Mi chiamo Sandra sono un avvocato e non ho ancora superato i 30.Neltribunale ho conosciuto il giudice P. e sua moglie, una coppia un po avanti con l’età, intorno ai 50 anni. Un giornola mogliemi ha invitato a passare una giornata a casa loro.Da voci di corridoio ero venuta a conoscenza della loro freneticaattivitàsessuale, e così incuriosita di vedere ciò che poteva succedere ho accettato.La casa era rinascimentale, imponente e discreta. Per accedervi,si dovevapassare in un vicolo privato. Tutte le luci della grande casa erano spente. Avevo suonato al cancello che si eraaperto erichiuso automaticamente. Attraversato un roseto, dopo qualche gradino, avevo suonato alla porta di bronzo. Dopoqualcheistante, era venuta ad aprirmi Gina P., era vestita di cuoio nero, gli slip avevano una chiusura lampo di argento, iseni eranocompressi in un bustino con le coppe tagliate per lasciar uscire i capezzoli. Le unghie e le labbra erano leccate dirossovivo. Sembrava piuttosto una dominatrice di un bordello, ed era molto più attraente del mattino in ufficio, intailleur ecamicetta.”Entra Sandra. Qui non sono più vostro onore ma la Padrona, èchiaro”Il grande ingresso del pianterreno era pieno di statue, didrappeggi e diquadri, non cerano lampade accese, mi sentivo inquieta ma anche eccitata. Gina aveva spinto una porta seminascosta e iol’avevo seguita giù per una scala stretta di pietra.Scendemmo in un seminterrato e il fresco si faceva sentire.Eravamo sbucatein una vera sala di tortura. Dal soffitto pendevano delle corde, degli anelli, delle fruste. Ai muri eranofissatedelle croci con bracciali chiodati di cuoio. Gina aveva fatto sibilare un nerbo di bue, non ero per niente tranquilla.Avevo urlatovedendo un uomo nudo messo in croce. Dal suo lungo corpo magro coperto di peli grigi, avevo riconosciuto ilpresidente P. Indossava un cappuccio di cuoio con delle aperture per gli occhi eper labocca. La base del sesso eretto era stretto da un alto elastico che gli circondava anche i coglioni. Gli organi tumefattiviolacei erano molto grossi. Il glande gonfio di sangue sembrava sul punto di esplodere. L’apertura del meato sispalancava comeuna piccola bocca e il prepuzio era livido sotto la pressione. Dei segni di frusta gli zebravano il petto e le cosce.E così i P. terrore del tribunale, e pure di una certa età,nell’intimitàsi comportano come dei pazzi perversi. Gina mi aveva sfiorata con la punta della frusta: “spogliati. Levati tutto, sbrigati!”Mi ero tolta gli abiti sotto gli occhi del presidente. Palpandomii seni ele chiappe, Gina spiava le sue reazioni. Dato che non si muoveva, mi aveva fatto dondolare il culo e il petto dandomidei colpicol nerbo di bue.”ti piace, eh? è ben fatta. Speravi di fartela uno di questi giorni nel tuo ufficio… anche questa, senza dar troppo nell’occhio!”Il presidente, con le braccia e le gambe stirate dolorosamente,avevaborbottato una frase incompressibile. Il suo uccello mi affascinava, la rigidità e il colore lo facevano sembrare scolpitoin unmarmo violaceo. Avevo una gran voglia di toccarlo, mi ripetevo incredula <>.Quando Gina mi aveva passato una mano sul sesso, le avevo bagnato le dita.”Fai bene a essere eccitata, Sandra””Sì, padrona””Vai a fare un pompino a mio marito. Ti aspetta con impazienza. Sotto tortura, mi ha confessato che ti aveva notata, in tribunale.”Gli occhi del presidente brillavano, terrificanti nelle loroorbite dicuoio. Ansimava quando mi sono messa in ginocchio davanti a lui. Avevo respirato il suo sudore. La traspirazione glirendevaappiccicosi i peli delle ascelle