Dopo un paio di giorni di freddo lavoro e caldi pensieri, incontro Elena ad una riunione di dipartimento, si siede accanto a me, un lieve sorriso ed un cenno sono il suo saluto, fingo di essere interessato al discorso del relatore di turno, né un cenno né un sorriso. Dopo circa 20 minuti di noiosissimi interventi, le rivolgo la parola: “Quante volte ti sei masturbata da venerdì scorso?” “Due, forse tre.” “Due o tre?” “Tre.” “Ne riparliamo stasera a casa mia, alle 21.” Continuammo a sedere tra le prime file dell’aula magna senza più una parola tra noi. Puntualissima, suona esattamente alle 21, le apro, torno alla mia poltrona, Elena rimane in piedi accanto alla porta, indico un punto del pavimento vicino alla mia poltrona e lei senza proferire una parola si inginocchia accanto a me: “Bene bella bambina, quindi a casa la sera ci masturbiamo?” “Non succedeva da tanto tempo.” “E come mai inattiva per tanto tempo e poi tre ditalini in pochi giorni?” “Ripensavo alle sue attenzioni.” “Sai cosa significa?” “Penso di si.” “Bene allora spiegamelo, sei una dottoranda di filosofia sarai in grado di spiegarmi una cosa così semplice.” “No, non sono in grado, mi dispiace, ci ho pensato a lungo e non sono riuscita ad analizzare i miei sentimenti, sono semplicemente attratta da questo gioco.” “Non useresti il termine gioco se sapessi cosa significa accettare la mia dominazione”. Rimane silenziosa, assorta, la guardo meglio è proprio una donna affascinante, indossa gonna e maglioncino neri, le gambe nude, i sandali infradito con le stringhe annodate intorno alle caviglie, una si è spostata, metto a fuoco il segno che le ha lasciato sulla pelle, un solco arrossato, conosco bene quel genere di segno. “Elena, sei una bella donna e mi attrai molto, ma voglio giocare a carte scoperte con te, la mia sessualità è perversa e sfaccettata, non mi interessa solo possederti, voglio tutto, prima la tua mente e poi tutto il resto, non credo che tu possa essere pronta a un ruolo di questo tipo.” “E’ vero non sono pronta, ma forse potrei imparare, lei mi piace molto, non voglio perderla, provi a condurmi per un tratto di strada, se rimango indietro mi ritiro”. “Va bene accetto, ad una condizione, avrò carta bianca per un mese, senza limiti, poi potrai ritirarti ma non prima.” Elena annuisce silenziosa, la faccio alzare, la spoglio e comincio ad ispezionare il suo corpo, le infilo le dita nella figa, nel culo, nella bocca, geme. Le ordino di sedersi, prendo una delle mie corde, le lego le braccia dietro la schiena, mi accomodo davanti a lei: “Guardami sempre negli occhi, parlami del tuo rapporto con il sesso, raccontami le tue esperienze, voglio anche sapere quali sono le tue fantasie, sincerità, ricorda sincerità.” “Ho avuto quattro uomini, due sono state storie lunghe e due semplici avventure, ho perso la verginità a 18 anni, non ho mai preso l’iniziativa con nessuno dei miei ragazzi… bla bla bla…” Niente di interessante, nessuno le ha mai imposto niente di particolare, non possiede nessun capo di intimo sexy, non è mai stata sculacciata tanto meno legata. La parte delle fantasie è più interessante. “Ho avuto un’amica particolare, le volevo bene come ad una sorella ma nel periodo dell’adolescenza abbiamo avuto momenti di intimità particolari, quando dormivamo insieme, ci masturbavamo a vicenda, di notte sotto le coperte, rubavamo la torcia subacquea di mio fratello per vederci anche al buio, poi la nostra amicizia è finita ed io ho continuato a fantasticare su di lei, avrei voluto continuare a vederla, a fare sesso con lei anche se mi considero un’eterosessuale”. “Ti masturbi pensando a lei?” “Si”. “L’hai mai leccata?” “No, ma l’ho desiderato tanto”. “Parlami delle tue fantasie sugli uomini”. “Per tanto tempo ho fantasticato su un uomo che mi violentava, era un uomo adulto, volgare, forte e impietoso”. Mi alzo, la tocco tra le gambe, è eccitata, la seduta è umida dei suoi umori, le do uno schiaffo in pieno viso”. “Sbaglio o nessuno ti ha dato l’autorizzazione a bagnarti in questo