Era rimasta solo Francesca perché il patto stilato da Daniela, Maria Cinzia e lei con i sette compagni di classe fosse definitivo. Francesca sapeva che, dopo le sue amiche era il suo turno di soddisfare uno di loro e fremeva dalla voglia e dalla curiosità di sapere chi sarebbe stato il primo dei sette a chiamarla. Quei ragazzi, con la loro proposta, avevano cambiato completamente il ritmo delle sue giornate e di quelle delle sue amiche. Non che ci avesse creduto, all’inizio, ma dopo le esperienze delle altre durante le lezioni, non c’erano stati più dubbi e lei si aspettava da un giorno all’altro l’approccio; ed era arrivato, ma mai si sarebbe aspettato tutto quello che era accaduto. Un venerdì mattina Stefano era rimasto seduto nel banco accanto al suo per tutte le ore e l’aveva distratta parlando delle vacanze, degli amici, della scuola e, soprattutto, del patto e delle sue conseguenze. Avevano parlato senza mezzi termini di quello che era accaduto alle altre ragazze, dell’entusiasmo immediato di Daniela e Cinzia e di quanto era stato organizzato con Maria perché dimenticasse subito la prima esperienza non proprio eccezionale. Con l’andare del tempo, Francesca si era convinta che le avrebbe chiesto di seguirlo nei gabinetti ma era rimasta delusa, le lezioni erano terminate e lui l’aveva salutata. Verso le quattro del pomeriggio, mentre sui libri di matematica, avevano citofonato, era Stefano che la invitava a scendere per prendere un gelato insieme. Era scesa così com’era, con indosso una minigonna blu con sopra una camicetta, reggiseno, mutandine e mocassini, con un giubbotto jeans sopra. La scelta si era rilevata sbagliata perché, seduta al bar, mangiando il gelato, il freddo le aveva fatto tremare le gambe troppo nude e Stefano, notando la pelle d’oca, le aveva proposto di alzarsi per andare a fare un giro, tanto per riscaldarsi, visto che lì c’era troppa gente per poterla aiutare. Sorridendo, aveva accettato subito e, poco dopo, si erano ritrovati a girovagare per i viottoli del parco cittadino, un luogo che – a quell’ora – era frequentato solo da coppiette. Erano passati poco lontano da un motorino parcheggiato sotto un albero ed avevano udito distintamente i mugolii di piacere dei ragazzi che vi erano seduti sopra. Il ragazzo era con le spalle al manubrio e la giovane era stretta a lui, con le mani che sparivano in mezzo alle loro gambe. Li avevano guardati per un po’ ed avevano riso quando da quel groviglio aveva fatto capolino la punta del pene del maschio. Stefano aveva approfittato di quel momento erotico ed allegro al tempo stesso per accarezzarle il volto ed avvicinare le labbra alle sue. Rimanendo in piedi in mezzo al viottolo, si erano baciati a lungo, non solo sulla bocca. Le labbra e la lingua del ragazzo ben presto avevano cominciato a percorrere il collo, a soffermarsi dietro l’orecchio per poi tornare alla bocca, causandole brividi e la pelle d’oca, ma questa volta non per il freddo ma per l’eccitazione. Lui le aveva poggiato la mano sulla gamba, risalendo lungo la parte esterna della coscia destra, sino al bordo della minigonna. Poi era sceso nuovamente e dopo essere passato sull’altra gamba era risalito facendosi largo all’interno delle cosce chiuse. Quando aveva raggiunto la mini non si era fermato ma era risalito lungo l’abbottonatura della camicia, i bottoni più alti erano stati aperti e la mano aveva scostato i due lembi di stoffa scoprendo i seni sodi e sormontati dai capezzoli, duri da farle male, e rivolti verso l’alto. Era stato piacevole farsi accarezzare, sentire le labbra stringersi intorno il capezzolo e la lingua giocherellarci. Era eccitata e sapeva che Stefano aveva il pieno controllo del suo corpo. Dopo averla baciata sulla bocca, mentre le sbottonava completamente la