e del sesso. Dal meato socchiuso affiorava dello ,sperma chiaro. Al primo contatto,l’uccello aveva sussultato andando a colpire il ventre con un suono sordo prima di tornare in verticale. Avevo aspirato ilglandedeliziata. Mi riempiva quasi tutta la bocca ed era caldo come una pietra al sole.Facevo tutto il possibile per ingoiare completamente l’uccello, maeratroppo lungo. Il glande mi urtava la gola e ci versava delle gocce salate. Sotto le mie dita, i coglioni erano diventatiduri comeuova di gesso. Gemeva sotto le mie succhiate e i miei sfioramenti. Avevo dimenticata Gina. Godevo sentendo in miopoterequell’uomo onnipotente. Avevo cacciato un urlo quando lei mi aveva dato un colpo col nerbo di bue sul culo. Gliocchiettineri mi minacciavano.”Non mi va che si faccia godere mio marito voltandomi la schiena.Altrimenti, avresti dovuto succhiarglielo anche tu a quattro zampe sotto la sua scrivania, per avere un avanzamento.Mi aveva fatta alzare mettendomi la frusta inarcata sotto ilmento. Miaveva sfiorato i seni coi suoi quando mi aveva fatto alzare le braccia per fissarmi dei bracciali di metallo ai polsi.Non siradeva sotto le ascelle e i riccioli neri luccicavano di sudore. Mi chiedevo con ansia che punizione mi stava preparandomentre mibloccava le caviglie. L’avevo scoperto in fretta, poi aveva tirato una corda e mi ero trovata sollevata. Dondolavo aun metrodal suolo, con le braccia e le gambe tirate, come un’amaca fra due pali.”mi fa male, padrona””chiudi il becco, stronza! odio le sporcaccione che girano intornoa miomarito e che mi lasciano da parte”Mi aveva frustato i seni, il culo e il sesso. I colpi non eranomoltoviolenti, sembrava che volesse scaldarmi le parti sensibili piuttosto che farmi male. Non ero mai stata punita in quel modo emi avevainvasa una nuova eccitazione. Sentivo una tensione nei nervi che solo un orgasmo completo avrebbe potutoplacare.Supplicavo Gina di farmi godere, ma non mi dava retta. Rossa e tutta sudata nel completo di cuoio che le strizzava,continuava a darmi colpi sulle zone sensibili.”tutte uguali, queste giovani avvocatesse. Sempre lì a cacciare letettesotto il naso di mio marito, a dimenare il culo e a bagnarsi nelle mutandine per eccitarlo.Inginocchiandosi fra le mie cosce, Gina mi aveva osservato lafessuraspalancata. Parlava con voce sorda, come fra sè e sè:”ah, come mi piacciono le fiche di tutte queste bimbe. Sono fresche,succose, si aprono, si bagnano e vogliono farsi sempre riempire.”Parlava in fretta, in preda a un’intensa eccitazione. La sua boccasimuoveva sulla mia fica. Sentivo il suo fiato tiepido sulle carni, tra i peli. Sottolineava il contorno delle labbra, delleninfe, delclitoride con la punta della frusta. Affondandomi la lingua nella fessura, mi aveva aspirato le secrezioni con unrumore disuzione. Mi faceva male dappertutto, ma il dolore mi esasperava la voglia di godere. Soprattutto perchè il presidente,con latesta china, mi fissava il sesso. Gina l’aveva apostrofato:”ti lustri la vista, eh? sporcaccione dei miei stivali! ti piace,la suafica?”Mi aveva infilato in nerbo di bue nella vagina e l’aveva fattogirare. Congli occhi vicinissimi alla fessura, osservava le mie reazioni intime.”si contrae, si dilata, e si bagna e aspira! si danno tante ariecon laloro toga, ma appena hanno qualcosa nella fica, si contorcono come vermi!”Mi aveva sbattuto la vagina a tutta velocità, producendo deglisciacquii.Infilzandomi, mi pizzicava il clitoride, i capezzoli e l’ano. Mi aveva portato sull’orlo dell’orgasmo. Stavo per venireda unmomento all’altro, e la