CAPITOLO XVII – L’ADDIOGli anni in cui Jennifer frequentò la Harper’s Hill furono molto felici per entrambe. La ragazza divenne una delle migliori studentesse della scuola e non ebbe bisogno di alcuna punizione per raggiungere questo risultato. Naturalmente le severe sessioni punitive non cessarono affatto ma furono semplicemente confinate nell’ambito dei giochi erotici. Poche cose risvegliavano il desiderio di Marie come il vedere la sua giovane ancella implorare adorante una dura battuta. Non vi era limite al piacere che le due amanti sapevano procurarsi a vicenda, così come non vi erano giornate abbastanza lunghe da non potere essere interamente trascorse fra le braccia dell’amata.Un’ombra gravava però su quell’amore. Marie era infatti consapevole che tenere Jennifer legata a sé per tutta la vita sarebbe stato ingiusto. La giovane aveva appena iniziato a divenire adulta e non avrebbe mai potuto completare la sua maturazione se non fosse stata lasciata libera di fare le proprie esperienze da sola. Per Marie l’amore poteva comportare anche la rinuncia a una parte di sé a favore dell’amata ma non alla perdita di qualcosa che non si è nemmeno scoperto di avere. La donna non aveva mai fatto mistero di questo suo pensiero. Sapeva che Jennifer, anche se avesse sentito l’impulso di allontanarsi da lei, si sarebbe comunque ritenuta in obbligo di rimanere fedele al suo primo amore. Per questo Marie cercò di fare capire alla giovane che per quanto fosse forte il loro legame questo si sarebbe comunque dovuto prima o poi sciogliere. Ogni volta Jennifer giurò che il suo amore sarebbe stato eterno ma anch’essa in fondo si domandava cosa sarebbe stato di loro quando lei avrebbe lasciato la città per andare al college. Fu forse questa atmosfera di precarietà che fece sì che il passare del tempo invece di fare venire meno la passione sembrò alimentarla.La partenza per il college non segnò una rottura nella loro relazione ma piuttosto una lunga agonia. Jennifer tornava a casa ogni volta che ne aveva l’occasione ma ritrovare l’antica intesa era sempre più difficile. Fare l’amore era divenuta solo una piacevole routine. Un pallido riflesso di quella che era stata un’esperienza così totalizzante. Anche le sculacciate cessarono senza rimpianti apparenti da parte di nessuna delle due. Erano passati ormai un paio d’anni dalla partenza di Jennifer quando accadde l’inevitabile. Era l’ultimo giorno di una breve vacanza prima di dovere tornare al campus. Avevano fatto l’amore e ora Jennifer giaceva nuda sopra a Marie con la testa poggiata su una spalla della donna."Sai mamma … ho conosciuto un ragazzo …" disse Jennifer con un filo di voce."È carino?" rispose Marie cercando di nascondere l’emozione."Sì. È molto carino però non è proprio un ragazzo … ha sei anni più di me. Sichiama Daniel. È un assistente di storia dell’arte. Mi ha aiutato per una tesina e dopo che ho passato l’esame mi ha chiesto di uscire. È così timido che quasi balbettava mentre me lo domandava però in fondo è per questo che ho accettato. Abbiamo passato una bella serata insieme e non ci ha provato affatto. Alla fine mi ha riaccompagnata al dormitorio e mi ha dato un bacio sulla guancia! Adesso sono quasi tre mesi che ci vediamo però non siamo ancora stati ‘in intimità’. Ci limitiamo a baciarci.""Questa è stata la nostra ultima notte insieme, non è vero?""Sì, mamma.""Sei innamorata?""Io … credo di sì. Mi spiace …""Non devi dispiacerti. Io sono felice per te. Davvero! E dimmi Daniel èinnamorato di te?""Direi proprio di sì.""Allora tienitelo stretto."Rimasero in silenzio per qualche minuto poi Jennifer riprese a parlare."Mamma?""Sì, tesoro?""Sai sono un po’ preoccupata di farlo con lui. Sento che non potrà essere bello come è stato con te.""Forse ci vorrà un po’ di tempo ma sono sicura che alla fine troverete l’intesagiusta …""Però lui è un uomo. Come potrà conoscermi bene come un’altra donna?""Dovrai essere tu ad insegnargli a darti piacere. Non mi intendo molto diqueste cose ma credo sia importante che sia la donna a comandare a letto.""Ma non la prenderà male?""Se ti ama dovrebbe essere felice di imparare da te. Da quello che mi hai detto poi non mi sembra il tipo del ‘macho’ idiota.""In effetti non lo è. Credo che non farà storie.""Ho come l’impressione che ti rigirerai quel poveraccio tra le mani come unpupazzetto!""Non essere cattiva! Stai parlando dell’uomo che amo!""Non ti arrabbiare. Nessuno potrebbe desiderare una padrona migliore di te …""Tranne me che ne ho conosciuta una magnifica …"Le ultime parole scambiate avevano segnato un cambiamento nell’animo delle due donne. Il passato appena rievocato sembrava essersi improvvisamente materializzato riportandole indietro nel tempo. Il tono delle loro voci era adesso più flautato, gli occhi persi in quelli della compagna, le dita impegnate a giocare con le chiome dell’altra, le gambe nude insinuate tra le cosce altrui a carezzare i sessi nuovamente caldi."Sai cosa mi mancherà soprattutto?" chiese improvvisamente Jennifer."Cosa?""Le tue punizioni.""Davvero?""Sì. Ho spesso fantasticato di fare l’amore con Daniel. La mia fantasia preferita è quella di essere sodomizzata da lui. Mi fa letteralmente impazzire. Però quando ho cercato di immaginarlo come il mio carnefice mi è solo venuto da ridere. Credo che solo il nostro legame sia così … intimo … da trasformare il dolore in piacere.""Forse è un po’ egoista ma ti confesso che una parte di me è contenta di questo…""Mamma?""Sì?""Non vorresti punirmi un’ultima volta. Mi piacerebbe tanto!""Sei sicura invece di non volermi fare semplicemente un bel regalo d’addio?""No! Io lo desidero davvero! Anche se solo per stanotte voglio essere di nuovo la tua schiava come una volta. Voglio essere punita selvaggiamente, a lungo e senza pietà. Annegare in un mare di dolore, sentire le mie grida sovrastare il rumore dei colpi sulla mia pelle segnata. Voglio che tu … che lei torni ad essere la mia dea. Dura, fredda e incurante come una statua di marmo eppure così bella da rendere folli d’amore le ancelle del suo tempio. Una Cipride crudele che gode a tormentare il sesso delle fanciulle con la sua sferza di mirto."Marie stava per schernire Jennifer per un simile accesso di lirismo ma si bloccò non appena si soffermò sul suo sguardo. Gli occhi della ragazza fiammeggiavano di passione. Il suo respiro affannato le faceva fremere le labbra come foglie il vento. Ogni fibra del suo essere vibrava di desiderio. Da quanto tempo non vedeva Jennifer in quello stato! Era come se una vita intera fosse trascorsa. Adesso però il braciere era tornato ad ardere ed il fuoco bruciava entrambe. Sul viso di Marie ricomparve improvviso il sorriso crudele e beffardo paventato con terrore da generazioni di studentesse e agognato follemente da una soltanto."Sei proprio una puttanella senza vergogna!" grugnì all’improvviso Marie. "Eccitarsi all’idea di essere punita. Ma ti farò passare io queste smanie. Ti darò una lezione che ti ricorderai per un bel pezzo e di sicuro l’unica cosa con cui ti bagnerai saranno le lacrime! Adesso smettila di farmi perdere tempo e vai subito giù a prendere i miei strumenti preferiti. Muoviti!""Sì, Madame!" rispose Jennifer prima di schizzare via, senza nemmeno rivestirsi, ad eseguire l’incarico. Pochi minuti dopo ritornò portando tra le braccia un piccolo arsenale. Più che quello di una giovane martire, Jennifer aveva l’aspetto gioioso ed eccitato di una bambina la mattina di natale. La ragazza depose con cura su di un lato del letto gli attrezzi del proprio supplizio e quindi si accovacciò ai piedi di Marie. Poi incapace di controllarsi, prese darle lunghe leccate che partivano dalle punte dei piedi ed arrivavano fino alle ginocchia. Non erano però passate lente e sensuali ma rapide, quasi frenetiche, come a ribadire che lei non era degna di essere considerata come una amante ma solamente come una cagna da ammansire a suon di frustate.Ad un certo punto Marie afferrò Jennifer per i capelli, sollevandola e poi scaraventandola sul letto. Senza bisogno di istruzioni la giovane si distese sul ventre. Un cuscino tra le gambe sollevava ed esponeva il bel fondoschiena che avrebbe presto perduto il suo colore naturale. Non vi fu preavviso. Marie prese una cinghia e iniziò a frollare a forza di battute le carni della ragazza. Si dedicò prima alle natiche, poi scese lentamente sulle cosce e giunse fino