Era stata una pazza a litigare con Marco così lontano da casa. Mary, una giovane mora appena diciottenne, era partita col suo ragazzo da appena un giorno per trascorrere insieme le vacanze estive dopo i suoi esami di maturità. Stavano insieme da soli cinque mesi ma avevano raggiunto subito una grande sintonia, tanto da farle rischiare di ingannare i suoi genitori. Loro la sapevano in compagnia di Lucia e Gabriella, sue amiche da sempre. Invece le due complici si erano fatte trovare alla stazione, erano salite sullo stesso treno di Mary ma ne erano scese alla prima fermata dove Marco, ventisettenne, era ad attendere per salire a sua volta. Il viaggio sino alla costa amalfitana era stato lungo ma i due giovani avevano trovato modo di dare libero sfogo alle loro voglie chiudendosi prima nel gabinetto di una carrozza (dove lei lo aveva deliziato con la sua bocca), poi in quello di un altro vagone (lì era stato il turno di Marco di slinguettarla sino a farla godere per poi trombarla per raggiungere insieme il loro secondo orgasmo). I problemi erano sorti la mattina dopo una notte passata in tenda a scambiarsi nuovi momenti si sesso, fatti di semplici carezze, di giochi con la lingua e di una nuova scopata liberatoria. Mary si era presentata in spiaggia indossando un ridottissimo perizoma e liberandosi ben presto del pezzo che le copriva il seno. A quel punto Marco aveva dato chiari segni di gelosia, ingigantiti dalle continue occhiate furtive che tutti gli uomini, soprattutto i più maturi, lanciavano verso la sua ragazza. Ne era nata una lite che, sino a quel punto, Mary non poteva immaginare finisse col vedere il suo ragazzo alzarsi per tornare verso il camping. Non lo aveva seguito pensando di dargli il tempo di sbollire la sua rabbia. Invece, quando a sua volta era tornata nel camping non lo aveva trovato, né c’erano più la tenda ed il suo zaino. Al loro posto faceva bella mostra un foglio su cui c’era scritto che Marco aveva preferito tornarsene in città e non fare bile appresso alla sua voglia di mostrasi a tutti e di fare la zoccola. Era rimasta in piedi, immobile, piangendo per la rabbia che sentiva dentro e perché, rimasta sola e senza soldi, non sapeva come fare per proseguire le vacanze. Di tornare immediatamente a casa non se ne parlava; cosa avrebbe dovuto dire ai suoi genitori che la sapevano insieme alle amiche?? Si diede della stupida per essersi messa con quel idiota. Poi, per avergli consegnato il suo denaro avendo paura di perderlo. Quasi come un automa, iniziò a camminare uscendo dal camping. Ormai erano passate ore da quando aveva appreso di essere rimasta sola in una zona dove non conosceva nessuno, lontanissima da casa e senza un centesimo. Mary non si era fermata un attimo, continuando a camminare allontanandosi sempre di più dalle spiagge. Iniziava a sentire freddo e gli sguardi di tutti, sempre più insistenti, la mettevano in grande imbarazzo. Il sole era calato e lei aveva indosso il solo costume. “Signorina, mi scusi. Ma è da un po’ che la osservo…” Una voce altisonante con un italiano stentato l’aveva fatta sobbalzare. Si era girata. Davanti a lei c’era un gigante nero, alto almeno un metro e novantacinque che le mostrava un sorriso a prima vista sincero e rassicurante. “mi perdoni se l’ho disturbata. Se vuole vado via subito, ma in lei sembra che ci sia qualcosa che non và. Posso aiutarla?” Mary era paralizzata dal terrore. Non conosceva l’uomo che aveva di fronte, né – tanto meno – che intenzioni potesse avere. Avrebbe voluto scappare via subito, ma dove? E se poi quella era l’unica ancora di salvezza? C’era freddo e lei non aveva dove andare? “Il mio ragazzo è scappato via portandosi tutto. Io…..” non era riuscita a continuare scoppiando a singhiozzare. Nemmeno lei sapeva come, ma si era ritrovata a bordo di un cabinato da miliardari, seduta al centro di un divano con indosso un vestito da donna che sembrava cucito apposta per lei e un leggero giubbotto a farla riscaldare dopo il freddo patito. Il suo salvatore le sedeva a destra. Dall’altro lato c’era un altro uomo, dalla stessa carnagione nera e di qualche centimetro più