Quel giorno avevo alcune faccende da sbrigare in tribunale, allorquando ricevetti una telefonata, assolutamente inaspettata, da parte di Giacomo, uno dei miei più cari amici, nonchè stimatissimo medico nella mia città.Mi pregava di passare a prendere Luca, un giovane che faceva parte della cerchia di amici comuni, e di recarmi in sua compagnia presso il suo studio, il tutto con estrema urgenza.Sinceramente pensai che fosse accaduto qualcosa di grave, poichè non avevo mai avuto modo di riscontrare tanta urgenza nei suoi inviti; per telefono però non volle dirmi nulla.Fu con la massima apprensione quindi che mi recai da Luca con il quale raggiunsi lo studio.La porta ci venne aperta da una graziosa e giovane donna, che Luca doveva conoscere a sufficienza poichè la salutò chiamandola per nome.Michela, questo era il nome della bella ragazza che ci accolse, ci sorrise con grazia e ci introdusse con immediatezza nello studio di Giacomo, il quale ci accolse molto cordialmente e ci fece sedere, dopo aver pregato la sua segretaria di chiudere la porta. La ragazza se ne andò, richiudendo l’uscio alle sue spalle e lasciandoci soli.Tanto Luca quanto io eravamo meravigliati e un po’ preoccupati di una convocazione tanto repentina ed inaspettata. – Tranquillizzatevi – esordì Giacomo. – Non vi spaventate perchè non vi ho convocati per gravi motivi -Ne fummo sollevati e pregammo quindi il nostro amico di metterci al corrente delle ragioni di un tale suo comportamento. – La qui presente Maria, mia affezionata segretaria da vari anni, si è macchiata di un reato che mi danneggia non tanto dal lato finanziario, quanto piuttosto da quello fiduciario e umanitario. -Tacque, rivolgendo lo sguardo alla donna che, seduta in un angolo, pallida, muoveva nervosamente nelle mani un fazzoletto. – Prosegui – lo invitò Luca e Giacomo subito riprese. – Mi ha sottratto una ingente somma di denaro che ha usato per soddisfare i suoi capricci, come lei stessa mi ha confessato… – – Le giuro che avrei restituito la somma – lo interruppe Maria. – La prego di credermi dottore; entro breve tempo avrei ricoperto l’ammanco e forse neppure se ne sarebbe accorto. – – E’ proprio questo il punto, mia cara Maria: io non me ne sarei accorto e la mia fiducia sarebbe stata tradita. Peggio ancora! – – Non volevo farlo… quasi non capisco… -Era giunto il momento che intervenissi io, sono in fin dei conti un avvocato, e per questo in fondo Giacomo mi aveva convocato. – Il fatto che lei abbia sottratto la somma, signorina, non è per nulla modificato dalla sua intenzione di restituirla. Il reato permane ed è perseguibile. – – E’ vero – rincarò la dose Luca. – Sebbene il qui presente suo datore di lavoro possa avere l’idea di venirle incontro, io, nella qualità di suo consulente finanziario, mi oppongo ad una simile soluzione di compromesso che sarebbe per noi dannosa. -Maria, udendo queste parole che testimoniavano chiaramente le nostre posizioni ed intenzioni irremovibili e decise, scoppiò a piangere.La guardai, osservandola meglio: era giovane, sulla trentina, portava i capelli biondi riuniti in uno chignon sulle spalle e aveva un visino molto simpatico e dall’aspetto fragile, con due occhioni di un azzurro cupo. Non era molto alta e anche il corpo appariva esile e fragile, ma dagli indumenti traspariva che le curve al posto giusto doveva avercele. La osservai sogghignando mentre si asciugava gli occhi col fazzoletto. Provavo quasi un gusto sadico in tutta questa faccenda e specialmente nell’umiliazione e nella sofferenza della povera segretaria. Giacomo si interpose con voce grave. – No, non voglio affatto che Maria finisca male per una faccenda del genere; in fondo credo nel suo pentimento. Penso però che meriti una buona lezione. – – Inoltre assicurati sul suo futuro. – intervenni io. – In che senso, scusa – chiese Giacomo. – E’ assai semplice, mio caro amico: le facciamo sottoscrivere una confessione che noi controfirmeremo in qualità di testimoni. Avrai in tal modo la possibilità di avvalerti di essa per tutte le ulteriori eventuali mancanze di una certa gravità e sarai tutelato avendo la possibilità di dar corso, al momento più opportuno, alla cosa. – – Ottima idea – dichiarò Giacomo con aria ingenua. – Che cosa ne pensi Luca? – – Mmmm… Che potrebbe anche andare bene… -Queste parole mi suonarono strane; era evidente che Luca taceva qualcosa, ma non riuscivo a capire che cosa di preciso. – Allora siamo d’accordo – concluse Luca, – controfirmeremo questa confessione. Ora possiamo sciogliere questa riunione. Giacomo puoi mandare domani Michela ad acquistare della carta bollata, anzi credo sia meglio mandarla subito, anche se stenderemo la confessione domattina. Ora dobbiamo discutere di una certa questione tra noi uomini… -Giacomo annuì e schiacciò un bottone su un interfono posto sulla sua scrivania. Dopo qualche istante comparve Michela. Luca le diede le istruzioni del caso e le disse che dopo aver fatto la commissione poteva anche ritenersi libera per quel giorno.Tacque, in attesa di conferma da parte della donna, la quale ci salutò e uscì.Anche Maria, in silenzio, si apprestò a fare altrettanto, ma Luca la fermò. – Un istante ancora… signorina – le disse con aria misteriosa.Nessuno di noi poteva capire quale disegno, quali intenzioni fossero nella mente di Luca, ma fu lui stesso a chiarircele. – Ho mandato via Michela, ma quella della carta bollata altro non era che una scusa. Questo perchè voglio aggiungere una piccola clausola a quanto si è stipulato. – – Vuoi spiegarti una buona volta? – gli chiese Giacomo. – Non capisco cosa tu voglia fare! -Luca sorrise e ci guardò, mentre una strana luce gli illuminava lo sguardo. – Questa clausola supplementare, – riprese – può anche essere rigettata da Maria, ma contro se stessa. Questa bella fanciulla deve dimostrarci il suo pentimento, e questo è possibile solo accettando di sottomettersi ai nostri desideri. -Finalmente ci fu chiaro il disegno di Luca.Giacomo lanciò una esclamazione di sorpresa, poi si volse verso la sua segretaria per sapere i suoi intendimenti. – Che cosa ne dici, cara Maria? Ora tu sei giudice di te stessa. – – Ma… insomma cosa vorreste?