ai polpacci. Ritornò quindi sui glutei, questa volta con colpi più forti e distanziati. Dopo ogni urto la schiena di Jennifer si incurvava spingendo così il suo sesso a premere con decisione contro il cuscino. Al tempo stesso anche le gambe avevano uno spasmo e finivano per avvinghiarsi sempre di più al guanciale che veniva sospinto con forza contro la vulva della giovane. Non ci volle molto perché il dimenarsi della ragazza sotto le cinghiate della sua aguzzina finisse per assumere le sembianze di un amplesso. La macchia umida e odorosa che con sempre maggiore evidenza si spandeva sul cuscino testimoniava poi che dell’amplesso vi era anche la sostanza.Marie non era però intenzionata a dare alla sua bambina una così facile soddisfazione. Messa una mano sul fianco di Jennifer, la rovesciò sul dorso. Con una ulteriore dolorosa cinghiata allontanò la mano che la giovane aveva prontamente avvicinato al proprio sesso palpitante, quindi studiò per qualche istante gli strumenti deposti vicino a lei. Prese un’altra cinghia, corta ma molto più larga. La doppiò per poi impugnarla in modo che solo una quindicina di centimetri sporgessero dalla sua mano. Quindi divaricò brutalmente le gambe della ragazza. Per assicurarsi che rimanessero ben aperte intrecciò quella più vicina tra le sue e usò il braccio sinistro per allontanare quella più distante. Una volta sicura della posizione, cominciò a colpire la vulva esposta di Jennifer con la cinghia. La giovane che durante il trattamento precedente si era limitata a gemere e mugolare adesso lanciò urla strazianti mentre la tutrice continuava imperterrita a batterla selvaggiamente. Ci volle tutta la forza e l’esperienza della donna per tenere sotto controllo le convulsioni della ragazza ed evitare di essere sbalzata dal letto. Il supplizio continuò fino a quando Jennifer non ebbe nemmeno più la forza di dimenarsi e gridare ma solo per un pianto ininterrotto. Lo stato della giovane era tale che le occorsero diversi minuti per rendersi conto che il trattamento era terminato. Ancora una volta portò la mano verso i genitali, ora pulsanti solo di dolore. Era un gesto istintivo rivolto a cercare di lenire la sofferenza. Una staffilata sulle dita la riportò bruscamente alla realtà. Evidentemente la sua padrona non era ancora soddisfatta della punizione inflitta. Con la calma disperata di chi è ormai rassegnata a un destino crudele, Jennifer allungò lentamente le braccia oltre il capo e afferrò saldamente la spalliera del letto, come a volersene fare catena.Marie, pregustando ciò che stava per accadere, sorrise golosamente di fronte alla ennesima sottomissione della ragazza. Quindi si spostò in una posizione che le permettesse di meglio somministrare una nuova dose di medicina. In mano aveva una lunga sferza, sottile e flessibile. Fu con questa che prese a colpire i seni della giovane vittima. Rapidamente i teneri globi abbandonarono il loro pallore avvampando sotto le carezze della frusta. Naturalmente questo non fermò la tutrice che proseguì la cura lanciando mugolii di piacere ogni volta che con un colpo ben assestato riusciva a colpire entrambi i capezzoli. Nonostante a Jennifer sembrasse che i seni si gonfiassero fino a dover scoppiare, la giovane resse bene il trattamento. Alla fine però raggiunse il limite estremo della sopportazione e aprì la bocca per chiedere pietà. Non riuscì a dire nulla. Lacrime e gemiti la soffocavano impedendole di parlare per quanto si sforzasse. Fortunatamente per lei, tanti anni di torture non erano passati invano. L’intesa tra la sacerdotessa e la sua vittima sacrificale era ormai tale non richiedere una comunicazione verbale. Marie si rese immediatamente conto che la sua pupilla non era più in grado di resistere oltre e pose fine alla battuta.Jennifer era però destinata a soffrire ancora. Lasciati alla ragazza alcuni istanti per riaversi, Marie le si mise di fianco e con una mano le afferrò saldamente un capezzolo iniziando a torcerlo mentre con l’altra le circondava la vulva."Allora puttanella, ne hai abbastanza?" chiese Marie stringendo ancor di più il capezzolo."Sì! Pietà! La prego!""Farai la brava bambina? Lascerai che io faccia ciò che voglio di