Passai quelle settimane in una specie di stato mentale sospeso. Esteriormente conducevo la stessa vita di sempre, forse ero addirittura iperattiva, quasi per cercare di non affrontare il pensiero di quello che stavo per fare. Continuavo a studiare, a seguire i corsi, ad uscire con il ragazzo (e mi sentivo una carogna a concedergli null’altro che qualche bacio e qualche palpata superficiale). Quel pensiero si limitava a rimanere incombente sullo sfondo. In certi momenti però, non potevo fare a meno di affrontarlo. I miei atteggiamenti mentali si alternavano ciclicamente. Un momento ero spaventata da quello che mi attendeva. Un momento dopo ero eccitatissima alla prospettiva di ripetere un’esperienza simile a quella di Milano. Poi mi sembrava assurdo che avessi accettato di concedermi, e in quel modo poi, a dei perfetti sconosciuti. Ma mi rendevo conto che era proprio quell’assurdità a rendere tutto assurdamente eccitante. Ogni tanto, quando venivo assalita dagli scrupoli e dalle paure, prendevo il cellulare, seriamente intenzionata a richiamare quel numero e a dire a Sandro che volevo rinunciare. Poi però mi tornava in mente che quella telefonata avrei potuto farla in qualsiasi momento, fino all’ultimo, e desistevo. Intanto il tempo passava, e il giorno fatidico arrivò.La mattina del 29, Marcello mi accompagnò dalla stazione all’albergo dove era stata prenotata la mia stanza. Un lussuoso quattro stelle nel centro di Roma. “Gentile omaggio di Sandro” mi disse, “ma stai tranquilla… se lo può largamente permettere”. Mi lasciò sola, affinché potessi dedicarmi ai preparativi. Avevo già fatto una seduta dall’estetista prima di partire, ma volli lo stesso ripetere la depilazione, soprattutto in certe zone, con maniacale attenzione.Nel pomeriggio, mi praticai un clistere, con acqua tiepida e delle essenze alle erbe che avevo preso in erboristeria. Fu un’operazione piuttosto maldestra, visto che non avevo mai tentato nulla del genere. Tuttavia alla fine ero più pulita e “libera” di prima, e tanto bastava.Mi vestii in modo molto informale, con una comoda tuta da ginnastica e un soprabito leggero. Non era difficile immaginare che ero destinata a passare la serata nuda.Alle sette e mezza di sera, puntuale, Marcello mi venne a prendere.Sembrava piuttosto eccitato. Era al volante di una BMW che gli aveva prestato il solito Sandro. Si diresse subito fuori Roma, per anguste stradine di campagna che sembrava conoscere a menadito. Stava cominciando a salirmi un po’ d’ansia.Mentre guidava lo incalzavo con domande su dettagli dello svolgimento della festa, ma nella maggior parte dei casi mi rispondeva “vedrai… non preoccuparti… vedrai…” Però riuscii comunque a scoprire qualcosa. Per esempio che le “scimmiette” avrebbero indossato durante la festa un cappuccio nero intorno alla testa. Per non essere riconosciute, e per non essere in grado di riconoscere. Mi spiegò che era una prassi. Molte signore insospettabili amavano di tanto in tanto concedersi a qualche gioco erotico particolare, ma avevano il comprensibile scrupolo di non voler essere identificate. D’altra parte anche tra i partecipanti uomini c’erano a volte personaggi in vista che preferivano non essere riconosciuti dalle ospiti esterne al giro ristretto e fidato.Scoprii anche che noi scimmiette saremmo state in una stanza apposita, e non nella sala grande dove si teneva il ricevimento vero e proprio. Fu un particolare che tutto sommato mi piacque. Non sarei stata esposta a tutti per tutto il tempo, ma allo stesso tempo tutti sapevano eventualmente dove trovarmi. Infine cercai di sapere quanti uomini sarebbero stati presenti. “Una decina” mi disse, vago, garantendomi di non poter essere più preciso di così. “Sai come vanno queste cose… fino all’ultimo c’è gente che rinuncia, o gente che si aggiunge… proprio come nelle feste normali”.Quando arrivammo alla villa, Marcello mi guidò attraverso un entrata laterale fino ad una stanza da letto. Lì mi fece spogliare completamente e mi fece indossare un ampio cappuccio di raso nero. Mi ritrovai improvvisamente circondata dal buio. Il senso di inquietudine saliva sempre di più. Mi accorsi che la mia mente stava disperatamente cercando di elaborare un modo per tirarmi fuori da quella situazione.Tenendomi per mano mi fece attraversare dei corridoi. Incrociammo delle persone lungo il tragitto. Degli uomini. Marcello si fermò a salutarli.”E’ lei? E’ la terza scimmietta?” chiese uno di loro.Marcello confermò. “Ottimo!” commentò il tipo. Delle mani si posarono sul mio corpo. Palparono il seno, seguirono la curva dei fianchi, saggiarono la consistenza delle natiche, indugiarono nel solco. “Bene, bene! Bel materiale. Andate pure a prepararvi!””A tra poco…” aggiunse maliziosamente un’altra voce maschile. Rivolta a me, intuii, visto che un’altra mano era scesa insinuante a tastarmi il culo.Ci fermammo. Marcello mi tolse il cappuccio. “Eccoci qua. Questo è il posto riservato a voi. Ora devo andare di là un secondo a sistemare alcune cose. Tu aspettami qui. Tornerò tra pochi minuti, per prepararti”.Rimasi sola in quella stanza. Mi guardai intorno. Sembrava un piccolo studio. Non c’erano mobili, ma le pareti erano adornate di quadri che sembravano di pregio. Tende pesanti coprivano una finestra. Per terra c’era un ampio tappeto, soffice, con dei cuscini in corrispondenza alle tre postazioni delle altrettante scimmiette. Mentre aspettavo, arrivarono, prima una poi l’altra, le altre due ragazze, anche loro accompagnate, ognuna da un uomo diverso. Anche loro completamente nude. Gli accompagnatori scambiarono qualche parola sottovoce con loro, poi si dileguarono. Restammo così noi tre sole, in un silenzio imbarazzante. Lo ruppe quella che poi scoprii essere “la Bocca”, con una improvvisa risata.”Ma ragazze! Cosa sono quelle facce? Suvvia, mica siamo ad un funerale. Ne ho viste parecchie di queste festicciole. Sandro è uno che in queste cose ci sa fare. Potete essere sicure che ci divertiremo, e parecchio.” Era una bella ragazza sulla trentina, con un corpo stupendo. Lo sguardo di una che la sa lunga, e che ne ha fatte di tutti i colori.”Non sono qui per divertirmi” rispose seria l’altra, “la Fica”, una biondina carina, ma piuttosto insipida. Più giovane della Bocca, ma sicuramente con qualche anno più di me. “Non mi interessa divertirmi. Lo faccio per amore. Il mio uomo mi ha chiesto di prestarmi a questo gioco, ed io lo faccio per lui. Solo per lui.””Certo, tesoro, come no?” rispose ironica la Bocca. “Ma questo non ti impedirà di divertirti, vedrai. E tu, invece? Perché lo fai?” aggiunse rivolgendosi a me.Feci un sorriso timido e un gesto vago con le spalle, per eludere la domanda. Che però continuò a riecheggiare dentro di me. Perché lo facevo? “Per provare piacere”, mi risposi. Ma mi accorsi subito che non stava in piedi. Era piacere, solo piacere, quello che stavo cercando? Era piacere, solo piacere, quello che avrei provato in quella serata? C’era sicuramente dell’altro, ma non ebbi voglia di rifletterci.La Bocca cominciò a sistemare le cose. Si vedeva che conosceva bene quella stanza. Tirò bene le tende, posizionò al meglio i cuscini sul tappeto. Sul soffitto erano appesi tre faretti da teatro. Maneggiando un telecomando li accese e si accinse ad orientarli. Un motore elettrico permetteva di variare il puntamento. Alla fine ogni faretto puntava su una delle tre postazioni.Mentre faceva queste operazioni mi caddero gli occhi su alcuni segni che aveva sulla schiena. Si accorse che li avevo visti, e notò il mio sguardo terrificato. Sorrise. “Oh, non preoccuparti, tesoro. Non c’è in programma nulla del genere stasera. Vedrai, sarà una serata tranquillissima.”In quel momento tornò Marcello. Mi porse un tubetto di crema lubrificante. “Tieni, ungiti un po’. La festa sta per cominciare. Sta arrivando gente.” Effettivamente dal salone al di là del corridoio si udivano voci di persone man mano più numerose. Tappi di bottiglie stappati, tintinnio di bicchieri. Si distinguevano anche voci di donne, e la cosa mi preoccupò. Usai la crema con generosità, ungendomi bene anche dentro, a fondo. Mi sintonizzai attentamente con la