incitavo con voce rauca:”oh, Gina, padrona, continui, sì, ancora!”Lasciandomi il nervo di bue infilato in vagina, si era allontanatadirigendosi verso un tavolino e si era versata una vodka in un bicchiere. mi guardava da lontano con ironia, bevendo asorsetti. Eraspaventoso, il mio ventre era una sola contrazione dolorosa. Dondolavo in aria senza potermi toccare il sesso, nestringere lecosce per scatenare l’orgasmo. L’avevo supplicata, singhiozzando: “Padrona la prego, non mi lasci così, devo godere! presto, non ne posso più!””quì gli ordini li dò io, piccola!”Ci aveva indicati, me e suo marito, legati e gementi, con gliocchi fissiuno sul sesso dell’altro.”la piccola sporcacciona e il vecchio caprone!, avete voglia difare dellecose davanti a me. Sono io che vi eccito: tutte le vostre parti intime gonfie, lì….”In preda a una bizzarra eccitazione, andava dalla mia vulvaall’uccello disuo marito, titillandoli, masturbandoli, sfiorandoli con la frusta, raccogliendo le secrezioni, mescolandole fra ledita,annusandole.”delle troie e dei porci, ecco cosa si trova dappertutto. Mieccita!”Piazzata tra me e il presidente, gli aveva strizzato il glande e,tenendoil braccio, mi aveva infilato le dita nella vagina.”Lo senti passare il fluido, Sandra?””Non so, mi fa male il ventre, sono tutta gonfia.””Adesso piscerai per il presidente; lui le adora le piscione. Lefa saliresulla sua scrivania per berle.”Mi aveva incollato il bicchiere vuoto sulla fessura.”Dai, Sandra, da bere per il presidente””Non posso, sono troppo contratta”Mi aveva frustato in mezzo alle cosce.”Dai, è un ordine!”Siccome facevo no con la testa, mi aveva affondato in gomito nellapancia,facendolo andare su e giù.”è tutto pieno lì dentro. Riempi ‘sto bicchiere”Mi era sfuggito un grido di dolore. Una vampata di bruciore mipercorrevail basso ventre e il sesso. La piscia era uscita a brevi getti e sentivo il bicchiere che si riempiva rapidamente.Una voltapieno, Gina l’aveva tolto e avevo finito di svuotarmi per terra. Ritta sulla punta dei piedi, aveva passato il bicchiereschiumante sotto il naso del presidente.”Hai sete, Attilio ?”Lui aveva aperto la bocca e lei aveva versato. Il presidente avevadeglutito a sorsi, poi si era strozzato, tossendo e risputando tutto. Dato che si rifiutava di bere di nuovo, gli aveva buttatoil restoin faccia, sulla maschera di cuoio. La mia piscia gli era colata sui peli del petto.”Scendi di lì, vecchio pagliaccio, ti innaffio di nuovo. Sono pienaanch’io.”Dopo aver slegato i lacci che gli trattenevano i polsi e lecaviglie, Ginal’aveva aiutato a fare qualche passo. Mentre si sfregava i muscoli indolenziti, lei lo aveva fatto sdraiare perterra sullaschiena, scavalcandolo, aprendosi la chiusura lampo degli slip ed esibendo il sesso. Compresse dal cuoio, le carniintime sierano gonfiate e avevano assunto una tinta violacea. Le secrezioni le avevano appiccicate e lei le aveva separate condue dita.Il clitoride irritato dardeggiava. L’aveva inumidito con la saliva per calmare il bruciore. Mi aspettavo che pisciassein boccaa suo marito, invece, accovacciandosi sulla sua pancia, gli aveva innaffiato l’uccello. La violenza del gettofacevatremare la colonna.”Adesso puoi incularla, quella puttanella!”Manipolando le mie corde, mi aveva immobilizzato a quattro zampeper terra,col culo ben aperto. Il presidente si era immediatamente incollato a me, ansimava e dava colpi di reni. Ginagliaveva dato una frustata sul culo, ma questo non gli aveva impedito di continuare. Non era più in sè, Gina l’avevacolpito dinuovo.”Non aver fretta, sembri un