te?""Sì, tutto quello che vuole …""Non essere così timida. Devi essere un po’ più loquace se vuoi che creda alla tua sincerità!" incalzò Marie chiudendo con forza la mano attorno al sesso abusato della giovane."Aaaah! Lei è … la mia padrona … la mia dea … può fare di me ciò che vuole. Io sono solo la sua indegna schiava … una cagnetta in calore che deve sempre essere sorvegliata e punita … che deve soffrire … solo lei mi sa fare soffrire così … solo lei …"Mentre Jennifer parlava Marie addolcì la sua stretta iniziando a masturbare dolcemente la ragazza. I gemiti di dolore divennero di piacere ma la tutrice non voleva concedere alla giovane di raggiungere l’orgasmo in modo così pacato. La donna estrasse da un cassetto un doppio fallo e indossatolo si gettò sopra alla ragazza penetrandola rudemente. Accucciata sopra a Jennifer, con le gambe tra quelle della pupilla, la tutrice prese a muovere in bacino avanti e indietro o ruotando in circolo. Le due amanti avevano da tempo abbandonato l’uso dei falli nei loro amplessi, preferendo di gran lunga sentire dentro di sé le dita e la lingua della compagna. L’unica eccezione era rappresentata dagli stimolatori anali per i quali Jennifer aveva sviluppato una passione sfrenata. Se Marie aveva deciso di fare nuovamente ricorso a quello strumento vi era però una precisa ragione. Il fallo permetteva alla donna di stimolare la ragazza e al tempo stesso la lasciava libera di sfogarsi sul corpo martoriato della giovane. Marie infatti non si limitava alla penetrazione. Ogni sua spinta, ogni sua stretta era rivolta a ravvivare il dolore della punizione non meno che procurare piacere.In passato Marie e Jennifer avevano fatto l’amore ora come timorose cerbiatte nella penombra della foresta, ora come fiere leonesse nell’ampia savana. Adesso però Marie non era né cerva né leonessa ma semmai leone tiranno. Forza bruta, violenza e stupro. Nulla più. Come artigli le mani straziavano seni e cosce. Stringevano a sé la preda strizzando fuori, sotto forma di urla, ogni stilla residua di sofferenza. I denti come zanne, affondavano nel collo e nelle spalle lasciando sulla pelle il loro marchio scarlatto. Se Marie era una dea il suo volto ora era quello di una orribile Erinni assetata di sangue o forse quello di Artemide, vibrante di piacere mentre affonda la punta acuminata della sua freccia nelle tenere carni di una indifesa gazzella.Pochi vedendo quello spettacolo avrebbero capito perché Jennifer non cercasse di sottrarsi a tanta crudeltà. Né avrebbero capito perché le sue gambe si avvinghiassero attorno alla sua carnefice quasi costringendola ad affondi ancor più brutali o perché le sue unghie si conficcassero sulla schiena della donna aizzandola a una maggiore ferocia. Urla e gemiti avrebbero impedito di ascoltare la richiesta sussurrata nell’orecchio della demone così come la risposta d’assenso. Gli occhi avrebbero però visto le mani della giovane insinuarsi tra i due corpi sudati fino a fare strisciare la dita attraverso le scure praterie alla ricerca delle radici del piacere. Un’impresa non difficile per l’esperta giovinetta che trovati i pistilli dei due fiori cominciò stimolarli. Da brava scolaretta si dedicò dapprima soprattutto alla sua amata seviziatrice che resistette a lungo prima di crollare schiantata e boccheggiante. Solo allora irrobustì le carezze verso sé stessa procurandosi un immediato orgasmo.Stesa a fianco di Jennifer, Marie vide la sua esausta compagna addormentarsi tenendola per mano. La spalla dove la ragazza aveva affondato le unghie le doleva ma la sua mente non prestava attenzione al suo corpo. La donna stava cercando di capire per quale motivo quell’ultimo amplesso dovesse essere così violento. Era la loro ultima notte, non sarebbe stato meglio trascorrerla facendo l’alba tra mille baci e carezze anziché sfiancarsi in quel modo? Il pensiero di lei e Jennifer che si coccolavano a vicenda la riempì di languore ma le fece anche capire che se fossero tornate a rivivere quei momenti separarsi sarebbe stato troppo doloroso. Avevano potuto darsi ancora piacere ma darsi amore avrebbe solo complicato tutto. Mentre Marie scivolava lentamente nel sonno fantasticando sui momenti