Tornato a casa dopo l’esperienza del supermercato, mi feci una doccia e attesi in relax il rientro di mia moglie Dora. Arrivò abbastanza presto e mi chiese subito di essere aggiornata sulla situazione. Non le raccontai della ragazza del supermercato, e questo fu un grosso errore, ma le dissi che avevo parlato con Manuela e con Aldo, il suo capo, il quale mi aveva garantito la sua disponibilità a sistemare Duilio, lo stupratore di Dora. Lei ascoltò il racconto e poi disse. – Voglio venire anch’io alla villa di Aldo, domani. – Era veramente molto tesa. – Voglio sapere come pagherà quel porco maschilista per quello che mi ha fatto. – La tensione era molto evidente sul suo viso. Cercai di tranquillizzarla. – Va bene. – La abbracciai. – Verrai con me domani pomeriggio. Ma adesso cerca di rilassarti. Ti preparo qualcosa da bere? – Le chiesi. Ma non era dell’umore giusto. – No, grazie. – Mi rispose. – Preferisco farmi un bagno e andare a dormire. Questa tensione mi uccide. – Si accorse dal mio viso che non ero sereno. Mi resi conto che per la prima volta si era creata una distanza tra noi. Aggiunse. – Non ce l’ho con te. E’ solo che il desiderio di vendicarmi è così forte… Farei di tutto per fargliela pagare a quel bastardo. – Era rabbiosa. – Non è per la violenza in sé. Tra l’altro ho anche goduto. – Le chiesi. – Allora cosa c’è? E’ la prima volta che non vuoi sciogliere con me la tua tensione. – Mi accarezzò. – Non essere sciocco. Non mi è mai successa una cosa del genere. Mi è piaciuto come mi hanno scopato i due energumeni. Ma lui, il porco maschilista, con il suo cazzetto insignificante mi ha offesa. Mi ha umiliata come donna. Non ha dimostrato alcun apprezzamento o attenzione per me. Mi ha usata come un oggetto e poi ha cercato di ricattarmi. E’ un essere viscido che disprezza le donne e che non merita alcuna pietà. – Cercai di attenuare la sua rabbia. – Oggi come è andata? – Mi spiegò. – Come d’accordo, gli ho telefonato per tranquillizzarlo e fargli credere che ho paura del suo ricatto e che lo aiuterò. Mi ha risposto ridendo e mi ha detto che quando sarà sistemata la faccenda, mi offrirà un’altra occasione per spassarmela con lui… Capisci? E’ veramente un lurido insetto da schiacciare al più presto. – Le proposi nuovamente di stare un po’ insieme ma mi confermò che preferiva andare subito a dormire, dopo il bagno. Che non avrebbe nemmeno cenato. Mi rassegnai. Mi preparai qualcosa per cena e, dopo aver guardato un po’ di tv, salii per andare a dormire. Dora stava già dormendo, ma il suo sonno era molto agitato. Si, quel porco doveva pagarla. Non avrei avuto scrupoli.L’indomani mattina Dora si alzò molto presto. Mi spiegò che doveva andare in ufficio e che sarebbe tornata a casa verso le tre, in tempo per andare insieme all’appuntamento con Aldo. Decisi allora di andare anch’io al lavoro. Facendo atto di presenza per la mattinata avrei potuto prendermi il pomeriggio e un altro paio di giorni senza problemi. Tornai a casa verso le tre. Mi sentivo forte e pronto a vendicare il torto subito. Dora arrivò dopo qualche minuto e, dopo esserci rinfrescati, uscimmo per andare all’appuntamento. Arrivammo puntuali. Qualche minuto prima delle quattro entravamo dal cancello di ingresso della villa. Un domestico ci accompagnò ad un piccolo studio. Trovammo Aldo sulla porta ad attenderci, vestito come tutti gli uomini di mezza età che amano essere comodi nel tempo libero. Il taglio sportivo degli indumenti, evidentemente fatti su misura, nascondeva il fisico pesante e