CAPITOLO II – JENNIFERKnock! Knock! Il bussare ridestò Marie dai suoi pensieri."Avanti!""Buongiorno, Madame.""Buongiorno, Jennifer."Marie studiò la giovane mentre questa richiudeva la porta dietro di sé e si avvicinava alla scrivania. Jennifer Larson era quanto di più lontano vi fosse dalla tipica studentessa della Harper’s Hill High School. Non che il suo aspetto fosse diverso da quello delle altre. Era la sua storia a renderla un caso unico. Lei non era la spocchiosa erede di una qualche importante dinastia famigliare ma bensì la figlia di una ragazza-madre morta di overdose due anni prima. Da allora Jennifer era stata affidata alle poco entusiaste cure del patrigno. Era cresciuta senza nessuno che si occupasse realmente di lei ed era un piccolo miracolo che nonostante le cattive compagnie non fosse caduta nella stessa schiavitù della madre. Né questa né il patrigno avrebbero avuto i soldi o la volontà di mandarla a una scuola come la Harper’s Hill. Né d’altro canto una ragazza con la sua storia sarebbe stata ammessa. Il motivo per cui Jennifer si trovava lì era che una sua zia, l’unica parente rimastale, morendo le aveva lasciato un fondo per l’iscrizione all’istituto e una lettera di presentazione per la fondatrice della scuola della quale era una vecchia amica. Con riluttanza, Marie aveva dovuto cedere alle pressioni della madre ed ammettere la giovane nella scuola.Purtroppo la carriera scolastica di Jennifer era stata un vero disastro. Incapace di autodisciplina, non in grado di stringere amicizie con le altre studentesse, troppo diverse da lei, aveva finito per diventare una ospite fissa dello studio di Madame Foisson con il solo risultato apparente di sviluppare una spiccata resistenza al dolore. La vice direttrice se da un lato era lieta di poter somministrare a Jennifer le sue durissime punizioni dall’altro era indispettita dal fatto che queste non producessero alcun positivo effetto sul suo rendimento. Aveva così finito per fare del recupero di Jennifer un caso personale. Si era dedicata ore a studiare il suo comportamento, i suoi voti, la sua storia personale e familiare. Aveva analizzato attentamente i test psicologici e di intelligenza a cui era stata sottoposta. Alla fine poteva dire di conoscere Jennifer Larson meglio di qualsiasi altra persona al mondo ed era giunta a una conclusione. Jennifer era una ragazza estremamente intelligente ma terribilmente bisognosa di qualcuno che si occupasse di lei. Le esperienze passate avevano profondamente intaccato la sua autostima. Se Jennifer non si impegnava a fondo degli studi non era perché non si rendesse conto della loro importanza. Era perfettamente cosciente che solo con una borsa di studio che andasse ad aggiungersi alla sua piccola eredità avrebbe potuto frequentare un college e sfuggire alla vita miserevole che la attendeva fuori dalla scuola. Semplicemente Jennifer non credeva nelle sue possibilità e finiva per arrendersi senza nemmeno provarci. Qualche occasionale punizione non poteva costringerla ad impegnarsi per più di qualche giorno. Aveva preso troppi calci dalla vita per avere realmente paura di un castigo che per quanto severo veniva solo una volta ogni tanto. Aveva bisogno di attenzioni più costanti. Marie aveva perciò escogitato un piano che avrebbe dovuto soddisfare le esigenze della ragazza e allo stesso tempo le proprie inclinazioni. Per funzionare aveva però bisogno della collaborazione della stessa Jennifer. Ed era venuto il momento di chiederla."Accomodati pure" disse Marie indicando la sedia davanti alla sua scrivania. Jennifer si mise dietro lo schienale della sedia. Sollevò la gonna e si chinò in avanti afferrando saldamente i braccioli. "Intendevo dire di metterti a sedere. Non sei qui per essere punita" precisò Marie sorridendo divertita. Jennifer si sedette perplessa. Era uscita dalla scuola senza permesso ed era rientrata ben oltre il coprifuoco. Si aspettava una punizione molto dura. "Jennifer" iniziò la donna con fare inconsuetamente familiare, alzandosi in piedi e poi sedendosi sul bordo della scrivania a poca distanza dalla giovane. "Tu sai che la nostra scuola si è sempre fatta un vanto di non espellere le ragazze difficili ma di rimetterle sulla giusta via, vero?""Sì, ma …" interloquì Jennifer che iniziava a temere di essere cacciata."Lasciami finire d’accordo?" disse Madame Foisson con tono molto dolce. "Non