alto del compagno. Le avevano spiegato che erano ex giocatori di basket poi lanciatisi nel campo della moda femminile (ecco perché avevano con loro qualche capo) e che erano in giro con la loro barca per trascorrere quindici giorni di meritate vacanze. Ovviamente, almeno per quella notte, lei sarebbe stata loro ospite, vista la scomoda situazione in cui l’aveva messa il suo ragazzo. Mary non credeva alle proprie orecchie. Era passata dal terrore alla tranquillità in un secondo. Quei due uomini sembravano veramente per bene e comprensivi di tutto. Continuavano a domandarle di lei, sorridendole e facendo simpatici apprezzamenti, senza mai darle l’impressione di volerle mancare di rispetto. Intanto, era giunto il tempo di un drink prima di cenare. Lei aveva bevuto il primo bicchiere e poi non aveva rifiutato il secondo. L’alcool l’aveva aiutata a lasciarsi andare. Le avevano chiesto dell’idiota, il suo ex. Cosa faceva? Chi era? Poi Freddy, il più alto, l’aveva sbalordita domandandole se almeno era ben fornito. Era la prima battuta osè. Anzi, era assolutamente osè. Mary aveva fatto spallucce. “Non mi dirai che è stato il tuo primo uomo?” “Noooooooo” Si erano messi a sghignazzare sonoramente tutti e tre. “Ed allora?” “Non so cosa intende per ben fornito. Ecco.” Era arrossita o il calore che sentiva sulle guance era dovuto all’effetto del drink. “Beh! Quanti ragazzi hai avuto?” “Tre” “E non c’era nessuno diverso dagli altri qua in mezzo?” Si era portato la mano verso la patta. Altra risata sguaiata da parte di tutti e tre. Mary aveva fatto nuovamente spallucce. “No. Non mi sembra”. Cercava di sorridere, ma era rimasta magnetizzata dalla mano gigante dell’uomo che era rimasta posata su un gonfiore che sembrava smisurato. Freddy non aveva perso di vista il suo sguardo e, senza parlare, le aveva preso una mano con la sua portandola su quel gonfiore. “Perché non guardi se qui sotto ce n’è uno diverso?” Era rimasta allibita da quella richiesta. Eppure sentiva crescere dentro di sé la voglia di controllare sul serio. Avrebbe fatto vedere a quel coglione di Marco di che pasta era fatta. Rimanendo seduta, aveva sbottonato la patta di Freddy senza guardarlo negli occhi, non ne aveva il coraggio. Sentiva sotto le dita qualcosa di gigante, ma quando un palo di carne nera dalle dimensioni smisurate era esploso da sotto il tessuto, ormai libero dall’impedimento dei bottoni, era trasalita. Lo aveva stretto tra le mani senza riuscire a coprirne l’intera superficie. Un attimo dopo, sempre seduta sul divano, era china verso il grembo dell’uomo cercando di imboccarne il pene. Lo aveva trovato di un sapore afrodisiaco e ne era rimasta coinvolta iniziando a leccarlo per tutta la lunghezza. Alla sua sinistra Albert era rimasto un po’ ad osservarla. Poi, vedendola eccitata al punto giusto, si era liberato a sua volta dei pantaloni e, senza farla distrarre dal suo pompino, le aveva preso la mano sinistra portandosela sul suo cazzo turgido. Mary non capiva più nulla. Sentiva quei due membri vibranti, uno tra le labbra e l’altro stretto nel pugno, e ne percepiva le dimensioni gigantesche. Si sentiva la loro primadonna, condizionandone l’eccitazione rallentando i succhiotti e lo smanettamento per poi accelerare improvvisamente. Albert le aveva chiesto di succhiare per un po’ il suo. Lei si era girata dal suo lato e ne aveva costatato un sapore un po’ più acre. Quei giochetti un po’ infantili non potevano durare a lungo. Almeno, non per i due uomini. Freddy si era liberato dalla mano di Mary e l’aveva invitata ad alzarsi dal divano senza smettere di spompinare il suo amico. Mary si era ritrovata a quattro zampe. Aveva sentito l’uomo armeggiare col vestito dietro di sé e spostarle il filo del perizoma. Un attimo dopo si era sentita penetrare sino in gola. Era mezzanotte passata quando i due uomini avevano deciso di fare un breck per uno spuntino. L’avevano scopata tutti e due, si erano fatti spompinare e le avevano regalato leccate alla fica che difficilmente la ragazza, così giovane e inesperta, avrebbe dimenticato. Mary si sentiva importante e appagata, ma nelle intenzioni di