tarchiato. Sembrava uno di quei nonni che è facile incontrare ai giardini in compagnia dei nipotini. Ma appena ci rivolse la parola, ricordai immediatamente con chi avevamo a che fare. – Benvenuti, miei cari. – Il tono della voce era suadente, ma duro e deciso. – State tranquilli, la situazione è sotto controllo. – Poi, dopo avermi stretto vigorosamente la mano, baciò la mano di mia moglie. – Lei, Dora, è sempre splendida. Sono felice che abbia deciso di accompagnare suo marito. Venite. – Nella stanza c’era una grande scrivania in legno pregiato dietro alla quale vi era una sola sedia, una libreria e di fronte quattro poltroncine. Ci attendevano due uomini sconosciuti. Aldo fece le presentazioni. – La signora di cui vi ho parlato e suo marito. – Poi, indicando il primo dei due, magro e anziano, disse – Lui è Giulio, un mio carissimo amico, nonché ufficiale della Guardia di Finanza. – L’uomo sorrise in modo molto aperto e ci strinse la mano. Poi ci indicò il secondo. Era molto alto, giovane e muscoloso. Un armadio – Lui è Pietro, uno dei miei uomini di fiducia. – Anche lui ci strinse la mano, ma in modo asciutto, professionale. Aldo ci invitò a sedere, mentre prendeva posto sulla sedia. Ci accomodammo. Cominciò a spiegare. – Ho contattato Giulio già ieri pomeriggio e, questa notte, i suoi uomini hanno provveduto a fermare ed a sequestrare il carico di alcuni camion partiti dai magazzini di Duilio. Fu Giulio a continuare. – Le prove raccolte dai miei uomini ci hanno permesso di ottenere un mandato, che ci autorizza ad effettuare un’ispezione e le necessarie perquisizioni e valutazioni della documentazione contabile. Tutto è pronto per iniziare le operazioni questa sera al momento della chiusura del magazzino. Grazie alla sua segnalazione, signora, abbiamo la possibilità di interrompere un’imponente truffa ai danni delle aziende del settore dell’elettronica. Ma stia tranquilla. Nessuno saprà che è stata lei a segnalarci la cosa. – Fu Aldo ad intervenire evitandoci eventuali affermazioni fuori luogo. – Si, ho raccontato quanto lei, signora, ha riscontrato durante la sua ultima ispezione e delle minacce ricevute dal losco personaggio. E’ importante, però, proteggerla per evitare ritorsioni da parte di questi trafficanti. Altrimenti potrebbero decidere di vendicarsi. – A questo punto l’ufficiale si alzò e aggiunse. – Sarà Aldo a risultare come responsabile della segnalazione. Nessuno potrà collegarvi a lui. – E poi, ridendo, si rivolse all’amico – Questo ti farà ottenere l’ennesimo riconoscimento. Dovrai fare un’esposizione, prima o poi, di tutte le targhe e onorificenze ricevute. – Infine ci salutò, spiegando, prima di andarsene. – Ho voluto incontrarvi per esprimere a lei e a suo marito i miei ringraziamenti. Vi siete comportati in modo esemplare. Arrivederci. – Aldo si alzò per accompagnarlo e per qualche minuto rimanemmo soli con Pietro. Poi, rientrato nella stanza il grande burattinaio ci spiegò. – Voglio molto bene a Giulio. E in molte occasioni è stato importantissimo avere un amico così potente. Ma ho preferito non raccontargli la faccenda della violenza. Gli ho detto che Duilio ha cercato di ottenere un prestito, del tentativo di corruzione e gli ho parlato di generiche minacce. Ma il sequestro dei camion e le ispezioni sono solo il primo passo della vera vendetta. Dovete sapere che Duilio ha accumulato negli anni parecchio denaro. Dovrebbe essere ampiamente sufficiente a pagare il debito che ha con me. Quindi, mentre lui sarà impegnato e bloccato