puoi negare che a te sono state inflitte più punizioni che a qualunque altra studentessa e che queste non hanno avuto alcun effetto sul tuo comportamento e sul tuo rendimento negli studi."Jennifer deglutì e fece un timido cenno di assenso."Siamo arrivati al punto che il consiglio scolastico ha dovuto riconoscere che la scuola con te ha fallito. E per evitare che il tuo esempio possa contagiare le altre studentesse ha votato la tua espulsione."Per Jennifer queste parole erano come una condanna a morte. Peggio, a una vita disperata e infelice come quella di sua madre. La Harper’s Hill era stata la sua unica possibilità di combinare qualcosa di buono e lei l’aveva sciupata. Abbassò la testa. Sentiva gli occhi che si riempivano di lacrime. Iniziò a piangere in silenzio. Ciò che non era riuscito alle centinaia di vergate subite era successo ad opera di poche parole pronunciate con voce compassionevole."Mi spiace … ho rovinato tutto!" singhiozzò la ragazza. All’improvviso sentì una mano gentile poggiarsi sulla sua spalla. Sollevò lo sguardo e vide la donna più temuta della scuola che le sorrideva amorevolmente. Ne fu talmente sorpresa che rimase letteralmente a bocca aperta."Ascolta Jennifer" iniziò Marie "conosco bene la tua situazione familiare. So che se ti cacciamo non avrai un posto dove andare. Il tuo patrigno sta lavorando su una piattaforma petrolifera e non può certo occuparsi di te, ammesso che mai lo abbia fatto!" Fece una breve pausa. "Credo anche che tu abbia buone possibilità di fare bene, a scuola come nella vita, ma che ti serva una guida costante che ti faccia da stimolo."Jennifer guardò la donna con aria interrogativa. Non riusciva a capire quale fosse lo scopo di quelle parole."Purtroppo però non c’è nessuno che si occupi di te, mia cara" continuò Marie. "A me però è venuta un’idea. Ne ho già parlato con il consiglio scolastico e con il tuo patrigno. Ne ho discusso anche con un amica dei servizi sociali. Sono tutti d’accordo. In sostanza si tratta di questo. Io assumerei la tua tutela legale e mi occuperei di te non solo in qualità di insegnante ma anche come … be’ … diciamo come se tu fossi un membro della mia famiglia. Naturalmente, visto che non sono una tua parente, sarai tu ad avere l’ultima parola sulla faccenda.""Io … scusi Madame ma non credo di capire …" disse Jennifer."Cosa, mia cara?""Cosa succederà se accetto? Potrò rimanere a scuola? E poi … ecco … noncapisco perché fa tutto questo per me …""Lo faccio perché credo che con il mio aiuto tu possa cambiare la tua vita. Venire qui è stata una grande opportunità per te. Sarebbe un peccato se tu la sprecassi. Sono sicura che anche tu la pensi così, non è vero?""Sì, Madame.""Quanto al resto è presto detto. Il provvedimento di espulsione sarà sospeso a condizione che tu sia promossa al termine dell’anno. Nel frattempo ovviamente potrai continuare a frequentare la scuola. Io sosterrò le spese per la tua retta e il per il tuo mantenimento. Mi impegno inoltre a sostenere le spese per farti frequentare un buon college sempre che tu riesca a diplomarti con una media che ti faccia accettare."Jennifer era sbigottita."Attenta però!" aggiunse la donna. "Non pensare di ricevere alcun trattamento di favore da parte degli altri insegnanti. Anzi chiederò loro personalmente che siano con te più esigenti che con le altre ragazze. Inoltre ci dovranno essere dei cambiamenti. Non sarai più alloggiata in dormitorio con le altre ma verrai a vivere nella mia casa insieme a me. A scuola verrai solo per frequentare le lezioni. Anche lo studio verrà svolto a casa dove ti potrò tenere sempre sott’occhio.""Devi poi capire la cosa più importante" disse infine "I nostri rapporti cambieranno. Come insegnante ci sono precisi limiti che devo rispettare nel rapporto con le mie allieve. Come tutore legale però io, di fatto, sarei equiparata a un genitore. Avrò molto più potere su di te. Così ad esempio, la qualità e la quantità delle punizioni a cui saresti soggetta sarebbe molto maggiore e se vogliamo più arbitraria. C’è bisogno che tu abbia piena fiducia in me perché un simile rapporto possa dare i sui frutti. Mi rendo conto che una decisione del genere non è facile da prendere perciò hai tutto il resto della settimana per farlo. Domenica preparerai le valigie e lunedì mattina prima dell’inizio delle lezioni verrai nel mio ufficio e mi dirai cosa hai deciso di fare. Se