CAPITOLO III – NUOVA CASA, NUOVA VITALa ‘nuova’ casa in realtà aveva almeno un secolo di vita alle spalle anche se era tenuta perfettamente. Jennifer la conosceva bene perché sorgeva a poche centinaia di metri dagli altri edifici della scuola, del cui complesso faceva parte integrante. Era una casa a due piani, piccola per il suo genere ma fin troppo grande per Marie e per la sua giovane ospite. In assenza della madre della donna, le due ne erano infatti le uniche abitanti. L’interno della casa, che Jennifer non aveva mai visto, era in perfetta sintonia con l’esterno. L’arredamento era rigorosamente costituito da pezzi d’epoca che avrebbero fatto la felicità di un qualunque antiquario. Solo la presenza di qualche apparecchio elettrico tradiva il secolo in cui ci si trovava.Marie e Jennifer passarono il pomeriggio ad occuparsi della sistemazione della nuova venuta. Le cose di Jennifer furono sistemate nella spaziosa camera da letto al secondo piano che la donna le aveva assegnato. Prima però Marie pretese di esaminarle dettagliatamente ‘per accertare che non vi fosse nulla poco adatto a una signorina come si deve’. L’ispezione fu per la ragazza una specie di incubo. Per prima cosa venne sequestrato il suo stereo portatile perché giudicato ‘una pericolosa fonte di distrazione’. Se proprio voleva ascoltare della musica nel tempo libero avrebbe potuto usare l’ottimo impianto hi-fi che era giù in salotto, ovviamente dopo averne chiesto il permesso alla donna. Sotto sequestro finirono anche i suoi cd e le sue cassette che, a detta della tutrice non erano musica ma solo spazzatura. Stessa sorte subirono le sue riviste, ‘volgari e pornografiche’, e i suoi cosmetici, visto che ‘una brava ragazza non ha bisogno di impiastricciarsi la faccia come una prostituta’. Furono scovate anche le sue sigarette."Pensavo che tutte le punizioni prese per essere stata trovata a fumare ti fossero bastate a perdere il vizio! Vuol dire che di questo riparleremo stasera" fu il commento di Marie.Anche gli abiti subirono una spietata ispezione. Furono destinate al macero tutte le sue minigonne ‘roba da sgualdrine!’, le T-shirt ‘non ce n’è una che non abbia una scritta oscena!’, le giacche ‘troppo vistose e di cattivo gusto’, i jeans ‘non vorrai mica metterti a fare la camionista, vero cara?’, le scarpe con i tacchi alti ‘alla tua età si possono portare solo con un vestito da sera e non mi sembra che tu ne abbia!’, quelle sportive ‘da quando in qua sei diventata un giocatore di basket?’ e infine molta biancheria intima ‘inadatta a una ragazza’. Alla fine della cernita a Jennifer rimase poco altro che le uniformi scolastiche e un po’ di capi intimi. Libri e quaderni furono sistemati in un grande studio al primo piano. "Sarà qui che studierai" disse Marie. "D’ora in avanti io stessa svolgerò il mio lavoro d’ufficio a casa così sarai costantemente sotto la mia sorveglianza."La sera cenarono in silenzio. Jennifer fu incaricata di sparecchiare e di lavare i piatti. La donna le spiegò che quello sarebbe stato l’unico lavoro domestico cui era tenuta. A tutti gli altri avrebbe continuato a provvedere il personale della scuola. Finite le faccende la ragazza andò nel salone principale dove trovò Marie che stava finendo di ascoltare il telegiornale comodamente seduta sul divano."Hai finito Jennifer?" le chiese spegnendo il televisore."Sì, Madame.""Bene allora avvicinati, dobbiamo chiarire un paio di cosette.""Sì, Madame" rispose la ragazza con qualche apprensione."Prima di iniziare la tua punizione vorrei chiarire che …""Punizione?!" esclamò la ragazza stupita. "Mi scusi Madame ma perché vuole punirmi? Io non ho fatto niente!""Non dirmi che pensavi di non essere punita per quello che hai combinato lunedì scorso?" disse