romantici che aveva passato insieme alla sua amante prese una decisione importante. Aveva sempre pensato che una volta che il legame con Jennifer fosse venuto meno l’amore sarebbe per sempre uscito dalla sua vita e tutto sarebbe tornato come prima del loro incontro. Ora però iniziava a rendersi conto di quanto la sua piccola schiava l’avesse cambiata. Sentiva che non sarebbe più riuscita a vivere senza qualcuno al suo fianco. Qualcuno da amare e da cui essere riamata. Forse era solo una illusione. Forse non sarebbe mai riuscita a trovare un nuovo amore. Però ci avrebbe provato e se fosse riuscita a essere di nuovo felice il merito sarebbe ancora stato della ninfa che dormiva accanto a lei. Quel bisogno d’amore e la forza per ricercarlo erano gli ultimi doni di Jennifer per lei. Non dovevano andare sprecati.Quando Marie si svegliò, la mattina seguente, vide Jennifer in piedi davanti al grande specchio dell’armadio. Era nuda e sembrava persa nella contemplazione dei numerosi segni che ricoprivano il suo corpo. La donna rimase per un attimo incantata da quello spettacolo, combattuta tra lussuria e pietà. Poi si alzò e si avvicinò alla giovane da dietro ponendole gentilmente una mano sulla spalla."Tutto bene, tesoro?" chiese Marie."Sì, tutto bene.""Mi sembri triste.""È solo che stavo pensando che non sentirò più la tua frusta e non vedrò più il mio corpo segnato. Non sentirò più questo dolore così dolce …""Ci sono molti altri piaceri. Devi solo scoprirli.""Sai cosa vorrei fare?""Cosa?""Vorrei andare da Daniel e spogliarmi davanti a lui. Vorrei che vedesse il miocorpo così com’è adesso. Vorrei che sapesse a cosa rinuncio per lui … a come fosse forte il nostro legame.""Non credo che capirebbe …""Lo so. Come potrebbe? Però vorrei che sapesse …""Ma noi sappiamo. E porteremo il ricordo del nostro amore dentro di noi …" "Mi mancherai tanto …" disse la ragazza abbracciando in lacrime Marie."Non piangere, Jennifer. Questo non è un addio. Anche se non divideremo più il letto tu sarai sempre la mia bambina. Mi impiccerò della tua vita fino rendermi insopportabile, farò ammattire il tuo ragazzo, vizierò i tuoi figli … insomma farò tutto quello che ci si aspetta da una brava mamma. Sempre che tu lo voglia.""Davvero continuerai a farmi da mamma?""Anche se ti avessi partorito non potrei volerti più bene di quanto te nevoglia né essere più fiera di te.""Mamma …""Sì?""Ti voglio tanto bene!""Anche io, figlia mia, anche io …"Negli anni che seguirono l’affetto tra Marie e Jennifer non venne mai meno. Si era tra loro creato un rapporto profondo di totale fiducia e sincerità. Anche se non si incontravano spesso erano ognuna la confidente prediletta dell’altra. Jennifer sposò Daniel e divenne tradizione di famiglia passare il giorno del Ringraziamento a casa Foisson. Anche quell’anno erano tutti riuniti. In giardino Daniel cercava di giocare a palla con Tommy che a soli tre anni trovava però molto più divertente sguazzare nel mare di foglie multicolori che tappezzava il prato. Comodamente sedute in veranda Jennifer e Marie sorvegliavano discretamente la scena. Dall’altra parte della veranda Carlita, la nuova compagna di Marie, cullava la piccola Mary, l’ultima nata di Jennifer che aveva sei mesi. Osservandola sfuggevolmente, Marie rifletté ancora su come le due gravidanze avevano cambiato molto il fisico di Jennifer. Sotto molti aspetti si poteva dire che era sbocciato. Sicuramente era ben più arrotondato e femminile di quello dell’esile airone che l’aveva fatta impazzire. Un cambiamento di cui era felice perché adesso poteva guardarla vedendo in lei solo una figlia e non anche un antico amore. Anche il viso era mutato. Jennifer aveva adesso un’espressione di pacata serenità. Quella di una donna in pace con sé stessa, consapevole della sua forza e senza nulla da dimostrare. Marie sorseggiò un altro po’ di tè dalla sua tazza. Il suo sguardo incrociò quello di Carlita che la salutò con un sorriso per poi tornare a canticchiare una ninnananna alla creaturina che teneva in braccio."Allora, come vanno le cose con Carlita?" chiese Jennifer. Marie non la sentì.Era persa nei suoi ricordi.
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