modo?” “Scusa”. Secondo schiaffo. “Scusi, non puoi darmi del tu, quando ti rivolgi a me mi dai del lei, per ora, tra un mese se resisti passiamo a scusi padrone, siamo intesi?” “Si, siamo intesi” . La vedo mordersi il labbro superire, penso di averle fatto male, mi avvicino la prendo per i capelli costringendola ad alzare la faccia, controllo,ha l’angolo della bocca gonfio, la bacio sulla bocca, le infilo la lingua dentro, le lecco l’angolo dolorante: “Non costringermi a picchiarti senza motivo, lasciamo questo genere di cose per le punizioni, questa sera ti consegnerò un quadernino, appuntaci sopra tutte le cose che fai o che pensi durante il giorno che secondo te possono essere soggette a punizioni, faccio alcuni esempi, masturbarti, fare fantasie erotiche, fare la civetta con qualcuno, disubbidire a qualunque mio ordine, raccontare a qualcuno del nostro rapporto, comunque tu scrivi dettagliatamente tutto, sarò io a giudicare quello che va e quello che non va,” “Sarà fatto”. La disciplina è sempre stato il mio forte, la crescita di una schiava mi interessa più della schiava cresciuta, seguirò Elena nella sua educazione, mi impegnerò come non ho mai fatto con nessun’altra prima, questa ragazza mi piace e oltre che essere bella, è anche intelligente, devo impegnarmi. Le sciolgo le braccia, la faccio inginocchiare davanti alla mia poltrona e aspetto una sua reazione: “allora, cosa vorresti, parlami di cosa vorresti fare adesso”. “Bè io, io… mi piacerebbe… vorrei farle un pompino”. “Adoro farmi fare i pompini dalle giovani cagne in calore, ma io non sono uno dei tuoi fidanzati di pezza, voglio un pompino da oscar, devi riuscire a farlo entrare fino in gola senza conati o fastidiosi colpi di tosse, la lingua deve saettare continuamente intorno alla cappella, lo farai usando solo la bocca, le mani le tieni dietro la schiena e voglio che ingoi tutto il mio sperma”. Mi slaccio i pantaloni e le infilo l’asta in bocca, la tengo per i capelli dandole il ritmo giusto, è brava, più di quanto immaginassi, mi fa venire nel giro di pochi minuti, d’altronde sono eccitato da troppo tempo. Vado a fare una doccia, la lascio in ginocchio a terra, sa che non deve alzarsi senza il mio ordine e infatti quando torno la trovo nella stessa posizione, mi guarda tenera, gli occhi da cerbiatta, devo farla venire, sta cercando di farmelo capire. Mi avvicino, la sollevo, la bacio sulla bocca che sa ancore di me, la spingo contro la parete, le strizzo i capezzoli tra le dita, la sento irrigidirsi ma silenziosa come sempre, nessun lamento, la giro con la faccia al muro e la scopo, selvaggiamente, la colpisco con tutta la forza possibile, ha la figa stretta, sembra quella di una vergine, mi piace da morire, continuo finchè non la sento venire, le gambe non la reggono, devo tenerla sollevata io, voglio sentirla parlare, voglio venire ancora metre parla: “Dimmi cosa sei, avanti” “Sono di sua proprietà, sono la sua devota, sono la sua schiava che ama essere fottuta”. Vengo, copiosamente, mi scarico all’interno della sua stretta fighettina, fantastica ragazza per ora stai tenendo il passo. L’atmosfera ora è meno incandescente, Elena si è fatta la doccia, esce dal bagno con il mio accappatoio, si siede: “Devo andare via subito vero?” “No, puoi restare, mi fa piacere passare il resto della serata con te, se non hai altri impegni…” Cominciamo a chiacchierare da buoni amici, la musica di sottofondo, un bicchiere di ottimo cognac d’annata, vorrei che questa serata non finisse mai, Elena è serena, mi guarda negli occhi, languida e disponibile, sembriamo una coppia felice, siamo una coppia felice, forse una coppia temporanea ma per ora felice. Faccio una riflessione, chi ha veramente il potere in questo tipo di relazione, il bracconiere che tende la trappola e attende con piacere perverso o la delicata preda che finge di non vedere la tagliola perché sa che un cacciatore da il meglio di se solo quando ha soddisfatto la sua sete di sangue?
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