sensazione di penetrazione causata dal mio dito. Una pallida ombra di ciò che mi aspettava di lì a poco. Lasciai il tubetto sul tappeto, vicino ai cuscini della mia postazione. Sicuramente ce ne sarebbe stato ancora bisogno.La Fica si era già messa in posizione. Indossava il suo cappuccio nero e stava sdraiata sui cuscini, con le cosce aperte e le ginocchia piegate. Un faretto disegnava un cerchio bianco di circa un metro di diametro, perfettamente centrato sul suo sesso. La posa era quella di una donna che si offre, ma si intuiva che era tesa e contratta. Vidi la Bocca indossare un cappuccio identico al nostro, ma con un ampio ritaglio circolare che lasciava scoperta tutta la parte bassa del viso. Stava inginocchiandosi alla mia destra, rivolta verso il centro della stanza. Il faretto puntava dritto su quel foro nella stoffa nera, con quelle labbra rosse, carnose, in primo piano. All’ultimo momento aveva dato una passata di rossetto. Sarebbe durato poco, pensai, ma evidentemente anche la messa in scena iniziale voleva la sua parte.Toccava a me. Marcello mi infilò il cappuccio e mi piazzò carponi nella mia postazione, al centro tra le altre due. La testa verso il muro. Il culo esposto.”Non così” mi disse. “Inarca la schiena… devi essere più aperta… si deve capire che stai offrendo il culetto agli ospiti… Ecco, così va meglio… allarga un po’ le ginocchia… ottimo…” Avevo assunto quella che sarebbe stata la mia posizione per le prossime ore. Nuda, incappucciata, carponi, poggiata sugli avambracci, oscenamente offerta. Marcello si alzò in piedi ed osservò l’impatto complessivo. Sembrava molto soddisfatto. “Hai la chiazza d’unto intorno al buco che brilla sotto le luci. Fa un gran bell’effetto vedere che ti sei lubrificata. E’ invitante.”Lo sentii armeggiare ancora col telecomando dei faretti per perfezionare il puntamento. Poi spense la luce del lampadario e senza aggiungere altro se ne andò, chiudendo la porta.Restammo sole. Le Tre Scimmiette. Una Bocca, una Fica e un Culo. Ogni orifizio bene in vista, illuminato dal rispettivo riflettore.Passò del tempo. Non so dire quanto. Non mi mossi di un millimetro. Sentivo il calore dei faretti sulla pelle delle natiche. Dal corridoio arrivavano attutiti i suoni della festa. Voci di uomini e donne. Chiacchiere, risate. Immaginai camerieri in guanti bianchi che offrivano calici di champagne agli ospiti su vassoi d’argento. Qualcuno suonava pezzi d’atmosfera al pianoforte. Dal vivo, mi sembrò. Mi chiesi se sarei stata inculata anche dai camerieri e dal pianista. In fondo, perché no? Che problema c’era? Non lo avrei nemmeno mai saputo.Passarono ancora dei minuti. Poi sentii dei passi, e delle voci sempre più vicine. Qualcuno aprì la porta. Riconobbi la voce di Sandro, il padrone di casa che parlava con tono un po’ teatrale.”…e qui, signore e signori, abbiamo le nostre… Tre Scimmiette. Tre ragazze giovani ed avvenenti, e ognuna delle tre si è spontaneamente offerta per mettere uno dei propri orifizi del piacere a libera e completa disposizione di tutti voi. Come vedete, la posizione e l’illuminazione suggeriscono quale sia l’orifizio, senza possibilità d’equivoco. Potete servirvene a volontà in qualsiasi momento lo desideriate, da adesso fino alla fine della festa. Sapete tutti dove trovarle.”Ci fu un brusio di commenti. Distinsi la voce decisa di una donna. “Me ne servirò sicuramente!” Ebbi un brivido alla schiena. La porta si richiuse e le voci si allontanarono. L’ospite continuò a mostrare la casa.Passarono altri snervanti minuti di attesa e di immobilità. Poi arrivò qualcuno. Nella stanza cominciò ad esserci del movimento. La festa stava cominciando. Sentii il cuore battere a mille.Immaginai che gli ospiti avessero i bicchieri in mano, perché qualcuno si lamentò con stizza della mancanza di tavoli o altri piani d’appoggio dove posarli. I rumori erano sempre più vicini.Alla mia destra un uomo si slacciò i pantaloni. Presto arrivarono chiari rumori di risucchio e mugolii soffocati. La Bocca aveva cominciato a lavorare. “Prendilo tutto in gola, troia… fino ai coglioni… così…” disse secca una voce da uomo, confermando ciò che avevo intuito. Provai un certo fastidio. Era quello l’atteggiamento che gli ospiti avrebbero avuto con noi scimmiette?Dalla mia sinistra provenne un gemito femminile di sofferenza. “Questa fica è secca! E’ chiusa come un’ostrica. Come cazzo si fa a scoparla?” commentò spazientito un ospite. “Se è un’ostrica, prova con lo champagne!” suggerì ilare un altro tizio. Fu preso sul serio, perché sentii il rumore del liquido rovesciato, un fruscio di bollicine, e l’urletto della ragazza al contatto con il liquido freddo. I due ne risero.Sapevo che da un momento all’altro qualcuno si sarebbe interessato a me. Trattenevo il fiato in attesa. Una mano si posò sul mio culo. Sobbalzai leggermente, ma mi imposi di mantenermi ferma in posa. Mani maschili afferrarono i glutei, sfiorarono i fianchi. Un dito forzò per un attimo l’ingresso della mia vagina. Poi niente. L’uomo si allontanò. Me ne sentii un po’ umiliata. Continuai ad aspettare, mentre intorno a me continuava l’attività.Passò ancora qualche minuto, e altre mani presero a toccarmi. “Buona sera” disse una voce calda e gentile, sia pure con una certa affettazione che denotava un pizzico di ironia. Palpò liberamente il culo e le tette, poi prese a sfiorarmi il sesso e ad accarezzarmi tra le gambe con sapienza. Cominciai ad eccitarmi. Lui se ne accorse. Allargò le labbra della fica e vide che mi stavo bagnando. “Brava… molto brava…” commentò. Passò a dedicarsi al mio buchino. Mi penetrò con un dito, poi con due. Poi con entrambi i pollici, forzando leggermente per allargarmi. “E’ davvero un onore e un piacere per me essere il primo…” mi sussurrò dolcemente all’orecchio. Subito dopo la punta del suo cazzo si appoggiò al buco e cominciò a spingere. Lentissimamente si fece strada. Fu molto delicato. Ma quel cazzo, me ne accorsi subito, era enorme. Istintivamente mi irrigidii. “Eh no…” mi rimproverò paternamente, “così non va bene…”. Mi imposi di rilassarmi, e di aprirmi a lui, che dolcemente riprese a spingere. Era davvero un affare smisurato, lungo e largo. Continuava ad entrare a fondo in me e non finiva mai. Mi sentivo tirare tutta, dentro e fuori. Mi accorsi di sudare freddo. Alla fine fu dentro fino alla base. “L’hai preso fino in fondo… brava…” mi disse, sempre con il suo tono affettuoso e paterno. “Adesso pensa a godertelo. Voglio che tu lo senta bene tutto.” Cominciò a muoversi dentro di me, dando la sensazione di risucchiare avanti ed indietro tutti i miei organi interni ad ogni affondo. Ero eccitatissima, e la cosa mi stava piacendo da matti. In quel momento ero completamente dimentica di tutto quello che stava succedendo intorno, alle altre scimmiette, e tutta concentrata sul mio interno, sulla danza sconvolgente di quel grosso bastone di carne. Ci sapeva fare da dio. Si mosse fluido e voluttuoso anche quando il ritmo aumentò, e mi tenne stregata dal suo cazzone fin quando raggiunse un copioso orgasmo dentro di me.Mi dispiacque che avesse finito. Si sfilò, mi salutò con un affettuoso schiaffetto sul culo e si dileguò. La prima era andata decisamente bene.Due nuove mani maschili mi presero per i fianchi e un altro cazzo mi penetrò senza troppi complimenti. C’era qualcosa di familiare nel tocco. Era Marcello.”Sono io, Rita. Come va? Qui c’è già una discreta coda che si è formata per te. Il tizio di prima se l’è presa un po’ troppo comoda…”Pensai che invece mi sarebbe piaciuto molto averlo dentro più a lungo.”Hai visto che razza di spadone enorme? Beh… visto, no… ma immagino che lo avrai sentito. Gli ho ceduto il diritto di essere il primo. Abbiamo preferito che fosse lui a cominciare con te. Per fare un po’… come dire… da apripista. Per rendere le cose più agevoli a chi viene dopo. Mi sembra che abbia fatto proprio un buon lavoro. Già ti sento piuttosto larga. Comoda. Ti si incula davvero bene…”Per dimostrare l’assunto, tentò un paio di colpi più decisi. “Credo che non avrai tempo di annoiarti, stasera. A parte la fila che c’è adesso, sono tutti molto incuriositi da te. Non si fa altro