Capitolo 6 – La Cagna”Ed allora” riprese Elfrida, “voglio essere scopata, fottuta ed inculata da quella persona, proprio come una cagna. Toglietemi queste manette.”Elisabetta fece un cenno di assenso a Giacomo, che liberò Elfrida e l’aiutò ad alzarsi. La donna, pur mantenendo la benda sugli occhi, si posizionò carponi sul pavimento e si inarcò in modo da mostrare nel modo più impudico possibile la fica rasata ed il buco del culo.Elisabetta soffocò a stento la propria eccitazione mista a risentimento. Alle sue stesse orecchie la propria voce apparve tremare leggermente; ma, guardandosi attorno, confidò nel fatto che nessuno se ne fosse accorto.Si rivolse quindi ai presenti. Indagò quei volti deformati da violenta emotività e indugiò alcuni istanti su chi aveva urlato “cagna” all’indirizzo di Elfrida. Si trattava di un uomo basso e magro, quasi calvo ma con due abbondanti baffi e una barba nera molto corta, al punto da apparire semplicemente non rasata da un paio di giorni. Due lunghe basette gli conferivano un aspetto antico.”Il diretto interessato può farsi avanti” disse Elisabetta.Questi cercò per un istante di sottrarsi. “Ecco, io…” mormorò. Ma gli altri lo spintonarono.Elisabetta sorrise dentro di sè: era la “vittima” a scegliersi il tipo di pena ed a scegliersi l’ “aguzzino”, anche senza poterlo vedere in faccia.”Cosa c’è?” Era stata la voce di Elfrida a rompere il silenzio, carico di attesa, che si era creato.”Non posso pensare” disse “che un uomo possa rifiutarmi mentre sono così disponibile, docile e sottomessa.” Si inarcò ancora di più.Ormai non c’era più niente da fare, pensò Elisabetta con rassegnazione. Elfrida era sempre più padrona della situazione e della parte, che interpretava alla perfezione pur ribaltandone il contenuto. Era lì, alla pecorina sul pavimento, in una posizione tale da sembrare veramente una cagna, bendata peggio di un animale coi paraocchi, eppure sembrava fosse lei a comandare, guadagnandosi l’ammirazione di tutti, quasi esibisse non la propria debolezza ma al contrario la propria forza, il proprio coraggio.L’uomo si slacciò la pattuella dei pantaloni e tirò fuori il proprio cazzo. Elisabetta si sorprese nel vedere le dimensioni di quel membro, apparentemente sproporzionate rispetto al resto del corpo. Infatti il fisico dell’uomo che aveva gridato “cagna!” all’indirizzo di Elfrida era magro ed ossuto, minuto; al contrario il cazzo era lungo e di diametro considerevole.Pur essendo già piuttosto eccitato, l’uomo afferrò il proprio pene e lo massaggiò con frenesia. Si guardò attorno, disturbato dalla presenza degli altri: ma non poteva e non doveva tirarsi indietro. Si fregò le mani, quindi si inginocchiò per terra e si accostò al corpo di Elfrida, afferrandole i fianchi. “Voglio essere insultata” disse Elfrida, all’improvviso.Elisabetta trasalì.L’uomo, dopo una breve incertezza, divenne rosso in volto e le disse ancora: “Cagna!””Sì, sono una cagna in calore” confermò Elfrida.Il cazzo dell’uomo penetrò nella fica, come risucchiato.”Sei una grandissima vacca” disse a voce più bassa, afferrandola per i capelli in modo da tirarne su il viso. “Una troia, la più grande troia che io abbia mai visto.”Giacomo si avvicinò a Lotar; i due si scambiarono sguardi significativi. Le restanti persone erano come annichilite.”Fottimi, fottimi come una bestia!” urlò Elfrida alzando la voce, con un tono tale da fare accapponare la pelle.L’uomo cominciò a muoversi con maggiore frenesia.”Sei una cagna, vero? Dillo ancora” la provocò.”Una cagna, sì” ribadì lei.”Allora lecca per terra, lecca