dall’ispezione, voi vi recherete a casa sua per sapere dalla moglie dove ha nascosto il contante. – E indicò Pietro e il sottoscritto. Poi, rivolgendosi a me. – Ecco perché al telefono ti ho detto che, se sarai d’accordo, da domani Duilio non sarà più un problema per voi. Senza le sue riserve di danaro non avrà scampo. Nel migliore dei casi finisce in galera per un bel po’ di anni. – Poi, sorrise, guardando mia moglie. – E’ ovvio che non dovrà mai sapere che tu, mia piccola principessa, sei coinvolta nella faccenda… – Aveva un atteggiamento complice. Forse voleva chiederci qualcosa in cambio? Non sapevo che dire. Fu Dora che parlò per prima. – Siamo venuti qui per avere il vostro aiuto. Sono disposta a tutto pur di ottenere vendetta. Se ci sono delle condizioni ditemelo chiaramente. – Intervenni. – Andrò con Pietro a casa di Duilio. L’avrei fatto comunque… – Ma Aldo mi interruppe. – Mi avete frainteso. Volevo solo tranquillizzarvi. Tra amici ci si scambiano favori con piacere. E voi, siete miei amici, non è vero? – Non ci fu bisogno di rispondere. La domanda era retorica. Concluse. – Adesso, voi due, dovete andare. E prendetevi tutto il tempo che serve. Duilio sarà bloccato almeno fino a domani sera. E nel frattempo tu, dolce cerbiatta, sarai mia ospite. – La sua voce era diventata profonda e accattivante. Vidi mia moglie sorridere. Conoscevo bene quel sorriso. Dora subiva il fascino di quell’uomo. La baciai e poi uscii con Pietro. Appena fuori, mi fece cenno di salire su un piccolo furgone nero. Guidò con tranquillità. Arrivammo rapidamente alla casa di Duilio. Era una piccola villetta singola, all’interno di un giardino di proprietà. Scese e si avvicinò al citofono. Suonò. Il cancello si aprì. Risalendo alla guida del furgone mi disse. – Le ho detto che ci manda suo marito. Come pensavo, è talmente agitata che ha aperto senza fare domande. Lascia parlare me e fai tutto quello che ti ordino. – Mi guardò duramente. Non avevo intenzione di contraddirlo. – Ok. – Risposi. Dopo aver percorso il breve vialetto ci fermammo davanti alla saracinesca automatica del box, che si aprì immediatamente. Dentro al garage, Pietro spense il motore. Nel frattempo la saracinesca si chiuse. – Hai visto? Ci ha addirittura aperto facendoci entrare all’interno. Le donne agitate sono il genere che preferisco. Ci divertiremo. Ma mi raccomando: obbedisci senza fiatare a qualunque ordine. O per te finisce male. Ci siamo capiti? – Appena scesi ci avvicinammo alla porta interna che collegava il box con l’abitazione. Era una porta blindata. Passarono un paio di minuti e ci aprì una giovane donna. Mora, capelli cortissimi, indossava un camice azzurro allacciato fino al collo che, fasciandola, ne evidenziava le forme. – Sono la cameriera. La signora Emilia vi aspetta, entrate – Parlava un italiano stentato con un evidente accento dell’est. Dopo aver richiuso la porta a chiave, fece cenno di seguirla. Mentre percorrevamo uno stretto corridoio Pietro, alle spalle della ragazza, mi guardò ammiccando e toccandosi il pacco. Sentii una scossa lungo la spina dorsale. Cominciavo ad eccitarmi. Entrammo in un grande salone arredato con opulenza. Mobili troppo grandi, drappi, tendaggi pesanti, tappeti. La cameriera ci presentò la signora che ci fece accomodare su un divano di un colore rosso fuoco, tutto di pelle. Era una donna sui quaranta, bionda e formosa. Aveva un fisico curato, ma un trucco un po’ troppo pesante. Vestita con una vestaglia fucsia e pantofole, con il fiocco, dello stesso colore. Quando