che parlare di te, di là, nella sala grande. Mi hanno fatto un sacco di domande… Sono piacevolmente colpiti dalla tua età, non si aspettavano una ragazza così giovane… Scalpitano per provarti… Penso che nessuno rinuncerà al suo turno, almeno una volta. Ma puoi contarci che parecchi faranno il bis.”Ma quanti uomini c’erano? Non doveva essere una serata per “pochi intimi”?Marcello sembrò leggermi nel pensiero, perché, continuando ad incularmi, disse. “Ci sono una quindicina di uomini. Massimo sedici, diciassette. Più del previsto, ma non sono poi tantissimi, dai… Avremmo dovuto essere di meno. Ma in qualche modo si è sparsa la voce nel giro, e sono arrivate un sacco di richieste. Tutti arrapati come mandrilli per la terza scimmietta. Tutti volevano venire a incularti. Sei la star della festa.”Diciassette uomini erano venuti lì, appositamente per inculare me. Non riuscivo a capacitarmene. Non riuscivo a dare un senso compiuto a quella situazione. Mi sembrava tutto così assurdo. Gente ricca, facente parte del “giro”, sicuramente in grado di ottenere ogni tipo di favore sessuale, culetto compreso, in qualsiasi momento, da fior di strafiche. Perché si stavano scaldando tanto per me? Che senso aveva questo istinto primitivo, tribale, che portava gli uomini a trovare così esaltante ed eccitante l’idea di accalcarsi furiosamente in venti su un solo buchino indifeso?”E sarebbero potuti essere molti di più.” Continuò Marcello. “C’era una fila di richieste lunga così. Sandro ha cercato di mantenere il basso il numero. Ma ci sono personaggi cui non si può dire di no. Anche gente importante… Se tu sapessi chi è venuto qui stasera, appositamente per godersi il tuo culetto, ci rimarresti di stucco… Beh, fammi sbrigare… qui c’è gente che aspetta. Resterò in zona, verrò ogni tanto a controllare. Tu stai tranquilla e… goditi la serata!”Dopo queste amene comunicazioni di servizio, Marcello serrò il ritmo e arrivò rapidamente all’orgasmo. C’era una fila di persone in attesa, non era carino farle aspettare troppo. Se ne andò, dicendo allegramente “Prego, si accomodi!” a quello che veniva dopo. Era lui che mi aveva portata lì, e poteva fare il padrone di casa con il mio culo.Il terzo indossava il preservativo. Pensai che avrei dovuto essere io ad imporlo a tutti. Sarebbe stata una richiesta più che legittima. Invece così era degradante. Era lui, a proteggersi da me. D’altra parte non potevo lamentarmi di essere identificata come un soggetto a rischio, visto quello che stavo facendo, senza nessuna precauzione. Cercai di trovare motivo di tranquillità nella disinvoltura della maggior parte degli altri. In certi giri è difficile che entrino persone meno che sicure.Fece i suoi comodi in silenzio per un paio di minuti. Poi, pochi attimi prima dell’orgasmo, lo tirò fuori, si strappò via il preservativo, e mi schizzò addosso il suo sperma, orientando i suoi schizzi sopra il buco, appena sotto l’osso sacro, da dove cominciarono a colare come una melassa verso il basso. Un tipo simpatico. Da me si proteggeva, ma la sua sborra nel culo voleva darmela lo stesso.Immediatamente un quarto prese il suo posto, stavolta a pelle nuda. Restò abbastanza poco anche lui, abbandonandomi, e questo era un inedito, senza venire. Aveva degustato il mio culetto, ed ora, con ogni probabilità, si recava per finire da una delle mie colleghe. O forse per un altro assaggino, prima di cambiare ancora. O di tornare da me. Mise in crisi la mia contabilità. Dovevo contarlo come “quattro”, oppure no?Mentre me lo chiedevo, un altro ancora prese il suo posto e cominciò a sua volta ad incularmi.La coda andò avanti a lungo in questo modo. Ognuno rimaneva per un tempo piuttosto breve, secondo buona educazione, prima di lasciare il posto al successivo. Qualcuno era protetto, qualcuno no. La maggior parte no. Qualcuno mi veniva dentro, qualcuno addosso, sul culo o sulla schiena, qualcuno invece se ne andava senza venire, e magari, chissà, dopo qualche minuto tornava a mettersi in fila. Qualcuno ostentava una beffarda gentilezza mentre mi inculava (“Permette, signorina?”), qualcuno andava giù pesante con gli insulti, qualcuno si prendeva il proprio piacere dentro di me in silenzio, con la massima indifferenza, come se fossi un semplice oggetto. Qualcuno prima di penetrarmi mi lubrificava, attingendo dal tubetto e entrando a fondo con le dita. Altri usavano la propria saliva, facendola arrivare dalla loro bocca al mio buco non sempre in modo elegante e piacevole. Qualcuno ce l’aveva un po’ più grosso, qualcuno un po’ più piccolo. Qualcuno picchiava giù duro, qualcuno era appena più delicato. Ma presto, nella mia percezione, si confusero tutti in un’appiattito, indifferenziato, impersonale, ottuso, al limite anestetizzante, martellamento nel mio ano.Fu una fase della serata assolutamente desolante. Facevo dei paragoni con la serata della mia iniziazione, e mi accorgevo di quanto, malgrado la somiglianza esteriore (una coda di uomini a sodomizzarmi), si trattasse di esperienze agli antipodi. L’altra volta conoscevo tutti, loro conoscevano me, e malgrado la maschera sul viso che simboleggiava un anonimato rituale, ognuno di loro aveva per me una parola affettuosa, un pensiero gentile. Ero a tutti gli effetti la festeggiata, e a loro modo mi festeggiavano, inculandomi con l’affetto di chi accoglie una nuova adepta meritevole nella grande famiglia. Il piacere e l’eccitazione erano ai massimi livelli.Ben altra cosa di questa sfilza di cazzi anonimi, intenzionati solo ad usarmi, che alla fine si confondevano tra loro fino a diventare un solo unico cazzo, altrettanto anonimo e indifferenziato, che continuava pervicace il suo insignificante “tum tum” nelle mie viscere, senza cuore, senza anima.Già. In fondo cosa c’è di così profondamente diverso dal prendere quindici cazzi diversi per due minuti l’uno, o un solo cazzo per mezzora? Quello che stavo facendo in quel momento sembrava a tutti così incredibile e sconvolgente. Ma non è molto più vera, sentita, partecipata, condivisa, erotica la situazione in cui una donna lo prende da un solo uomo, magari dotato di un po’ di resistenza?Forse è eccitante l’idea che una donna metta il culo liberamente a disposizione, alla cieca, a quindici uomini diversi. Non lo metto in dubbio. Lo è per la donna stessa, e non facevo fatica ad ammettere che era quella la molla che mi aveva portato lì, a fare quello che stavo facendo. Ma l’eccitazione ha bisogno di essere alimentata. Una situazione eccitante, non lo rimane in eterno, restando sempre uguale a se stessa.Essere lì, ad offrire oscenamente il culo, con una fila di quindici, o venti, sconosciuti, pronti a incularmi a turno, era sicuramente eccitante, come idea. Tantissime donne, forse tutte, hanno evocato situazioni simili nei recessi più impenetrabili del loro immaginario erotico. Ma io a quell’idea, che si stava fisicamente realizzando, col passare dei minuti mi ero totalmente assuefatta. Continuavo a convincermi che avrei di gran lunga preferito, a quella situazione idealmente eccitante, un solo uomo a incularmi a lungo. Magari qualcuno come il primo della serata, l’Apripista, con quel cazzo enorme, e quel suo indubbio saperci fare. Bisognava saperci fare per forza con quell’arnese smisurato. Maneggiato goffamente avrebbe procurato solo dolore lancinante a qualsiasi malcapitata. Così invece, con quel perfetto mix di dolcezza e di decisione, era in grado di farti volare in paradiso. E poi dava l’idea di uno capace, volendo, di resistere parecchio. Quella sera con me sicuramente aveva stretto i tempi, pressato dalla fila degli altri ospiti. Chissà che sensazioni ti poteva dare un tipo del genere, ad incularti per mezz’ora, un’ora, magari due ore di seguito. Roba da svenire per il piacere, da morire di libidine. Chissà se aveva una donna, o un’amante, che inculava regolarmente, cui regalava quei momenti di goduria senza pari. Chissà se lei si rendeva conto della fortuna che aveva.E così passavo quegli interminabili minuti, gli stessi in cui realizzavo la mia fantasia selvaggia dei molti uomini ad alternarsi nel mio didietro, a sognare di essere inculata da un uomo solo. Paradossi