… Che cosa dovrei fare? – chiese ansiosa la ragazza. – Sottoporvi completamente alla nostra volontà – le rispose Luca. – Solo per oggi s’intende, ma incondizionatamente: mi pare conveniente. – – No… non so… dipende dalle loro intenzioni… – – Che cosa potrà mai fare con tre uomini? – fui io a dire queste parole, già eccitato dalla cosa. – Ma… – – Niente ma! – la interruppe bruscamente Luca, che conduceva degnamente la trama. – O accetta, o la denunceremo! – – No, questo mai, qualunque cosa, ma non posso affrontare una denuncia…. A… accetto. -Maria singhiozzava e quasi ebbi pena di lei e un po’ mi dispiaceva che approfittassimo della sua disgrazia. Poi pensai che in fondo se lo meritava, ed inoltre il pensiero di quanto sarebbe potuto accadere entro breve tempo, giustificava ogni mia azione e decisione.Luca le chiese se si fidava di noi, o se preferiva avere una carta firmata per assicurarsi che dopo la sua prestazione avremmo mantenuto quanto promesso.Maria era troppo presa dalla sua posizione per volere una cosa del genere e disse che accettava senza bisogno di ulteriori patti assurdi. – Ora che questo piccolo affare è regolato e definito in tutti i suoi particolari, – disse Luca – è arrivato il momento di passare alle vie di fatto. – – Non fatemi del male… – supplicò con voce lacrimevole Maria. – Ora ha accettato, deve soltanto subire le conseguenze ed evitare di opporsi alla nostra volontà, – intervenni, anche per rassicurarla. – Tanto più che ci conosce: non siamo degli energumeni violenti ed inconsapevoli. – – Non devi essere spaventata da noi, – aggiunse Giacomo. – E’ tanto tempo che sei con me ed hai imparato a conoscermi… – – Non è per questo che sono impaurita…. – – E per cosa, allora? – obiettò Luca. – E’ che… -Maria non si decideva a parlare. – Forse non siamo di tuo gradimento? – chiese Giacomo. – No, non è questo….. ma è che… se foste separati, forse non subirei troppi danni…… – – Ha paura delle nostre forze coalizzate? – chiese Luca scoppiando a ridere. – Si… So di donne che hanno già avuto esperienza di più persone assieme: possono diventare delle belve! – – Benissimo, – commentò ancora Luca. – Allora se sa cosa le può capitare, meglio ancora! Non solo ci ubbidirà docilmente perchè costretta, ma anche per paura che possa finirle ancora peggio! – – Vi prego… – ci implorò la ragazza. – Farò quello che desiderate, ma non fatemi soffrire… – – Tranquillizzati, – le disse Giacomo. – Ne uscirai viva e…. forse anche soddisfatta. – – Siamo in gamba, si fidi di noi – aggiunsi sorridendo. – Aspetti… – disse Luca. – Voglio che sappia quello che specificatamente la attende. – – Non le è però difficile immaginarlo – si prese la briga di precisare Giacomo. – Ma è ancora più eccitante dirglielo – continuò Luca. – Tra poco, noi la possiederemo, la faremo nostra, la avremo sotto molte forme e tutte più o meno abbastanza contemporanee. -La ragazza sgranò gli occhi. – Co… contemporanee, ma… non vorrete mica… – – Andiamo, niente ma, – la fermai io. – Pensi piuttosto a quanto ha promesso ed alla dichiarazione che si è impegnata di mantenere! – – E poi, un visino dolce come il tuo, deve necessariamente amare l’amore. – Siccome era Giacomo che aveva parlato, Maria volse verso di lui i suoi occhi supplichevoli e già umidi di lacrime e con un timido sorriso, che per la prima volta, dopo il nostro arrivo, le illuminava il volto, dimostrò di acconsentire muovendo il capo in segno affermativo. – Bene! – gridò Luca. – Tutto sistemato, finalmente. – – Ed ora che siamo tutti d’accordo, – intervenne Giacomo, – posso finalmente soddisfare un desiderio che covavo da tempo: quello di fare una accurata visita alla mia segretaria, la quale, per l’occasione, si trasforma in paziente del suo principale. – – In questo caso, poichè l’idea mi piace, – confermai io, – possiamo raggiungere l’altra stanza con la brandina, in modo da agire secondo tutte le regole. – – Con vero entusiasmo – suffragò le mie parole Luca.L’unica a tacere, apparentemente rassegnata al destino che le avevamo riservato, fu Maria.Passammo dunque nella stanza attigua, tutta verniciata di bianco, in un angolo c’era un armadietto a vetri contenente ferri e attrezzi chirurgici di vario tipo, garze, bende e flaconi vari. Nel centro c’era un lettino che serviva per le visite.Ad un cenno di Giacomo prendemmo posto su un divano che si trovava in uno degli angoli opposti alla porta, poi egli stesso si rivolse alla giovane donna, che era rimasta in piedi, indecisa, in attesa. – Allora vogliamo vedere di che pasta è fatta Maria?… – disse girandole attorno e scrutandola come se fosse una merce in vendita. – Ma certamente – disse Luca. – E’ ora di fare sul serio. – e avvicinatosi le slacciò la giacca e sfilandolgliela la lasciò cadere per terra. Poi le sbottonò la camicetta di seta e, scostandola, mise in mostra un bel reggiseno di pizzo. Sollevò le coppe e due seni non grandi, ma molto sodi e alti apparvero ai nostri occhi allupati.Le accarezzò per pochi attimi il seno, immediatamente dopo prese a strizzarle i capezzoli tra i pollici e gli indici delle mani. – Ragazzi era come immaginavo – esclamò. – Ha due capezzoli enormi… e sono già duri! -In effetti Maria aveva i capezzoli abbastanza grandi, ma sicuramente il fatto che fossero duri non era dovuto all’eccitazione, ma ad una reazione naturale del capezzolo stimolato; quell’ultima considerazione di Luca fece salire una vampata di rabbia alla donna, sicuramente tutto avrebbe fatto quel giorno tranne che eccitarsi, e di sicuro odiava il fatto che noi potessimo pensare altrimenti.In un attimo le fummo addosso: chi le palpava il culo e si divertiva a passare il dito tra l’elastico della calza autoreggente e la carne della coscia, chi invece saggiava la consistenza del seno e faceva commenti sulla sua bellezza, chi invece più interessato alle zone più intime di Maria le accarezzava l’inguine da sopra la gonna, fantasticando di quanto magari potesse essere già bagnata.Maria se ne stava lì, in piedi immobile con quelle tre paia di mani che sembravano un nugolo di tentacoli impazziti, sembravamo tre ragazzini pieni di energia alla scoperta del sesso.Ad un certo punto Luca si bloccò e disse: – Ragazzi fermi! Forse Maria si vuole mettere un po’ più in libertà, vero Maria? -Maria annuì col viso rosso di rabbia, ed incominciò a spogliarsi; iniziò a togliersi la camicetta chiara che nascondeva ancora il suo petto.Subito dopo fu la volta del reggiseno, il quale raggiunse rapidamente a terra il precedente indumento: il seno ci apparve in tutta la sua splendida bellezza. Non era grosso, ma molto sodo e con l’attaccatura alta e i capezzoli erano grandi con le aureole molto scure.Ma la nostra attenzione venne polarizzata ed interamente assorbita dalla gonna, slacciata ed ormai in procinto di essere fatta scivolare sul pavimento.Con molta timidezza e facendosi rossa in volto, Maria rimase di