TERZA STANZA – GIULIA"Aspettiamo prima di entrare" ammonì Renato. "Ti avverto, Giulia è gelosa. Ma non come ti aspetteresti."Aveva lunghi capelli neri ondulati, gli occhi verdi con cui sembrava vedesse in un altrove trasparente, la pelle scura e i capezzoli violetti. Leggeva stesa nuda sul letto, con addosso un paio di calze autoreggenti nere. Il libro era "Foto di gruppo con signora" di Boll.Li guardò senza interessarsi a loro. Sospirò ritornando al suo libro."Ti chiederai cosa trovi in lei. Quale sia l’elemento che mi ha fatto decidere ad adescarla per la mia collezione. Presto lo vedrai. Intanto inginocchiati e lavorami l’uccello."Cristina si abbassò obbediente, tenendo le mani aperte premute contro i seni.Giulia intanto li osservava con la coda dell’occhio. Aveva appoggiato il libro aperto sul comodino e, con uno specchietto da trucco nella sinistra, stava mettendosi del rossetto color garofano. Poi fu la volta dell’eye-liner: una bordatura spessa sulla ciglia superiore che correva verso la tempia in una punta arabeggiante. Mentre Cristina riusciva a malapena a far inturgidire il cazzo, Giulia strinse le labbra, pulì una sbavatura e cominciò a masturbarsi. La destra correva veloce sul busto, tormentando la punta dei capezzoli in modo simile a quello in cui sfregava il clitoride con l’altra. Bagnava le dita lasciando che gocce di saliva le scivolassero brillanti sul mento esile. "Molla l’osso bella. E’ tutta una questione di sensazioni. Non farti prendere in giro" gemette. Poi, rivolta a Renato: "Lascia perdere i preamboli. Vieni qui a mitragliarmi la faccia. Cazzo". Giulia si morse il labbro inferiore fino a farne uscire sangue. Si graffiò un seno con le unghie appuntite. Contrasse i muscoli agitando il corpo sugli snodi di cartilagine come una bambola indemoniata. Divenne una macchina ansimante che reclamava attenzione solo per sé, non lasciando più spazio a nessun altro, tantomeno al goffo tentativo di spompinatura di Cristina.Rimanendo sempre sul letto, Giulia accavallò i polpacci dietro le spalle, in equilibrio sulle mani come una contorsionista tailandese.Cominciò a succhiarsi la figa, impegnandosi in un cunnilingus acrobatico."Dove l’hai trovata?" chiese Cristina, senza pretendere di essere ascoltata.Renato le rispose: "Ha imparato giorno dopo giorno. Ha consacrato la sua vita ad allenarsi coi cazzi d’ogni tipo. Prima ne aveva in abbondanza. Gialli o neri. Cairoti o di Monaco di Baviera. Ma dopo che l’ho portata qui se ha voluto variare la dieta ha dovuto ingegnarsi da sola. L’uccello le fa vedere le stelle. Perciò quando assiste ad uno spreco, le piacerebbe essere una pattumiera"."Smettila di parlare" disse lei con la vagina simile ormai ad una tasca di burro. Sul letto si allargava una pozza di untume odoroso di figa. Renato si sbatteva furiosamente di fronte a lei. Così la colpì in faccia con uno schizzo di più di mezzo metro. Lei allungò fuori la lingua e se la fece saettare sulle guance come la coda di un crotalo.Raccolse ogni goccia di sperma e dimostrò di assaporarla con infinita soddisfazione.Rimanendo incastrata in se stessa, basculò sulle braccia e, portando in alto il bacino, zampillò una fontanella di orina calda che le ricadde addosso. Renato unì i suoi sforzi a quella pioggia, inondandola di un getto largo e potente che la fece venire subito. Di nuovo nel corridoio con Cristina che si copriva diligentemente i seni, Renato commentò: "Per quanto riguarda il sesso, bisogna tenersi il meglio per ultimo. In crescendo. Ma a volte, lo imparerai, ti sembra di aver avuto il meglio troppo presto".
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