camicia, era sceso nuovamente con le labbra sui seni e poi più giù, verso il ventre piatto. Sentiva sotto la lingua e le dita la carne soda della sua compagna e non credeva alla fortuna che aveva avuto col sorteggio; lui sarebbe stato in ogni caso il primo a prenderla, anche se … Le aveva torturato l’ombelico mentre le sue mani erano corse sotto la mini, agganciando il tanga e facendolo scivolare lungo le cosce, sino alle ginocchia. Francesca si era ritrovata così, con la camicia aperta, le coppe del reggiseno! sotto le mammelle, il tanga, sfilato, tra le gambe, la bocca di Stefano che le torturava i capezzoli e le sue mani che stavano alzando la mini per andare a cercare il suo bocciolo. Erano ancora in piedi in mezzo al viottolo del parco, e tutti avrebbero potuto vederla; per una sorta di pudore, aveva tenuto le gambe ben strette. Stefano non aveva rinunziato e si era inginocchiato, sospendendo, per il momento, le attenzioni riservate sin lì al seno, duro come il marmo. Era stato piacevole sentirne fra le labbra la consistenza, il buon sapore, notare come i capezzoli si indurivano ancora di più sotto i colpi pazienti della sua lingua, ma Francesca aveva bisogno di aiuto per vincere i suoi timori e lui era lì per questo. Con decisione, aveva infilato le sue mani in mezzo alle cosce e l’aveva indotta ad aprirle, mentre la sua lingua, superata la barriera di peli era scesa verso il clitoride. Le aveva tenuto le labbra aperte con le dita e la lingua si era fatta avanti, penetrando dentro. A Francesca sembrava di impazzire, ferma lì in mezzo al parco, le gambe aperte e il suo compagno carponi con la testa sotto la mini. Aveva sentito ogni passaggio della lingua sulle sue parti più intime, poi un dito si era fatto strada e aveva iniziato a sondarla con introduzioni leggere. Stefano si era rialzato per abbassarsi i pantaloni, estraendo l’uccello teso e posizionandolo sulla mano della compagna, poi era tornato subito a giocare con le dita in mezzo alle sue gambe; prima le aveva spinte piano verso l’alto, penetrando dentro, poi in modo sempre più energico, facendola urlare dal piacere. Per lei era bello, ancora più bello di quanto non avesse pensato e, dopo pochi affondi, aveva raggiunto, rumorosamente, un primo orgasmo. Lui non aveva smesso di affondarle le dita dentro, l’aveva tenuta sollevata da terra con una mano sulle natiche e l’altra ad incalzare colpo sul colpo, mentre la incitava a stringerglielo di più ed a muovere la mano più velocemente. I movimenti del ventre sconquassato dalle dita di Stefano, i brividi del corpo, le incitazioni, le stavano causando un nuovo orgasmo ed era pronta a fare in modo che il suo compagno la seguisse a ruota quando aveva volto lo sguardo verso quei due sul motorino ed era trasalita. La ragazza era scesa dal sedile ed era rimasta in piedi, tutta prona in avanti, col viso chino sul ventre del compagno, sbocchinandolo senza più curarsi della loro presenza; ma, quel che più aveva turbato Francesca era il ragazzo, che, seduto, con le mani sulla nuca della giovane ed il volto girato verso di loro, si godeva lo spettacolo delle loro mani in movimento. Era rimasta calamitata dal suo sguardo e non aveva più smesso di osservarli; la giovane aveva iniziato a muoversi su è giù freneticamente e, all’improvviso, il ragazzo si era chinato in avanti tenendo ben ferme le mani sulla sua testa, stava godendo. Si era sentita prendere da un raptus ed aveva iniziato a smanettare velocemente la mazza che stringeva ! nella mano, voleva che anche Stefano raggiungesse l’orgasmo e così era stato. Era felice, raggiante; aveva incrociato lo sguardo di quello sul motorino sentendosi orgogliosa di essere riuscita anche lei a dare piacere al suo amico.
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