fronte ai nostri sguardi soltanto con un sottilissimo slip e le calze autoreggenti.La ragazza esitò un po’ davanti ai nostri accesissimi sguardi che non l’abbandonavano per un istante poi, dopo un’alzata di spalle, fece scivolare le calze sulle cosce e poi le arrotolò sulle gambe togliendole del tutto, infine, arrossendo fino alla radice dei capelli per la vergogna, si abbassò e si tolse l’ultimo baluardo che ancora la ricopriva ai nostri sguardi, restando finalmente totalmente nuda esclusivamente per la nostra gioia.Era veramente splendida, ma la cosa più attraente era il pube, molto gonfio e prominente, protetto da soffici ricci di pelo color rossiccio.Luca ed io non potemmo trattenere un sospiro di ammirazione ed è a questo punto che mi accorsi che forse Giacomo aveva già conosciuto da vicino l’anatomia della sua giovane ed attraente segretaria.Infatti egli, contrariamente a noi, si mantenne impassibile, proprio come se il magnifico ed eccitante spettacolo offerto fosse per lui un dejavu.Ma a parte questa considerazione, che mi fu poi confermata anche da Luca, voglio procedere a raccontarvi quanto aveva la buona sorte a noi riservato. – Che magnificenza! – esclamò con molta sincerità Luca.E se lo diceva lui, che di donne se ne intendeva…Improvvisamente, come se ci fossimo scambiati un tacito segnale, incominciammo a spogliarci ed in breve fummo tutti nudi. Notai che sia io che Giacomo avevamo dei calibri notevoli, ma spalancammo gli occhi alla misura spropositata che Luca parò davanti ai nostri occhi. Aveva una sberla di almeno venticinque centimetri fra le gambe.Tutti comunque avevamo istintivamente capito in un attimo, cosa ci avrebbe fatti eccitare di più quel giorno: umiliare Maria, trattarla come una troia in calore, lei che non lo era affatto e che si sarebbe sentita perduta in quel ruolo, ci avrebbe regalato i momenti più eccitanti della nostra vita.Giacomo con un cenno della mano ci fece bloccare. – Adesso Maria, – disse – se permetti vorremmo fare dei giochetti un po’ particolari, giochetti che con le nostre rispettabili mogli non potremmo mai fare, ma con te senza dubbio si. Vorremmo che tu salissi sul lettino offrendoci lo spettacolo del tuo meraviglioso culo e della tua stupenda fica, e poi permetterci di giocarci un pò al dottore e la paziente… -Maria si dimostrò restia ad obbedire ai nostri voleri. – E’ necessario che dobbiamo ricordarle ancora una volta il nostro accordo? – le disse prontamente Luca.Queste parole risvegliarono forse in lei l’istinto di conservazione fatto è che, rossa in viso, quasi paonazza, ubbidì alla richiesta e si precipitò sul lettino mostrandoci flessuosamente il suo corpo sotto più affascinanti prospettive. Dentro di lei c’era indubbiamente la volontà di non darci la soddisfazione di implorarci di smettere ed ancor meno quella di eccitarsi: non voleva umiliarsi ancor più di quello che stava già facendo.Giacomo, da buon medico, le fece assumere una posizione ginecologica che metteva particolarmente in risalto la sua vulva invitante, le labbra grosse e scure, interamente ricoperte da ricci peli, si aprivano sulla carne rosea e umida della vagina dalla quale emergeva prepotentemente un clitoride di un delicato colore rosato e ancora tutto incappucciato.Assumendo un’aria professionale, il mio amico le palpò le mammelle, schiacciò i capezzoli (Maria ebbe un gesto di sofferenza alle labbra), quindi le ordinò di piegare le ginocchia e di aprire le cosce: con un dito esaminò tutta la vagina lentamente dall’esterno all’interno, poi penetrò in profondità e continuò ad esaminarla per circa 5 minuti, Maria si mordeva le labbra e gemeva, sicuramente le stava facendo male.A questo punto, quasi con brutalità, Giacomo, che ormai era eccitato, la fece scendere dal lettino. Maria rimase in piedi, chiaramente impaurita; i suoi seni ansavano e tremolavano, le gambe lunghe e slanciate le vennero divaricate a forza da Giacomo che la palpò su tutto il corpo e nei folti peli del pube, poi le ordinò di piegarsi ad angolo e andare giù con la testa il più possibile e di afferrarsi le caviglie con le mani.Le introdusse prima un dito poi, a forza, tre dita nella vagina. Maria strabuzzò gli occhi, lanciò un gemito soffocato e si irrigidì, colpita dal dolore dei tessuti dilatati a freddo.Giacomo, sorridendo estasiato, indugiò a lungo, quasi volesse prolungare di proposito la sofferenza che le infliggeva. Rovistò nella sua vagina come cercandovi chissà quali oggetti nascosti, poi di colpo estrasse le dita, facendola sussultare.Finito sul davanti passò al di dietro: stesso trattamento, un dito intero infilato nell’ano stretto e contratto. Maria spalancò gli occhi e lanciò uno strillo acuto. Sussultò trafitta e scattò in avanti, cercando di rialzarsi, per sottrarsi alla profanazione dolorosa. Ma Giacomo prevedeva una sua ribellione e la trattenne ponendole una mano contro la pancia mentre infilava ancora più a fondo il dito. Maria gemette mordendosi il labbro inferiore, si tese in avanti mentre le nocche della mano di Giacomo premevano forte contro le sue natiche, il dito dentro il suo retto la rovistò spudoratamente a lungo, ruotando e facendo un leggero avanti e indietro. Alla fine venne estratto lasciandola vergognosa e tremante.Luca mi guardò e strizzandomi un occhio sorridendo mi disse: – Ho in mente cose piacevoli – esclamò. Questa frase non mi piacque, ma evitai di insistere ulteriormente. Giacomo colse la palla al balzo. – Hai visto, Maria, che non è poi tanto terribile avere a che fare con tre uomini contemporaneamente – le disse con voce insinuante. – Non è anzi assolutamente brutto. – – E’ vero – gli rispose inaspettatamente la ragazza, che fino ad allora era rimasta passiva a qualsiasi nostra iniziativa. – Ma credo che siamo solo al principio dottore e… temo di potermene pentire… – – Coraggio, nulla è ancora iniziato. – le disse il baldo Luca. – E’ pronta? – Maria ci guardava impaurita, senza riuscire ad evitare che il suo sguardo si posasse sui nostri membri eretti. Annuì con il capo. – Va bene, sono pronta… – disse con un leggero tremore alla voce che lasciava trasparire la paura.La trascinammo al centro della stanza e la facemmo inginocchiare davanti a noi, lei roteò gli occhioni lucidi di pianto, impauriti, su tutti noi. – Allora! – ordinò Luca. – Adesso ci farà un bel lavoretto con la lingua come Dio comanda, ci lava bene l’uccello, i coglioni, il buco del culo, e se decidiamo di sborrarle in bocca… Beh ci farà il santo piacere di ingoiare tutto… ha capito cara!? -Maria oramai