Marie con una punta di ironia. "Anche se ho fatto sospendere il provvedimento di espulsione non vuol dire che ciò che hai fatto debba essere dimenticato."Jennifer iniziò a preoccuparsi. Sapeva che sarebbe stata una punizione pesante."Come se non bastasse hai addirittura portato delle sigarette in questa casa! Questo ti costerà una punizione supplementare" continuò la donna. "Quello che volevo dirti era comunque un’altra cosa. Te ne avevo già accennato. Le punizioni che ti darò da oggi in avanti non saranno date come insegnante ma come tutrice. Perciò saranno più lunghe, più dolorose e più umilianti di quelle a cui sei abituata. Mi aspetto che tu ti ci sottometta senza fare storie. Sono stata chiara Jennifer?""Sì, Madame" rispose la giovane che sapeva che questa era l’unica risposta che l’altra avrebbe accettato. Purtroppo in questo modo si era preclusa persino il diritto di chiedere pietà."Bene, Jennifer" riprese la tutrice. "Togliti gonna e mutandine."Jennifer esitò. Non le era mai stato chiesto di togliersi la gonna prima di essere punita. Bastò un’occhiata di Marie a convincerla che non era il caso di perdere tempo. La donna osservò la giovane mentre si spogliava. Indossava l’uniforme scolastica. Mocassini marroni, lunghi calzettoni bianchi, gonna blu lunga fino al ginocchio, camicetta bianca e un maglioncino azzurro con lo stemma della scuola. Mentre Jennifer ripiegava con molta cura su una sedia gli indumenti che si era sfilata, in un istintivo tentativo di procrastinare l’inevitabile, l’attenzione della tutrice si concentrò sul corpo della ragazza. Indubbiamente l’aspetto di Jennifer era cambiato. La prima volta che l’aveva punita era rimasta molto delusa dalla magrezza delle gambe della ragazza. L’educazione fisica, molto curata alla Harper’s Hill, aveva fatto miracoli. Forse il fenicottero rachitico non si era trasformato in un cigno ma quantomeno in una graziosa cicogna. Le lunghe gambe della ragazza avevano adesso un perfetto tono muscolare ed erano giudicate dalla donna tra le più belle della scuola. Anche il resto del corpo della ragazza era piacevolmente tonico. L’unica pecca era che nonostante i suoi 18 anni, il corpo della giovane continuava ad avere qualcosa di infantile. I suoi fianchi erano rimasti stretti, come quelli di un ragazzo, ed il seno non sembrava voler crescere. Il suo viso era magro ed aguzzo ma con lineamenti delicati e femminei. Gli occhi erano castani e chiari. I capelli, castani anch’essi, erano leggermente ondulati e le scendevano fino alle spalle. Nel complesso il suo volto aveva qualcosa di infantile ed etereo. Per il tipico teen-ager americano oltre che per la ragazza stessa, Jennifer non era un comunque un granché. Per chi invece, come la tutrice, avesse avuto gusti un po’ più raffinati essa rappresentava in realtà una magnifica preda.Jennifer aveva terminato la sua cerimonia di svestizione e ora stava in piedi davanti alla donna. La camicetta purtroppo era lunga abbastanza da ricoprire abbondantemente il sesso della giovane che nonostante ciò aveva comunque un aspetto piacevolmente indifeso."Mettiti qui!" disse Marie battendo il palmo della mano sulle cosce. Poi, vedendo Jennifer dubbiosa su cosa le venisse chiesto, fu più chiara. "Non mi dirai che non sei mai stata sculacciata, vero?"In effetti le sculacciate non facevano parte delle punizioni previste dal regolamento della scuola ed erano anni che la ragazza non ne riceveva una. Sapeva però che era meglio non discutere. Si avvicinò a Marie e non senza qualche impaccio si sdraiò in grembo alla donna. Immediatamente questa afferrò i lembi della camicetta della ragazza e li tirò fino a scoprire non solo i bianchi glutei ma anche buona parte della schiena. Il pube nudo di Jennifer