del sesso.A un certo punto la fila finì. Un cazzo schizzò nelle mie viscere e stavolta non ci fu subito un altro cazzo pronto a sostituirlo. Il mio culo rimase improvvisamente vuoto, dandomi la curiosa impressione di una sensazione inedita. Non avevo la minima idea di quanto tempo fosse passato, di quanti uomini fossero passati. Avevo attraversato tutta quella fase in uno stato di semi incoscienza. Eppure, stimai, doveva essere un numero perlomeno paragonabile alla quantità di ospiti (sedici-diciassette) di cui aveva parlato Marcello. Probabilmente anche di più. O erano stati in molti a fare il bis, oppure già buona parte dei partecipanti, forse tutti, avevano avuto almeno un “turno” con me. Oppure i partecipanti erano più di quanti mi volevano far credere.Tornai presente a me stessa. La prima sensazione fu di un fastidioso dolore alle ginocchia. Spostai la percezione nelle mie zone intime. Il buco non mi faceva nemmeno troppo male, considerata la situazione. Lo sentivo aperto, sentivo sulle mucose interne, sensibilizzate dallo sfregamento, la carezza dell’aria fresca. C’era un abbondante riflusso di sperma che fuoriusciva e che sentivo colare lungo l’interno delle cosce.Tornai anche a essere cosciente della stanza dove mi trovavo, e dove continuavano ad avvenire cose intorno a me. Alla mia destra riuscivo a distinguere i mugolii di Bocca, che proseguiva imperterrita le sue fatiche orali. Quello che mi sorprese, invece, furono i sospiri di godimento di Fica, alla mia sinistra. La signorina stava senza dubbio prendendoci parecchio gusto a farsi scopare a batteria, malgrado tutto l’immacolato amore che era alla base delle sue motivazioni.Ad un certo punto la sentii esplodere in un teatrale e rumoroso orgasmo. L’ospite che la stava scopando se ne vantò con qualcuno che evidentemente era nei paraggi. “Visto? Che ti dicevo? Ormai ha preso il via. Ogni botta un orgasmo. Dai, vieni a provare anche tu…”Tuttavia, non mi dimenticavo che ero ancora lì, carponi, offerta a chiunque avesse voluto incularmi. C’erano uomini nella stanza. Qualcuno entrava, qualcuno usciva. Si sentivano passi, voci, commenti. Nella maggior parte dei casi commenti pesanti che riguardavano noi tre. Le voci arrivavano dall’alto. Gli uomini erano in piedi, io ero accucciata carponi sul pavimento, con la testa più o meno all’altezza dei loro polpacci. Ero ai loro piedi, pronta a farmi prendere, in attesa. In qualsiasi momento ad uno di loro poteva venire lo sfizio di farsi un giro nel mio culo. Poteva succedere subito, tra un minuto, o tra un’ora. Analizzavo attentamente ogni rumore, ogni passo, ogni parola pronunciata, per cogliere l’eventuale indizio di qualcuno interessato a provarmi. Ogni volta che qualcuno si avvicinava, trattenevo il respiro. Mi inculerà? O no?Questa situazione di incertezza aveva risvegliato prepotentemente la mia eccitazione. Quell’attesa era mille e mille volte più stuzzicante rispetto a prima, quando smaltivo quella fila monotona e infinita. Mi sorpresi a desiderare che qualcuno mi inculasse. Stavo sperando, e non temendo, quando cercavo di interpretare le intenzioni degli uomini intorno a me dai movimenti, dai passi, dalle frasi dette, dai commenti. Quando me ne resi conto, mi eccitai ancora di più, e a sua volta mi trovai a desiderare qualcuno nel mio culo ancora più ardentemente.Ascoltai col fiato sospeso dei passi che sembravano avvicinarsi decisamente a me, e restai delusa quando tornarono ad allontanarsi. Mi illusi pazzamente quando due mani maschili afferrarono e allargarono le mie natiche, e fu davvero cocente la delusione, quando tutto quello che ottenni fu solo uno sprezzante commento. “Guarda il culo di questa troia come l’hanno ridotto…”.Passai altro tempo in attesa. Altri passi si avvicinarono.”Ehi, Culo! Ma ti hanno lasciata sola sola?!” disse una voce piuttosto antipatica e strafottente.Sì, tesoro, avrei voluto rispondergli. Sono sola. Ti prego fai qualcosa tu, sono a tua disposizione. Ma restai muta, trattenendo il respiro.”Quasi quasi ti faccio compagnia, che ne dici?”Oh, sì… ti prego, pensai. Inculami. Ne ho voglia. Sentii le sue mani sul culo, che mi aprivano.”Ne hai avuta già tanta, di compagnia… e si vede… ma devi essere una cui la compagnia piace parecchio, vero?”Sogghignò beffardo. Sì tesoro, umiliami. Deridimi quanto vuoi. Ma inculami, te ne prego. Ascoltai come fosse un canto angelico il rumore metallico della sua cintura che si slacciava. Lo sentii inginocchiarsi. Sputò sul mio buco, mancando il bersaglio di un paio di centimetri. Bagnò frettolosamente la cappella nella sua stessa bava, cercando di trasferirne un po’ dove serviva Poi puntò deciso all’ingresso.”Ecco, qui c’è un altro bel cazzo per te….”Lo accolsi dentro con gioia, e non feci nulla per nasconderlo. Dimostrai apertamente con i miei gemiti e i miei sospiri di gustarmi quel cazzo (tra l’altro davvero un bel cazzo). La cosa scatenò una grandinata di commenti umilianti e di insulti da parte del tizio, ma mi accorsi che non mi importava, anzi perversamente lo trovavo eccitante. Stavo cominciando a divertirmi parecchio.Il tizio durò abbastanza a lungo, poi mi schizzò sulla schiena, continuando a insultarmi e a deridermi. Mi ritrovai così di nuovo nella situazione di attesa, con il culetto per aria, a sperare che qualcuno volesse prendermi, sempre più vogliosa ed eccitata.Quella fase mi piacque da morire. Intuii che quasi tutti gli ospiti mi avevano già provata durante quella lunga fila iniziale. Questo aveva sicuramente smorzato sia la curiosità che gli ardori ormonali dei presenti. Ora le visite si erano sensibilmente rarefatte. Durante le lunghe attese la voglia di essere inculata cresceva costantemente. Alimentata dall’inebriante sensazione di essere in balia della volontà altrui, dal non sapere chi quando e come mi avrebbe presa, dai rumori di sesso che venivano dalla mia destra e dalla mia sinistra, dai commenti sprezzanti che sentivo rivolgere a me e alle altre, dalle innumerevoli volte che mi ero illusa sentendo dei passi avvicinarsi, o delle mani palparmi, e dalle innumerevoli volte che ne rimanevo scottata. A volte il desiderio si faceva quasi doloroso. Col risultato che quando qualcuno si decideva finalmente a penetrarmi con il cazzo, per me era una goduria immensa. E lasciavo che si capisse anche dall’esterno.Non mi sfuggì che la notizia della mia ora entusiastica partecipazione agli atti era circolata di bocca in bocca. “La scimmietta Culo si è scatenata… devi vedere come si gusta i cazzi che prende… che troia!” Questi erano i commenti che si scambiavano i presenti. La cosa raddoppiò gli insulti che mi venivano rivolti, sia da chi mi prendeva, sia da chi assisteva lì intorno. Dal breve ed efficace “troia di culo”, gettonatissimo, a quelli più complessi ed elaborati. Ma non mi importava poi molto. Era evidente che fossi una “puttana col culo affamato di cazzo”. Era lampante che fossi una “zoccola che gode a farsi inculare”. Era indiscutibile che fossi una “mignotta che lo prende in culo da tutti”. Altrimenti cosa stavo facendo lì, in quel momento?Ma quel florilegio di volgarità era soprattutto sintomo del fatto che con il mio comportamento, con la manifestazione esplicita del mio piacere, stavo risvegliando le voglie selvagge del pubblico maschile, forse un po’ appannate dalla prima serie di orgasmi. Probabilmente questo mi fece guadagnare una mezza dozzina di ulteriori gustose inculate. In quel momento non mi interessava altro.Poi successe qualcosa, che all’inizio non capii. Era cambiata l’atmosfera intorno a me. Qualcosa aveva distratto l’attenzione degli uomini da noi tre. Sentii delle voci femminili, ed ebbi un brivido. Erano entrate delle donne nella nostra stanza. Probabilmente la cosa aveva incuriosito gran parte degli ospiti, che erano accorsi a vedere cosa sarebbe successo. Si sentiva che c’era molta gente a gustarsi la scena. Alla mia destra sentii una frase: “Dai, cagnetta, datti da fare.” Una delle donne si stava facendo leccare la fica dalla Bocca.Un rumore di tacchi a spillo si avvicinò alle mie spalle. Chi era questa? Cosa voleva da me?”Ma tu guarda cosa abbiamo qui…” disse con