per terra come una cagna.”Elisabetta a questo punto avrebbe voluto intervenire. Le sembrava che l’uomo stesse diventando troppo violento, che stesse afferrando i fianchi di Elfrida con troppa frenesia e che con troppa forza ne stesse palpando i seni, quasi affondando le unghie nelle carni.Ma si bloccò quando vide Elfrida tirare fuori la lingua e cospargere il pavimento con la propria saliva. Come un vero animale la vide passare e ripassare lucidando la stessa mattonella, mentre dalle labbra colava un sottile filo di saliva trasparente ma denso che univa le sue labbra alla scia luminosa.Giacomo e Lotar si chinarono leggermente per vedere meglio la lingua e la leccata, un particolare più scabroso ed erotico, ai loro occhi come agli occhi di tutti, che non la pura esposizione dei genitali.Elisabetta si sentiva come paralizzata, e pur vivendo la terribile eccitazione che la scena cui stava assistendo era in grado di offrire, ne subiva malvolentieri l’impatto. Avrebbe voluto dire: “Adesso basta!”, ma sapeva di non poterlo fare e quindi non l’avrebbe fatto per nessuna ragione al mondo.Di nuovo la voce di Elfrida risuonò nella stanza, apparendo maestosa e persino autoritaria.”Voglio altri cazzi” disse. “Ho altri due buchi.”Elisabetta guardò Giacomo e Lotar: poi sospirò. Sentiva dentro di sè che Elfrida era ormai sfuggita al suo controllo e che quella notte sarebbe forse stata l’ultima notte insieme. Cercò di allontanare dalla propria mente quel pensiero in grado di crearle turbamento.”Sotto, signori” annunciò. Il gruppo degli spettatori apparve compatto nell’indecisione.”Lotar” chiamò Elisabetta, facendogli un cenno con la testa.Lotar capì al volo: avrebbe dato lui l’esempio. Si aprì i pantaloni sul davanti ed estrasse l’uccello. Si posizionò in ginocchio di fronte ad Elfrida. L’uomo che la stava scopando le tirò nuovamente su la testa afferrandola per i capelli. Il negro ne approfittò per carezzarle le labbra con la punta della cappella.”Apri la bocca, bestiolina” le disse.Naturalmente Elfrida ubbidì e socchiuse le labbra. L’uomo con le basette rallentò l’azione. Temeva di venire, ed invece ora che era in ballo desiderava ardentemente arrivare sino in fondo da protagonista. Per maggiore sicurezza estrasse il cazzo dalla fica di Elfrida e lo appoggiò tra le natiche. Quel contatto era tuttavia ancora troppo eccitante, per cui si scostò leggermente dal corpo della donna.Nel frattempo Elfrida aveva ricoperto ben bene di saliva il membro di Lotar. Lo aveva succhiato con energia e con maestria, consentendogli di diventare un’asta dura ed inesorabile.”Mettiti con la schiena a terra” disse Lotar all’uomo. “Ora ci fottiamo questa cagna in calore fino a farla strillare di dolore e di piacere.”Elisabetta decise a questo punto che non poteva stare solo a guardare. Si avvicinò a Giacomo e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio. Egli fece cenno di sì con la testa; uscì velocissimo dalla stanza per rientrare dopo pochi istanti con un frustino in mano, che Elisabetta si fece consegnare.”Bene, puttana!” esclamò facendolo schioccare a terra. Elfrida avrebbe così capito cosa l’attendeva ed in più si sarebbe resa conto (almeno così sperava Elisabetta) chi era a comandare, ora e sempre.”Il tuo più grande desiderio, in questo momento, è riempirti di cazzi, vero?” domandò.”Sì, signora” rispose Elfrida.”Muovi il culo, troia” ordinò Elisabetta. Con il frustino le colpì le natiche, lasciando una sottile ma visibile riga rossa. “Mostra a tutti come si muove una cagna in calore quando è in cerca di cazzi.” Elfrida mosse