premeva contro la coscia dell’istitutrice, separato dalla pelle di questa solo dalla stoffa della gonna della tutrice. Jennifer era in qualche modo contenta della punizione. Anche se essere sculacciata era umiliante non poteva certo essere peggio delle punizioni che riceveva a scuola. Nel giro di pochi minuti sarebbe finito tutto.Smack!Il primo colpo non fu doloroso. Non lo furono troppo nemmeno i successivi.Superata la dozzina però, il dolore inizio a farsi sentire.Smack! Smack! Smack!I colpi continuavano a cadere imperterriti. A Jennifer sembrava che ognuno fosse più forte del precedente, sicuramente più doloroso. Non importa, pensò, è ovvio che un po’ di dolore debba provarlo, ancora qualche istante e poi sarà tutto finito.Smack! Smack! Smack!La donna non sembrava però avere alcuna intenzione di fermarsi. A volte il ritmo dei colpi calava e la donna si concentrava nel colpire con particolare forza. In questi momenti Jennifer pensava che la punizione stesse per finire. Pensava che la sua aguzzina stesse usando le ultime forze a disposizione per rendere memorabile la sculacciata. Invece ogni volta, dopo qualche colpo particolarmente malevolo, la battuta riprendeva il suo ritmo forsennato. Più e più volte si ripeté questo ciclo. Alla fine Jennifer aveva smesso di sperare in una rapida soluzione. Adesso era concentrata solo sul dolore. Abituata ai ben più dolorosi colpi della canna non era troppo difficile sopportare i colpi senza gridare e senza fare movimenti scomposti. Ma se ogni sculacciata non provocava un dolore così acuto come quello della canna l’effetto cumulato dei colpi era tale da non poter essere sopportato senza conseguenze. Le guance della ragazza erano infatti bagnate dalle lacrime che avevano iniziato a sgorgare abbondantemente senza che lei nemmeno se ne accorgesse. All’improvviso i colpi cessarono. Occorsero però diversi secondi perché Jennifer, singhiozzante, se ne rendesse conto."Sei stata molto brava, bambina mia" disse Marie accarezzandole dolcemente i capelli. "Ce la fai ad alzarti?"Jennifer si sollevò lentamente asciugandosi il viso con il dorso delle mani. Anche se il dolore non era cessato era felice. Adesso la tutrice l’avrebbe congedata e lei sarebbe andata in camera sua. Una buona notte di sonno e si sarebbe rimessa in sesto. Peccato che la donna avesse altri progetti."Jennifer, vedi quell’armadio laggiù?" disse facendo un cenno con la mano."Sì, Madame.""Ti dispiacerebbe andare ad aprirlo?""No, Madame" rispose Jennifer avviandosi.Una volta aperte le ante dell’armadio un terrore sgomento percorse la giovane. Dentro, appesa a innumerevoli ganci contrassegnati da una sigla, stava un’infinità di strumenti di disciplina delle più svariate forme e dimensioni. Alcuni erano simili a quelli che la ragazza ben conosceva. Altri le erano del tutto estranei. Cosa significa tutto questo? Perché la donna le aveva mostrato il suo arsenale? Solo per spaventarla? Non poteva certo avere l’intenzione di punirla ancora!"Jennifer!""Sì, Madame?" rispose la giovane, bruscamente riportata alla realtà dalla voce di Marie."Alla base del ripiano troverai in righello di legno. Prendilo e portamelo."Jennifer eseguì l’ordine. Dopo avere ricevuto lo strumento la tutrice indicò a Jennifer di prendere nuovamente posizione sulle sue ginocchia. La ragazza esitò. Sapeva che il righello le avrebbe inflitto molto più dolore della sola mano nuda. Però sapeva anche, per esperienza personale, che contrastare quella terribile donna nella esecuzione di una punizione era del tutto controproducente. Non avendo scelta fece ciò che le veniva richiesto. Il righello, egregiamente maneggiato, si rivelò fin troppo efficiente. Anche se il ritmo dei colpi era ora meno frenetico, la giovane