si sedette cercò di tenere chiusa al meglio la vestaglia. Ma notai, comunque, che sotto indossava ben poco. Si giustificò. – Scusate, signori, per il mio abbigliamento. Ma non aspettavo visite e stavo preparandomi per uscire. Ci sono novità? – Pietro rispose mentre il suo sguardo percorreva il corpo della donna in modo molto evidente. – Suo marito è ancora alle prese con i finanzieri. In un momento di libertà è riuscito a contattarmi per chiedermi di far sparire tutti i documenti e le eventuali prove compromettenti. C’è il rischio che vengano a fare una perquisizione anche qui. – La signora si mordeva il labbro inferiore in un evidente stato di agitazione. Era in ansia. Combattuta sulla decisione da prendere. Pietro, insistendo con lo sguardo aumentava intenzionalmente il suo disagio. Le disse in modo diretto. – Mi ha anche detto di non perdere tempo in spiegazioni. – Domandò, con un tono duro. – C’è qualcuno in casa che può aiutarci o siete solo lei e la cameriera? – La domanda era volontariamente provocatoria, per sapere se ci fosse qualcun altro e per suscitare una reazione. Funzionò alla perfezione. – Ci siamo solo io e Tatiana. Ma per quello che c’è da far sparire basto e avanzo io. – La donna si rese subito conto che aveva fornito tutte le risposte che il bestione voleva. Cercò di recuperare un po’ di vantaggio. – Devo solo capire se siete veramente stati mandati da mio marito… – Pietro era ben preparato. La guardò dritto negli occhi. – So che le borse sono di sopra e che i documenti sono in taverna, dietro alla legna. – A quel punto la moglie di Duilio si rilassò. – Beh, allora le cose cambiano. Se mi date un momento di tempo per salire a vestirmi, vi aiuto io. Tatiana. – Chiamò. – Offri qualcosa di fresco ai signori mentre salgo di sopra. – La cameriera annuì e andò verso la cucina, mentre la signora saliva le scale. Era appena scomparsa alla nostra vista quando Pietro si mosse con estrema velocità. Staccò la cornetta del telefono. Poi, mentre saliva di corsa le scale, mi ordinò. – Prendi la cameriera e raggiungimi! – Andai subito a cercare la ragazza. Era intenta a preparare un vassoio con bicchieri e bottiglie. Alzò gli occhi verso la porta e mi guardò interrogativa. Ero preso dalla parte. Le dissi. – Avanti, troia. Muoviti e seguimi. – Lei chiese spiegazioni. – Non capisco. Cosa succede? – La colpii all’improvviso. Lo schiaffo fece più rumore che male. Si portò le mani al viso. Il vassoio cadde a terra. Le misi una mano sulla bocca e con l’altra le presi un braccio stringendola. La avvisai. – Se gridi o non fai quello che ti dico, per te finisce male. – Sentivo un calore prepotente salirmi al viso. Le tempie pulsavano. Il cazzo mi si indurì all’istante. Mi sentivo potente, molto potente. La ragazza annuì, terrorizzata. Le ripetei. – Fai quello che ti dico e non fiatare. Spogliati! – Lei, non capiva, esitava. Un altro schiaffo le fece capire che non doveva perdere tempo. Cominciò a sbottonarsi il camice. Ma non volevo aspettare. Glielo strappai con violenza. I bottoni cedettero immediatamente. Poi, lasciai che se lo togliesse. Sotto indossava un completo di pizzo bianco. Di nuovo esitava. Restava con le braccia lungo i fianchi e singhiozzava appena. Mi faceva tenerezza soprattutto quando tirava su con il naso. Le tolsi il reggiseno liberando le grosse tette. Mentre le lavoravo lentamente entrambi i capezzoli le ordinai. – Guardami negli occhi. E smetti subito di piangere. – Lei obbedì. Era poco più bassa di me. Senza smettere di godere