mellifluo sarcasmo. “E sarebbe per questo culone enorme che tutti voi uomini stasera sembrate impazziti?” Ci fu qualche sghignazzo, qui e là. Poi tornò il silenzio. Tutti i presenti probabilmente stavano osservando attentamente. Sentii le sue mani su di me, e ne provai un fastidio indescrivibile. Stava allargandomi le chiappe per guardare meglio dentro. Provavo un cocente imbarazzo.”Questo buco è troppo largo, signori miei…” osservò placida. “Conoscendo le dimensioni della maggior parte dei presenti, direi decisamente che ormai per voi è del tutto inservibile. Vi perdereste dentro.” Qualcuno rise, divertito.”Ma non c’è problema. Con un buco del genere si possono fare tante altre cose…” dichiarò. I suoi passi si allontanarono, e tirai un sospiro di sollievo. Ma subito la sentii ritornare. Io restavo immobile, nella mia posa, rigida come un pezzo di legno.Mi accorsi che stava cercando di infilarmi qualcosa nel buco. Cercai di muovermi, ma ricevetti un sonoro sculaccione. “Stai ferma, Culo!” mi urlò autoritaria. Come ultima arma di difesa, sprofondai nella totale passività. Capii, anche dal profumo, che si trattava di fiori. Mi stava infilando dei fiori nel culo, dalla parte del gambo. Uno, due, tre, quattro… e intanto parlava.”Voi uomini siete così rozzi e primitivi… appena vedete un buco pensate che non possa servire ad altro che a metterci il vostro cazzo dentro. Vi manca la poesia, il senso del bello… Guardate qua! Et voila, un perfetto vaso di fiori.”Doveva aver fatto un gesto coreografico, perché scoppiò un piccolo applauso, punteggiato da risate beffarde. Nella solitudine del mio cappuccio nero stringevo i denti e piangevo in silenzio.”E’ bastato il tocco di una donna… di una vera donna… e guardate come è cambiato in un attimo l’aspetto complessivo di questa specie di stalla di bestiame… con tutte le vacche che contiene. Ooops… ho detto vacche? Scusate, mi sono sbagliata… intendevo dire… scimmiette, naturalmente…” Ci furono altre risate tra i presenti. Si rivolse quindi alle amiche e disse “Andiamocene, care…”Le donne e il loro seguito uscirono dalla stanza. Non osavo muovermi. Rimasi ferma, a fare il vaso di fiori, sentendomi ridicola e masticando la rabbia e la frustrazione per l’umiliazione subita. Si sentivano continuamente uomini entrare e scoppiare a ridere per lo spettacolo che offrivo.Per qualche minuto il perfido incantesimo di quella strega fu inattaccabile. Non avevo il coraggio di togliermi da sola i fiori dal culo, e nessuno dei presenti sembrava intenzionato a farlo. Forse qualcuno avrebbe avuto voglia di incularmi, ma l’incantesimo bloccava tutti. Chi avrebbe mai il coraggio, in pubblico, di mettersi ad inculare un vaso di fiori? Di togliere i fiori da un vaso per metterci il cazzo?Probabilmente mi ero distratta, perché non mi accorsi che qualcuno si era avvicinato. Mi strappò violentemente e dolorosamente i fiori dal culo, incurante di tutto, e subito mi penetrò con inaudita irruenza. Aveva un cazzo enorme, e durissimo. Forse la scena precedente lo aveva furiosamente eccitato. Mi dava colpi talmente forti che persi l’equilibrio sulle braccia e crollai con la faccia a terra. Lui ne approfittò per schiacciarmi la schiena con una mano e tenermi così inarcata per incularmi ancora più violentemente. Avvertii distintamente una sensazione di lacerazione nel buco. Mi stava spaccando. Intanto mi ricopriva di insulti, ma la sua voce, una specie di oscuro grugnito, ne rendeva incomprensibili una buona parte. Ero sorpresa. Non sembrava una persona che potesse far parte di quell’ambiente “bene”. Qualcun altro, vicinissimo a lui, lo stava aizzando a spingere ancora più violentemente, riferendosi a me con epiteti irripetibili. Quel cazzo enorme mi venne nel culo, e quasi contemporaneamente sentii degli schizzi sulla schiena. L’altro uomo si era masturbato vedendo la scena, ed aveva voluto venirmi addosso.Restai per un attimo stesa per terra cercando di interpretare cosa fosse successo.Evidentemente qualche facoltoso signore del “giro”, piuttosto che servirsi in prima persona, preferiva portarsi dietro quella specie di energumeno supercazzuto, e masturbarsi davanti alle imprese di quest’ultimo. Mi aveva fatto inculare dal suo autista, o dalla sua guardia del corpo. Mi chiesi se il prossimo avrebbe portato il suo cane.Eppure avevo gradito moltissimo quell’inculata feroce, malgrado la violenza ed il dolore. Aveva spazzato via il senso di gelo che la visita della “Dama dei fiori” mi aveva lasciato addosso. Il mio buco era tornato un oggetto sessuale, capace di suscitare il desiderio e di dare piacere. Non più un vaso di fiori. Il perfido incantesimo era stato spezzato.Cercai a fatica di rialzarmi, ma mi sentii afferrata da più mani e mi ritrovai seduta sulle ginocchia di un tizio. Dovevano aver portato una sedia, ma non me ne ero accorta. Cominciavo ad essere molto stanca e confusa.”Ciao, Culo, come stai?” mi disse beffardo. Il suo alito sapeva di sigaro, si sentiva anche da sotto il cappuccio.Le sue mani mi tastavano le chiappe. “Sei un bel Culo, lo sai? Magari un po’ grosso, ma carino… e poi sei ospitale, accogliente…” Il tizio doveva essere qualcuno importante. C’erano alcuni uomini intorno a lui che ridevano, riverenti e servili, alle sue battute.”Però… Però…” continuò, “sei anche un Culo un po’ birichino… Eh, già… Hai detto di sì ad un po’ troppi uomini, stasera… Hai preso decisamente troppi cazzi… Mica si fa così…”Capii subito dove stava andando a parare.”Meriti sicuramente una piccola punizione…” e all’improvviso fece partire una sferzante sculacciata. I suoi accoliti sghignazzarono.Mi uscì un “no”, soffocato dal cappuccio.”Ehi! I culi non parlano!” E giù un altro sculaccione. Altri sghignazzi.Poi aggiunse, con tono appena più conciliante, ma senza perdere l’aplomb del dominatore: “Solo qualche buffetto per dare un po’ di colore. Su, fai la brava.”Non mi ribellai. Mi fecero chinare sulle cosce dell’uomo, per trasversale, e lui prese a sculacciarmi con la destra, sempre più forte. Scoprii che mi piaceva. Era tremendamente eccitante. Dopo una decina di colpi su ogni natica, l’uomo si rivolse alla sua claque.”Mi sembra che adesso abbia un bel colore, vero ragazzi? Voi che dite, ora me la posso inculare?”Ottenne un diffuso e divertito consenso, ed io ero già pronta a mettermi nella usuale posizione da scimmietta per riceverlo. L’avrei fatto con piacere, visto che quelle sculacciate mi avevano scaldato il sangue. Invece arrivò la sorpresa. Mi fece girare di spalle e mi fece sedere verso il suo ventre fino ad impalarmi sul cazzo che nel frattempo aveva tirato fuori dai pantaloni.Per la prima volta in quella lunga serata, dovetti prendere parte attiva all’inculata, invece che subirla, o godermela, passivamente. Mi muovevo su e giù, facendo leva con le mani sulle sue ginocchia, mentre lui, restando comodamente seduto, si gustava il mio culetto generoso che scivolava docile sul suo cazzo. Ad un certo punto si accese addirittura un sigaro, e la cosa mi confermò che doveva essere un pezzo grosso, visto che a nessun altro era stato concesso fumare in quella stanza fino a quel momento.Il movimento era faticoso, ed ero molto stanca, ma in quel modo avevo il vantaggio di giostrarmi la penetrazione, variando a piacere i ritmi, i tempi, i movimenti.Era un bel cazzo duro, e sentirlo dentro mi stava dando gusto. Gradualmente la sensazione di fatica scomparve, e mi ritrovai a descrivere una danza fluida e voluttuosa con il mio culo sul suo cazzo. La situazione era eccitante, il piacere intenso. Non solo per me. Il tizio, tra una boccata e l’altra del suo cubano, sussurrò: “Ragazzi, mi sbagliavo… Altro che ‘i culi non parlano’… questo è un Culo che parla… e canta… e balla… e suona…”Gli altri risero divertiti. Ma io apprezzai il complimento.Purtroppo non ebbe pazienza di farmi arrivare fino in fondo. A un certo punto sbuffò “Va beh… ma così facciamo notte….”Con una certa irruenza mi gettò a terra. Ebbi appena il tempo di riprendere la posizione da scimmietta, e me lo ritrovai dentro, a fottermi il culo selvaggiamente. Quando fu sull’orlo dell’orgasmo, offrì una performance inedita. Si sfilò dal