non poté fare a meno di gemere sotto ogni botta. Le divenne impossibile rimanere composta. Dopo ogni colpo si contorceva sulle ginocchia della sua carnefice che ne era grandemente deliziata. Jennifer dovette fare appello a tutta la sua volontà per evitare di spostare le mani dietro di sé in un disperato tentativo di protezione. Buona parte dei colpi era diretta non contro i glutei ma contro le sue cosce, fino ad appena sopra l’incavo del ginocchio. In questi casi al grido di dolore si affiancava il mulinio delle gambe che scalciavano a vuoto, fendendo l’aria. In una di queste occasioni poco mancò che la ragazza colpisse, con un tallone, il volto della sua aguzzina. La conseguente minaccia di far ripartire dall’inizio la punizione riuscì a ridurre le reazioni della giovane, ovviamente senza eliminarle del tutto.Come per la precedente sculacciata, la punizione andò avanti per molto più tempo e procurò molta più sofferenza di quanto Jennifer, pur disillusa, avesse previsto. Lo stesso poteva dirsi anche per il godimento procurato alla sua carnefice. Quando i colpi cessarono, la ragazza non fu assolutamente in grado di muoversi o di dire una parola. Solo il pianto, abbondante e rumoroso, e la respirazione affannata dal continuo singhiozzare scuotevano il suo corpo altrimenti immobile. Occorsero almeno dieci minuti di carezze e di parole dolci da parte di Marie perché la giovane riacquistasse un certo controllo. Una volta fatta inginocchiare Jennifer davanti a sé, la donna le asciugò con un fazzoletto il viso arrossato e bagnato di lacrime. Le chiese poi gentilmente di andare a riporre il righello. La ragazza eseguì docilmente, troppo stremata persino per lasciarsi andare ad un sospiro di sollievo. Jennifer aveva appena riposto lo strumento quando sentì una nuova richiesta della sua persecutrice."Ah! Jennifer per favore portami la canna contrassegnata con il numero tre."Sorprendentemente la ragazza obbedì senza timore. Dopo tutto quello che aveva subito era convinta che la tutrice non avrebbe potuto punirla ulteriormente. Probabilmente voleva solo intimorirla e minacciarla di usare il nuovo strumento in caso di future trasgressioni. Quando si voltò vide però che la donna si era alzata e che adesso era in piedi vicino alla scrivania. Non ci potevano essere dubbi su ciò che stava per accadere. Jennifer sentì come se dentro di sé qualcosa si fosse spezzato. Mentre camminava lentamente verso la sua carnefice sentiva che non era la propria volontà a farla muovere ma quella dell’altra. Sentiva di non essere più una persona dotata di una identità propria ma solo una sorta di manichino. Un automa mosso dai comandi altrui. Era una sensazione sconvolgente ma in un qualche strano modo anche rassicurante. Ecco, adesso non si doveva più preoccupare di accettare la punizione senza protestare o di subirla senza reagire. Semplicemente non era fisicamente in grado di fare diversamente. Non era lei a muovere le proprie braccia e le proprie gambe. Lei era solo un corpo inerte. Un ricettacolo di dolore e di sofferenza, privo di capacità di reazione. Avrebbe subito la punizione. E quella successiva. E quella dopo ancora. Priva anche della sola volontà o speranza di sfuggirvi. Calma. Tranquilla. Abbandonata al dolore con la stessa voluttà con cui ci si abbandona, in spiaggia, al caldo sole estivo. Solo le lacrime, che avevano ripreso a solcarle il viso mentre consegnava nelle mani della aguzzina lo strumento del suo supplizio, tradivano la sua capacità di provare emozioni. Ma anch’esse erano silenziose, rassegnate. Ah! Se tutta la sua vita fosse stata così! Se solo fosse stata in grado di accettare i suoi doveri e le sue responsabilità con la stessa semplicità e rassegnazione invece di cercare in