Elena aspettava l’autobus cercando di trovare frescura nel quadratino d’ombra proiettato dal cartello FERMATA. Troppo piccolo per i suoi seni perfetti quarta misura da 6.000 euro, troppo piccolo per i 35 gradi di questo agosto infernale. E la camicetta le si stava appiccicando addosso, e pure la gonnellina di lino…e le cosce sudavano, ‘Ma quando cazzo arriva l’autobus?’ E quell’omino con la cravatta (solo un cretino porta la cravatta ad agosto) perché la fissava? Ecco l’autobus finalmente. Pieno come un uovo… e ti pareva! Elena si conquistò un posto in piedi davanti alla porta, così almeno ogni tanto sarebbe entrata un po’ d’aria. L’omino a pochi centimetri da lei…teneva una borsa in una mano, con l’altra ogni tanto si aggiustava la cintura dei pantaloni, o la cravatta, e quando perdeva equilibrio afferrava il palo di ferro davanti alla porta…sfiorando per caso ora la spalla, ora il fianco, ora il culo di Elena. Che noia questo viaggio…. Elena guardava distrattamente fuori, interrotta solo dalle palpatine… involontarie? Altrettanto… involontariamente? Elena si appoggiò contro il palo lasciando che l’acciaio freddo portasse sollievo là dove la camicetta lasciava intravedere i suoi seni… sembrò funzionare visto che immediatamente i capezzoli si inturgidirono…poi inclinando la testa la appoggiò anche al palo, guardando di traverso l’omino che la fissava con lo sguardo da civetta. Elena gli sorrise, poi mosse un po’ il bacino contro il palo per dare frescura anche alla pancia appena scoperta e alle cosce…e proprio in questo tentativo i suoi movimenti sembravano una lap dance leggera. Elena sorrideva sempre, ora mostrando anche i suoi denti bianchi e perfetti, e bagnando le labbra, mentre l’omino sudava… Che caldo… Elena chiuse gli occhi, facendo un mezzo giro col corpo incollato al palo, e… involontariamente sfiorò il braccio e il bacino dell’omino che mosse gli occhi seguendo quel giro, pur senza muovere la testa. Ora Elena si lasciò sfuggire una specie di lamento…o mugolìo…un suono labio-gutturale, probabilmente causato dal fastidio che il caldo le procurava. Un altro mezzo giro intorno al palo…eccola faccia a faccia con l’omino, piccola maschera di cera che si scioglieva ad ogni movimento della ragazza. Sorriso, labbra umide… Ecco la fermata. Elena si staccò malvolentieri dal palo, un’ultima occhiata all’omino e scese le scale muovendo il culo a ritmo tachicardico… pochi secondi per decidere… anche l’omino scese, sguardo da civetta, sorriso appena accennato. Scese e prese a seguire quel culo come ipnotizzato… Elena, inconsapevole si infilò nel vicolo, passo lento, culo a tempo regolare… L’omino aumentò il passo, la raggiunse, le si affiancò, la guardò, si aggiustò la cravatta e le sorrise. Elena ricambiò il saluto.. denti bianchi, labbra umide. Il vicolo è stretto, il sole non entra… L’omino raccolse tutto il suo coraggio e l’afferrò per un braccio. Mossa inaspettata, Elena si fermò spalle al muro. L’omino aveva già una mano sulle tette perfette di lei, lasciò la borsa, afferrò una mano della ragazza e la portò sulla patta dove il piccolo cazzo era già sveglio da un po’… …fu un attimo… Una sberla. ‘Porco!’ Poi via di nuovo, passo felpato, culo a tempo regolare…. L’omino si guardò la patta gonfia, occhi da civetta, tirò fuori il cazzo pulsante e menandolo con rabbia pensò: ‘Le donne sono tutte puttane!’
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