il culo e quella visione, pensò Elisabetta, era talmente eccitante che gli uomini presenti difficilmente si sarebbero potuti sottrarre dal provare ardente desiderio.Lotar aiutò Elfrida, sempre bendata, a posizionarsi sopra all’uomo che per primo le aveva gridato “cagna”.”Fai capire a tutti cosa vuoi” intimò Elisabetta. Di nuovo il frustino si mosse in aria per finire la sua corsa sul culo di Elfrida. “Rispondi.””Voglio essere scopata in fica, in culo ed in bocca” disse con voce fin troppo sicura. “Voglio essere riempita di sperma.””Non ti vergogni di quanto sei porca?” chiese Elisabetta, frustandola ancora.”Sì, mi vergogno signora, ma…””Ma…?””Ma non posso farne a meno.””Troia!” esclamò Elisabetta, colpendola ancora. Il colpo del frustino risuonò secco come una sentenza, quasi a sottolineare l’epiteto.Elfrida si accomodò sull’uomo sdraiato per terra e, aiutandosi con una mano, si introdusse il membro in fica. Sporse bene il culo in fuori: sapeva che Lotar era alle sue spalle.Il negro puntò il cazzo sul buco del culo della donna mettendosi praticamente a cavalcioni sopra di lei.”Ora verrai inculata da un cazzo molto grosso” la avvertì Elisabetta. “Ti aprirà il culo come neanche ti immagini, dopodiché potrai vantarti di essere la zoccola con il culo più largo.””Sempre troppo piccolo per me, signora.”Ancora una volta la risposta di Elfrida creò disagio in Elisabetta. Stizzita, la percosse con il frustino sulla schiena, stupendosi nel vedere la vittima torcersi non per il dolore, ma per la voluttà. Decisamente Elfrida appariva pronta a spingersi più lontano di quanto Elisabetta avesse mai osato fare. La donna con il frustino avvertì lucidamente il senso di inferiorità e di frustrazione di fronte alla maestosità della cagna.”Avete mai visto una donna più puttana?” chiese Elisabetta ai presenti. Ed aggiunse: “Se mai vi siete chiesti cosa possa significare essere veramente zoccole, ora avete la risposta davanti ai vostri occhi.”Mentre Elisabetta stava parlando in questo modo, sperando da una parte di ferire Elfrida, ma consapevole dall’altra di sortire molto probabilmente l’effetto opposto, Lotar aveva spinto la punta del suo pene appena dentro l’ano di Elfrida. Il pubblico poteva bearsi, come ipnotizzato, della visione dell’asta che divaricava il buchino tra le natiche.”Inculami!” esclamò Elfrida visibilmente eccitata. Si spostò repentinamente indietro con il culo ed il cazzo di Lotar entrò per un altro centimetro. La cappella sparì completamente nello sfintere. I muscoli di Lotar si contrassero per il brivido di piacere provocato da quella manovra improvvisa.”Sei una fogna, una maledetta fogna di merda” mormorò il negro affondando lentamente il membro. Ora Elfrida aveva un cazzo in fica ed uno in culo, un uomo sopra a cavalcarla ed uno sotto ad impalarla.Alcuni gemiti di godimento si udirono distintamente. Ma poi disse: “Ho la bocca ancora libera. Non esiste un altro maschio?”Elisabetta fece un cenno a Giacomo, che però declinò l’invito. Diresse allora il suo sguardo verso gli altri uomini presenti. Si fece avanti un tizio calvo ma giovane, un po’ sovrappeso; Elisabetta lo incoraggiò con un gesto. “Vediamo se questa donna” disse il giovane “ha anche la lingua lunga ed avvolgente come quella di una cagna, oltre alla fica da troia ed il culo rotto.” Inginocchiatosi, le mise una mano sotto il mento e ne osservò il viso. Se non ci fosse stata la benda, l’avrebbe guardata negli occhi. “Stai su, bella” invitò, e sembrava parlare proprio ad una bestia. La lingua di Elfrida comparve fugacemente tra le labbra.”Stai