continuazione di sfuggirgli!Marie, accortasi che la ragazza stava piangendo, con un gesto delicato che sorprese lei stessa, le passò le mani sul viso, asciugandolo."Coraggio, bambina mia. Ormai non manca molto alla fine" le disse poi, sorridendo dolcemente."Sì, Madame" rispose Jennifer, grata.Ad un cenno della donna, la giovane si chinò docilmente sulla scrivania. Marie le sistemò la camicetta in modo da scoprirle i glutei che avevano da tempo perso il loro colorito bianco per assumere una tonalità di rosso acceso. Thwack! Un primo colpo si era abbattuto sulla ragazza, preannunciato dal sinistro sibilo della canna nell’aria. Già al secondo colpo Jennifer aveva dovuto urlare dal dolore. Il trattamento che aveva ricevuto in precedenza moltiplicava l’effetto di ogni staffilata, rendendola insopportabile. La battuta procedeva implacabile. Marie non si doveva nemmeno preoccupare di imprimere forza alla canna. Sapeva che nelle condizioni in cui Jennifer si trovava il dolore sarebbe comunque stato notevole. Il ritmo era costante e leggermente accelerato, incalzante, senza accenno di pietà. I colpi erano equamente ripartiti tra i glutei e le cosce della vittima. Il sibilo della canna, l’impatto sulla pelle e l’urlo di dolore segnavano il passare dei minuti con la precisione di un metronomo. Finalmente la tutrice ritenne di non poter procedere troppo oltre senza causare danni alla ragazza. Ma prima di porre termine alla punizione voleva vincere completamente la sua vittima. Iniziò così a colpire con tutta la sua forza sulle cosce, sui polpacci e anche sull’incavo del ginocchio. Bastarono pochi colpi perché la giovane finisse accasciata sul pavimento. I gemiti di Jennifer coprivano l’ansimare di Marie. La donna sapeva che la ragazza non era in grado muoversi. Così fu lei stessa a riporre la canna nell’armadio e a richiuderlo. Aspettò poi pazientemente che la sua vittima si riprendesse e si rivestisse per accompagnarla, sorreggendola, nella sua camera. Lì le diede ordine di prepararsi per la notte ed uscì. Quando dopo qualche minuto Marie ritornò nella camera trovò Jennifer semiaddormentata sul letto, con le mutandine abbassate e la gonna alzata nel tentativo di alleviare la sofferenza i terribili bruciori che la tormentavano."Ma bene!" disse acida la donna sbattendo sonoramente la porta. Il rumore destò completamente la ragazza. "Ti sembra questa la tenuta per andare a dormire? Sei indecente! E guarda come hai ridotto la tua uniforme! Pensare che ero venuta per spalmarti dell’unguento lenitivo!"Jennifer si riassettò più in fretta che poté ma non riuscì comunque a evitare di ricevere altre cinque dure sculacciate che la fecero di nuovo piangere disperatamente. La tutrice le ordinò quindi nuovamente di prepararsi per la notte e questa volta rimase a sorvegliarla. La ragazza era abituata a dormire con una T-shirt ma visto che erano state tutte sequestrate decise di indossare una camicetta bianca. Per sua fortuna ebbe la presenza di spirito di chiederne prima il permesso alla donna. Questa accondiscese dicendosi compiaciuta del fatto che stesse imparando le buone maniere e aggiungendo che se avesse osato infilarsi quella poco ortodossa camicia da notte senza la sua autorizzazione si sarebbe resa necessaria un’altra sculacciata. A quel punto, nonostante la irritassero molto, Jennifer non ebbe il coraggio di sfilarsi le mutandine. Si sdraiò a letto e Marie le rimboccò le coperte augurandole la buonanotte con un bacio su una guancia prima di uscire. Un bacio freddo abbastanza perché la ragazza capisse di doversi sentire ancora in colpa. In ogni caso, a dispetto dei dolori, Jennifer era così provata che si addormentò quasi immediatamente.
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