piangeva senza ritegno e la cosa non poteva che eccitarci ancora di più. – Avanti incominci con me – riprese Luca. – Voglio che mi faccia un bel bidè, forza. -Maria tra i singhiozzi strisciò sulle ginocchia sino ad arrivare con il viso all’altezza delle palle di Luca, gli afferrò delicatamente il membro enorme, e dopo averlo spostato incominciò a ripulire con la lingua lo scroto del mio amico, leccando con una delicatezza che contrastava nettamente con la violenza che stava subendo. Usava tutta la lingua senza risparmiarsi, e questo a Luca doveva fare un bell’effetto visto che incominciò a mugolare di piacere: – Brava, signorina, molto brava – esclamò ad un tratto. – Adesso mi prenda in bocca il cazzo e me lo pulisca… così siii… adesso deve fare una cosa per me… voglio che se lo cacci tutto in bocca…tutto ha capito, poi dovrà massaggiarmi i coglioni con le mani, avanti lo faccia, FORZA! -Maria cercò di infilarsi tutto l’uccello di Luca in bocca, ma nonostante gli sforzi non ci riusciva. D’improvviso arrivò Giacomo da dietro che, con un colpo secco, le spinse la testa verso il bacino di Luca, facendo così scomparire in un attimo buona parte del membro dell’uomo all’interno della sua bocca.Maria strabuzzò gli occhi, e la colse il panico, sentiva il pene di Luca che le occludeva la gola, incominciò a divincolarsi come impazzita, ma Giacomo le teneva la testa bloccata contro il ventre di Luca. Si sentì perduta, temette di morire soffocata allorché Giacomo le disse: – Non agitarti, respira con il naso, prova a respirare con il naso, forza che ce la puoi fare dai…se non ci riesci la smettiamo, ma almeno prova. -Maria, ormai cianotica, provò a respirare con il naso e piano piano si rese conto che con un po’ di fatica ci riusciva; il ritmo del respiro era serrato e convulso, ma perlomeno non stava soffocando. – Bene adesso mi accarezzi i coglioni – disse Luca mentre Giacomo continuava a tenerle saldamente la testa pressata verso il bacino dell’amico.Maria allora cominciò un lento massaggio alle palle di Luca, il quale oramai eccitato all’inverosimile, con un urlo bestiale le scaricò direttamente in gola una quantità colossale di sperma. Un fiotto caldo le dovette arrivare tra le tonsille e l’ugola e scenderle impietoso nei polmoni.Con uno scatto disperato Maria riuscì a sottrarsi tossendo e sputando, lentamente riprese a respirare normalmente, aveva il volto impiastricciato ed alcuni colpi di tosse le avevano fatto uscire la sborra anche dal naso.Maria si accovacciò per terra, tossendo e lacrimando, maledicendoci tra i denti, mentre violenti conati di vomito l’assalivano…Giacomo senza curarsi dello stato della donna la strattonò per un braccio: – Avanti, forza cara, adesso devi far godere anche me! – le disse eccitato.Si sdraiò sul pavimento facendosi inginocchiare Maria accanto. – Aspetta un attimo, – disse. – Proviamo prima un po’ in questo modo. – Mise una mano nei folti capelli della ragazza e la tirò giù con violenza, contro il proprio pube. – Piano, cara, – le disse. – Piano e dolcemente. Questo è solo l’aperitivo. – La teneva intanto per i capelli. Maria obbedì. – Questa ragazza è fantastica, – disse Giacomo mentre lei, dilatando al massimo la bocca, lo succhiava. Dopo un minuto Giacomo allontanò la testa della ragazza. Si stese sulla schiena, allargando le gambe, le mani sotto la nuca. – Va bene, – disse. – Monta su. -Maria si inginocchiò su di lui, mettendosi a cavalcioni dei fianchi dell’uomo. Lentamente si abbassò fino a sfiorare il suo grosso pene eretto con il contorno delle labbra della vagina. Giacomo non fece alcun movimento per aiutarla, ma rimase immobile, sogghignando ai suoi disperati tentativi di trovare una posizione di equilibrio. Alla fine, la ragazza riuscì con un gemito, gli occhi chiusi e mordendosi un labbro, a sedersi su di lui. Dopo qualche istante, per abituarsi alla presenza dentro di lei, cominciò a fare andare il corpo lentamente su e giù.Giacomo non si mosse. La ragazza continuò ad alzare e abbassare il corpo, le cosce contratte per lo sforzo a cui era costretta dalla sua difficile posizione. – Vai più in fretta, Maria, – disse l’uomo dopo un po’ di tempo. I movimenti della ragazza divennero più veloci. Le sue natiche battevano lievemente e ritmicamente contro le cosce di lui. Il seno ballava su e giù quasi indipendente.Luca emise un sibilo. – Guarda quelle tette come si muovono! – esclamò con accento ammirato. – Si, – concordò Giacomo. Allungò una mano e schiaffeggiò una delle tette. – Muovile più in fretta, cara. -Lei accelerò il ritmo del proprio corpo. Giacomo emise un suono estatico. La ragazza cominciò a respirare a fatica.Io ero eccitatissimo guardando i due e la mia erezione cominciava a farmi male. Mi portai dietro le spalle della ragazza ed inginocchiatomi iniziai ad accarezzare la sua schiena, poi le sue natiche, infine con la lingua le percorsi tutta la spina dorsale dal collo fin giù, sempre più in giù, ad arrivare allo spacco fra le sue natiche sudate. Scesi ancora più in basso ed iniziai a leccarle avidamente la rosetta del suo ano: sentivo il gusto inconfondibile, ma per me dolcissimo, del suo buchetto più intimo; lo leccai e lo succhiai avidamente; quindi appoggiai il dito indice e glielo infilai nell’ano, iniziandolo a muovere avanti e dietro. Maria emise un urlo stridulo e si bloccò nella sua azione. Continuai l’operazione con il dito medio, poi provai col medio e l’indice insieme, ma era molto stretta e non riuscii ad entrare. Continuai col solo medio.Maria continuava a mugolare mentre Giacomo la teneva bloccata per le braccia impedendole di muoversi. Si divincolò però così furiosamente che riuscì a liberarsi e si lanciò in avanti sfilandosi dal pene di Giacomo e dal mio dito che l’arpionava nel sedere. Si sedette per terra e ci guardò con occhi supplichevoli. – Aspettate!… dottore la prego… non l’ho mai fatto dietro… la prego… non potete lasciare stare almeno li?