cane, su questa ragazzina”Dopo avergli spalmato l’uccello di vaselina, gli aveva appoggiatoil glandesul mio ano che teneva aperto con due dita. Quando era penetrata la punta arrotondata, mi aveva fatto moltomale. Eracome se mi avessero infilato un ciottolo con un bastone. Avevo gridato, ma le mie grida eccitavano il presidentechesembrava sempre più febbrile. Mi soffiava dei rantoli rauchi nelle orecchie e mi sfregava la maschera di cuoio fradiciadi pisciosulla guancia.”Ah, questa cagna, ne ha voglia, questa troia!”La sua eccitazione era così intensa che aveva finito percomunicarmela. Ilmio ano si era allargato emanando delle secrezioni e, con grande vergogna, avevo sentito degli sciacquiinel culo.L’uccello si infilava fino alla radice e i peli mi punzecchiavano in mezzo alle chiappe. All’idea di svuotarmil’intestino edi insozzargli l’uccello, la mia eccitazione era aumentata ancora di più. Grondavo sudore, tutto il corpo mitremava a ognischiocco delle sue cosce secche sulla mie. I seni mi ballavano e Gina mi pizzicava i capezzoli facendoli girare. Mistiracchiava anche il clitoride. Provavo dei turbini di emozione inaudite, la vista mi si annebbiava e gemevo come unabestia.Guidato da Gina, il presidente andava e veniva con sempre maggiore violenza nel mio culo. Lei lo incitava con voceisterica:”Più forte! inculala più forte! chiede solo quello, sta sbavando”Al culmine dell’eccitazione, li avevo insultati:”Dai porcona, masturbami più forte! e tu, bastardo, inculami afondo! ce lafai ancora, alla tua età? sfondami se ci riesci, stronzo.”A queste parole, avevo sentito l’uccello inarcassi nel culo,percorso daspasmi violenti, ma, stranamente, non avevo sentito gli schizzi di sperma. Mi aveva morsicato il collo grugnendo, conl’uccelloaffondato in me fino ai coglioni. Mi aveva infilato le dita nella fica aprendole come se volesse lacerarmi.Avevoavuto un orgasmo così violento che mi era sembrato di svenire.Ero stupita che il presidente non fosse venuto; Gina mi avevaliberata e miaveva fatta rotolare per terra. Si era sdraiata sulla schiena spalancando le cosce e si era tirata addosso ilmarito mezzostordito. Appena la verga era scomparsa nella vagina, aveva fatto saltare con un gesto preciso l’elastico che glistringeva i coglioni. La mia eccitazione mi aveva fatto dimenticare la presenza di quel dispositivo. In quell’istante,avevanolanciato tutti e due un grido che era risuonato sotto le volte. Svuotandosi dello sperma, il presidente era percorso dallatesta aipiedi da scosse elettriche. Con le mani sulle ginocchia, spalancata, Gina riceveva il geyser in fondo allavagina. Ilgodimento trasformava il suo volto, addolcendole i lineamenti e facendola sembrare più giovane.Eravamo rimasti a lungo prostrati, poi il presidente si eratrascinatofuori dalla stanza. Gina tutta zucchero e miele, si era sbarazzata della sua tenuta da dominatrice e mi aveva offerto unbicchieredi vodka. Mentre lo sorseggiavo, lei si era attaccata alla bottiglia. Lo sperma di suo marito le colava sullecosce. Miaveva fatto capire con uno sguardo che voleva che la leccassi. L’avevo fatto, risalendo fino al sesso, e lei avevagodutoincollandomi la bocca sulle mie mucose irritate a sangue.Prendendomi per mano, mi aveva portata in camera sua. Abbiamopassato unabuona parte della notte sul suo letto a baldacchino a bere vodka e a lesbicarci. All’alba, mi aveva fattariaccompagnare a casa nella mia macchina, da un autista in livrea. Nel mio letto ero piombata in un sonno profondo.l’autore: “Luigi Mangieri” joejoint@albafly.it
Aggiungi ai Preferiti