su con la testa, mignotta” intimò anche Lotar. Afferrò le braccia di Elfrida e le tirò verso di sè facendole passare sopra la schiena. Le tenne quindi ferme in quella posizione immobilizzando i polsi tra le proprie mani. Ora l’uomo sotto Elfrida poteva vedere i seni della donna sporgere appuntiti in fuori come mai erano stati, a portata delle mani con i capezzoli eretti e sporgenti, per via dell’eccitazione ma anche a causa della posizione arcuata cui era costretto tutto il busto.Il giovane grasso e calvo si slacciò i pantaloni sul davanti e mostrò di possedere un cazzo non molto lungo, ma largo anche se flaccido. Iniziò a massaggiarlo velocemente con la mano destra; la sinistra la usò per mettere due dita tra le labbra di Elfrida. “Tra poco arriverà da queste parti qualcosa di più consistente” disse. “Intanto gioca con queste.” Con l’indice e l’anulare si fece largo facilmente: Elfrida aveva socchiuso le labbra per farlo entrare. Con una strana espressione negli occhi esplorò la cavità orale. “Che lingua guizzante” commentò. Piegò le dita agganciando i denti, tirando verso il suo cazzo che, nel frattempo, si era irrigidito. Elisabetta lo guardava con un certo scetticismo negli occhi; ma il giovane grasso sembrava sicuro di sè. Lotar continuava a scopare Elfrida nel culo e se non aveva gli occhi chiusi era solamente perchè la scena era troppo eccitante per non essere guardata. L’altro, quello che per primo aveva gridato “cagna!” all’indirizzo di Elfrida, sfruttava i movimenti del corpo della donna a seguito dei colpi di Lotar per trarre piacere.Il giovane grasso parve sul punto di perdere il controllo della propria eccitazione. “Succhia, cagna!” sibilò come un serpente.Elfrida appoggiò le labbra sul glande e con la lingua ne colpì la punta. Il giovane grasso e calvo volse il capo all’indietro e chiuse gli occhi. Uno strato sottile di saliva iniziò a colare dalla bocca di Elfrida, chiusa ad anello attorno al cazzo. Poi il membro venne come risucchiato, sparendo per un istante alla vista.L’uomo sotto di lei, che la stava scopando in fica, iniziò a muoversi freneticamente: stava per venire. Accelerò quindi i movimenti del bacino, provocando una certa frenesia anche in Lotar. Il negro, con il proprio cazzo ben stretto dentro lo sfintere, si rese conto che non sarebbe riuscito a resistere a lungo.Il giovane grasso e calvo sborrò per primo. L’evento fu molto spettacolare e Giacomo si sorprese a vedere come al rallentatore un primo getto di sperma uscire come uno sputo da quel cazzo, indirizzato alla bocca di Elfrida.A quel primo schizzo ne seguì un altro ancora più abbondante: il giovane, anzichè desistere, aveva preso a masturbarsi ed Elisabetta aveva capito subito quale fosse il pregio di quel grasso uomo: era capace di emettere una gran quantità di sperma. Elfrida sentì sulle gote e sulla fronte il leggero tocco caldo del liquido seminale. Come le capitava spesso, rimpianse di non poter essere contemporaneamente attrice e spettatrice. Godeva infatti soprattutto al pensiero di essere osservata mentre veniva insultata e violata in modo selvaggio da quei tre uomini contemporaneamente. Sapeva di essere tanto una eroina quanto una schifosa zoccola da disprezzare. Avrebbe voluto condividere tra i vari osservatori la visione, il disprezzo unito alla stupita meraviglia, senza privarsi della voluttà di essere anche l’oggetto di tanta ammirata riprovazione.Ora il giovane si stava praticamente pulendo il cazzo, sporco delle ultime stanche goccioline di sperma che ancora uscivano, sulla sua faccia, che generosamente