Nel 1984 fui mandato dal mio datore di lavoro ad eseguire dei restauri in Valtellina, terra conosciuta per le belle contadinotte, ragazze sempre disposte a servire l’uomo in tutto e per tutto.Alloggiavo in una locanda gestita da madre e figlia e visto il periodo di bassa stagione erano pochi gli ospiti che alloggiavano, mentre erano molti gli avventori del luogo che alla sera si ritrovavano per bere un bicchiere e scambiare quattro chiacchiere e anche per scherzare un po’ con madre e figlia.Un giorno in confidenza la madre mi disse che era preoccupata, vedeva la figlia crescere e diventare sempre più bella, ed era ossessionata che un giorno o l’altro qualche cliente di pochi scrupoli potesse scoparla, metterla incinta e poi, come è abitudine in questi paesi lasciarla senza riconoscere il figlio.Riflettei molto sulle parole della madre ed ebbi un idea geniale e sadica nello stesso tempo.Il giorno successivo presi in disparte la madre e le dissi: “Signora, se vuole limitare i rischi di gravidanze indesiderate per sua figlia, dia un’immagine più professionale alla sua locanda. Ad esempio lei e sua figlia quando servite ai tavoli e dietro il banco non mettetevi magliette pubblicitarie, ma indossate un elegante ed igienico camice bianco; non mettetevi jeans scoloriti o pantaloni di velluto ma un raffinato paio di collant o autoreggenti.”La madre era ben lontana da pensare l’esatto scopo del mio suggerimento e ubbidendo lei e la figlia la mattina successiva si presentano al banco indossando entrambe un bellissimo camice bianco e calze di nylon color grigio.Certo non erano abituate a quell’abbigliamento, girando tra tavoli e sedie dopo poche ore avevano già smagliato un paio di calze a testa e ora della sera i camici erano abbastanza sudici, tanto è vero che dovettero acquistarne un certo numero per far fronte alle emergenze e cercare di restare al banco con la divisa il più possibile in ordine arrivando perfino a tenere in tasca un paio di calze di scorta per poter nel più breve tempo possibile rimettersi in ordine quando smagliavano le calze. Questa abitudine mi tornerà molto utile nei giorni seguenti.Mancavano pochi giorni e poi sarei tornato nella mia città, dovevo escogitare un sistema per attirarla in camera, pastrugnarli un po’ la divisa, e poi sbatterla sul letto e chiavarla dopo logicamente avergli distrutto camice, calze ecc. il solito insomma che mi soddisfa tanto.La penultima sera di soggiorno mi feci portare la cena in camera proprio da Rita (la figlia) e mentre aspettavo andai in bagno scaricai e tirai poco lo sciacquone e dopo essermi pulito nascosi la carta igienica e l’asciugamano e attesi tranquillo con solo gli slip l’arrivo di Rita.Dopo qualche minuto sentii bussare, dissi: “Avanti” ed entrò Rita, che disse “Buonasera” mise la cena sul tavolo e accennò ad uscire ma io la fermai dicendo seccato: “Ma in questo servizio non esiste la carta igienica? Il water deve rimanere così sporco? E’ uno schifo.” Rita annuì e quasi mortificata disse: “Mi scusi per la carta igienica, forse l’ho dimenticata. Il water pensavo di averlo pulito a sufficienza comunque vado a prenderle due rotoli di carta.” “Niente affatto” ribattei io, “non resto mezzora ad aspettarla mi dia le calze che tiene in tasca e ci penso io.” “Le mie calze, ma sta scherzando” ribatté Rita un poco intimorita, “prenda l’asciugamano piuttosto”. Alzando il tono di voce e sempre più incazzato dissi: “Lei ha sbagliato e lei paga, l’asciugamano è come carta di vetro, non mi voglio rovinare il culo.” Senza aspettare oltre uscii dal bagno con gli slip abbassati, gli infilai la mano nella tasca del camice, gli afferrai il paio di calze, lo aprii con nervosismo quasi strappandole e non curante della sua presenza mi pulii alla perfezione il mio deretano.Rita restò immobile ad assistere alla scena, non preferì parola.Terminato di pulirmi presi le calze, che ormai erano ben intrise di cacca, e gliele rimisi in tasca, logicamente insozzando di merda anche il camice; poi mi asciugai le mani nel suo camice strofinandole bene lungo le cosce fino a smagliargli anche le calze che aveva indosso. Poi conclusi dicendo: “Ora vada, si rimetta una divisa decente, e mi riporti di nuovo la cena; quella sul tavolo la butti pure, non mangio cibi portati da cameriere con camici macchiati di merda”.La ragazza non aggiunse altro, spaventata ritornò in albergo per preparare la nuova cena e cambiarsi camice e calze mentre io per tutto il tempo rimasi sul letto completamente nudo con il mio uccello che diventava sempre più grosso.Dopo alcuni minuti ritornò con l’abbigliamento in ordine ed un nuovo vassoio per la cena che mise sul tavolo e fissò gli occhi sul mio uccello ormai in tiro.”Adesso va già meglio” dissi io osservando scrupolosamente la divisa “Se vuole però che l’incidente resti circoscritto a questo locale mi deve lasciare ispezionare anche il resto del suo abbigliamento, anche quello potrebbe essersi macchiato di cacca”.Rita aveva ormai capito dove intendevo arrivare, si avvicinò sbottonando il camice si inginocchiò davanti a me mentre io con decisione afferrai il reggi seno e con un colpo netto glielo strappai facendolo volare verso il soffitto e mettendo in mostra un bel seno tondo, poi con altrettanta mossa gli strappai gli slip lasciandoli sul pavimento mentre Rita con molta delicatezza massaggiava il mio uccello con le sue autoreggenti che finirono per smagliarsi. A questo punto non resistetti, gli saltai addosso e la scopai di santa ragione riempiendogli di sborra la pancia.Poi, come consuetudine, mi rialzai, pulii l’uccello con il suo camice, presi gli slip rimasti sul pavimento come trofeo della scopata e andai a fare un giro nel parco.Il giorno seguente alle prime ore pagai l’albergo, salutai la madre e ritornai nella mia sede di lavoro lontana da quel luogo centinaia di chilometri.Da miei colleghi sopraggiunti sul posto qualche mese dopo seppi che Rita serviva in albergo mostrando con orgoglio un vistoso “pancione” ma sempre in camice bianco e calze a rete mentre la madre, ai clienti più affezionati, andava dicendo che neanche l’astuzia di mettersi camice e calze è servita a dissuadere i maschi a scoparsi la figlia e sbatterla incinta; è proprio vero, sempre parole della madre, che non si può facilmente rinunciare alla “trifola”.Anche questa volta a quarant’anni suonati ha fatto centro senza incontrare alcun “ostacolo”.
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