mio buco e avanzò con i piedi fino a trovarsi quasi cavalcioni sulla mia schiena. Poi infilò il suo cazzo pulsante sotto il cappuccio e si masturbò con la stoffa di raso, fino a produrre un abbondante sborrata sulla mia nuca, tra i miei capelli, dietro l’orecchio e fin sulla mia guancia sinistra, tra le risate e gli applausi dei suoi deferenti seguaci. L’odore di sperma che mi circondava ormai da parecchio, che da ore sentivo provenire dal mio corpo e pungermi le nari, divenne improvvisamente insostenibile. Il liquido caldo e appiccicoso mi scivolò fastidiosamente intorno al mento e al collo.Rimasi immobile, stesa di fianco sui cuscini, senza nemmeno cercare di asciugare lo sperma che colava. I passi si erano nuovamente allontanati. La stanza ora era vuota. Eravamo rimaste solo noi scimmiette. Cominciai a pensare, e un po’ a sperare, che la festa fosse finalmente finita.Passò qualche minuto, e tornai a sentire qualcuno entrare nella stanza. Senza nemmeno pensarci tornai nella mia posizione di scimmietta, per offrire il culo all’ospite ed eventualmente riceverlo. Mi sorpresi di come quel ruolo di scimmietta si fosse radicato nei miei istinti. Ormai mi bastava sentire dei passi in avvicinamento per mettere subito il culo a disposizione.Come al solito, sperai che quei passi fossero per me. Fui esaudita. L’uomo si fermò appena dietro di me. Nel silenzio della sala distinsi chiaramente la discesa della zip.La sua mano sinistra si appoggiò al mio culo per divaricarlo. Intuii dei movimenti.Pensai delusa che forse voleva solo masturbarsi guardando il mio buco martoriato. Invece stava rigenerando l’erezione. Lo sentii inginocchiarsi e, per l’ennesima volta quella sera, un cazzo mi scivolò dentro.Per qualche minuto fu freddo, metodico, continuo nei suoi affondi. Sembrava uno dei tanti orientati solo a prendersi con indifferenza il piacere dal mio buco più rapidamente possibile. Peggiori persino di quelli che mi insultavano.Invece ad un certo punto, a sorpresa, mi parlò. La voce era roca, eccitata, ma calma.”E’ la quarta volta che ti inculo stasera…”Restai muta. Lui esitò, poi aggiunse “Non sono nemmeno sicuro di farcela a venire. Ma voglio riuscirci a tutti i costi. A costo di sborrare sangue.”Esitò ancora.”Non servirà a niente, lo so. Vorrei avere cento cazzi… ed andare avanti per mesi ad incularti… senza farti nemmeno respirare…. Ma non servirebbe a niente lo stesso.”La sua voce, come in un crescendo, gradualmente aumentò d’intensità emotiva. Il tono era man mano più sprezzante e volgare.”Forse nemmeno ti rendi conto di quanto sei troia a stare qui… a farti inculare da gente che nemmeno vedrai mai in faccia… a farti ridurre il culo come una fogna sfondata…. Non sai quanto la cosa mi arrapa… e mi fa impazzire… e mi fa incazzare… Non sai quanto mi ossessioni la mente.”I suoi colpi si fecero più forti.”Mi ha ossessionato da quando Sandro mi ha invitato, dicendomi di aver trovato finalmente la terza scimmietta… Erano anni che cercava una come te… Nemmeno le puttane dell’Est a pagamento avevano accettato… Poi sei arrivata tu, troia… ventidue anni… una ragazzina… e ti sei offerta volontaria… volontaria, dico… Perché ti piaceva… perché l’avevi già fatto, così mi hanno detto, e ti era piaciuto… troia… e volevi farlo ancora…”Prese fiato. Poi riprese con tono ancora più drammatico.”E mi ha ossessionato quando ti ho visto… qui, col culo offerto sotto i riflettori… e quando hanno cominciato ad incularti… un cazzo via l’altro… e tu troia contenta, a farti aprire il culo sempre di più, a fartelo riempire di sperma sempre di più… Mi sono messo in fila anche io… anche io ti ho inculato, e ti ho sborrato nel culo… mi illudevo di liberarmi da quest’ossessione… E invece è tornata… più forte di prima… Ti ho inculato ancora… ho aggiunto altra mia sborra nel tuo culo… ma l’ossessione non è passata… Sono andato di là, ho bevuto qualcosa… ho cercato di non pensarci… Non è servito a nulla… Nella mia mente immaginavo che tu eri qui… a farti inculare da qualcuno… o, peggio ancora, che eri ferma… in posa… ad aspettare docile il prossimo cui veniva voglia di incularti… E io scacciavo queste immagini dalla mia mente… ma di là chiunque parlava di te… commentavano, ridevano, facevano battute… usavano per te i nomi più turpi, i sinonimi più dispregiativi di cagna, troia, rottainculo… e inesorabilmente mi tornavi in mente…”Prese fiato ancora. Lo stavo ascoltando rapita. C’era qualcosa in quello che diceva che rendeva quel discorso… intimo. Qualcosa di speciale tra me e lui.L’uomo continuò.”Allora sono tornato. Ti ho inculata ancora. E ora sono qui di nuovo… per la quarta volta… mentre la festa sta finendo… tutti sono stanchi, felici e soddisfatti… la gente comincia ad andar via… e io non trovo pace… ho ancora voglia… sono ancora ossessionato da te… vengo qui, e… ti trovo pronta, dio del cielo… in posa… incredibilmente pronta a beccarti un altro cazzo in culo… dopo cinque ore… cinque ore… che ti stiamo inculando tutti a ripetizione… Oh, dio…”Respirava forte. Ma stavo respirando forte anche io. Non solo per l’atto fisico. Quel discorso mi stava coinvolgendo. Sentivo qualcosa, ma non riuscivo a capire cosa.”Potrei farlo un milione di volte… non servirebbe a niente… mi sei entrata nella mente e non riesco a scacciarti… Ma voglio andarmene stremato… voglio essere sicuro di averti schizzato in culo fino all’ultima goccia di sperma disponibile… voglio che tutte le volte che ti penserò ancora… e sa il cielo quante volte succederà… non ci sia il minimo sospetto che io possa averti inculato meno di quanto avrei potuto…”Smise di parlare. Cominciò ad ansimare forte, era vicino all’orgasmo. Percepii qualcosa di strano. In qualche modo folle, oscuro, irrazionale, ebbi l’impressione che nelle parole di quel tipo curioso si nascondesse la ragione vera del mio essere lì. Ma era una percezione viscerale, fisica, una specie di calore che si riflesse sul resto delle mie percezioni fisiche. Come se in qualche misterioso recesso della mia anima, talmente buio e profondo da ignorarne io stessa l’esistenza, un contatto elettrico si fosse chiuso, una luce si fosse accesa.Qualcosa si mosse dentro di me. Dal fondo del mio culo, dove il cazzo di quell’uomo stava sfregando selvaggiamente, si sprigionò una specie di brivido caldo. Una specie di vortice che si irradiava in tutto il corpo e risucchiava dentro ogni pensiero.Riconobbi, seppur dietro la maschera di mille particolari diversi, lo stato di anticamera dell’orgasmo. Un orgasmo diverso da quelli soliti, ma che si annunciava intenso e profondo come non mai. Mi accorsi che stavo gemendo rumorosamente.Anche il tizio riconobbe quei sintomi. Prese a fottermi il culo con maggiore entusiasmo. Come se essere l’unico a portarmi all’orgasmo in quella serata assurda fosse stata una cura efficace per la sua ossessione.Ma in quel momento, come in un lampo, capii che non potevo cedere all’orgasmo. Non era la cosa giusta, per me. Avrei perso qualcosa. Non dovevo. So che sembra tutto assolutamente folle, assolutamente assurdo. Forse lo è. Ma le cose andarono esattamente così.Mi raffreddai, il piacere tornò indietro. L’uomo raggiunse il suo orgasmo da solo. Eiaculò le sue piccole gocce dense sulla mia schiena, e se ne andò sconfitto.La festa era finita.Qualcuno stava ancora scopando la Fica alla mia sinistra, ma capii che era il suo uomo. Le diceva “Sei stata bravissima…” e le faceva mille coccole. Poi sentii che se ne andarono. Arrivò Marcello, anche lui visibilmente soddisfatto di come erano andate le cose. Mi tolse il cappuccio e mi aiutò ad alzarmi. Barcollavo e non riuscivo a stare in piedi da sola. Ero indolenzita dappertutto. Sentivo caldo, e l’odore di sperma che mi circondava, proveniente anche dal mio corpo, mi stava soffocando. Dovunque sulla mia pelle, persino nei posti più imprevisti, sentivo la presenza fastidiosa di chiazze di sperma seccato. Marcello mi invitò a seguirlo verso un bagno, per fare una doccia. Ma io volevo andarmene prima possibile. Gli chiesi di andare a prendere i miei vestiti e di portarmi via. Appena lui uscì dalla stanza crollai di nuovo a terra sui cuscini e mi misi stesa su un