… vi prego. -Scoppiammo a ridere sguaiatamente alla notizia che Maria era vergine nel culo: – Ci stai per caso dicendo che nessuno ha mai inzuppato il biscotto nel tuo bel culetto? – la canzonava intanto Giacomo. – Ma è incredibile! E’ un delitto incredibile! -Tra le risate e i commenti osceni la costringemmo a sistemarsi nuovamente carponi su Giacomo che la inforcò prontamente ed io mi avvicinai da dietro a Maria, inginocchiata e tremante, con l’uccello in mano.Giacomo si affrettò a stringerla sul suo petto per tenerla ferma. Maria venne presa dal panico, iniziando a gemere pietosamente. Iniziai a palparle il culo, cercai nuovamente di infilare un dito nel buchetto trovandolo ben serrato. Maria cacciò uno strillo.Le stavamo attorno in tre, e mentre Giacomo, a fatica, cercava di tenerla ferma, inginocchiata a quattro zampe, Luca le si mise davanti cercando di infilarle l’uccello nuovamente eretto in bocca, mentre io, alle sue spalle, le bloccavo le reni con le mani puntando il membro, teso in avanti come una spada, in direzione dello sfintere, nel tentativo di penetrarla.Maria nel frattempo, con il viso sofferente e rigato dalle lacrime, subiva il violento assalto al suo vergine culetto, cercando istintivamente di sottrarsi ma io la trattenevo, spingendo con decisione. – Aaahhh… – urlò, contraendosi per opporsi alla penetrazione. – Aaaaahhhhh…. Adagioo!!!…. Mi fa malee!!… – Tremava tutta, sconvolta; colta dal terrore tentò ancora di divincolarsi, ma Giacomo che stava sotto di lei la trattenne; l’afferrai violentemente per i fianchi e spinsi con ferocia cercando di forzarle lo sfintere. – Aaaaaahhhhh!!!!…… Non voglioo!!!!…… Lasciatemii, maiali schifosi!!…. Porci!!….. Aaaaaahhhhh!!!!….. -Gridava e stringeva il muscolo con disperazione, ma non le davo tregua e spingendo con tutta la mia forza, riuscii a farle entrare dentro la puntaEmise un urlo raccapricciante e le lacrime cominciarono a farsi vive nei suoi occhi, ma implacabilmente la mia verga si fece largo ed entrò.Spinsi con tutte le mie forze e lentamente tutto l’uccello le entrò dentro il culo; i tessuti, che mai fino a quel giorno, erano stati violati, dovettero cedere all’improvviso alla mia spinta. Il dolore, dovuto a quel violento atto di penetrazione le provocò un altro urlo disumano; ma il suono non fece neanche in tempo ad uscirle dalla gola, perché subito la bocca fu occupata dal membro di Luca. Maria dovette sentirsi stracciare le budella dalla mia mazza che la riempiva: le affondai sempre più profondamente nell’intestino. Iniziai a muovermi ritmicamente in lei, sbattendola sonoramente avanti e indietro. In tre ora ci muovevamo contemporaneamente. Il tempo scorreva veloce e noi continuavamo a scoparla con vigore non prestando alcuna attenzione alle sue grida, ai suoi mugolii disperati e ai suoi contorcimenti scomposti. Intanto Giacomo, sotto di lei, aveva allentato la presa ed io le feci alzare il busto iniziando a palparle le tette; il dolore al culo doveva essere sempre fortissimo e non accennare a placarsi e i suoi gemiti continui e i movimenti convulsi ne erano la testimonianza palese.Ad un tratto sia io che Giacomo raggiungemmo quasi contemporaneamente l’orgasmo, eiaculando copiosamente dentro gli orifizi di Maria. Luca aveva gia avuto un precedente orgasmo ed era ancora lontano dall’arrivare alla conclusione. Si tolse dalla sua bocca e venne verso di me. Estrassi il mio membro dal sedere violato di Maria e mi presentai davanti a lei: in un sol colpo le infilai l’uccello in bocca, e lei poté sentire il gusto delle sue viscere sparso sulla pelle untuosa e sporca.Pensava comunque che il peggio fosse passato, ma si sbagliava.Dietro di lei era arrivato Luca e la sua verga asinina era già pronta e dura.Maria sentì da principio le mani di Luca posarsi sui suoi fianchi. Si irrigidì, si sfilò il mio uccello dalla bocca e guardò alle sue spalle e quello che vide la terrorizzò: un pene enorme e lucido della sua saliva si stava avvicinando minacciosamente alle sue terga.Gridò, urlò a squarciagola e si dimenò terrorizzata, riuscendo a svincolarsi dal corpo di Giacomo che stava ancora sotto di lei.Ma ormai eravamo allenati alle sue fughe: subito la bloccammo e di peso la risistemammo urlante in posizione, alla pecorina, nonostante si divincolasse come un’anguilla fuori dall’acqua.Quando fu pronta, Luca le fu addosso come un falco e le grida di Maria si fecero più forti e selvagge, ma fu tutto inutile.Dietro di lei il giovane commercialista spinse con ferocia, cercando di penetrare il minuscolo pertugio serrato dal terrore.Le urla della ragazza crebbero ancora d’intensità, si fecero strazianti. Apriva e chiudeva le mani serrandole spasmodicamente, si mordeva la lingua in parossismi di dolore, le lacrime scorrevano copiose sul suo faccino distrutto dalla sofferenza, mentre Luca, afferrato alle sue anche, continuava a spingere sadicamente per infilarle nel sedere quel suo bastone fuori misura. Dopo spinte e spinte, forse anche aiutato dal mio sperma che aveva lubrificato il retto, finalmente riuscì a far entrare la testa forzando lo sfintere a dilatarsi, un urlo incredibile e altissimo si levò dalla gola di Maria che sembrava ormai prossima a svenire. La povera segretaria stramazzò sul pavimento, trattenuta a malapena da me e Giacomo.Si dimenò freneticamente, quasi epilettica, ma Luca ormai era dentro di lei e non mollava la presa. Tenendola sempre strettamente per le anche, continuò a spingere imperterrito, sordo alle sue urla strazianti, tentando di infilarglielo tutto dentro al sedere.Maria sembrava al limite della resistenza, boccheggiava, piangeva, si contorceva spasmodica, implorava, si mordeva gli avambracci, immersa evidentemente in un bagno di sofferenza inaudita. Quella verga mostruosa le stava indubbiamente scavando una galleria di dolore indicibile dentro l’intestino.La nausea l’assalì violenta e tossì prorompendo in alcuni conati di vomito. Ma solo saliva le uscì dalla gola riarsa per il tanto urlare. Piano piano cessò ogni movimento di resistenza, e piangendo e guaendo come un animaletto ferito, tentò timidamente di assecondare i movimenti di Luca.Lentamente cominciò a muoversi, sempre piangendo e guardandoci con due occhi dilatati e colmi di lacrime, come a voler chiedere un po’ di pietà.Ma li richiuse rassegnata, non vedendo un briciolo di commiserazione nelle nostre facce.Era oramai un bagno di sudore e di dolore. Un dolore che la squassava in tutto il corpo. I colpi di Luca erano colpi di maglio che le perforavano le viscere, l’ano e il retto sicuramente erano infiammati per il troppo sfregare.Riaprì gli occhi, e si agitò maggiormente digrignando i denti, sopportò, ormai allo stremo, gli ultimi colpi di quel membro che le scavava le terga e dopo un po’, con un urlo di liberazione misto a dolore sentì la calda crema di Luca che con spruzzi violenti le intasava l’intestino, violato in modo incredibile.Quando il pene diminuì un poco le sue proporzioni, Luca si sfilò da lei che si accasciò sul pavimento non avendo più la forza di sostenersi.Maria ci supplicò con voce dolorante di mettere fine alle sue sofferenze, ma non le accordammo la