offriva allo scopo senza sottrarsi, anzi desiderosa di farlo, di subire anche quell’onta, di essere usata come un oggetto. Il giovane la teneva per i capelli dietro la nuca e si puliva il membro sfregandolo sulle labbra, sulle guance, sulla fronte, sui capelli, insultandola.Un gemito uscì dal profondo di Lotar. I muscoli del negro si contrassero. Sborrando tirò fuorì il cazzo dall’ano ed un vero e proprio zampillo di sperma sorvolò la schiena di Elfrida, finendo con il tracciare una scia luminescente che partiva dalle natiche ed arrivava quasi sino alle spalle. Si scansò quindi dal corpo della donna.Elfrida sentiva di avere il buco del culo oscenamente aperto e deformato nel senso della larghezza. Godette e raggiunse l’orgasmo al pensiero di quella visione offerta ai presenti.Udì la voce di Elisabetta dire, stizzosa: “Ora attraverso il culo ti si vede fino in gola, puttana!”, e subito dopo un altro colpo di frustino la raggiunse sulle natiche. Mugolò di gioia e di dolore.Anche l’ultimo uomo, quello che la stava fottendo da sotto, sborrò e riempì di liquido la sua fica.Ora che tutti si erano staccati da lei, rimase in ginocchio sul pavimento, a quattro zampe come una vera cagna, la testa alta a mostrare con orgoglio le tracce di sperma sul viso, con il culo in fuori a mostrare lo sfintere allargato pieno di liquido bianco e la fica a gocciolare umori sul pavimento.Sentì di essere ancora afferrata per i capelli ed avvertì la stretta di due cosce attorno alla testa ed il bacio di una vulva sulle labbra. Riconobbe immediatamente l’odore: Elisabetta.Sentì l’orina bagnarle il volto e parzialmente entrarle in bocca, calda ed offensiva: non si sottrasse. “Sei una fogna, una fogna” le stava dicendo Elisabetta. Sempre bendata, l’avevano portata via da quella stanza. Poi, finalmente, era tornata a vedere. “Fatti la doccia” aveva intimato Elisabetta, con una strana espressione in viso.”Sì, signora” rispose Elfrida, come al solito.”Ti ho pisciato in bocca, puttana.””E’ stato meraviglioso” si intromise Giacomo. Porse un asciugamano ad Elfrida. “Io…”Giacomo era decisamente l’uomo delle frasi iniziate e mai finite, pensò Elfrida.”Non rispondi, troia?” insistette Elisabetta. “Ti ho usata come un cesso.””Non merito di più” rispose Elfrida. Entrò nella doccia ed aprì i rubinetti.”La sto perdendo, credo” disse Elisabetta a voce bassa, rivolta a Lotar ed a Giacomo. Elfrida non poteva sentirla per il rumore provocato dallo scrosciare dell’acqua. “Certe volte ho la sensazione di essere io usata da lei, e non il contrario.”Lotar non commentò in alcun modo; al contrario Giacomo espresse il suo parere.”Se devo essere sincero” disse, “credo di non aver mai incontrato una donna così straordinaria.”Elfrida uscì dalla doccia.”Puoi vestirti” le annunciò Elisabetta. “Tieni.”Le porse il ciondolo. Elfrida lo mise subito al collo: l’occhio era chiuso. Probabilmente era stato aperto sino a pochi minuti prima. L’osservatore, per la durata di quella lunga notte, aveva avuto molto da vedere.Forse un giorno l’avrebbe incontrato di persona, pensò.Uscirono dalla villa che quasi albeggiava. L’aria era fresca e spumeggiante.Salirono in macchina ed Elfrida venne accompagnata a casa.”Quando ci rivediamo?” le chiese Elisabetta.Elfrida subì con fastidio quella domanda. Aveva voglia di nuove esperienze ancora più forti, ancora più estreme, e riteneva quella donna non adeguata a tali sue esigenze. Tuttavia abbassò lo sguardo e disse: “Quando lei desidera, signora.”Poi si voltò e scomparve all’interno del portone del condominio in cui abitava.