fianco.La Bocca, anche lei liberatasi del cappuccio, si stava massaggiando le mascelle con una mano, ma aveva la solita aria allegra. “Santi numi, stasera ho preso in bocca di tutto… ho leccato di tutto, ho succhiato di tutto… Cazzi, coglioni, fighe, culi… sborra a litri… Ho un alito pestilenziale…”Poi si rivolse a me. “Ehi! Complimenti! Sei stata strepitosa!”La guardai interrogativa. Mi spiegò che il suo cappuccio era solo scenografico. Le riusciva abbastanza facile sbirciare attraverso il foro. E aveva visto ogni cosa.”Sei stata inculata da tutti. Nessuno ha rinunciato all’occasione. E quasi tutti hanno fatto almeno un bis. Davvero un successone. Al tuo confronto io e l’altra siamo state del tutto snobbate. Erano tutti per te.”Non riuscivo a condividere tanto entusiasmo.”Anche con quella stronza dei fiori, sei stata grandissima, Hai fatto bene a non ribellarti.”Abbassai lo sguardo. Non avevo voglia di ricordare quel particolare momento.”In questo modo agli occhi di tutti ne sei uscita vincitrice. E’ lei ad aver fatto la figura della rosicona invidiosa. Sai che bel coraggio, mettere dei fiori nel culo di una poveretta in un momento in cui non si può nemmeno difendere… Il vero coraggio è il tuo, a fare quello che hai fatto stasera. A metterti a culo in su, con un cappuccio in testa, e farti inculare a volontà da una ventina di uomini. Ti confesso che io questo coraggio non ce l’ho. Non sai quante volte Sandro ha provato a convincermi a fare la terza scimmietta… E dire che sono troia forte…”Non capivo se dovessi prendere quel discorso come un complimento. Dal suo tono sembrava di sì.”Senti” mi disse, “posso chiederti di farmelo vedere? Sono così curiosa…”Per l’ultima volta in quella serata, tornai pronta ad assumere la mia posizione di scimmietta. Ormai era un automatismo oliato. La Bocca si inginocchiò dietro di me. Aprì le mie natiche dolcemente con le mani. La sentii commentare.”Dio del cielo, che voragine…”Sentii che si avvicinava con la testa. Ebbi un sussulto. Ricordavo di averla sentita leccare una donna quella sera. Ma per fortuna si limitò a guardare. Il faretto acceso, ancora perfettamente puntato, facilitò l’introspezione.”Però… Sta molto meglio di quanto pensassi. E’ molto aperto, ma non ci sono grosse escoriazioni, né grosse lacerazioni. Qualcosa di rotto c’è… qui e là… ma diamine, mica ti eri illusa di riportarlo a casa sano, vero? E’ molto arrossato, ma questo è il meno. Non vedo nemmeno troppo sangue. Nel complesso ti è andata di lusso. Devi avere i tessuti molto elastici e resistenti.”Sembrava competente e professionale. Forse era un medico.”Hai la predisposizione genetica delle donne che possono divertirsi sul serio con il culo. Sapessi come ti invidio. A me piace da matti prenderlo in culo, ma se facessi una cosa come questa credo che ci resterei secca. Beata te, vedi di approfittarne!”Tornò seria.”Attenta a quello che mangi, nei prossimi giorni” aggiunse. “Roba leggera, molti liquidi, e soprattutto niente spezie piccanti. Tra due o tre giorni non sentirai più niente, ma meglio resistere almeno una settimana prima di ricominciare a usarlo con gli uomini. Non essere ingorda.” E mi mollò un affettuoso buffetto su una natica.Marcello rientrò in quel momento, e provai imbarazzo a farmi beccare in quella posizione, con la testa di Bocca tra le chiappe, intenta a osservare lo spettacolo. Ma lui non sembrò farci caso.Misi solo il soprabito sul mio corpo nudo, e ce ne andammo. Era l’una e tre quarti del mattino. Ero entrata in quella villa alle otto di sera.Durante il viaggio Marcello mi fece a sua volta i complimenti. Mi disse che ero stata fantastica, che tutti gli uomini erano stati entusiasti di me e gli avevano esplicitamente chiesto di riferirmi il loro ammirato apprezzamento. Una serata splendida, concluse. “E tu? Ti sei divertita?”Finsi di essermi appisolata sul sedile.Mi portò in albergo, mi spogliò e mi fece stendere subito sul letto. Pensavo che se ne andasse, invece si spogliò a sua volta e cominciò a leccarmi il seno, a leccarmi tra le cosce. Poi si stese sopra di me e mi scopò con gusto. Credo che lo eccitasse il pensiero di avere la Terza Scimmietta di nuovo tutta per lui. Non poteva non approfittarne. Anche se nello stato in cui ero ridotta, completamente incapace di provare qualcosa, era come farlo con un cadavere. Prima di venire si sfilò da me e venne a strofinare il cazzo tra le mie tette, per poi schizzarmi in faccia e sul collo. Crollò al mio fianco e in dieci secondi russava alla grande.Rimasi immobile, con il suo sperma ancora sul viso, a fissare il soffitto. Ero stanchissima, distrutta, ma non riuscivo a dormire. Mi accorsi di quanto fossi stanca soprattutto mentalmente. Era la mia mente, stanca e indolenzita, a negarmi il sonno.Per essere inculate ci vuole la predisposizione mentale giusta. Non puoi avere pensieri avversi a quello che stai facendo. Si rifletterebbero sulle contrazioni involontarie rendendo assurdamente dolorosa la penetrazione. Bisogna bloccare sul nascere ogni pensiero negativo. Bisogna accettare il cazzo nel culo con gioia, pensare continuamente “Sì, che bello, mi stanno inculando, come godo”. Pensarlo anche se chi ti sta inculando è uno sconosciuto che non vedrai mai in faccia, anche se pensa di te le cose più turpi e te le dice, anche se si fa beffe di te, anche se ti umilia e ti deride. Pensarlo anche se, ancora peggio, lo fa con totale indifferenza, trattandoti da oggetto. E pensarlo davvero, crederci. Perché il culo non sa mentire. La fica sì, la fica è una bugiarda nata, ma il culo non mente mai.Quando ti inculano, o svieni per la sofferenza, o devi accettare di farti inculare anche mentalmente. Di essere inculata anche nella mente. La mia mente era stata inculata per cinque ore, quella sera, ed ora, dolorante, non mi permetteva di dormire.Decisi di alzarmi e di farmi un bagno caldo. Quando fui completamente immersa nel vapore e nell’acqua tiepida, la mia mente si sbloccò. Quella parte di me che avevo tenuto anestetizzata per tutta la sera, quella che avrebbe voluto ribellarsi alla situazione, si ridestò dolorosamente come un arto tenuto a lungo costretto. Fu allora che l’enormità di quello che avevo fatto quella sera mi crollò addosso come un’alluvione. Provai per tutto quello che era successo, per quello che avevo subito, e soprattutto per me stessa, l’orrore ed il ribrezzo più profondi. E piansi, rumorosamente, a lungo, con le mani sugli occhi.Dopo lo sfogo mi sentii più rilassata, e incredibilmente ci fu una specie di reazione contraria. La sensazione di orrore era sparita. Cominciai a ripensare ai momenti della festa e a sentirmi eccitata. Anche dal ricordo delle fasi che sul momento mi erano sembrate meno esaltanti. Quindici… venti uomini in fila… per incularmi… uno dietro l’altro… cosa poteva esserci di più eccitante? Ed io l’avevo fatto. L’avevo fatto! E ne ero orgogliosa.Poi tornai a provare orrore e schifo. Sembrava che due demoni opposti lottassero per impadronirsi della mia mente, alternandosi nel controllare i miei pensieri, e io non potessi far altro che assistere impotente, troppo stanca per intervenire, troppo stanca persino per sentirmi impazzire.Il mio corpo era come un arco teso. Ore e ore di eccitazione, di stimolazioni fisiche, senza mai avere uno sfogo di piacere vero e proprio. Sentivo dentro l’energia di un vulcano sull’orlo di esplodere. Il demone del sesso tornò a prendere possesso della mia mente. Cominciai a stuzzicarmi la fica con il getto dell’acqua, poi piano piano ad accarezzarmi la zona del clitoride, avvicinandomi sempre più. Nella mente si accalcavano i ricordi della serata e mi procuravano un’esaltante eccitazione. Ricordai gli insulti che mi avevano rivolto, e provai un perverso piacere a rievocarli. Cominciai a ripeterli a me stessa, a voce alta, mentre mi carezzavo tra le cosce, sempre più velocemente.”Sì… sono una troia di culo…””Sì… sono una puttana… col culo affamato di cazzo…””Sì… sono… ooh… una zoccola… una zoccola che gode… oohhh… a farsi… incu… incu… AAAAAAAAHHHHHHH!”Quando mi ripresi dall’orgasmo mi accorsi che l’acqua era quasi fredda. Mi ero lasciata andare al sonno per qualche minuto. Mi alzai, mi asciugai, e tornai a letto. Per un attimo mi chiesi chi fossi io davvero, se quella che piangeva con orrore per quello che era successo, o quella che si era masturbata al ricordo, e voleva farlo ancora. Decisi che non avrei mai risolto il dilemma quella notte, e finalmente crollai addormentata.La mattina dopo, Marcello mi accompagnò in stazione. Ero taciturna e confusa, nonché dolorante in tutto il corpo. Lui fu abbastanza gentile con me e abbastanza comprensivo da non tirare in ballo discorsi sulla sera prima. Non lo guardavo mai in faccia, e rispondevo a monosillabi a qualunque domanda. Alla fine, con molto tatto, mi disse che gli sarebbe piaciuto rivedermi ancora per il mese prossimo, stavolta, precisò, per “una cosa tranquilla”. Mi accennò qualcosa, sussurrai un distratto assenso. Ci salutammo. Mi aspettava un viaggio da incubo, in cui non riuscii a trovare una posizione seduta in cui stare comoda senza dolori per più di cinque minuti.