delle sue tettone, le infilai la lingua in bocca. Esitò. Affondai le dita con forza nella carne morbida. Rispose immediatamente al bacio. Era calda e aveva un buon sapore. Le feci togliere le scarpe e presola bruscamente per un braccio la spinsi verso la scala. Era una visione eccitantissima. Saliva un gradino alla volta, davanti a me. Indossava solo gli slip. Il suo culo era una favola. Abbondante e sodo. Lo tastavo con gusto, brutalmente. La fermai. E dopo averle abbassato le mutandine fin sotto le ginocchia, le ordinai di salire nuovamente le scale. Era incredibile. Mi affiancai a lei e approfittando del movimento cominciai a tastarle la figa. Era leggermente bagnata. Le piaceva. Era ancora spaventata, ma iniziava a piacerle. Arrivati in cima, iniziai a muovere le dita con più decisione. Sentivo che si rilassava. La guidai verso una stanza da cui giungeva la voce di Pietro. Diceva. – Dai, puttanona. Lavoramelo per bene. Che tra poco te la sistemo per bene questa figona tutta fradicia. – Arrivammo alla porta. Lo spettacolo era fantastico. La biondona era completamente nuda, sdraiata supina sul letto. Pietro le aveva legato le mani alla testiera usando la vestaglia color fucsia. Il bestione, dal fisico impressionante, le stava seduto sopra, con le ginocchia ai lati del corpo di lei. Con una mano la teneva per i capelli dandole il tempo del pompino. Aveva un uccello di dimensioni notevoli che faceva scorrere tra le tette e che infilava con forza nella bocca della donna. Con l’altra mano la stava masturbando con brutalità. Continuò a incitarla. – Dai, Emilia, dai che ti piace. Ti piace essere trattata così, lo sento da come me lo succhi. Hai sposato un mezzo uomo ma ti piace avere tra le mani un bel maschione con un cazzo vero, eh? – Poi, accorgendosi di noi, scoppiò a ridere. – Vedo che anche tu ometto ti sei dato da fare. Dai, porta qui la troietta e mettila a succhiare questa figona larga. – Non me lo feci ripetere. Mentre Pietro impugnava la testa della moglie di Duilio con entrambe le mani scopandole la bocca, spinsi la testa di Tatiana tra le gambe della sua padrona. Questa volta non esitò. Cominciò a leccarla subito. Anzi dimostrò una certa confidenza con la cosa. Con entrambe le mani allargò le grandi labbra prima di iniziare a lavorare con la lingua. Realizzai che tra le due donne c’era una certa confidenza. La ragazza si era inginocchiata a terra. Mi spogliai rapidamente. Mi misi dietro di lei e le allargai le gambe. Si adattava docilmente. Le allargai il culo con le mani e le infilai il cazzo che scivolò dentro facilmente. Era bagnatissima. La situazione l’aveva definitivamente coinvolta. Mentre la pompavo con foga, sentivo che rispondeva ai colpi senza peraltro smettere di leccare. Fu Pietro, dopo essersi girato, a staccarla e a infilarle in bocca il suo grosso arnese. Tatiana non si tratteneva più. Mentre lo succhiava lo impugnava con le mani dimostrando di essere particolarmente esperta. Realizzando che stavamo trascurando Emilia, mi sfilai dalla ragazza e liberai le mani della donna. Riconoscente e notevolmente eccitata mi prese l’uccello e se lo guidò nella figa. Era bollente. Non avevo mai sentito niente di simile. Cominciò ad ansimare e con voce roca diceva. – Scopami, scopami. Scopatemi fino a farmi urlare di piacere. Non ne posso più di quel cazzetto maledetto. Ho bisogno di uomini veri. Di cazzi veri. Li voglio dappertutto. – Non me lo feci ripetere. Mi spostai sul letto e la guidai sopra di me. Glielo infilai dietro abbastanza