accetti la mia proposta il pomeriggio stesso potrai trasferirti da me altrimenti ti farò accompagnare alla stazione dove potrai prendere il treno per tornare ad Atlanta."Marie accompagnò la ragazza alla porta e le due si congedarono senza dire altro. Rimasta sola la donna rifletté sulle sue parole. Aveva esagerato ad accennare a Jennifer del duro regime che l’avrebbe attesa a casa Foisson? No! A lei non bastava avere su Jennifer il potere derivante dalla legge o dalla forza bruta. Voleva che Jennifer stessa lo desiderasse, che si offrisse spontaneamente in olocausto a lei. Solamente così avrebbe avuto pieno dominio. Solo così avrebbe potuto appagarsi su di lei e al tempo stesso aiutarla realmente a migliorarsi. Ora tutto era nelle mani della ragazza.Jennifer passò tutte le notti di quella settimana pensando alla decisione che doveva prendere. Abbandonare la scuola avrebbe significato finire sulla strada. Nonostante ciò l’alternativa di finire sotto le grinfie della Foisson era a dir poco inquietante. E sarebbe poi servito a qualcosa? Lunedì mattina Jennifer si presentò puntualmente nell’ufficio della vicedirettrice. Marie non perse tempo e le chiese subito quale era la sua decisione."Vede Madame … apprezzo la sua offerta … ma io non credo …" iniziò Jennifer."Non vuoi accettare, capisco" disse seccamente la Foisson. Era arrabbiata e delusa."Il fatto è che … anche se accettassi … non riuscirei a farcela. Mi conosco … non riuscirei mai a recuperare … a essere promossa … mi creda la deluderei. Io … io sono un’incapace!" concluse singhiozzando.C’era ancora qualche possibilità. Marie era decisa a non lasciarsela sfuggire."Sei una sciocca!" disse. "Non hai ascoltato quello che ti ho detto giorni fa? So benissimo che non puoi cavartela da sola! Non ti ho chiesto di assumerti l’impegno di diventare una buona studentessa! Sarò io a renderti tale. Non avrai alcuna possibilità di scelta a questo riguardo. La mia volontà basterà anche per te."La donna cercò di assumere un tono più calmo e continuò."Quella che voglio è un’altra cosa. Voglio che tu accetti la mia assoluta autorità su di te. Ciò che devi accettare non è di seguire le mie regole ma è il mio diritto a stabilirle. Penserò io a fartele rispettare!"Jennifer era confusa. Non aveva pienamente compreso ciò che l’altra le aveva detto. Ne era però rimasta colpita. Lo sfogo della donna sembrava dettato da … affetto per lei?! Nessuno mai se la era mai presa con la ragazza per qualcosa che riguardava solo il suo bene. Il suo patrigno non voleva che si cacciasse nei guai solo perché era lui poi che doveva tirarcela fuori. I ragazzi che aveva conosciuto volevano solo portarsela a letto. Gli insegnanti la sgridavano e punivano perché quello era il loro lavoro. Solo sua madre, qualche volta, tra una crisi di astinenza e un paradiso artificiale, le aveva mostrato un po’ d’amore sincero. Ed ora questo. Possibile che nella più dura e temuta insegnante della scuola ci fosse dell’affetto vero? Per lei?! Era impossibile. Eppure per quale altro motivo avrebbe dovuto assumersi la grana di occuparsi di una ragazza che non poteva che causarle problemi e che certo non aveva fatto nulla per meritarsi il suo aiuto?"Madame … io non merito tutto questo … so che la deluderò … ma … se lei crede di … di riuscire a … io …" i singhiozzi interruppero Jennifer. Mentre cercava di proseguire Marie le si avvicinò e ponendole l’indice davanti alla bocca. Le sue parole erano poco più di un sussurro."Shhh! … Devi solo dire che accetti la mia autorità su di te. Che accetti il mio diritto a prendermi cura di te e a punirti come riterrò opportuno se non ti comporterai bene. Che ti rendi conto che tutto quello che farò è per il tuo bene e nel tuo interesse. Che mi darai ubbidienza e rispetto assoluti. Lo farai?""Io … sì, Madame. Accetto. Io … io ho bisogno del suo aiuto e prometto che farò del mio meglio per non deluderla …""Mi obbedirai? Sempre? Non ti ribellerai alle mie punizioni?""Farò tutto ciò che mi chiederà e … accetterò ogni punizione, Madame" rispose meccanicamente Jennifer. Si sentiva come davanti a una belva feroce. Terrorizzata ma stranamente affascinata."Bene, bambina mia" disse la donna dandole un bacio sulla guancia. "Adesso vai a lezione e dopo lo studio pomeridiano torna qui. Dovremo provvedere a trasferirti nella tua nuova casa."
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