grazia richiesta.Ci chiese allora il permesso di potersi ritirare per un momento nella toilette, e questo lo ottenne poichè anche noi avevamo bisogno di un po’ di riposo.Giacomo ci offrì un liquore fortemente alcoolico, proprio quello che ci serviva per rimetterci in forma.Non avevamo ancora terminato di bere che Maria ci raggiunse.Era rossa in volto, non so se per la fatica o per la vergogna, ma propendo piuttosto per la prima di queste due ipotesi, sebbene all’apparenza si dovesse immaginare diversamente.Si era legata attorno alla vita un asciugamani, ma Luca, con un colpo secco, lo strappò e le affibbiò una sonora sculacciata prima di tornare a sedersi sul divanetto ridendo.Giacomo offrì a Maria un bicchiere di liquore che lei accettò volentieri, mettendosi a sedere in una poltrona. – No! – le disse perentoriamente Giacomo. – Non è quello il tuo posto. -Non fu soltanto Maria a guardarlo con stupore. – Che cosa hai in mente di fare? – gli domandò Luca che intuiva che vi dovesse essere qualche cosa nascosta nelle sue parole.Senza rispondere Giacomo si diresse verso il suo armadio dei medicinali e ne trasse un oggetto assai particolare. Era una grossa bottiglia a forma sferica di vetro spesso e di altrettanto grossa capacità, conteneva infatti circa quattro o cinque litri di liquido incolore. Aveva un collo molto lungo di circa venticinque centimetri e di diametro normale, una cosa che avremmo subito dovuto riconoscere come un buon strumento per una donna.Fummo tutti d’accordo nel destinare la bottiglia a sedile per Maria, tutti tranne la povera e pur rassegnata ragazza.Maria ci implorava con i suoi begli occhi, ma senza risultato; e dopo aver lanciato uno sguardo angosciato al suo sedile, emise un sospiro di rassegnazione.D’improvviso Giacomo e Luca le strinsero le braccia, le afferrarono le gambe appena sopra il ginocchio e la sollevarono, così in due, senza difficoltà alcuna. Lei aprì le labbra come per dare un grido, ma si fermò irrigidendosi. In men che non si dica, i due la alzarono di peso fin sopra la bottiglia, le allargarono le cosce mettendo in mostra oscena il sesso rigonfio.Maria aveva chiuso gli occhi, ma li riaprì poco dopo, mentre l’abbassavano piano fino a portarle il sedere all’altezza del collo della bottiglia. Appena lo toccò, Maria si ritrasse scalciando quel poco che poteva ed inarcuando la schiena, ma i due strinsero di più la presa e la portarono piano ma con sicurezza fino a farla appoggiare di nuovo là. Lei si guardò intorno come per chiedersi se aveva capito bene cosa stava per succederle, ma non proferì parola. Io guardavo la scena allucinato, seduto sull’orlo del divano, agitato come lei. Quindi i miei amici la mossero piano sulla punta arrotondata del collo della bottiglia, come cercando l’ingresso giusto. Lei non voleva credere a quanto le stava succedendo e restava rigida. Comprensibilmente non li voleva aiutare, aveva capito che se quel paletto di vetro le fosse entrato nel didietro, il dolore sarebbe stato allucinante, senza contare il rischio di rimanere storpiata a vita, e quindi la sua mente si rifiutava di partecipare a quell’atto, così osceno e degradante, oltrechè umiliante, che stava per essere perpetrato su di lei. Ma dopo qualche tentativo Luca e Giacomo riuscirono ugualmente a farle appoggiare l’ano sull’imboccatura del collo di vetro. Lei scattò subito in su, ma la rimisero presto in posizione perché ormai avevano trovato la via. Erano forti abbastanza da tenerla ben ferma mentre l’aggiustavano per la penetrazione iniziale, abbassandola di qualche centimetro, cercando di farle entrare quella parte iniziale del collo di vetro che, con un bordo ingrossato, doveva corrispondere al glande di un pene umano. Iniziò immediatamente a soffrire perché era troppo grosso per lei, e si lasciò sfuggire dei lamenti strazianti. Sta di fatto che lei si trovò per un po’ a sedere con l’ano appoggiato sulla punta come se fosse una scomoda sedia. Ma quando i due la mollarono piano, lei si sentì lacerare e il muscolo dello sfintere cedette. Urlò, ma poi strinse la bocca e gli occhi, trattenendo il respiro, come in attesa. Si era resa conto che se i due l’avessero mollata o se fosse loro sfuggita di mano, si sarebbe sfondata il culo. Per questo era immobile, ma era anche certa che, di lì a poco, sarebbe successo qualcosa di terribile. Teneva le gambe leggermente sollevate come se fosse seduta e, se non fosse stato per le mani che stringevano le sue ginocchia, avrebbe certamente allargato le gambe a dismisura come per dilatare meglio l’orifizio penetrato.Giacomo e Luca la girarono un po’ a destra e un po’ a sinistra come per rendere più scivoloso l’ingresso del collo di vetro, si guardarono e con un cenno invisibile d’intento, diedero un ultimo colpettino d’abbrivio e la mollarono così, continuando a tenerla in posizione.Lei scese d’un colpo di cinque o sei centimetri, e stavolta cacciò davvero un urlo straziante. Ma si era fermata subito come se fosse già arrivata a fine corsa. Scalciò, attanagliata dal dolore tremendo. Con le braccia bloccate dalle mani dei miei due amici non poté far altro che dare colpi come se volesse volare, e urlare di dolore a pieni polmoni. D’un tratto scese di altri due o tre centimetri, poi si bloccò nuovamente. Urlò ancora di dolore e disperazione come se la stessero scannando. Aveva capito che l’avrebbero impalata così e pensava che sarebbe morta tra atroci tormenti.Guardavo la scena, teso ed eccitato all’inverosimile.Maria stava continuando ad urlare a pieni polmoni. Teneva la testa all’indietro come sospinta dal fallo di vetro che aveva infilato nel sedere, la schiena incurvata e le gambe tese in avanti come se il collo della bottiglia le stesse trapassando le viscere. Le tette vibravano mosse dai suoi spasmi. Vibrava tutta come una corda di violino ed io non potevo far altro che aspettare che scendesse del tutto sulla bottiglia. E intanto Maria urlava e piangeva guardando di fronte a sè senza vedere nulla. Diede un altro scossone e scese di altri centimetri sulle mani dei due amici che si limitavano a palparla e a reggerla diritta. Era comunque lontana dalla base, la poverina.Notai del sangue colarle sulle cosce, macchiare il vetro del bottiglione e mi resi conto che l’ano doveva essersi lacerato in qualche punto, mentre lei continuava a tendersi e urlare ed ora anche a sbattere le ginocchia ogni qualche secondo. Ad un tratto, forse per la lubrificazione dovuta al sangue, discese di altri centimetri d’un botto, tanto che lei credette di morire e lanciò