Freddy e Albert la notte era ancora lunga. Dopo una notte in cui aveva goduto infinite volte sotto i colpi possenti dei cazzi dei due uomini neri, Mary aveva preso sonno, sfinita ma appagata come mai le era accaduto prima di allora. Freddy ed Albert non l’avevano lasciata sola, però, rimanendo insieme a lei nell’ampio lettone. La giovane diciottenne si era svegliata quando il sole era sorto da parecchie ore, sollecitata dalle piacevoli carezze che qualcuno le stava facendo sulle cosce e in mezzo alle gambe. Era Freddy. “Buongiorno signorina. Dormito bene?” L’uomo non aveva atteso che lei gli rispondesse, scendendo subito con la lingua sulla sua fica. Mary era rimasta silenziosa a godersi quelle splendide attenzioni. Era venuta così, ma Freddy non le aveva dato il tempo di riprendersi che già il suo cazzo si faceva strada nella fica fradicia di umori, iniziando a trombarla delicatamente. Albert, fresco di doccia, li aveva sorpresi in quella posizione, con la ragazza ancora distesa sul materasso a gambe divaricate e l’amico che pompava a ritmo blando. “ma guardali questi sporcaccioni…. E nemmeno mi chiamano…” Si era disfatto dell’accappatoio unendosi alla coppia per farsi succhiare un po’ il suo bastone. Poi, con l’aiuto dell’amico aveva girato la ragazza in modo che gli potesse donare il posteriore mentre continuava a farsi scopare da Freddy. Per Mary fu una sorpresa. Le era già capitato di avere sporadiche esperienze di rapporti anali ma mai con un cazzo di quelle dimensioni e mai mentre ce n’era un altro che le martoriava la fica, anche se piacevolmente. Appena aveva sentito quel palo lungo tentare di farsi strada nel sedere si era irrigidita lasciandosi scappare un grido di dolore. Freddy ed Albert, però, non avevano avuto alcuna esitazione continuando la loro attività di trivellazione dei due buchi. L’uno la scopava nella fica, l’altro nel culo alternandosi nell’entrare e nello sfilare il proprio pene. Il ritmo, dapprima lento, si era fatto sempre più frenetico sino a che Mary era rimasta travolta dall’eccitazione non provando più alcun dolore. Era esplosa in un orgasmo infinito quando Freddy era uscito repentinamente dalla sua gnocca portandole il cazzo verso il viso ed esplodendole una quantità di sperma infinita che l’aveva imbrattata tutta. Intanto i colpi di Albert nel suo deretano si erano intensificati sino a quando l’uomo non le aveva inondato l’intestino. Erano rimasti a rilassarsi per un po’ prima che la ragazza si alzasse per una meritata e necessaria doccia. Dopo uno splendido pranzo preparato da Freddy a base di ostriche e di Champagne, concluso con un dolce delizioso e da due bocchini contemporanei che la ragazza aveva deciso di donare ai due senza che nessuno li avesse reclamati, gli uomini l’avevano informata che si sarebbero dovuti assentare nel corso del pomeriggio perché impegnati con del lavoro. Lei avrebbe potuto approfittarne per fare un giro delle boutique e migliorare il suo guardaroba. Aveva fatto notare che non aveva i soldi per farlo e, nonostante avesse protestato, alla fine accettò il denaro che i due vollero regalarle. Era il tramonto quando la ragazza, dopo avere indossato lo stesso vestito che le era stato offerto la sera prima, scese dallo Yacht. Non aveva una meta fissa e iniziò a girovagare da un viale all’altro guardando le vetrine. I negozi esponevano tante belle cose, ma ogni volta, Mary notava che erano particolarmente affollati e non le andava di rimanere a lungo in un posto per poi, magari, non trovare nulla per sé. Piano piano si allontanò dal centro. Lì passava meno gente e anche le boutique erano meno affollate. Posò gli occhi su un manichino che rappresentava una ragazza bruna dai capelli lunghi. Chissà perché le sembrò di riflettersi in uno specchio. Entrò. Subito le si fece incontro un uomo attempato, con un po’ di pancetta e non molto alto. Era l’unico essere vivente in quel locale che, a prima vista, non le sembrò dei migliori. “Buonasera. Posso esserle utile?” La sensazione che Mary provò fu che quell’uomo cercava di essere gentile ma che, probabilmente, era o goffo e timidissimo. “Si grazie. Vorrei