava di ogni suo perverso desiderio, schiava anche del suo amico nero o di ogni altro amico del mio signore cui egli volesse cedermi. E dicendo ciò a mò di recitazione si inginocchiò sul pavimento chiedendo umilmente di essere irrorata dalla calda pioggia dei due signori che aveva innanzi…. e così fu! Anna era ormai sfatta, fisicamente distrutta dal magnifico pluriorgasmo e stava iniziando a rilassare tutti i muscoli per apprezzare meglio il languore che sentiva nascere dentro di se; ma le voglie non accennavano a fermarsi, feci entrare in stanza gli altri amici che nel frattempo ci avevano spiati, tutti si disposero dinanzi alla mia schiava e lei capì quello che volevo ed iniziò a riempirsi la bocca di altri quattro cazzi pieni di sborra che di li a poco avrebbe dovuto ingurgitare. Sentiva pulsare nella sua bocca tutta l’eccitazione di quegli uomini che per un ora erano rimasti fermi e nascosti a spiarci, ansimando e covando dentro altre fantasie. Ogni tanto lei si soffermava a slinguettare i lunghi centimetri delle grazie che aveva innanzi e gli uomini sembrarono apprezzare molto questa sua gentilezza e più Anna prendeva a muovere la lingua e la bocca con studiata lentezza, più chiaramente appezzava le pulsioni che sentiva in bocca attraverso le pulsazioni che quei cazzi emettevano. Il primo, in breve, lasciato il controllo, s’irrigidì per poi pulsare con forza dentro di lei, traendola a se dalla testa come per non permetterle di sfuggire al suo getto che stava per iniettarle dentro la bocca. Non sapeva che era proprio lì che Anna lo voleva. All’ultimo istante, però, cambiò idea. Uscì precipitosamente dalle sue labbra per appoggiarle il membro sul ventre, premendolo contro con la mano. Anna lo sentì pulsare attraverso la pelle, delle vibrazioni forti al punto da consentirle di percepire il fiotto di sperma che correva lungo il pene verso l’uscita. Quindi lo avvertì spandersi sulla sua pelle, caldo e denso, una sostanza colloidale che lentamente si allargava a chiazza. Lo ascoltò venire ricevendo tutto quello che lui emetteva, tentando d’immaginare lo spettacolo del suo corpo ricoperto di quel liquido lattiginoso. Al termine del suo orgasmo, l’uomo, spalmò il frutto del suo piacere sulla pelle di Anna. Con movimenti ampi e lascivi portava il liquido sia verso il seno sia verso il pube, utilizzandolo come una crema cosmetica destinata ad ammorbidire la sua pelle. Lei si godette a fondo quel massaggio, più dell’azione meccanica in se le piaceva sapere che cosa rendeva così scivolose quelle mani. Le sembrava che la pelle assorbisse quella crema nutriente, la sentiva entrare nei pori per insinuarsi, attraverso di essi, nel suo corpo. Credeva di aver soddisfatto tutti i presenti, di aver terminato il gioco. Lei aveva goduto, loro avevano goduto; non restava più niente da fare se non una bella doccia e rivestirsi. Ne ebbe conferma, o meglio pensò che quella fosse la conferma, quando l’uomo che le imprigionava i polsi la lasciò libera di muovere la braccia. Lei ne approfittò subito per riattivare la circolazione nelle membra troppo a lungo relegate in una posizione quasi innaturale, massaggiandosi il ventre leggermente indolenzito dopo tutto quello che aveva provato. La vedevo girarsi attorno e cercarmi, ma non osò chiedere ad alcuno degli astanti se il suo signore fosse ancora in stanza. Si alzò a sedere sul bordo del letto, avvicinò una mano alla benda che ancora teneva sugli occhi per toglierla, ma una mano perentoria la fermò. Si sentì, quindi, prendere per le ascelle e sollevare in piedi, ruotare su se stessa e spingere nuovamente verso il letto. Ancora malferma sulle gambe perse l’equilibrio cadendo carponi sulle coperte. Stupita ma compiaciuta da quella nuova pretesa strisciò verso quello che credeva il centro del letto, mettendosi in ginocchio con il busto eretto. Capì dalle vibrazioni del materasso che un uomo la stava raggiungendo da dietro, un altro era salito sul letto dalla sua sinistra e stava strisciando verso di lei. Non capiva le loro intenzioni e decise di attendere gli eventi senza prendere iniziative. Intuì la presenza di un uomo al suo fianco, sentì le sue mani guidarla su di lui. Sollevò la gamba sinistra e gli montò a cavallo cercando automaticamente con il pube, il membro che avevano deciso dovesse prendere ora. Lo trovò, pronto e magnificamente eretto. Lasciò che fosse lui a guidarlo dentro il suo corpo e quindi scese facendosi nuovamente penetrare. Allargò le gambe in modo da lasciarlo affondare in profondità. Non pensava di provare ancora un piacere tanto forte, evidentemente l’eccitazione che quella situazione aveva generato in lei non era ancora stata soddisfatta a sufficienza. Ritrovò il piacere di muoversi liberamente su di un uomo dopo che era stata costretta a soddisfare le loro voglie bloccata e aperta a turno da quelli che guardavano. Questa volta voleva dimostrargli che cosa sapeva fare e com’era in grado di muoversi. Iniziò un gioco di anche che portava il bacino ad ondeggiare eroticamente, guidando al contempo il pube nel tracciare una serie d’assurde figure geometriche. Assurde ma molto efficaci sia per lei sia per l’uomo che le stava sotto. Capiva da come spingeva in alto il pene quanto gradisse le sue mosse e s’impegno ad inventarsene di sempre più bizzarre. Finalmente!!!
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