un altro urlo acutissimo e straziante.Giacomo e Luca provarono a lasciarla così da sola e videro che si sosteneva senza bisogno di loro.Infatti tutti e tre vedemmo l’impalata fare tutto da sola: allungare le gambe verso il basso come per trovare il punto d’appoggio, vibrare come se stesse per morire, urlare in crescendo, scendere lentamente, molto lentamente. Ora le gambe le teneva tese verso il basso, ma sempre divaricate, distanti dalla bottiglia. Ma non appoggiava ancora ed era retta sostanzialmente dal suo ano che faceva presa sul paletto di vetro che aveva infilato nel culo.A quel punto Maria riprese a scendere sul fallo mostruoso che ormai le riempiva l’intestino. Stavolta provò ad impedirlo cercando di tirarsi su e dando inutili colpi di reni, ma non faceva altro che facilitare la sua autosodomizzazione. Piano, molto piano, ma inesorabilmente, scese giù urlando al cielo la sua agonia, come se nulla ormai potesse fermarla. La lubrificazione aveva funzionato. Andò a sedersi sulla bottiglia con il collo conficcato del tutto nel culo, finché le natiche si adattarono alla curvatura del vetro e la avvolsero. Rimasi incredulo anch’io a guardarla perché, vista così, sembrava che il grosso paletto di vetro le fosse entrato nel corpo.Si lasciò andare così, come seduta dopo una faticata abnorme e dopo qualche minuto le urla le si spezzarono in gola e alla fine si ammutolì reclinando il capo su una spalla. Ora era piegata, nuda, esposta, oscena, umiliata, penetrata, offesa, torturata, violentata nel culo ed esposta a noi. Era una scena straordinaria e molto eccitante. Per consolarla Giacomo le tese il suo bicchiere di liquore e sotto i nostri occhi e i nostri leziosi commenti dovette restare in quella posizione.Senza alcuna premura accendemmo delle sigarette poi Luca, che evidentemente si sentiva nuovamente a punto, si alzò e le si avvicinò divertendosi ad accarezzarle il volto con l’enorme verga eretta e rossa.Non osando fare il minimo movimento, Maria dovette accettare l’oscena carezza, senza perlomeno opporsi, come aveva fatto fino ad allora.Luca le strofinò il membro sul volto e poi provò ad infilarlo fra le sue labbra socchiuse, senza che lei facesse nulla per evitarlo. Poi le si portò alle spalle e, afferrandola sotto le ascelle, la sollevò con violenza e senza preavviso.Maria emise un altro dei suoi urli egualmente raccapricciante. – Andiamo signorina! – le disse Luca. – Non è proprio mai contenta!… La facciamo sedere ed urla, la sollevo ed ancora urla… Ma cosa vuole di preciso, si può sapere? -Senza attendere l’improbabile risposta della ragazza Luca la voltò e me la presentò tenendole le natiche ben aperte con le mani. – A te amico! – mi disse. – Sicuramente la strada adesso è più agevole di poc’anzi. -L’invito era allettante e non lo si poteva assolutamente rifiutare.Mi alzai e con un balzo raggiunsi le natiche indifese della ragazza puntando tra di esse il membro che altro non desiderava.Maria era stata già sodomizzata due volte e in più il collo della bottiglia aveva lasciato il suo ano dilatato e palpitante, ancora macchiato del suo stesso sangue e quindi esso cedette facilmente e posso dire che affondai nel sedere di Maria quasi senza accorgermene. Dopo aver introdotto la punta, diedi una spinta forte e mi introdussi fino in fondo al suo canale bollente.La ragazza ebbe solo un leggero brivido ed emise un sommesso mugolio quando il mio ventre si incontrò con i suoi deliziosi e morbidi glutei.Maria subiva passivamente il mio assalto, senza lamentarsi, forse paragonandolo con la sofferenza appena vissuta a causa di quell’infernale bottiglia.Mi mossi lievemente per assestarmi in fondo al suo posteriore e poi rimasi immobile per permettere a Luca di penetrarla per la via naturale.All’introduzione del pene di Luca però, Maria emise diversi gemiti e si mosse a scatti a causa delle dimensioni del mio amico, ma ben presto si quietò. Sicuramente la doppia penetrazione doveva essere più piacevole e meno violenta che la prima.Ma quando cominciammo a muoverci sicuramente il dolore dovette rinnovarsi perchè ricominciò a gridare e a dimenarsi scompostamente.La ragazza, letteralmente compressa tra noi due, allargata dai nostri furiosi ed indomabili membri singhiozzava, rantolava, gridava come una folle.La saliva le colava dalla bocca sino al collo, il volto deformato da una smorfia di dolore era madido di sudore.Non la risparmiavamo ed eravamo intenzionati ad andare avanti fino a soddisfare le nostre esigenze, a costo di farla scoppiare senza alcuna pietà.Ci fece raggiungere una eiaculazione pressocchè simultanea, che vivemmo senza il minimo ritegno e pudore, scaricando dentro di lei tutti i succhi accumulati che andarono a intasarle i condotti infiammati dal tanto sfregare.Abbandonammo Maria non appena passarono gli stimoli del piacere e ritornammo nello studio per riposarci distendendoci sul divano, lasciando che la ragazza facesse un altro giro alla toilette per ristabilirsi e prepararsi ad un terzo assalto. Quando Maria tornò nella stanza e comprese che il suo calvario non era ancora terminato tentò di opporsi. – Basta!… Basta!… – sbraitava. – Vi scongiuro… lasciatemi andare, ho pagato abbastanza la mia colpa… -A rigor di logica avremmo dovuto darle ragione ed era nei suoi diritti quello di opporsi, o meglio, tentare di opporsi.Era nei suoi diritti, ma non glielo riconoscemmo e non avemmo nessuna pietà.Venne afferrata, rovesciata e coricata, e penetrata, malgrado le sue proteste che divennero in un attimo violente, al punto da colpire Luca in maniera violenta con un calcio.Ma questo non fece che accrescere la libidine, che ormai ci aveva afferrati e travolti in modo tale, che quasi agivamo inconsciamente, sotto l’impulso degli istinti piuttosto che sotto quello della ragione.Giacomo e Luca la possedevano contemporaneamente, rispettivamente di fronte e di schiena e la verga di Luca rinnovò nuovamente il dolore al suo posteriore a lungo maltrattato, ed io non avevo altra scelta che il volto.Senza alcuna pietà l’afferrai per le guance e immersi la verga nuovamente eretta e turgida nella sua bocca urlante. Le sue labbra si aprirono non molto docilmente sotto la mia pressione, ma di questo ne fui oltremodo lieto.Un brivido mi percorse tutto il corpo mentre affondavo prepotentemente nella cavità umida e viscida. In tal modo soffocai i suoi lamenti, a vantaggio di tutti, tranne probabilmente di lei stessa.Occlusa da ogni parte, Maria era messa assai a dura prova, tanto più che l’ultimo di noi che si scaricò dentro