provare la minigonna e il body che indossa quel manichino lì”. Indicò verso la vetrina. Cinque minuti dopo usciva dal camerino; uno spazio ricavato in un angolo e diviso dal resto del locale da una tendina che, probabilmente, non copriva completamente la visuale dall’esterno. Mary si era svestita e rivestita dando le spalle all’ingresso, quindi non sapeva se l’uomo era rimasto a sbirciare o meno. Lo trovò rossissimo in viso ma non si chiese nemmeno il perché. “ma non c’è un posto dove potersi guardare?” L’uomo le indicò dov’era l’unico specchio del negozio. La ragazza iniziò ad ammirarsi. Le sembrava che la mini la fasciasse benissimo. Il corpino, invece, le sembrava un po’ piccolo, facendole sembrare il seno enorme. Si rivolse all’uomo. “Come le sembrò? Va bene o è troppo piccolo?” Fece una giravolta mentre gli parlava ed a quello mancò poco di svenire. Diventò ancora più rosso. In quell’istante in Mary scattò una scintilla che mai avrebbe potuto immaginare un secondo prima. Rimase in attesa della risposta, accettò il consiglio di provare una misura più grande e, quando entrò nel camerino, lasciò deliberatamente la tendina un po’ più aperta. Dava le spalle all’entrata in modo, però, che l’uomo potesse ammirarle il seno. Era uscita tutta sorridente. “Come sto?”. L’uomo le aveva risposto balbettando. Era il momento per il colpo decisivo. “ma non avrebbe qualcosa di particolarmente sexy da mettere sotto questa mini? Sa, vorrei fare impazzire il mio uomo.” “Scu… scusi?” L’uomo aveva dovuto inghiottire la propria saliva prima di rispondere. Poco dopo, Mary entrava ed usciva dal camerino, con la tendina che oramai rimaneva sempre più aperta, provando in continuazione perizoma di ogni tipo e domandando all’uomo continuamente come le stavano. Il gonfiore sotto i pantaloni era evidente. Mary era entrata per provare un nuovo indumento. “Questa volta voglio provare anche il reggiseno” aveva detto. Aveva chiuso ermeticamente la tendina e subito dopo aveva chiamato l’uomo. “Mi dispiace. Ho combinato un casino. Ho bisogno di aiuto perché mi si è impigliato qualcosa.” L’uomo era entrato nel camerino trovando la ragazza alle prese con la catenina che portava al collo impigliata al reggiseno. Lei gli aveva chiesto aiuto, di pensarci lui. Così si era ritrovato con le mani che sfioravano continuamente il seno ed i capezzoli. Si era accorto che erano diventai turgidi. Il cazzo gli stava scoppiando. Sotto i fumi di un’eccitazione incontrollabile aveva iniziato a baciarla sul collo, senza pensare alle conseguenze. Mai avrebbe potuto immaginare che la ragazza lo ricambiasse andando subito a cercare con le mani il suo cazzo. Mary glielo aveva liberato dai pantaloni, lo aveva smanettato un po’ segandolo con estrema lentezza avendo paura che l’uomo venisse subito per l’emozione e che poi rimanesse moscio. Poi si era staccata dal bacio inginocchiandosi. Erano rimasti in quella posizione per tutta la durata del pompino concluso con un’eiaculazione che lei non aveva voluto ingoiare, senza che l’uomo lo capisse, lasciando che lo sperma le sporcasse la mini ancora da pagare. Pur non avendo goduto, Mary era soddisfatta, pronta a rivestirsi e ad andare via. L’uomo invece la stupì. Il suo cazzo non si ammosciò minimamente. “Posso scoparti?” Le chiese. Per tutta risposta lei si girò chinandosi un po’ ed appoggiandosi alla parete per rimanere in equilibrio. L’uomo le guardò la fica, poi la penetrò e la scopò freneticamente. Lasciò che la ragazza giungesse all’orgasmo poi i suoi affondi si fecero ancora più intensi sino a che non si sfilò via chiedendole di bere tutto. Come poteva rifiutarsi? Quando era in prossimità dello Yacht, Mary era raggiante con indosso minigonna e body nuovi e nulla sotto (lo aveva promesso al negoziante che sarebbe uscita così). Nel sacchetto aveva il vestito di prima e cinque magnifici completino intimi. Tutto omaggiato dall’uomo. “Come potrei farti pagare dopo quello che mi hai donato tu? Non ti dimenticherò mai.” “Ma questo non è un addio” gli aveva risposto, “può darsi che ritorni nei prossimi giorni.”
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