facilmente. Diceva. – Siii… Lo voglio, dammelo tutto nel culo. Fammi sentire una vera porca, lo voglio dappertutto… – Pietro si staccò dalla ragazza e lo infilò nella figa della troiona. Intanto Tatiana si masturbava e ci incitava. – Scopatela. Dovete scoparla e farla godere come un animale. Dai, dai, dai… – Sentivo il mio cazzo scontrarsi con quello di Pietro. E lei, Emilia, la porca, godeva come non mai. – Ancora, ancora, ne voglio ancora… – Dopo che ebbe l’ennesimo orgasmo, la abbandonammo e ci dedicammo alla carne fresca della giovane troietta dell’est. Non ci fu bisogno di guidarla. Fu lei a posizionarci. Ma volle il cazzo più grosso, quello di Pietro, nel culo. Diceva. – Lo voglio, così grosso, lo voglio sentire dietro. Dai, bastardi, fatemi impazzire. – Nell’estasi del piacere aveva perso completamente le inibizioni e parlava un italiano quasi perfetto. – Godo, godo, come una vacca, godo…- Ma la signora non voleva rinunciare alla sua razione. Ordinò. – Datemene immediatamente uno. Ne voglio subito uno. – Mi staccai e glielo piazzai davanti alla bocca. Iniziò a lavorarmi fino a farmi venire. Ingoiò tutta la mia sborra, con gusto, continuando a leccarlo fino a ripulirlo completamente. Nel frattempo Pietro aveva messo la ragazza a quattro zampe e la inculava senza trattenersi da dirle sconcezze di ogni tipo. – Adesso ti riempio l’intestino bella porca. Continua a muovere questo culone che sto per godere. – All’improvviso la alzò da terra prendendole con forza le tettone e strizzandogliele. Poi diede gli ultimi colpi e cominciò a urlare. – Eccola, te la do tutta. Prendi troia, prendi. – La ragazza, intanto, godeva dicendo parole incomprensibili, nella sua lingua. L’unico termine che si capiva era cazzo. Appena si riprese Pietro le mise di peso una sull’altra sopra al letto. E con voce dura disse. – E adesso che ci siamo divertiti e che vi abbiamo dato quello che volevate, vogliamo le borse. – Guardò, duramente la moglie di Duilio che replicò. – Lasciatecene almeno una. Così Tatiana e io potremo andarcene. – Le chiesi. – Ma quante sono? – Emilia rispose. – Dieci. – Guardai Pietro che annuì. – Va bene. – Dissi. – Facci vedere dove sono. – Ce le mostrò. Erano dieci borse, tipo cartelle da scuola. Ne aprii una. Era piena di dollari. – Ogni borsa contiene circa duecentomila dollari. – Ci spiegò la signora. Pietro controllò che fossero tutte piene di banconote vere, poi ne prese una a caso e la appoggiò sul letto. Ci rivestimmo e portammo le altre nove nel box. Dopo averle caricate sul furgone ritornò sui suoi passi e disse. – E’ necessario che diciate a Duilio che le dieci borse sono il rimborso dei debiti che non ha mai pagato. Lui capirà. – Mi stupì. Si avvicinò alle due donne che erano ancora nude e che, temendo violenze fisiche, restavano abbracciate al centro della stanza, come per proteggersi. Invece le accarezzò delicatamente. Prima Emilia, poi Tatiana. – Nascondete la borsa dove Duilio non possa trovarla. Arrivederci. E grazie. – Poi mi guardò e ammiccando mi sorrise. – Andiamo. – Disse. – Qui abbiamo finito. Ci aspettano.- Mentre tornavamo verso la villa, nessuno di noi due disse una parola. Era stata un’esperienza travolgente e non avevamo voglia di parlare. Ognuno faceva i conti con le proprie emozioni, i propri pensieri. In particolare la domanda che mi veniva prepotente alla mente era: cosa mi aveva spinto a comportarmi così. La vendetta per Dora o il desiderio di soddisfare le mie morbose fantasie?
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