di lei, Luca per la precisione, lo fece dopo un buon quarto d’ora che le scanalava il retto.La sua bella capigliatura bionda era completamente disfatta, le labbra le si erano gonfiate per i baci e per i soffregamenti del mio sesso e infine i suoi occhi erano cerchiati di scuro.Questo era il ritratto di Maria dopo le nostre amorevoli attenzioni e qualche minuto prima che coronassimo la nostra torturante punizione. – Vi sentite in grado di sopportare ancora grida e urla disumane? – ci chiese Luca in un sussurro, per non farsi udire da lei.Giacomo ed io ci guardammo, chiedendoci che cosa volesse intendere il nostro amico, ma non eravamo per nulla preoccupati da quello che ci aveva chiesto.Praticamente gli rispondemmo con gli occhi per non destare i sospetti di Maria che si stava lentamente riprendendo dalle sovrumane e dolorose fatiche a cui l’avevamo costretta. Eravamo anzi eccitati da quanto le sue parole lasciavano intendere e Giacomo gli si rivolse sottovoce. – Spero che tu ci voglia spiegare che intenzioni hai….. -Un rapido cenno di Luca lo fece tacere ed io neppure azzardai una qualsiasi domanda, intuendo che sarebbe rimasta senza risposta.Luca si fece sedere accanto Maria, aiutandola premurosamente, e le diede da bere un po’ di liquore. – Ha l’aspetto un po’ stanco, mi pare – le disse con tono gentile. – Si, sono molto stanca e… distrutta – rispose Maria. – Avrei il desiderio di andarmene…. vi prego, permettetemi di andarmene. Credo di aver ripagato gli errori commessi e con buoni interessi anche…. – – Ah, ah, un attimo – la interrupe Luca. – C’e un piccolo errore di valutazione mia cara. Tutto quanto abbiamo fatto finora non era una punizione. Infatti credo che lei abbia provato anche piacere e non mi risulta che le punizioni siano piacevoli. -Maria impallidì a queste parole e trovò soltanto la forza di balbettare: – Piacere?… Io?…. Ma…. ma…. cioè quello che mi avete fatto prima….. – – Ma come, cara – incalzò Luca – la chiama punizione aver goduto non so quante volte? – – Ma…. e… e la bottiglia?….. e tutte le volte che mi avete… sodomizzata?… – chiese Maria con aria smarrita. – Stupidaggini! – commentò seccamente e senza guardarla in volto Luca. – Adesso si prenderà la punizione che merita e l’avviso che sarà oltremodo sgradevole. – Ci stavamo divertendo un mondo a quel dialogo. – Ma…. voi… voi siete dei pazzi scatenati… – Maria appariva adesso seriamente impaurita. – Portiamola nella sala di consulto, lì le sue grida non saranno udite! – la interruppe Luca.Queste parole non erano certamente fatte per rassicurarla, ma del resto Luca l’aveva onestamente avvertita che quanto sarebbe avvenuto non sarebbe stato di suo gradimento.Portammo a viva forza la recalcitrante Maria nella sala attigua e la distendemmo sul lettino delle visite, mentre Luca le legava i polsi e le caviglie con una robusta e sottile fune.Era messa a pancia sotto e per addolcire la scomoda posizione Giacomo pose sotto il suo viso un morbido cuscino. Ma questo non parve sollevarle il morale.Le gambe erano talmente divaricate, così aperte, che le natiche erano completamente separate e l’orifizio palpitante perfettamente visibile.Luca, controllato che tutto fosse come desiderava, scomparve un istante per riapparire con in mano una palla di marmo. Le sue dimensioni superavano di gran lunga quelle di un comune uovo di gallina e serviva per spegnere le sigarette in un grande portacenere, ma ora era stata destinata ad un ben diverso uso. – Ecco un uovo perfettamente adatto alla nostra gallinella – commentò infatti.Maria strepitava, urlava disperata, tirava forsennatamente sui legami e questa volta potemmo leggere il terrore nei suoi occhi. – Aiutatemi voi due – ci riscosse Luca. – Allargatele le natiche più che vi è possibile. -Per nulla impietositi obbedimmo, eccitati anzi, oltre ogni misura.Luca appoggiò il globo di marmo verdastro sull’orifizio serrato spasmodicamente per il terrore ed iniziò a spingerlo verso l’interno con forza, facendolo ruotare perchè meglio avanzasse.- Aaaahiiiaaa!!….. Mi fa maleeee!!!….. Noooo… è troppo grosso….. vi prego ….. per favore, per favore… -Maria non poteva sfuggire minimamente ma le sue grida ed i pianti ci facevano sufficientemente capire lo strazio che le procurava la dura e terribile inserzione.Luca continuava a spingere e io e Giacomo guardavamo con occhi allucinati la sfera di marmo che si faceva largo dilatando lentamente e inesorabilmente il muscolo dell’ano.Qualche gocciolina di sangue testimoniava già che i tessuti stavano cedendo. Le urla e i contorcimenti di Maria mettevano a dura prova la nostra resistenza a trattenerle le natiche aperte. Bruscamente uno spasimo terribile le agitò i glutei, un urlo altissimo ci rintronò nelle orecchie e la palla marmorea fu aspirata e scomparve all’interno del retto.Il pianto e le grida di Maria si esaurirono, grosse lacrime le scendevano dai begli occhi e aveva il viso cereo e allucinato, come di un moribondo.Probabilmente credeva che il suo supplizio, i suoi patimenti fossero terminati. Ma si sbagliava, e molto!Luca cominciò a sferzarla con la cintura, dei colpi sordi e senza interruzione che strapparono le lacrime più sincere e calde alla povera ragazza.Incapaci di ragionare, a turno la colpimmo e le facemmo sopportare le pene dell’inferno.Speravo che l’incessante gragnuola di sferzate le avrebbe fatto espellere a forza la palla di marmo che il suo sfintere aveva inghiottito, ma il mio desiderio rimase inappagato.Maria si contorceva, gridava, rantolava, subendo il nostro esasperato sadismo, un sadismo che ci travolse senza che ce ne rendessimo conto.Proseguimmo a picchiare, a colpire, a ferire senza un attimo di tregua, fino a quando la ragazza non si abbandonò, priva di sensi, sul lettino della sua sofferenza.Non capivamo quello che stavamo facendo, o almeno non lo capivamo Giacomo e io, poichè ancora ho il sospetto che Luca agisse coscientemente e volontariamente.Comunque al ricordo di quanto piacere provai, ancora mi vengono i brividi!Solo più tardi mi pentii delle mie azioni, ma tutto passò, come sempre succede, nel dimenticatoio dove si nascondono le cose più brutte che succedono nella nostra vita.Volete sapere che fine ha fatto l’uovo, vero?Ebbene non lo so! Non vi stupite, proprio lo ignoro, poichè Luca volle rimanere solo con Maria appunto per tentare di estrarle il corpo estraneo che aveva introdotto nel suo ventre.Probabilmente c’è ancora e starà fecondando per generare chissà quale prodigio!
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