* * * * *Non lo rividi più.Dopo circa una settimana mi chiamò, e cercò di convincermi ad andare con lui al suo club privè, per la fine del mese. Era particolarmente insistente. Gli feci qualche domanda, per cercare di capire.Venne fuori che i partecipanti alla serata delle Tre Scimmiette erano rimasti particolarmente colpiti dalla mia performance, e ne avevano parlato agli amici. La voce si era diffusa per tutto il giro di persone che gravitava intorno a quel club, e ora erano in moltissimi a volermi conoscere (dove “conoscere” era evidentemente un gentile eufemismo).A mia precisa domanda, mi assicurò che non si sarebbe trattato affatto di un bis di quello che avevo fatto nella serata delle Tre Scimmiette. La regola d’oro di tutti i club era che chiunque era libero di fare qualsiasi cosa solo se e quando lo voleva, con chi voleva, e nel modo che voleva. Su questo non dovevano esserci dubbi. Potevo anche restare tutto il tempo solo a guardare, se avessi voluto. Poi però aggiunse che… beh… era chiaro che quelle persone… come dire… avevano saputo… e… insomma… più o meno… era quella cosa lì che si aspettavano da me… E comunque cosa c’era di male… era quello che io volevo, no? Non avevo sempre detto che mi piaceva? Che lo trovavo eccitante?Risposi fredda che, no, grazie, la cosa non mi interessava. Ma lui andò avanti ad insistere. Perse la pazienza. Mi chiese perché facevo la difficile. Aggiunse che lo stava facendo per me. Per farmi divertire. Per farmi vivere le mie fantasie. Che avrei dovuto ringraziarlo.A questo punto si beccò un vaffanculo formato gigante.Era stato uno stronzo.Non ero così stupida da non capire quello cui teneva in quel momento. Era stato lui stesso a spiegarmi come funzionavano le cose in quegli ambienti. Le donne non vi si accostano mai da sole. C’è sempre bisogno di un accompagnatore che le inserisca nel giro. E le donne, a dispetto delle leggende che circolano, sono sempre pochissime in quei club. C’erano, è vero, parecchie coppie scambiste che frequentavano regolarmente il circolo, ma quelle donne, con pochissime eccezioni, erano disponibili esclusivamente nel giro delle coppie, che costituiva una specie di area protetta, anche fisicamente separata, nel club. Le donne disponibili per l’area dei “singoli” erano merce rara e preziosa.Riuscire a portare una “singola” al club era sempre grande titolo di merito. Marcello sapeva che se fosse riuscito a portare al club addirittura l’ormai leggendaria Terza Scimmietta, e metterla a disposizione dei soci, ne avrebbe guadagnato un prestigio immenso. Era stato già un grosso colpo per lui trovare la Terza Scimmietta per la festa di Sandro. E ora scalpitava per sfruttare il momento favorevole, portando il suo trofeo al club, per portare ancora più alle stelle la sua popolarità. Grazie al mio culo. E aveva fretta di farlo presto, prima che l’onda emotiva legata alla serata in casa di Sandro fosse scemata.Ormai, di me, di fare sesso con me, non gli interessava che marginalmente. Ma non era nemmeno quello il problema. Io stessa ero ormai più interessata alle situazioni che mi proponeva piuttosto che a lui in particolare.Ma per me la serata delle Tre Scimmiette era ancora troppo recente. Non avevo ancora avuto il tempo di superare e smaltire i traumi interiori, le lacerazioni nell’anima, che un’esperienza del genere non può non lasciare. In quel momento l’idea di tornare a fare la Terza Scimmietta, a farmelo mettere in culo da un numero imprecisato di uomini, probabilmente ancora maggiore, forse addirittura il doppio o il triplo, mi repelleva. Era ancora troppo presto.L’ingordigia lo aveva portato a sbagliare del tutto i tempi. Avrebbe fatto molto meglio a confermare, per la volta successiva, il programma che mi aveva accennato prima che partissi con il treno e che aveva definito “una cosa tranquilla”. Passare un paio di giorni nella villa al mare di un suo amico con lui ed un terzo amico. Gli avevo già dato il mio assenso. Per i miei standard, farmi inculare a volontà da tre ragazzi per due giorni di seguito era ormai “una cosa tranquilla”.Poi avrebbe potuto provare a tornare all’attacco con il club privè, e non escludo che a quel punto avrei accettato. Anzi, ne sono sicura. Il trend inequivocabilmente era quello. Doveva solo darmi il tempo necessario per digerire la serata delle scimmiette, e mi sarei prestata con gioia a farmi ancora inculare all’ingrosso, nel suo club o dovunque avesse voluto.Invece gli chiusi il telefono in faccia e, malgrado i suoi tentativi, ruppi ogni contatto.* * * * *Da allora, ho messo “la testa a posto”.Due mesi dopo riuscii ad ottenere una borsa di studio dell’Unione Europea per andare a terminare gli studi in Francia, ed accettai. Il modo migliore per tirare una linea con il mio passato e recidere radicalmente tutti i legami. Era una decisione che avrei preso comunque, da anni sognavo di poter studiare all’estero, ma sicuramente in quel momento, dopo tutto quello che era successo, fu ancora più facile.In Francia ho raggiunto la laurea, ho trovato un buon lavoro, e tuttora vivo qui.Durante gli studi ho conosciuto quello che è il mio attuale ragazzo, e che presto sposerò.Vengo in Italia piuttosto raramente, e lo faccio solo per tornare al mio paesino d’origine per far visita ai miei. Tenendomi ben alla larga dalle rotte dei club privè o dei “giri” dediti al sesso di gruppo.Tutti gli eventi che ho qui raccontato, dal primo incontro con Gilberto a Milano fino alla serata delle Tre Scimmiette, hanno coperto un arco temporale di circa sette mesi.Sette mesi, nella vita di una persona, non sono niente. Possono tranquillamente essere rimossi dai ricordi, o al più catalogati come “fase particolare”, come “crisi passeggera”, come “momento di sbandamento”, e in definitiva avere un impatto del tutto trascurabile sull’immagine complessiva che ho di me stessa e della mia sessualità.Tolto quel periodo, sono sempre stata una donna come tante, con una vita sessuale assolutamente normale. Oggi faccio l’amore con il mio uomo. Rapporti normali, senza spettacolari funambolismi. Senza nemmeno particolare predilezione per i rapporti anali. Anzi, semmai esattamente l’opposto. E mi sta benissimo così.Però…Però, se devo essere sincera fino in fondo, mi capita di attraversare dei momenti in cui le cose non sono così limpide e chiare.Quando nelle mie notti insonni mi abbandono a qualche gioco di piacere solitario, oppure quando mi capita di leggere qualche racconto erotico particolarmente evocativo, mi succede di ripensare a quelle mie esperienze e di provare una specie di nostalgia. Per quelle sensazioni forti, per quelle emozioni intense. Sembra quasi che una parte profonda di me desideri ancora vivere quelle emozioni e riassaporare quelle sensazioni. Una parte di me che per adesso se ne sta buona nel suo angolino, ad accontentarsi delle briciole delle mie fantasie solitarie, ma che un giorno potrebbe venir fuori a reclamare la sua parte con insistenza.Nessuno sa, allora, cosa potrebbe succedere.Per questo, nel terminare questa storia, mi accorgo di non essere affatto sicura di poter scrivere la parola “fine”
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